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12th Apr2020

Elephant Stone – Hollow

by Raffaele Astore
Gli Elephant Stone continuano il loro viaggio psichedelico pubblicando questo sesto disco in ordine di tempo dal titolo Hollow. Un album che è incentrato su una narrazione che vede un ristretto numero di uomini, irrimediabilmente corrotti, che nel concept di fondo proposto, riescono a mettersi in salvo fuggendo dal pianeta che sta morendo, utilizzando una nave spaziale, Harmonia. Il disco sembra riportarci in piena attualità con un pianeta che è diretto verso l’autodistruzione dove a farne per primi le spese sono proprio gli uomini, colpiti da un’epidemia globale che non lascia scampo (una sorta di preveggenza di quello che sta accadendo in questo periodo). Hollow World, brano di apertura, ha molti richiami alla psichedelia di anni che cavalcavano l’onda beatlesiana, le arie orientali che invadevano il sound inglese e lo sperimentalismo di alcune band del periodo. Con Darker Time, Darker Space la musica non cambia anzi, diventa più sperimentale e ci sembra di cadere in uno sperimentalismo primordiale che propone ritmi già ascoltati e riproposti dai Warlocks, al quale ci lega un amore particolare, o i The Brian Jonestown Massacre o ancora i The Black Angels che, guarda un po’, psichedelicamente prendono il nome da un pezzo dei Velvet Underground. Il terzo brano, The Court And Jury, muovendosi tra un coacervo di suoni, compreso un bel sitar, ma anche il successivo Land Off Dead, strizzano l’occhio al sound degli australiani King Gizzard & The Lizard Wizard che in ricchezza d’uscite non hanno nulla da invidiare a nessuno.

Altro pezzo che sembra rifarsi ad un periodo indiano dei Beatles ed al loro sound nato dopo l’incontro con Ravi Shankar, il santone che li introdusse alla musica tradizionale indiana e del quale George Harrison ne fu un fedele seguace, è Keep The Light Alive che del sound beatlesiano ne possiede l’anima. Con Harmonia, sicuramente il pezzo più interessante dell’intero album, la storia raccontata, della quale ne abbiamo parlato nell’introduzione a questa recensione, si dipana lungo i cinque pezzi successivi che si aprono con I See You subito seguito dalla splendida The Clampdown, una composizione che rende giustizia di tutto quel rock che coinvolge gli Elephant Stone, e che comunque naviga sempre tra atmosfere psichedeliche con il sitar a far da prima donna. Poi giunge uno dei brani che meno ci hanno colpito rispetto a quelli contenuti in questo bel disco, quel Fox On The Run che dopo tanti bei pezzi ci lascia forse vuoti di emozioni, al contrario degli altri, un vuoto che gli Elephant Stone in questa parte dei solchi non sono riusciti, purtroppo a colmare. House On Fire è invece una specie di passaggio obbligato verso la chiusura di Hollow e che porta ad A Way Home dove è possibile ascoltare melodie e richiami ad alcune prelibatezze sonore degli ultimi Beatles, prima dello scioglimento, quei Beatles che diedero vita ed anima ad un nuovo genere che con Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band divenne, da quel momento in poi, un centro del mondo musicale sempre più spinto verso nuove frontiere e sperimentalismi psichedelici.

Gli Elephant Stone, band canadese di tutto rispetto, con questa uscita di inizio anno si pongono ancora una volta come una delle band più interessanti del nuovo panorama alternative ed indie, un panorama sempre più ricco che sta davvero prendendo piede in Italia come all’estero dopo la grande sbornia di rock a tutto spiano e del quale, sicuramente, continueremo a goderne anche in futuro.

