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10th Feb2020

Kaos Krew – From The Ostrobothnian Plain

by Gabriele Rusty Rustichelli
Arrivano dalla Finlandia i Kaos Krew e con il loro From The Ostrobothnian Plain uscito il 31 gennaio per Inverse Records; propongono un alternative metal solido e massiccio con un pizzico di industrial. I suoni sono moderni e potenti con un sapore del nord Europa ben presente. La band è al loro quinto album e l’attitudine della band si sente. La produzione è più che discreta, batteria e basso ben compatti, chitarre potenti che a tratti si lasciano scappare soli interessanti e tastiere che danno un sapore di alternative. La voce non è entrata a pieno nelle mie orecchie. Tecnicamente molto valida ma non è riuscita a smuovere l’interesse. Il song writing è valido e l’intreccio tra riff di chitarra e voce funziona molto bene. Forse è quel sapore del nord che non convince fino in fondo. Mi spiego, siamo abituati ad ascoltare spesso band che arrivano dal nord Europa con un sound un po’ epico e anche in questo caso l’elemento c’è. Ma sotto si cela una band alternative metal, con un sound più moderno e meno classic. Quindi si può riassumere come produzione “alternative” e song writing più “classic”…e questo spiazza un po’. Forse ha bisogno di qualche ascolto in più, i brani ci sono anche se nessun ritornello o parte musicale mi ha folgorato…eppure tutto il sound è coinvolgente.

Prometto di ascoltare il resto della discografia per entrare meglio nel progetto. Se una band pubblica 5 album, fa la sua strada e continua a regalare musica ai propri fan probabilmente merita di essere ascoltata per comprenderne tutte le sfumature.

Autore: Kaos Krew Titolo Album: From The Ostrobothnian Plain
Anno: 2020 Casa Discografica: Inverse Records
Genere musicale: Alternative Metal Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.kaoskrewmusic.com/
Membri band:
Ulf Skog – chitarra
Massi Wickman – basso, voce
Göran Fellman – chitarra
Sven Wannäs – tastiere
Zacharias Ahlvik – batteria
Tracklist:
1. Entropy – Black Door
2. Never Answer Why
3. Dance For Me
4. Whiteout
5. Crazy
6. SS Helion
7. Nobody’s Home
8. Roadrage
9. The Prophets
10. Electric Skin
Category : Recensioni
Tags : Alternative Metal
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09th Gen2020

Jerkstore – The Great Time Robbery

by Marcello Zinno
I danesi Jerkstore giungono al sesto studio album sempre all’insegna del loro heavy metal pieno di groove, figlio per certi versi di un nu metal che ha risaputo reinventarsi tanto da guadagnare la nuova definizione di alternative metal. Ed è proprio in questo contesto che il terzetto si muove con grande agiatezza, perché il loro appiglio groove è in egual misura potente e coinvolgente: basta un solo ascolto a brani come Hall Of Mirrors (solo noi sentiamo qualche eco di Danko Jones nelle parti vocali del ritornello?!) o la cadenzatissima The Uphill Climb (solo noi sentiamo qualche eco targato Volbeat?!) che i riff ti restano impressi nella mente. Ma non è questione di singoli brani, bensì di sound che ti resta attaccato alla cute: tutte le tracce risultano interessanti, sicuramente quelle con maggior potenziale sono Dirty Game (nessun superstite dal vivo!), Mountains Can Be Moved (che nasconde un riffing quasi da thrash metal band) o ancora l’ultima While We Wait For Light (che potrebbe far impallidire centinaia di band a livello internazionale) ma davvero l’album è da godere nella sua interezza.

