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22nd Lug2019

The Darkness+Noise Pollution+Hangarvain@Carroponte (MI)

by Marcello Zinno
Si preannunciava una giornata incandescente quella di sabato scorso e così è stato, ma il (de)merito non è assolutamente da imputare al meteo, piuttosto all’incredibile live tenutosi al Carroponte di Milano, location tanto amata sia dai rocker che dalle zanzare. Un sistema di controlli all’accesso molto fitto ci ha accolti e, ancora con il sole che puntava sul parco attiguo, siamo entrati nell’area che vedeva già un nutrito gruppo di fan incollati alla transenna. Si sarebbe preannunciato un concerto folto di persone, nonostante il periodo che avrebbe fatto supporre tantissime persone lontano dalla capitale lombarda. Eppure, già davanti agli opener Hangarvain (che abbiamo avuto l’opportunità di intervistare, presto troverete l’intervista sul nostro sito) il pubblico era sotto il palco e attendo allo show che i carismatici 4 hanno messo in scena. La band campana ha infatti deciso di fissare una manciata di date live in questo mese dopo aver da poco ultimato le registrazioni del nuovo album (che uscirà il prossimo autunno) e in vista del prossimo tour che li vedrà impegnati a fine anno. La band ci è sembrata compatta e rodata, lo show si è aperto con un brano tratto dal nuovo album per poi proporre brani dei precedenti lavori: il loro è uno stile fortemente ancorato all’hard blues ma che riesce ad elargire chilate di watt e spaziare da formazioni come i Black Stone Cherry ai Pearl Jam senza far soffrire di labirintite l’ascoltatore. La loro capacità è proprio quella di fondere sonorità apparentemente diverse in un sound senza tempo che negli ultimi anni sta tornando molto in voga (vedi Rival Sons). L’opener dello show è stata un’anticipazione del nuovo album, interessante anche la lenta Father Shoes, live di breve durata ma intenso.

Subito dopo gli Hangarvain sono saliti sul palco gli emiliani Noise Pollution. Qui il sound si è indurito, la vena american rock, già presente nella band che li ha preceduti, si è rimarcata molto di più e il risultato finale è stato un heavy rock a stelle e strisce a cui il pubblico ha risposto bene. L’esibizione è seguita però con un po’ di stanchezza, lo stile della band ci è sembrato un po’ troppo “orizzontale” e si era sempre nell’attesa di un riff o di qualcosa che alzasse l’attenzione, anche le buone Mad e Kill Your Fate non hanno contribuito ad alzare di molto il tiro; rock indubbiamente di impatto ma nulla di diverso rispetto a tante altre formazioni rock (italiane e straniere) che cercano successo oltre i nostri confini. Davvero buono il contributo del bassista (anche seconda voce), congrua la resa scenica del singer che è sceso anche tra il pubblico per l’ultimo brano in scaletta, salvo risalire sul palco per problemi al microfono. L’esibizione si è chiusa con una cover, Whole Lotta Love dei Led Zeppelin, che forse avremo apprezzato di più a metà scaletta, per ravvivare gli animi rock dei presenti.

Alle 22:15 precise i protagonisti della giornata sono saliti sul palco e fin dai primi secondi l’estro, la follia e l’esuberanza scenica dei The Darkness, ma soprattutto di Justin Hawkins, è esplosa come dinamite sul pubblico eccitatissimo. Black Shuck in apertura è stata detonazione allo stato pure ma anche i grandi successi Love Is Only A Feeling e One Way Ticket cantato quest’ultimo da tutti i presenti. Justin è stato come sempre il vero mattatore dello show, con le sue mille esuberanze, le sue illimitate espressioni facciali; basti raccontare che ha chiesto al pubblico di lanciargli degli “shorts” perché aveva sbagliato ad indossare i pantaloni lunghi e accaldati. Dopo una serie di reggiseni piovuti sul palco gli sono arrivati dei pantaloncini zebrati che non ha esitato ad indossare. Qualche pezzo e poi nel silenzio di tutti gli strumenti ha intonato a cappella la strofa di Friday Night, anche questa cantata da tutto il pubblico presente, immancabile anche sul finire l’ingresso di Justin tra la folla sulle spalle di un uomo della security mentre si dilettava in assoli continui. L’impatto scenico del bassista Frankie Poullain, con un suo completo anni 70, e la presenza dietro le pelli di Rufus Taylor (figlio di Roger Taylor dei Queen) non ha distolto di un minimo gli occhi puntati tutti sul singer, non nascondendo egocentrismo ed estro, le due “e” dorate per ogni frontman che si rispetti (e lui ne aveva in quantità infinite). L’adrenalina ha avuto un’impennata nell’encore con Get Your Hands Off My Woman e Love On The Rocks With No Ice a suggellare uno show incandescente, come dicevamo all’inizio, e che ha elargito sorrisi e divertimento.

Setlist The Darkness:

Black Shuck
Growing On Me
Open Fire
Love Is Only A Feeling
One Way Ticket
Barbarian
Southern Trains
Friday Night
Roaring Waters
Givin’ Up
Japanese Prisoner Of Love
Stuck In A Rut
I Believe In A Thing Called Love
Get Your Hands Off My Woman (encore)
Love On The Rocks With No Ice (encore)

Live del 20 luglio 2019

Category : Live Report
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