Autore: Elephant Stone Titolo Album: Hollow
Anno: 2020 Casa Discografica:  Elephants On Parade
Genere musicale: Alterative Rock, Indie Rock Voto: 8
Tipo: mp3 Sito: https://www.elephantstone.ca/
Membri band:
Rishi Dhir – voce, basso, sitar
Jean-Gabriel Lambert – chitarra, cori
Miles Dupire – batteria, cori
Stephen “Le Venk” Venkatarangam – farfisa, synth, cori
Tracklist:
1. Hollow World
2. Darker Time, Darker Space
3. The Court And Jury
4. Land Off Dead
5. Keep The Light Alive
6. We Cry For Harmonia
7. Harmonia
8. I See You
9. The Clampdown
10. Fox On The Run
11. House On Fire
12. A Way Home
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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06th Apr2020

Aymara – Aymara

by Gabriele Rusty Rustichelli
Gli Aymara sono un trio nato nel 2017. Oggi escono con un album omonimo: 10 brani di rock alternativo italiano. La produzione sonora è rispettabile, una buona cura del suono e un buon mix. La scrittura dei brani è interessante, gli arrangiamenti abbastanza basilari ma con un bel carattere e sempre in funzione dei brani che scivolano via lisci attingendo al rock classico, passando per il grunge e toccando sound dagli anni 70 fino ai 90. Per chi ha letto qualche mia recensione sa che ogni volta che mi trovo davanti ad un cantato in lingua italiana tutti i miei dubbi vengono a galla. Questa volta, anche se le liriche non sono la cosa che più entra dentro, il tutto è omogeneo e nulla fa stridere le orecchie. Come al solito devo sottolineare che scrivere in italiano è una delle cose più difficili. Ma gli Aymara riescono nel loro intento. Mi ricordano band anni 90 come i Movida, qualche sfumatura dei Liftiba (quelli fighi di un tempo), qualcosina mi riporta ai miei amati Deasonika ma il tutto suonato con un sound massiccio e granitico…non certo italiano, anzi! Basso e batteria vanno dritti come treni, ben amalgamati e fanno da supporto alle chitarre e voce di Eddy che riesce, con un timbro vocale particolare, a far diventare le canzoni molto interessanti.

A questo punto vi chiederete perché la recensione non è eccellente al 100%. Il problema è sempre lo stesso. Fare musica è una delle cose più belle ed espressive che ci possano essere ma quando si fa un disco e lo si propone al pubblico c’è da valutare anche a chi ci si sta rivolgendo. Purtroppo (e spero di sbagliarmi) ad oggi temo che questa fetta di mercato in Italia sia un po’ assente (come pubblico) e allo stesso tempo satura (di band). Con le potenzialità della band (che ce ne sono) credo che possa essere un punto molto interessante cercare un’evoluzione che faccia drizzare le orecchie. Come? Forse cercando un produttore che possa valorizzare al meglio la musica e il concept della band. Questo sempre se si punta a fare il salto e la differenza. Se invece l’intento è quello di scrivere bella musica, condividere una passione e comunicare il proprio mondo gli Aymara hanno da dire belle cose.

Autore: Aymara Titolo Album: Aymara
Anno: 2020 Casa Discografica: Gasterecords
Genere musicale: Alternative Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/aymaraofficial
Membri band:
Eddy – voce, chitarra
Ringhio – batteria
Cresta – basso
Tracklist:
1. L’alfiere
2. Strappa Le Nuvole
3. Bianco Sporco
4. Fuoco All’improvviso
5. Il Demonio È Arrivato Primo
6. Mezz’ombra
7. Plastica
8. Schiaffi In Faccia
9. Porgi L’altra Guancia
10. Apnea
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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26th Mar2020