A noi piace anche I’ll Never Smile Again, un brano con una maggiore melodia, quasi da hit radiofonica ma rivestito da una colata di metal che lo rende cattivissimo: un segno tangibile della maturità di scrittura della band in quanto il rischio di scadere sul banale era alto. Con Blindness la band punta la carta della ballad che, pur non essendo una traccia scontata, riduce un po’ il valore delle azioni di The Great Time Robbery, un album che ha una marcia in più per la sua potenza. I riff ti abbracciano e fanno in modo di impossessarsi della tua migliore playlist, ma anche se non ne hai una rimarrai comunque catturato dal groove di questo lavoro.

Autore: Jerkstore Titolo Album: The Great Time Robbery
Anno: 2019 Casa Discografica: Art Gates Records
Genere musicale: Alternative Metal Voto: 7,25
Tipo: CD Sito web: http://www.jerkstore.dk
Membri band:
Keld Rud – voce, chitarra
Stefan Korsgaard – batteria
Lars Jørgensen – basso
Tracklist:
1. Pile Of Excuses
2. Hall Of Mirrors
3. The Uphill Climb
4. Dirty Game
5. Blindness
6. I’ll Never Smile Again
7. The Search Will Never End
8. Mountains Can Be Moved
9. In The Blood
10. Burn My Letters
11. While We Wait For Light
Category : Recensioni
Tags : Alternative Metal
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29th Dic2019

Break Me Down – The Pond

by Alberto Lerario
Originari di Milano, i Break Me Down sono una band alternative metal formata nel 2017, quindi relativamente nuova sulla scena. È interessante notare come il gruppo si inquadri nel filone alternative metal dei giorni nostri con evidenti rimandi ai Lacuna Coil, con cui condividono la città di origine e qualche palco in apertura dei loro show, e Halestorm su tutti. Il fulcro del gruppo ovviamente è la singer Irene che riesce a tenere egregiamente la scena sfoggiando ottima voce ed espressività. Buona la sezione ritmica e l’incedere di riffing, anche se si ha l’impressione che rimangano spesso in secondo piano, facendo “perdere di ottani” tutto l’insieme che si avvicina più a sonorità hard rock che metal. Tutte le tracce presentano un buon equilibrio tra melodia e groove, votate al raggiungimento del ritornello catchy, corredato da cori tipici del genere. Tra i brani, a gusto personale, spiccano Your Game, anche per il testo non banale (una sorta di ode per la diversità in senso generale e disprezzo per questa società dagli orizzonti chiusi) e la title track The Pond, capace di ricamare insieme in modo più che convincente ritornello, melodia e solido riffing. Un plauso particolare al lavoro di autoproduzione per la resa sonora di qualità professionale, ed anche all’artwork di copertina distopico ed evocativo.

The Pond è un bell’album di debutto convincente, che ha forse l’unica pecca di non aver osato troppo nelle sonorità e nella varietà. Ma il messaggio è molto chiaro, i Break Me Down fanno sul serio e lo fanno bene. Seguono la strada tracciata dai Lacuna Coil, pronti a portare l’italico vessillo in giro per il mondo per molti anni.

Autore: Break Me Down Titolo Album: The Pond
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Alternative Metal Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.facebook.com/BreakMeDownIT
Membri band:
Irene Franco – voce
Laerte Ungaro – chitarra
Morris Steel – chitarra
Giuseppe Greco – basso
Fabio Benedan – batteria
Tracklist:
1. Your Game
2. If You Are Brave
3. The Noose
4. Nightmare
5. Tonight
6. O.C.D.
7. New Her0
8. Goodbye
9. Look @ Me
10. Let it Burn
11. The Pond
Category : Recensioni
Tags : Alternative Metal
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17th Dic2019

