Pantera – Far Beyound Driven
L’apice, il punto più alto. Ma non per altezza assoluta, bensì come ultima perfetta danza di un gruppo che ha dato tanto, prima di dirottare le proprie menti acide verso terre quasi inesplorate. Far Beyound Driven rappresenta il tassello mancante alla coppia Cowboys From Hell/Vulgar Display Of Power, l’ossigeno trattenuto nei propri polmoni prima dell’irriverente esalazione di un grind dai sapori glaciali con il successivo The Great Southern Trendkill. Gli ingredienti sono gli stessi ormai rodati dalla band fin dall’ingresso del carismatico e folle singer: potenza, adrenalina, sludge sporco, riff ruvidi e tossici imbevuti di impacchi doom, e groove a manetta! Ma lo stupore sta proprio nelle idee sviluppate in queste 12 tracce senza modificare di una molecola il sound.
Le capacità di Darrell sembrano bandierine fittissime su una cartina geografica priva di strade, così come il suo approccio all’heavy risulta essere privo di schemi e di regole; Anselmo cambia attitudine, a partire dalla immortale 5 Minutes Alone cantata con voce rauca e barbara fino alla parlata Good Friends And A Bottle Of Pills in cui il nostro racconta ad un amico (nemico?!) come ha violentato la sua ragazza e quanto si eccitava immaginando che fosse spiato (per non parlare di Becoming in cui probabilmente si attesta una delle miglior fonti di ispirazione di Corey Taylor). La frase urlata “I serve too many masters” la dice lunga sulla rabbia intenzionalmente sprigionata dal portavoce.
5 Minutes Alone rappresenta proprio l’immagine di questa opera in cui la forza sprigionata dalla musica ha il merito di risultare pari a quella emanata dai testi, crudi, praticamente spiaccicati in faccia a chi ascolta; e quel pizzico marcio ed amaro di melodia che si vuole iniettare in quel dannato ritornello, risulta ancora più doloroso ed insapore. Quando si giunge alla fine sembra quasi di sentire un riff in stile AC/DC pur annegato in una cisterna di grasso. All’intro di I’m Broken si catapultano nella nostra mente i Rage Against The Machine, ma soprattutto quello che saranno gli Audioslave, quando poi il vero cuore della song inizia a scalpitare l’incubo ha inizio! I riff stoppati creano una campana di vetro, frantumata dall’ingresso dell’assolo privo di chitarre di accompagnamento (per dare un’anima live al pezzo); le urla in sottofondo al termine potrebbero impressionare un gruppo black metal, mentre il refrain si attacca alle ossa.
Ma lo stupore non finisce, non prima dei vari slide d’effetto di Darrell, dei cambi di tempo su Hard Lines, Sunken Cheeks e dell’introduzione di qualche parte lenta/melanconica ritrovata poi nell’album successivo. E di qui tutto in salita lungo una Slaughtered in piena inondazione grind-core con delle scariche di mitra che, senza avvisare, distruggono le cellule non sacrificate in precedenza; una spaventosamente cadenzata 25 Years che assume forme diverse proprio come un impasto di gelatina e nasconde un’aria tetra e spettrale che addirittura poche epic songs sono riuscite a raggiungere. E la diversità non ha fine, ogni fottuto rigo del pentagramma di questo album è così diverso ma pur sempre uguale per approccio a se stesso che sembra strano quanto potesse essere distruttivo e sorprendente, ancora oggi. Shedding Skin è la canzone in cui Anselmo esprime maggiormente la sua elasticità vocale, senza mettere in ombra una sola corda vibrante nè il fantastico Vinnie Paul, costantemente ultra-preciso, quasi stesse frazionando un atomo. I tamburi entrano dentro e si sente la loro eco all’interno della nostra cassa toracica mentre il basso sprofonda sotto l’egemonia dei riff di chitarra, i tempi sono davvero pensati, variegati e dispa(e)rati nella stessa misura.
Ma la lacrimuccia scorre involontaria all’ascolto dell’ultimo pezzo: Planet Caravan cover dei Black Sabbath dei tempi di platino di Paranoid. Anselmo cerca di ricostruire la stessa atmosfera, inserendo una forte dose di malinconia e di tristezza, ma suona ovviamente diversa. La voce di Ozzy sembrava incastonata in quel diamante a forma di pianeta e non può che farci ricordare i vecchi tempi; il tocco di Darrell invece ci fa sentire il sangue scorrere ed i muscoli tremare.
Così termina non solo un album ma anche un periodo stupendo nella storia di un gruppo che ha fatto storia.
Autore: Pantera | Titolo Album: Far Beyound Driven |
Anno: 1994 | Casa Discografica: Atlantic |
Genere musicale: Death metal | Voto: 8,5 |
Tipo: CD | Sito web: http://www.officialpantera.com/ |
Membri band:
Philip Anselmo – voce Dimebag Darrell – chitarra Vinnie Paul – batteria Rex – basso |
Tracklist:
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