Stolen Apple – Wagon Songs

by Marcello Zinno
Tornano gli Stolen Apple, band che avevano conosciuto con Trenches di cui avevamo parlato a questa pagina. Alternative rock che fuoriesce dagli ampli di questo quartetto che non subisce variazioni in line-up rispetto al proprio esordio discografico. Ma la band è maturata: se da un lato il rock ruvido e molto DIY degli Stolen Apple arriva anche con questo Wagon Songs, come se fosse un marchio di fabbrica a cui la band (giustamente) non vuole rinunciare, non si possono ignorare i passi avanti compiuti con questo lavoro. Quelle sfumature brit presenti nel loro passato lasciano ora spazio ad un rock deciso, in alcuni brani meno alternative e quasi proto-punk (ascoltare Renegade Sun (Brexit) o anche Tattoo) ma sempre genuino, che non intende lasciarsi conquistare da produzioni pompose (le distorsioni sono molto lo-fi), piuttosto suonare volutamente retrò. Un sapore tremendamente americano si sente nelle liriche ma anche nelle musiche di Wagon Songs, un album che per gli appassionati di rock d’oltreoceano potrebbe regalare grandi soddisfazioni, ma ciò che ci piace ancora di più è un alternarsi tra momenti incisivi e dalla ritmica compulsiva e brani più controllati ma che sono portatori di un alone maledetto. L’iconico incontro delle due anime arriva con Out Of Fashion in cui ci si imbatte in una strofa avvolgente e un ritornello esplosivo, gran parte degli Stolen Apple è qui.

La maturità a nostro parere prende il nome di Masturbation, traccia che mette in scena un’intelligente commistione delle due chitarre e una costruzione che non starebbe male in un rock mainstream o passata per una radio importante. Poi c’è A Looking Behing Kid che ha evidenti echi pinkfloidiani dipinti in scenari quasi folk, interessante seppur rappresenti un po’ una sperimentazione per la band, data la distanza rispetto al suo messaggio musicale. Guardare al rock del futuro usando il rock del passato: si può? Sì, chiedetelo agli Stolen Apple.

Autore: Stolen Apple Titolo Album: Wagon Songs
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Alternative Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/Stolen.Apple.Band/
Membri band:
Riccardo Dugini – voce, chitarra
Luca Petrarchi – voce, chitarra, mellotron, organo, synth
Massimiliano Zatini – voce, basso, armonica
Alessandro Pagani – voce, batteria, piano, percussioni
Tracklist:
1. Suicide
2. Renegade Sun (Brexit)
3. It’s Up Your Mind
4. Masturbation
5. Out Of Fashion
6. A Looking Behind Kid
7. Tattoo
8. Passion
9. Easier
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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05th Feb2020

Fugue – The Spoils Of War

by Massimo Volpi
I Fugue ci presentano il loro sound rock alternative/grunge con The Spoils Of War e il risultato è più che buono. Stesura musicale ben assortita e lineare, buoni arrangiamenti e un’ottima incisione, fanno di questo album un lavoro davvero interessante. Il suono è rock, tendente al grunge ma solo nella parte più morbida e romantica, che si posiziona tra Foo Fighters, Alice in Chains e Rage Against The Machine, nel lato meno duro di queste band. I Fugue si collocano lì, nella zona morbida della luna dove è bello volteggiare, leggeri e incantati. La opener Smoketrails è un buon biglietto da visita, come le chitarrone di Waterline e il riff di Siren e Walls, tra i brani più riusciti. In copertina un’ala di rapace spiegata, con tutte le sue piume; delicata ma allo stesso tempo graffiante. Un album che non si arrabbia mai veramente, ma nessuno ha detto che sia obbligatorio farlo.

Autore: Fugue Titolo Album: The Spoils Of War
Anno: 2019 Casa Discografica: Agoge Records
Genere musicale: Alternative Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/Fugue-529079680961495/
Membri band:
Luke Corso – voce, chitarra
Anna Bach – basso
Renato Fabrizi – batteria
Tracklist:
1. Smoketrails
2. Run
3. Leaves
4. The Shroud
5. Waterline
6. Air
7. Hungry Sea
8. Siren
9. Walls
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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28th Gen2020