Mad Museum – It Seems Legit

by Massimo Canorro
Prima le dolenti note: un debut album che – seppur nel pieno rispetto del lavoro altrui – mostra editing approssimativo (scarno e con imprecisioni) e booklet inesistente – a meno che non si tratti di un CD copia per la stampa, ma pure in questo caso l’assenza di testi e bio sarebbe abbastanza singolare – non rende merito a una band milanese, i Mad Museum, di per sé interessante. Certo, a livello di sonorità – in bilico tra rock, hard rock classico e alternative metal – nulla di nuovo sotto il sole: osare, oggi, non è tra le priorità delle band nostrane né tra quelle oltre confine. Detto ciò, il quartetto meneghino – Caterina “Brisen” Camesasca (voce), Sebastiano Sala (chitarra), Francesco Lacopo (basso) e Daniele Motta (batteria) – ci sa fare, va giù bello duro dritto al punto e sprigiona sonorità accattivanti, che nella dimensione live potrebbero emergere davvero prorompenti, considerata l’attitudine. Merito probabilmente – il condizionale è d’obbligo, non avendoli purtroppo mai visti suonare dal vivo – della vocalist, autrice dei testi insieme a Sebastiano. “Brani che parlano di introspezione, nei quali Caterina cerca di mettere a fuoco i suoi disagi, le sue paure. Scrive soprattutto per analizzare e dare sfogo a queste situazioni. Ma ci sono anche canzoni più leggere – come la conclusiva Keep Rolling o Yelp Bitch – che affrontano tematiche come il sesso occasionale e l’amore saffico», hanno spiegato.

It Seems Legit, album di debutto dei Mad Museum prodotto da Titta Morganti e Bagana Rock Agency – registrazione e mix sono ad opera di Frank Altare presso 33Hz Studio di Trezzo Sull’Adda (Milano), master presso gli Elephant Studios di Roma da Riccardo Parenti – accoglie undici tracce veloci nel ritmo e accattivanti nelle sonorità. A livello personale sono rimasto (piacevolmente) sorpreso dal brano di apertura, Mad, dove le chitarre distorte la fanno da padrone, ma anche da Don’t Say AWord – che in alcuni passaggi strizza l’occhio ai tedeschi Guano Apes e all’ottima vocalist Sandra Nasić – e dalla già citata Keep Rolling, dove la band spinge il piede sull’acceleratore; un gran bel groove. Sulla cover del disco campeggia un cervello, e anche qui la band ha precisato: “L’idea del cervello è da collegarsi direttamente al nostro nome: le varie declinazioni di follia, oppure pazzia, di cui raccontiamo nelle canzoni arrivano prive di mediazioni da un’unica sorgente, la mente: cos’è il cervello se non il museo dei pensieri che custodiamo?”. Diretti e spontanei, senza filtri. Nata sei anni fa da un’idea di Sebastiano e Daniele (qualche mese dopo si unisce il bassista Francesco e nel 2015 la formazione si completa con Caterina), la band Mad Museum – che tra i suoi dischi “di riferimento” annovera, tra gli altri, Appetite for Destruction (1987) dei Guns N’ Roses, Nevermind (1991) dei Nirvana, Follow The Leader (1998) dei Korn, a dimostrazione della totale apertura mentale – ha il merito, non da poco, di proporre brani orecchiabili, che danno la carica, da ascoltare a tutto volume. La musica al centro, e questo è un ottimo punto di partenza.

La tecnica c’è e la “pietanza” è succulenta, ma occorrerebbe lavorare di più sull’impiattamento, su come presentare il prodotto-disco al pubblico e agli addetti ai lavori. Si può solo migliorare.

Autore: Mad Museum Titolo Album: It Seems Legit
Anno: 2019 Casa Discografica: Bagana
Genere musicale: Rock, Hard Rock, Alternative Metal Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/madmuseumlive/
Membri band:
Caterina “Brisen” Camesasca – voce
Sebastiano Sala – chitarra
Francesco Lacopo – basso
Daniele Motta – batteria
Tracklist:
1. Mad
2. Where Is My Aim?
3. Yelp Bitch
4. Don’t Say A Word
5. Cruel Desire
6. Tremble
7. Mesmerise
8. Give Me One
9. Girly Girly Girl
10. Happiness
11. Keep Rolling
Category : Recensioni
Tags : Alternative Metal
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15th Apr2019

