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09th Gen2019

The Cure – Three Imaginary Boys

by Raffaele Astore
Tra post-punk e new wave il ritorno dei The Cure è uno tra quelli più attesi del 2019. Ed è proprio in attesa di Robert Smith & C. che ci prendiamo la libertà di ripercorrere la loro carriera attraverso i dischi che recensiremo qui cercando, per quanto possibile, di condurre i nostri lettori in quel viaggio che, più di una volta, attraverso l’ascolto (ed un lontanissimo 30 novembre 1987 al Palasport di Firenze che ci riporta davvero al glorioso passato) abbiamo fatto con vero entusiasmo. E questo viaggio, come altri già fatti su RockGarage, lo iniziamo con quello che è considerato il vero e proprio esordio della band di Smith, Three Imaginary Boys, che fu anticipato dal singolo Killing An Arab, il cui testo traeva ispirazione da un romanzo di Albert Camus, Lo Straniero. Quel singolo, all’epoca, scatenò molte polemiche per il fatto che il titolo, “uccidere un arabo”, faceva riferimento al razzismo anche se, in realtà, in molte interviste e dichiarazioni ufficiali i Cure esplicitavano la loro assoluta lontananza da certe tematiche (immaginate un po’ in questo periodo cosa sarebbe potuto accadere). Tornando a Three Imaginary Boys, va detto che questo loro debutto, per le caratteristiche intrinseche del disco, è alquanto bizzarro perché, oltre a trovarsi di fronte ad una produzione assolutamente semplice, ci sono anche vere e proprie esplosioni di energico rock ed una cover un po’ strana che corrisponde a quella Foxy Lady hendrixiana, caposaldo del rock più rock.

Questo esordio è però difficile da collocare nella lunga scia dei dischi realizzati dai Cure, un esordio che si trasformerà con le successive produzioni in un sound che cambierà il percorso della band di Robert Smith; nonostante ciò è possibile comunque intravedere come la band sarà poi spinta ad evolversi con l’utilizzo di quella miscela che si è sempre mossa tra punk, dark e new wave. Alcune ricerche fatte nei nostri archivi ci hanno condotto a capire come, nonostante l’acclarata incertezza di Smith, Three Imaginary Boys venne accolto positivamente dalla critica che paragonò la band inglese a quella dei Buzzcocks anche se poi altre penne ne stroncarono, senza alcuna pietà, la pubblicazione. Curioso è il fatto che l’album resti, per una band cresciuta fino a diventare una delle più importanti del rock alternative degli anni ottanta, per lo più un esordio troppo sottovalutato. Nel 1979, anno di uscita di Three Imaginary Boys, questo disco poteva apparire come una novità, eppure a noi sembra che il lavoro sia cosparso di spettralità, con poco di quel groove che avrebbero caratterizzato le uscite successive e con gli strumenti che sembrano sempre più sprofondare nell’affannosa ricerca di un assetto che giungerà solo alcuni anni dopo.

Nulla qui è eclatante e da celebrare, ma nonostante tutto Three Imaginary Boys resta uno dei lavori dei The Cure che, pur non riuscendoci, tenta di spingersi ben oltre la caratteristica dei suoni punk. Analizzando alcune delle tracce, ci sembra ad esempio, che la quinta traccia, Object, dimostri pienamente l’influenza del punk sul sound della band inglese anche se poi con la successiva Subway Song il gruppo ritorna a quel suono post-punk tanto caro ed utile alla oscurità della band di Smith. Qui poi, come in tutto il disco, emerge il sussurro dei testi che Robert Smith sembra davvero non cantare, un modus che si noterà anche nelle successive incisioni. Insomma, come potete vedere, ma soprattutto come farete bene ad ascoltare, Three Imaginary Boys è un album controverso, ricco di quelle contraddizioni che per fortuna, scompariranno successivamente con la pubblicazione dei dischi successivi, alcuni dei quali risulteranno essere dei veri e propri capolavori in bilico tra post-punk e new wave. E non poteva essere diversamente vista e considerata la personalità non solo del leader Robert Smith ma di tutta la band che è riuscita, nonostante quanto ne possano pensare critici più accreditati di noi, una concezione di dark sound fuori da qualsiasi etichetta.

Three Imaginary Boys è un album d’esordio che anticipa notevolmente i temi che altre band, etichettate come punk-wave, o post punk o punk tenteranno di esplorare. I The Cure, che se ne dica, sono e restano sempre i The Cure.

Autore: The Cure Titolo Album: Three Imaginary Boys
Anno: 1979 Casa Discografica: Fiction Records
Genere musicale: Punk Rock, New Wave, Alternative Rock Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.thecure.com
Membri band:
Michael Dempsey – basso, voce
Robert Smith – chitarra, voce
Lol Tolhurst – batteria
Tracklist:
1. 10:15 Saturday Night
2. Accuracy
3. Grinding Halt
4. Another Day
5. Object
6. Subway Song
7. Foxy Lady (Jimi Hendrix cover)
8. Meathook
9. So What
10. Fire in Cairo
11. It’s Not You
12. Three Imaginary Boys
Category : Recensioni
Tags : Album del passato, The Cure
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