Fukjo – La Musica, Il Mare E La Deriva Occidentale

by Marcello Zinno
Tornano in versione ridotta i Fukjo, restringendo la line-up da tre a due elementi, ma non per questo semplificando il loro suono. Dopo un EP, pubblicano il full-lenght La Musica, Il Mare E La Deriva Occidentale, un album vero che cerca di dare forma allo stile per nulla banale della band. I Fujko ci sembrano in realtà una alternative pop rock band che però inserisce una serie di sovrastrutture coraggiose ed interessanti: se infatti la cornice intorno alla quale la band si muove è fatta di parti vocali indie pop e sonorità elettriche insindacabilmente figlie degli anni 90, il songwriting spesso si inspessisce e ne escono fuori idee davvero originali. Martini Dry ad esempio ha un incedere particolare, con quelle tastiere che partono ad inizio brano e sembrano quasi fuori luogo ma che in realtà offrono una caratterizzazione unica per il pezzo, un po’ meno vigorosi artisticamente i synth dream pop che accompagnano (con fin troppe ripetizioni) il brano dalla parte centrale fino ad un minuto dalla fine. Tanti sapori quindi che necessitano spesso una frammentazione dei singoli contributi (per questo i Fujko non possono essere classificati semplicemente come un duo project) per discernere ciò che è interessante da ciò che suona per noi un po’ fuori dalle trame rock; e l’esempio arriva proprio da A Casa Tutto Bene con una prima parte potentemente elettrica e un finale fuori traccia.

Per noi i momenti in cui c’è maggiore verve rock sono sicuramente i più interessanti: parliamo di Piove A Bestia e i suoi intrighi di pattern a metà corsa (di sponda crossover), le linee di basso di Fate Fuoco, lo space rock durante il ritornello di Triplo Kaioken o gli arrangiamenti di Vorticare. Le altre escursioni stilistiche, comprese le linee vocali spesso troppo riverberate (come in Non È Il Momento Josh), non ci hanno affascinato ma è da apprezzare la voglia del combo di uscire dai soliti schemi, capacità sempre più rara nella scena emergente.

Autore: Fukjo Titolo Album: La Musica, Il Mare E La Deriva Occidentale
Anno: 2019 Casa Discografica: Overdub Recordings
Genere musicale: Alternative Rock, Crossover Voto: 6,75
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/fukjoband
Membri band:
Giuseppe Dagostino – voce, chitarra, synth
Gianluca Salvemini – basso, batteria, synth
Tracklist:
1. Fate Fuoco
2. Triplo Kaioken
3. Martini Dry
4. A Casa Tutto Bene
5. Piove A Bestia
6. Isole
7. Non È Il Momento Josh
8. Pianure Alture
9. Vorticare
10. Prototipi
11. Lo Show Di Gaz
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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22nd Gen2020

Yatra – Behind The Great Disguise

by Massimo Volpi
Album d’esordio per gli emiliani Yatra che però vantano già un paio d’anni di attività live e partecipazioni (con vittoria) a concorsi regionali per musica indipendente e alternativa. Una voce femminile che si snoda su basi musicali molto strutturate ed elaborate, come si evince già dal singolo che anticipa l’uscita dell’album, Paving The Path For Your Downfall. Un disco pieno, spesso inutilmente complesso e gonfio di suoni quasi a voler dimostrare le proprie capacità; cosa che spesso si dimostra con la semplicità (apparente) e la chiarezza delle intenzioni. C’è un po’ di confusione in questo Behind The Great Disguise e la voce importante a tratti si discosta troppo mentre altre volte si perde; sembra mancare di omogeneità. La copertina, come tutto il comparto grafico, non è per nulla chiaro e d’impatto. Un’immagine confusa così come la scelta del logo e dei font utilizzati per titolo e testi nel libretto.

Prendendo spunto dall’immagine, il consiglio è quello di ripulire e semplificare tutto quanto, per avere più impatto, a livello visivo, come a livello sonoro.