The Worst Horse – The Illusionist

by Marcello Zinno
Il “cavallo sbagliato”, per citare il loro moniker tradotto in italiano pur non essendo la loro proposta propriamente tipica della nostra scena metal, arriva al primo full-lenght dopo un EP omonimo che aveva la semplice funzione di presentare questa nuova formazione. Il loro stile è da un lato in bilico con i suoni del rock e le strutture del metal, dall’altro è calato in un’ambientazione quasi desertica in cui il blues e i riff groovy la fanno da padroni; per dirla in altri termini a nostro parere i The Worst Horse sembrano essere dei Pantera del nuovo millennio, con le dovute proporzioni, passati indenni lungo il filone del nu metal e anzi avendone ingurgitato alcune soluzioni per poi risputarle a modo loro. La parte finale di 313 Pesos, ma anche la ballad Circles (in cui gli spiriti di Anselmo sembrano venire a galla senza timore di sorta) sono la conferma di questa nostra sensazione. Al contrario la titletrack non nasconde un’attitudine più rock: già ascoltando la sei corde nei primi secondi il cui suono avrebbe potuto vestire panni più potenti, lontani da un certo stoner rock e magari più parenti di un metal muscoloso ed esplosivo; ottimo invece il cambio di tempo che attualizza le terzine di maidiana memoria, per poi lanciare il brano verso un ritmica sicuramente molto più coinvolgente.

Dicevamo del blues che esce fuori in pezzi come Leather Face (anche in questo brano alcune influenze della “Vergine di Ferro” sono abbastanza evidenti), il profilo più interessante dei The Worst Horse attraverso il quale la band riesce a distinguersi con un soffio più personale; molto interessante la coda finale proprio di Leather Face con una serie di cambi di direzione davvero sorprendenti. XIII è un ottimo crescendo, che parte molto pacato e poi esplode in un incedere che ricorda molto la NWOBHM, a noi piace molto It con un metal grip che ti resta incollato alla pelle.

The Illusionist è un album compatto anche se non personalissimo. Una prova comunque di buon livello e promettente. C’è da affinare le armi, sia a livello sonoro con una produzione ancora più all’altezza e delle soluzioni più particolari che facciano uscir fuori idee targate The Worst Horse.

Autore: The Worst Horse Titolo Album: The Illusionist
Anno: 2019 Casa Discografica: Karma Conspiracy Records
Genere musicale: Alternative Metal, Heavy Metal, Heavy Blues Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/theworsthorse/
Membri band:
David Podestà – voce
Omar Bosis – chitarra
Francesco Galimberti – batteria
Riccardo Crespi – basso
Tracklist:
1. Tricky Spooky
2. 313 Pesos
3. The Illusionist
4. Circles
5. Leather Face
6. Grimorium
7. XIII
8. Blind Halley
9. Elevator To Hell
10. It
Category : Recensioni
Tags : Alternative Metal
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12th Mar2019

Khali – Tones Of The Self Destroyer

by Maurizio Trentin
Khali. Dal suolo romano, la radice di questa band si forma nel 2015. L’insieme di differenti stili come appunto il death, il thrash, il groove e l’hardcore, diventano per loro le basi di partenza per creare una propria identità, che vede come debutto questo loro primo album con l’etichetta GhostLabel Record: Tones Of The Self Destroyer. Naturalmente dalla loro formazione ad oggi l’esperienza della band, ha avuto una buona base di confronto in ambito live, ma nello stesso momento una completa esperienza per realizzare al meglio il loro primo prodotto pubblicato. La formazione originaria è partita inizialmente con Christian Marchese alla voce e basso, Paolo Nadissi voce e chitarra e Romolo Ferri batteria. Quest’ultimo sarà rimpiazzato appunto dall’energia percussiva di Vincenzo Agovino alla batteria. L’introduzione campionata in Ordinary Empty Eath, è il sipario che si apre alla realtà dei Khali. L’aggressività e la tendenza ad una sonorità potente sono il marchio dei Khali che in questo secondo pezzo, Ashes Of None, esprimono tutta la loro energia groove e hardcoore. Le due voci nello stile growl di Paolo Nadissi e la voce chiara di Christian Marchese si avvicendano tra loro creando di fatto la firma dei Khali. L’aria è tendenzialmente nera ed il suono è solido. Non vi è dubbio che anche il mio ascolto subisce una certa influenza mitologica, probabilmente tutto l’insieme mi coinvolge in questa sorte di racconto guerresco “medioval-gothic”.

