Pearl Jam – Live On Ten Legs
Tredici anni dopo i Pearl Jam tornano sul luogo del delitto con un secondo live le cui caratteristiche strutturali e il titolo sono quasi identiche al suo predecessore. Si parte con Arms Adrift, brano di Joe Strummer And The Mescaleros, bissato da World Wilde Suicide, impregnato di rabbia e carica punk. Mick sciorina una serie di note deformate dal wah-wah mentre l’inarrestabile Matt Cameron continua a percuotere, oltre alle pelli, le orecchie dei presenti. Animal è in versione devastante, sfrutta potenza e agilità, la struttura è tenuta insieme dal collante Vedder, un mostro assoluto nella sua interpretazione anfetaminica. A differenza del capitolo precedente, questo live si basa sull’ultimo periodo preferendo l’inclusione di brani veloci che lasciano senza respiro (Got Some). La band viaggia a nervi tesi (State Of Love And Trust) mostrando un piglio punk riottoso come non accadeva dai tempi di No Code. È solo a quota sei che la tensione si stempera con I Am Mine le cui chitarre acustiche citano le atmosfere di Led Zeppelin III. Sorvolando sulle trascurabili Unthought Known e The Fixer ci si ritrova di fronte al cavallo di battaglia Rearview Mirror. Psichedelicamente modificato e abilmente dilatato, il brano si prende tutto il tempo necessario prima dell’esplosione finale in cui l’ugola di Vedder viene spinta al limite del gutturale. Si pesca a piene mani dal 2003 al 2011 celebrando i vent’anni della band che, nonostante le due decadi, mantiene una forma invidiabile. Testimone ne è Nothing As It Seems, ballad lacerante, ulteriore dimostrazione di come si scriva una grande take. Il tutto è sostenuto dalle chitarre acustiche di Gossard e dalla sei corde, mai troppa elogiata, di McCready.
Just Breath, (un suggerimento al pubblico in apnea?) con il suo arpeggio delicato e la voce cristallina di Vedder, abbassa i toni prima di Jeremy. Maestri nel creare saliscendi emozionali e montagne russe attraverso scalette ben studiate, i Pearl Jam infilano due dritti da KO con Public Image e Spin The Black Circle, rivendicando le loro origini profondamente legate al punk. Superfluo, ma non importa, dire che ogni versione di Black, con il lavoro d’alta manifattura chitarristica di McCready, è sempre un’emozione unica. Yellow Led Better è strutturalmente mutuata dalle note di Little Wing di Hendrix, chitarrista faro per Mick che probabilmente ha una specie di santuario con le sue gigantografie, in cui prega prima di esercitarsi e di dormire la notte. L’atmosfera di quest’ultima traccia è gioiosa e chiude con allegria una grande festa, fatta di fan che in realtà poi sono amici di una band mai arrogante o spocchiosa.
Sebbene non sia il loro miglior live (fra le registrazioni dei vari brani c’è un gap di quasi sette anni) quest’uscita è un’ottima raccolta. Le loro esibizioni non sono un’esaltazione del virtuosismo né del tecnicismo, nessuno si ritaglia un angolo per la propria gloria, ma tutti sono al centro del palco come deve essere una band, un unico corpo che respira rock rilasciando energia in uno scambio paritetico con gli astanti.
Autore: Pearl Jam | Titolo Album: Live On Ten Legs |
Anno: 2011 | Casa Discografica: Epic Records |
Genere musicale: Rock | Voto: 7,5 |
Tipo: CD | Sito web: http://www.pearljam.com |
Membri band:
Eddie Vedder – voce Stone Gossard – chitarra Mick McCready – chitarra Jeff Ament – basso Matt Cameron – batteria, percussioni |
Tracklist:
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