Autore: Yatra Titolo Album: Behind The Great Disguise
Anno: 2019 Casa Discografica: (R)esisto
Genere musicale: Alternative Rock Voto: 5,5
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/Yatra.band.5
Membri band:
Denise Pellacani – voce
Luca Iori – chitarra
Paolo Romani – chitarra
Andrea Sassi – basso
Cristiano Rossi – batteria
Tracklist:
1. Unworthy
2. Ego Illusion
3. Struggle
4. The Awakening
5. Reborn, Rebuilt
6. Disguise You Built So Well
7. Paving The Path For Your Downfall
8. Everlasting
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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09th Gen2020

Le Pietre Dei Giganti – Abissi

by Federico Fondrini
Abissi è il titolo di esordio di questa band fiorentina dal nome tanto emblematico quanto evocativo. Le Pietre Dei Giganti ci fanno scoprire il loro mondo, si mettono a nudo levandosi ogni strato di superficialità, per arrivare a mostrarci la loro anima. Il lato nascosto di ogni essere umano, quello che ci rende tanto diversi e tanto complicati. Il viaggio introspettivo che percorriamo durante l’ascolto di queste nove tracce è l’essenza stessa della band, che scava nel profondo, e tocca le corde più sensibili della nostra emotività. L’impressione che avvertiamo durante l’ascolto dell’album è che nessuna nota, nessun colpo di batteria siano stati messi a caso, tutto sembra studiato nei minimi particolari per ottenere il risultato cercato dalla band. Questa profonda e minuziosa ricerca la si avverte anche nella scelta delle sonorità di questo album. Ognuno dei nove brani è un mondo, una storia a sé, che trascende dal resto, ma tutto intrinsecamente legato da un unico filo conduttore emozionale, che rende Abissi un album solido e credibile.

Il punto di forza de Le Pietre Dei Giganti, sembrano essere i brani più lenti come Greta, Abissi e Mattine Grigie. Veri e propri viaggi al limite della psichedelia in cui l’ascoltatore può perdercisi dentro, lasciandosi trasportare dalle calde e avvolgenti melodie. Meno riusciti, invece, risultano i brani più hard, a causa di un costante velo di prevedibilità e monotonia. Sono proprio questi brani che rigettano Le Pietre Dei Giganti nella bolgia delle centinaia di band emergenti, tutte un po’ simili fra loro. L’importanza della ricerca di una propria identità artistica è fondamentale, soprattutto quando si vuole proporre qualcosa di così poco mainstream. Le Pietre Dei Giganti sembrano avere le idee ben chiare in ciò, proprio per questo motivo vorremmo incoraggiare la band a perseguire quello che meglio gli riesce, evitando virtuosismi esagerati e contaminazioni che ne snaturano l’identità.

Abissi è un affresco decadentista, un album di non facile ascolto, certo non è il classico disco da portare alle feste di compleanno ma un prodotto da ascoltare con grande concentrazione, da godere nella penombra del proprio soggiorno. Un lavoro da apprezzare con calma. Probabilmente i ragazzi avranno ancora molta strada da compiere, il loro percorso è già tracciato e questo album è un ottimo inizio.

Autore: Le Pietre Dei Giganti Titolo Album: Abissi
Anno: 2019 Casa Discografica: Overdub Recordings
Genere musicale: Stoner, Alternative Rock, Rock Psichedelico Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/lepietredeigiganti/
Membri band:
Francesco Utel – chitarra, cori
Lorenzo Marsili – voce, chitarra
Francesco Nucci – batteria, campionamenti
Niccolò Pizzamano – basso
Tracklist:
1. Vuoto
2. La Lente Dell’Odio
3. Greta
4. DMA
5. Abissi
6. Canzone Del Sole
7. Mattine Grigie
8. Stasi
9. Trieste (La Casa Vuota)
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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04th Gen2020