Dark Matter ne è la conferma ed assume una forza che il trio esprime al meglio coralmente. Le due voci si avvicendano e vengono rafforzate dall’energia strumentale. Rage parte benissimo è un hardcore ben tirato. Interessante la tonalità lucida e limpida della chitarra che si alterna con le voci. La mia immaginazione mi porta ad una sonorità che mi avvicina all’energia dell’acqua. Il cammino sonoro si spacca dal momento in cui il growl si impadronisce della scena, creando di fatto un calo energetico o meglio, ci vorrebbe ancora una spinta in più che possa dare un senso a questi momenti di cambio. Hypo Crisis, rimane nella stessa linea dei brani precedenti. Vi è ancora un interessante passaggio nell’intervento del basso e chitarra, che si intonano in un mutamento stilistico tendenzialmente funky e hard blues, peccato che rimangono un po’ isolati all’interno del brano, per poi tornare alla struttura iniziale. Life mantiene la linea in poppa, anche qui vi è un tentativo timido di cambio tempo, ma si perde ancora. In Vulture God, vi è una struttura compositiva differente. L’effetto della voce campionata stile radio e la chitarra disarmonica, permettono di avere una variazione del brano. La potenza arriva nelle chitarre, che assieme tecnicamente creano maggiore impatto e corpo. Marching Ant’s Won’t Stop, spinge e The Core conclude l’album mantenendo la medesima energia dei precedenti brani.

Tones Of The Self Destroyer in quanto debutto non ha una sua personalità ancora ben definita. Con questo non vuol dire che sia un album scontato, al contrario, ma secondo il mio parere credo che vi sia bisogno di più coraggio. Penso che dal vivo la band per necessità compositiva e tecnica, renda al meglio. Qui nell’album vi sono delle fasi in cui la forza e l’energia vanno per conto proprio o meglio si perdono e non legano con quei timidi tentativi alternanti che vorrebbero accompagnarti attraverso differenti tonalità stilistiche. Tutto ciò non è facile da raggiungere, per esperienza credo che i Khali possano fare un gran salto, liberandosi da ogni freno inibitorio riguardo alcune influenze di base. L’atto liberatorio è un segno di maturità e nello stesso momento di intelligenza. Per quanto riguarda un ulteriore consiglio è di curare l’aspetto compositivo dei brani. Ho notato che lo stacco dal brano in particolari assoli strumentali crea un vuoto sonoro o meglio una distanza evidente tra queste due dimensioni. Come conseguenza si arriva a snaturare tutta la trama o l’ossatura del brano stesso. Comunque nulla di male, come tutti i debutti le problematiche sono diverse ed il bello inizia proprio ora, dove ogni consiglio ed ogni esperienza si materializza in avanti, creando di fatto la vera natura dei futuri Khali.

La grafica e la composizione illustrata dell’album sono ben strutturate. Il condottiero samurai ti indica l’intento che la band vuole esprimere. Anche in ambito grafico il logo Khali è ben amalgamato con l’illustrazione. Graficamente tutta la composizione dell’opera è perfetta. L’artista impone una certa manualità che lo avvicina allo stile comics, ma nello stesso momento offre anche aspetti tendenzialmente moderni, creando di fatto un personaggio mitologico, specchio del nostro attuale immaginario.

