Motörhead – Aftershock
Quanto volte abbiamo sentito dire che i Motörhead fanno parte di quelle band che sfornano album sempre uguali tra di loro? Questa affermazione si può considerare in realtà come un complimento ambiguo, piuttosto che come una vera critica: l’idea è che tali band, ed in questo caso i Motörhead, propongono così bene quello che fanno che il loro sound non invecchia mai. La cosa principale che differenzia un album dal successivo è la percentuale di materiale di riempimento presente. Aftershock si distingue da molti altri album proprio per questo, il livello di energia non cala quasi mai così come la qualità delle canzoni. Questo disco non è certo all’altezza dei capolavori del passato di Lemmy e soci, ma va subito dritto al punto, sicuro e senza fronzoli, per cui un ascoltatore senza alcuna conoscenza preliminare della band (un visitatore alieno probabilmente) può ascoltarlo e capire immediatamente perché i Motörhead siano giustamente considerati dei titani dell’ hard\heavy rock. L’opener Heartbreaker è il manifesto perfetto di tutto questo, un perfetto compromesso tra overdrive e melodia, ed il risultato è uno dei brani più orecchiabili del gruppo da Hellraiser. Proseguendo con l’ascolto ci si sofferma a pensare che si deve andare indietro abbastanza in profondità nel catalogo della band per trovare un “lamento” blues, lento ed elettrizzante come Lost Woman Blues. End Of Time inchioda l’ascoltatore alla sedia, lasciandolo stordito senza fiato con il suo riffing che ricorda la celeberrima Ace Of Spades, ma se possibile ancora più accelerata.Going To Mexico è micidiale, potrebbe anche sembrare un classico degli ZZ Top (anche dal titolo della canzone), tuttavia non ascoltato su di una Cadillac, ma su un Dragster alimentato a whisky. Questo è essenzialmente quello che si ottiene ascoltando Aftershock nel suo complesso.
La prima notizia da segnalare in Aftershock è che Lemmy è ancora in pista, carico, grezzo e convincente come al solito. Nonostante tutto quello che ha passato, la sua voglia di non deludere i fan, regalando nudo e crudo speed metal, non è stata minimamente intaccata. La band in sala di registrazione ha individuato i punti di forza di ogni epoca, tentando di fonderli tutti in un insieme senza soluzione di continuità. Mentre ci riescono potentemente per molte tracce, ad un livello che non vedevamo da alcuni anni, non riescono a sostenere la qualità per tutta la durata delle 14 tracce. Crying Shame, per esempio, pur essendo un rock di ottima fattura risulta troppo catchy e melodica rompendo lo slancio delle precedenti tracce.
Aftershock in sintesi non è solo una vittoria morale per Lemmy e compagni, ma un disco solido, che lancia un segnale (e anche una speranza per il futuro) nel panorama metal mondiale attuale: bisogna ancora fare i conti con i Motörhead, perché in fin dei conti nessuna band suona come loro, anche se ci sono un sacco di band che desiderano suonare come i Motörhead.
Autore: Motörhead | Titolo Album: Aftershock |
Anno: 2013 | Casa Discografica: UDR |
Genere musicale: Heavy Metal | Voto: 7,5 |
Tipo: CD | Sito web: http://www.imotorhead.com |
Membri band:
Lemmy Kilmister – basso, voce Phil Campbell – chitarra Mikkey Dee – batteria |
Tracklist:
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