Red Blind – FUN FACT: Quello Che Non Sei

by Marcello Zinno
Tornano i Red Blind con un secondo album rispetto all’esordio al titolo Are You Blind? e la proposta dalla band si articola meglio. Se infatti tre anni fa il quartetto si poteva presentare come una heavy rock band che a livello di produzione poteva piacere anche a chi era abituato ad ascoltare riff dal sapore punk, nel nuovo FUN FACT: Quello Che Non Sei la band punta su altri suoni e su molte più idee. Nell’opener la sei corde sembra citare quel grunge tanto caro a Smashing Pumpkins che diventa ancora più duro con il successivo brano Paure: una cura maggiore a livello produttivo che si fa sentire e si lascia apprezzare, un vero passo in avanti compiuto dalla band. Inoltre apprezziamo anche la scelta di inserire brani con testi in italiano, scelta sempre coraggiosa di questi tempi: la tentazione di rivolgersi ad un pubblico più vasto spesso fa rinunciare ad esprimersi nella propria lingua, mentre noi promuoviamo chi opta per testi in lingua madre. Proprio Paure è un pezzo molto convincente con il quale i Red Blind riescono ad esprimere al meglio le proprie idee, le argomentazioni che ispirano il progetto e anche il concetto di songwriting che si dipana tra l’altro in un piacevole bridge che spezza il fiato per poi ripartire accelerando nel tipico rock della band.

Si sente la maturazione del progetto: Pitch Black è un’altra lezione in tal senso con delle strofe curate e dei buoni arrangiamenti che sanno poi esplodere nel ritornello (dal sapore un po’ di nu metal) e, di nuovo, un intermezzo che cambia le carte in tavola e mostra le numerose idee del combo; uno dei brani da inserire nella propria playlist. Incisiva Glory And Pain che ricorda nuovamente la scena nu metal che fu, ma poi il brano inizia a mutare e nel chorus sembra assorbire alcune influenze post-metal per poi aprirsi nella seconda strofa ad un uso diverso della sei corde. Grandissima adrenalina arriva anche con il ritornello del singolo An(Sia) nel quale, anche qui, si lasciano apprezzare i testi, davvero ben usati anche a livello melodico. I Red Blind non creano qualcosa di davvero dirompente in termini di stile ma hanno dalla loro una cura musicale, sia in termini compositivi che di produzione, molto alta grazie ai tantissimi contenuti che mettono sul fuoco. E così un album che sfiora la mezz’ora di musica ci risulta essere molto più interessante di album dalla durata doppia ma decisamente più poveri nello stile.

Autore: Red Blind Titolo Album: FUN FACT: Quello Che Non Sei
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Rock, Grunge, Alternative Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/redblind1/
Membri band:
Jacopo Carloni – voce
Marco Grifi – chitarra, voce
Danièl Gaspàr Reynoso – batteria
Riccardo Lenti – basso
Tracklist:
1. Fading Away Like You
2. Paure
3. Pitch Black
4. An(Sia)
5. Glory And Pain
6. Fun Fact
7. Quello Che Non Sei
8. The Sun Is Not Coming Home
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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01st Dic2019

La Convalescenza – Palafite Di Creta

by Marcello Zinno
Nascono nel 2016 e sono giovani. Si presentano con l’EP Palafitte Di Creta, cinque brani che rendono bene l’idea del loro sound. La Convalescenza è una realtà che ha un sound davvero accattivante, un heavy rock di impatto, che non intende esagerare, piuttosto sta tra le linee, senza sbavature ma che è impreziosito da un’azzeccatissima produzione. Se dal punto di vista sonoro non c’è che dire, le linee vocali invece ci muovono qualche critica: una volta impostata una struttura sonora così decisa e poco incline a compromessi, alcune strofe cambiano gioco cedendo troppo alle intenzioni di un pop rock da classifica, e l’opener rappresenta a pieno quello che vogliamo capire. Ne è un altro esempio Jakarta in cui proprio questa visione canora prende il sopravvento e si pone in prima linea, accompagnata da un pianoforte che vorrebbe dare una veste da ballad al brano ma la band non riesce a non sprigionare una certa energia.