Autore: Khali Titolo Album: Tones Of The Self Destroyer
Anno: 2018 Casa Discografica: Ghost Label Records
Genere musicale: Thrash Metal, Alternative Metal, Hardcore Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/khalimetal/
Membri band:
Paolo Nadissi – voce, chitarra
Christian Marchese – voce, basso
Vincenzo Agovino – batteria
Tracklist:
1. Ordinary Empty Earth
2. Ashes Of None
3. Dark Matter
4. Rage
5. Hypo Crisis
6. Life
7. Vulture God
8. Marching Ants Won’t Stop
9. The Core
Category : Recensioni
Tags : Alternative Metal
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23rd Feb2019

Noiskin – Hold Sway Over

by Marcello Zinno
Italianissimi ma guardano oltreoceano i Noiskin, giovane formazione che giunge all’esordio discografico fortemente legato all’alternative metal e dal sound tutt’altro che da band emergente. Hold Sway Over è un album che sfodera a mani basse le sue due arme letali: la prima è la chitarra, affilatissima e precisa, i riff sono spesso stoppati, solo nei chorus si allungano in code per far respirare il cantato e rendere molto appeal le tracce, chitarra che spicca anche per produzione con un suono limpido e potente che caratterizza l’intero sound della band; il secondo elemento è composto dalle melodie che, nonostante l’approccio sonoro legato al metal, fanno sfoggio in diverse tracce lasciandosi dietro un buon sapore anche dopo un ascolto disinteressato. È proprio l’incrocio tra chitarra metal e melodie dietro chorus e ritornelli che fa di quest’album un’uscita dal grande potenziale, capace di piacere a qualsiasi appassionato di rock o metal, indipendentemente dai gusti. In diversi momenti ci hanno ricordato i nostrani Klogr, anch’essi fautori di sonorità alternative metal seppur con più esperienza alle spalle, ma va detto che a nostro parere i Noiskin hanno voce in capitolo e sono a parer nostro una ottima realtà da esportare.

Via via che si procedere lungo la tracklist la band fa sfoggio di elementi diversi e vari. Beyond Temptation ci è sembrato, soprattutto nei passaggi strumentali, vicino ad alcuni riff di stampo Dream Theater, ma dobbiamo ammettere che pur essendoci tecnica nella loro ricetta, il quartetto non cede mai alle lusinghe del prog metal, anzi talvolta indurisce anche il suono come in Chapter III con alcuni inserti in growl. Una dose di adrenalina arriva con Bound To My Skin, non solo per i tempi più accelerati ma anche per un suono più sludge metal che ci colpisce e che sicuramente darà i suoi frutti in sede live. Altro momenti che si discosta dal seminato e che fa intuire quanto probabile può essere un’evoluzione musicale di questa band in futuro è Twilight Sleep, un brano che abbraccia l’heavy più crudo, meno patinato ma con una sorta di cori sul finire che ne conferiscono un sapore lugubre, quasi epico. In generale Hold Sway Over è un album che gli appassionati di alternative metal o di metalcore moderno non possono lasciarsi sfuggire.

Autore: Noiskin Titolo Album: Hold Sway Over
Anno: 2019 Casa Discografica: Tanzan Music
Genere musicale: Alternative Metal Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/noiskinofficial/
Membri band:
Luca Taverna – voce
Marco Depriori – chitarra
Simone Tarenghi – basso
Federico Bombardieri – batteria
Tracklist:
1. Noise
2. Hold Sway Over
3. Haze
4. Beyond Temptation
5. Chapter III
6. Bound To My Skin
7. Twilight Sleep
8. Entropy
9. As I Lay Dying
10. The Farewell
Category : Recensioni
Tags : Alternative Metal
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25th Dic2018

Closer – Event Horizon

by Massimo Volpi

Closer - Event HorizonPartiamo dalla fine, oppure da ciò che si vede più “facilmente”. La copertina di Event Horizon, nuovissimo album dei Closer, è bella; bello il disegno, bello l’interno stellato e il posterino che contiene testi e copertina a grandezza vinile. Il lavoro di Irene Belluzzo, responsabile dell’artwork, è davvero degno di nota e ci tengo perché purtroppo non è sempre così. Il moniker non mi fa impazzire, parere personale, così come il nome, già utilizzato da molte band, e la scelta del titolo dell’album, anche questo ampiamente sfruttato dal mercato musicale. Dettagli marginali che possono però indicare una carenza di fantasia, personalità o intraprendenza; intraprendenza che invece sembrano avere questi ragazzi veneti. Tra le loro influenze, leggo, Alter Bridge, Nickelback, Metallica, Pantera… e, se il primo nome non era nemmeno necessario indicarlo, perché palese, così come il secondo, di sentori dei “four horsemen” e della band di Dimebag c’è davvero ma davvero poco. Stiamo parlando di alternative metal, metalcore, con un cantato alla Myles Kennedy appunto, il quale, per aprire e chiudere una parantesi, è posizionato tra gli inarrivabili e, in un eventuale paragone, si va sempre a perdere; una voce, quella di Simone Rossetto, senz’altro interessante ma, a mio parere, non sempre usata a dovere; anzi, a volte fastidiosa e staccata dal resto del lavoro che a volte rischia di offuscare. Un eccesso di quella intraprendenza di cui sopra. Sfruttare eccessivamente le proprie doti a volte può essere controproducente.

Le canzoni si susseguono senza troppi intoppi, la scrittura è buona, come l’esecuzione, la produzione e tutto quanto. Il disco è un buon disco e i Closer potrebbero anche essere un gruppo interessante. Imparare a dosare gli ingredienti a disposizione, soprattutto la voce, è uno dei consigli che darei loro. Nessuno ama un cocktail di solo alcol. E magari, seppur vero che mille volte meglio i presuntuosi dei senza midollo, evitare di vendersi per ciò che non si è; fare un piccolo passo indietro…giusto per prendere la rincorsa e volare meglio.

Autore: Closer

Titolo Album: Event Horizon

Anno: 2018

Casa Discografica: Andromeda Relix

Genere musicale: Alternative Metal

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.closer.band

Membri band:

Simone Rossetto – voce

Andrea Bonomo – chitarra

Nicola Salvaro – chitarra

Manuel Stoppele – basso

Danilo Di Michele – batteria

Tracklist:

  1. Here I Am

  2. Illusion

  3. The Call

  4. Mistakes

  5. Battle Within

  6. Beyond the Clouds

  7. Wait For Me

  8. Masquerade

  9. Untouchable

  10. Sand in Hand

  11. Moments and Eternity

  12. Event Horizon

Category : Recensioni
Tags : Alternative Metal
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09th Nov2018

Therapy? – Cleave

by Marcello Zinno

Therapy - CleaveTornano i Therapy?, una band che oltre ad essere stata sempre coerente con se stessa, nel corso della propria carriera ha dato alla luce sempre prodotti di buona ed interessante fattura. Non è da meno questo Cleave targato 2018, album che conferma (ma non ce n’era tanto bisogno) la direzione della band nel nuovo millennio: formazione a tre, tanta varietà stilistica (nella medesima tracklist compaiono pezzi diversi per genere musicale di appartenenza) e un indurimento del sound che li avvicina ad un progetto metal / alternative metal. Già dall’opener, come era accaduto anche con il precedente Disquiet, i Therapy? accendono la miccia e propongono un pezzo potente che paradossalmente potrebbe piacere a chi ha amato i Rage Against The Machine; ma sappiamo che i Nostri riescono a scrivere pezzi rock di grande impatto con anche dei buoni chorus e qui prendono il nome di Success? Success Is Survival e Crutch, brani che già al secondo ascolto si lasciano cantare.