Albero Maestro invece convince anche in quanto a liriche, soprattutto nel chorus e nel bridge: sono queste le coordinate vocali che vanno a braccetto con il sound potente della band e il fatto che la band opti per testi in italiano offre una resa ancora migliore. Fatti Di Scambi è una via di mezzo tra queste due visioni anche se sul finire ci stupisce con delle voci sovraincise (o cori) che sanno molto di impatto live e un rock che si fa ascoltare volentieri. Sul finire arriva la titletrack che stuzzica lande di indie rock britannico e di nuovo ci ricorda l’irruenza di Albero Maestro. Un po’ acerbo l’artwork. I ragazzi con Palafitte Di Creta sanno quel che vogliono dire e a nostro parere lo fanno molto bene, è necessario “affilare le lame” ma questo toccherà ad un futuro full-lenght.

Autore: La Convalescenza Titolo Album: Palafitte Di Creta
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Alternative Rock, Pop Rock Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/LaConvalescenza/
Membri band:
Luca Pifferi – voce
Manuel Baraldi – basso
Nicholas Giordano – chitarra
Luca Campanozzi – chitarra
Francesco Roncaglia – batteria
Tracklist:
1. Uguale Al Mare
2. Albero Maestro
3. Fatti Di Scambi
4. Jakarta
5. Palafitte Di Creta
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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27th Nov2019

Laika Nello Spazio – Dalla Provincia

by Marcello Zinno
Di progetti con il nome Laika ne abbiamo incontrati tanti (Laika Vendetta, Laika Senza Ritorno), stavolta è il momento dei Laika Nello Spazio ma questo trio si distingue dalle tante band in circolazione e lo fa con decisione. Power trio?! Sì ma in parte, perché i Laika Nello Spazio decidono di non avere una chitarra in line-up bensì due bassi, elemento non unico nel panorama rock/metal ma di sicuro raro. E la scelta è a nostro parere assolutamente azzeccata perché, anche se uno dei due bassi viene usato in maniera più melodica e l’altro invece ritmica, le frequenze particolari si sentono e il risultato è una proposta più elettrizzante e vibrante (provate a bloccare l’headbanging ascoltando Copenaghen), senza dover cadere nel canonico uso che si fa della sei corde nel rock. A rendere ancora più particolare il sound ci sono le linee vocali di Vittorio che accarezzano a volte le spoken word (non solo in Sogno Immaginifico dove la scelta è molto più evidente) e sicuramente legano con una fonetica che è lontana da Rho (provincia di Milano) e forse proveniente da un’altra provincia (ma più a Sud), Rho a cui dedicano il singolo e del quale abbiamo ospitato con piacere un’esclusiva video proprio sulle nostre pagine digitali.

La titletrack non fa assolutamente sentire la mancanza di una chitarra e riesce incredibilmente ad esibire un sound metal nel ritornello (potremo dire nu metal) e un pathos particolare che viene rafforzato dalle liriche. Zenit è un altro passaggio di trepidante verve rock/metal, quasi dal sapore maidiano si regge su una ritmica martellante che mette curiosità anche a chi immagina questa band su di un palco. Inoltre i LNS colpiscono nel segno aderendo alla corretta interpretazione di rock, cioè quale strumento per manifestare la propria insoddisfazione riguardo alla situazione umana attuale, e non di semplice disagio giovanile bensì di pieno malcontento rispetto all’evoluzione antropologica che ai nostri giorni sembra aver invertito la propria direzione. Chi dice che non ci sono più rock band interessanti da seguire noi rispondiamo con i Laika Nello Spazio.

Autore: Laika Nello Spazio Titolo Album: Dalla Provincia
Anno: 2019 Casa Discografica: Overdub Recordings
Genere musicale: Alternative Rock Voto: 7,25
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/laikanellospazio
Membri band:
Vittorio Capella – voce, basso
Simone Bellomo – basso
Marco Carloni – batteria
Tracklist:
1. Il Cielo Sopra Rho
2. La Scala Di Grigi
3. Copenaghen
4. Laika Nello Spazio
5. Spazi Bianchi
6. Dalla Provincia
7. Sogno Immaginifico
8. Zenit
9. La Città Delle Stelle
10. Prestazioni Encomiabili
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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