Cleave è un buon album con brani tutti di impatto e con delle linee di basso molto spesso in bella mostra. Save Me From The Ordinary e I Stand Alone sono dei momenti interessanti che fanno luccicare questo lavoro sia tra i fan del metal che tra quelli che prediligono il rock. Indubbiamente la proposta dei Therapy? va assaporata in sede live perché, a dispetto dei pochi strumenti usati, propone un connubio di suoni e pattern che on stage sicuramente offrono il meglio. In diversi momenti i pezzi sono enfatizzati da una intro potente che poi diventa cauta nella strofa, fino ad esplodere durante il muscoloso ritornello: trailer che risiede in parte nel trademark della band. Noi siamo comunque davvero felici che questa storica band non si sia persa negli anni e abbia mantenuto sempre alto il livello qualitativo della propria proposta artistica.

Autore: Therapy?

Titolo Album: Cleave

Anno: 2018

Casa Discografica: Marshall Records

Genere musicale: Crossover, Industrial, Alternative Metal, Alternative Rock

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://www.therapyquestionmark.co.uk

Membri band:

Andy Cairns – voce, chitarra

Neil Cooper – batteria

Michael McKeegan – basso

Tracklist:

  1. Wreck It Like Beckett

  2. Kakistocracy

  3. Callow

  4. Expelled

  5. Success? Success Is Survival

  6. Save Me From The Ordinary

  7. Crutch

  8. I Stand Alone

  9. Dumbdown

  10. No Sunshine

Category : Recensioni
Tags : Alternative Metal
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11th Ott2018

Cold Snap – All Our Sins

by Massimo Volpi

UnknownArriva dalla Croazia questa ventata gelida di metal pieno di groove e ottime sonorità. I Cold Snap pubblicano questo All Our Sins per Arising Empire, l’etichetta di gavetta di Nuclear Blast; un album potente ma anche fortemente melodico, pieno di riff azzeccati, breakout pazzeschi e cori ben disseminati. Fallen Angel e Nothing forse rappresentano al meglio quanto appena detto. Groove metal con intervalli secchi e potenti, con picchi di death e di metalcore, con una spolverata di Pantera. Seguono altre tracce interessanti, Demons e Crawling, così come Witness Of Your Sickness, canzone che parla della sofferenza di avere un cancro in famiglia. Chiude Distance, primo singolo e video di questo album.

Un lavoro ben costruito e ben realizzato; prodotto da Tue Madsen, già al lavoro con Madball e Meshuggah. Interessante per più aspetti e che di certo non vi lascerà indifferenti, soprattutto se amate il groove metal. Le canzoni parlano di sofferenza e malattie, problematiche individuali e problemi del mondo di oggi. La copertina è un cappio in realtà formato da persone, molto suggestiva e ben realizzata. All’interno i testi, scritti spesso deformati e creativi quanto basta. Anche per la parte grafica, quindi, grande praticità senza rinunciare all’estrosità, seppur controllata. Il giudizio complessivo è più che positivo.

Autore: Cold Snap

Titolo Album: All Our Sins

Anno: 2018

Casa Discografica: Arising Empire

Genere musicale: Groove Metal, Alternative Metal

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.cold-snap.com

Membri band:

Jan Kerekeš – voce

Dario Sambol – batteria

Zoran Ernoić – basso

Dario Berg – voce, effetti

Dorian Pavlović – chitarra

Zdravko Lovrić – chitarra

Tracklist:

  1. Hešto And Pujto

  2. Fallen Angels

  3. Nothing

  4. Demons

  5. Crawling

  6. Remission

  7. 2 4 The System

  8. Witness Of Your Sickness

  9. No We’re Not Even

  10. Pain Parade

  11. Hated

  12. Distance

Category : Recensioni
Tags : Alternative Metal
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