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11th Lug2018

Eraldo Bernocchi – Rosebud

by Raffaele Astore

Eraldo Bernocchi - RosebudEraldo Bernocchi per questo suo Rosebud, dopo aver coinvolto nel proprio progetto il percussionista degli Einsturzende Neubaten, FM Einhet, e la violoncellista inglese Jo Quail, produce qualcosa di unico che si muove tra ambient, industrial e distorsioni per un viaggio del quale, come afferma egli stesso, non è stata decisa alcuna meta finale. Innanzitutto va chiarito che Frank Martin StrauB, più conosciuto con il nome d’arte FM Einhet, è noto negli ambienti per essere uno dei migliori percussionisti in circolazione, capace di influenzare diversi musicisti, spingendoli a ricercare nuovi suoni che abbiano, quale fondamento, le influenze del periodo anni ottanta. Jo Quail nella sua musica è invece ispirata molto dalle arti visive e da altri compositori quali Barbara Hepworth e Georgia O’Keefe che hanno esercitato un’influenza chiave nelle sue combinazioni musicali, oltre a grandi compositori quali Debussy e Reznor. Queste influenze l’hanno condotta poi ad attraversare liberamente i generi del post-rock, del metal e dell’elettronica ai quali è riuscita a dare nuova linfa. Quail ha iniziato i suoi studi musicali in tenera età presso il Centro per giovani musicisti a Londra giungendo poi, dopo la maturazione musicale, ad organizzare diversi masterclass e workshop interattivi su composizione e performance visive.

Rosebud, uscito nel 2017 per la RareNoise Records, si presenta con sonorità particolari, di difficile assimilazione ma piene di concretezza musicale e di incroci tra quelli che sono i suoni metallici delle percussioni ed il violoncello, strumento che nelle mani di Jo Quail, emana vibrazioni molto vicine ai componimenti marocchini delle tribù tribali quali gli Gnawa, gruppo etnico discendente dagli schiavi sub sahariani, la cui musica svolge una funzione strettamente connessa a cerimonie e rituali proprie di questa popolazione, una musica che mantiene la sua carica ipnotica sia per chi la musica la suona sia per chi ascolta. E queste influenze esterne contaminano anche il “distorsismo” di Bernocchi, che naviga tra il blues minimalistico e la ricerca di nuovi limiti sonori, ponendo di fatto questo lavoro ben oltre le aspettative di un ascolto non attento. Rosebud è infatti un progetto che fa subito centro, difficile in futuro da riprodurre con un nuovo lavoro e per questo è come se fosse un lavoro a se stante, unico nel suo genere ed assolutamente da non perdere. Pezzi come Kangoo o la stessa Xanadu, ma anche The Inquirer, un vero e proprio ciclone elettrico, danno a questo disco il vero senso di una ricerca che va ben oltre.

E Bernocchi fa bene a spingersi al di là delle solite musiche non fosse altro per quell’esperienza maturata con gli Obake di Massimo Pupillo, bassista degli Zu, Metallic Taste Of Blood, Somma e Owls, quest’ultima rock band di Chicago che naviga tra math-rock e indie in una miscela davvero esplosiva. Le caratteristiche di Bernocchi in Rosebud probabilmente sono proprio quelle ricercate su queste basi dettate dalle esperienze maturate fin qui, praticamente imprevedibilità ed un amore incondizionato per i contrasti. Se anche chi ci legge ama tutto ciò, questo è davvero un disco da non perdere.

Autore: Eraldo Bernocchi

Titolo Album: Rosebud

Anno: 2017

Casa Discografica: RareNoise Records

Genere musicale: Rock, Industrial, Ambient

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: www.eraldobernocchi.com/

Membri band:

Eraldo Bernocchi – chitarra, elettronica

FM Einheit – metalli, sabbia, pietre, strumenti edili, elettronica

Jo Quail – violoncello

Brani:

  1. Bloom

  2. Ministry Of Disinformation

  3. Xanadu

  4. Kangoo

  5. A Moment

  6. The Inquirer

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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16th Apr2018

Orca – Estinzione

by Marcello Zinno

Orca - EstinzioneIl primo full lenght degli Orca è uno scrigno. Uno di quei cofanetti che trovi su di un mobile e che muori dalla voglia di aprire per capire cosa contiene. Grigio argento ma con delle decorazioni, fin dalla sua confezione (artwork davvero molto bello) si presenta in modo originale, autorevole, quasi austero. Poi lo apri e ti arriva in pieno volto un caleidoscopio di colori tanti sono i generi musicali a cui gli Orca in qualche modo attingono, ma l’immagine complessiva non offre tutta questa nitidezza, piuttosto ci offre l’impressione che non sia scomponibile, di essere un tutt’uno, prendere o lasciare. Anche i colori non sono raggianti, c’è una prevalenza del nero, ma d’altra parte si sa che il nero è essenza e fusione di tutti i colori. Chi parla di Estinzione come un album post-rock non ha ben capito, a parer nostro, l’espressione artistica del quartetto. Siamo davanti ad un ottimo album di avantgarde che impregna le dita nel metal ed evita di cedere il passo ad incursioni sperimentali/psichedeliche, piuttosto gli Orca iniettano contenuti, soluzioni, trame lente e lugubri in strutture imbottite da steroidi elettrici. Un sapore gotico che si cela dietro molte delle composizioni della band, quadro che si fa forte di una produzione appositamente ruvida per rendere più ostile e peculiare l’ascolto.

Un’altra particolarità è data dalle linee vocali, diverse, crude, indigeste, in alcuni tratti volutamente fastidiose, in altri sembrano ricordarci qualcosa dei Linea 77, voci che arringano tematiche di difficile comprensione come sicuramente è complessa la proposta della band. Le tastiere sono un altro fattore di grande pathos nel sound degli Orca e non solo ascoltando l’intensissima Delirio, ma più in generale per il loro contributo ad un album che prevede anche un forte intervento degli strumenti elettrici, collocazione ideale delle diverse visioni musicali in una proposta assolutamente personale. Bello, ricercato, fuori dagli schemi. Ascoltatelo ma non con superficialità.

Autore: Orca

Titolo Album: Estinzione

Anno: 2018

Casa Discografica: 4inaroom Records

Genere musicale: Avantgarde, Noise

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/orca.postrock/

Membri band:

Andrea Reverberi – voce, chitarra

Luca Bellei – chitarra

Matteo Ranellucci – piano, synth

Ferro Jungle – batteria, percussioni

Tracklist:

  1. Estinzione

  2. Il Sale

  3. Spasmi

  4. Era Nera

  5. Rettili

  6. Non Capivamo

  7. Baratro

  8. Delirio

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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10th Mar2018

Arto – Fantasma

by Marcello Zinno

Arto - FantasmaA cavallo tra un progetto stand-alone e un side-project (con membri di Zeus!, Ronin, Iosonouncane), gli Arto sfornano in un anno dalla loro nascita un album complesso, sperimentale e tendenzialmente strumentale. Ma queste parole non spiegano bene il loro sound. Fantasma è una prova avanguardistica, una colonna sonora di un film horror costituito per intero da scene in attesa, come se l’istante che dà vita ad urla incontrollate non arrivi mai (fatta eccezione per Larva); è una prova ambient in cui però non compaiono effetti elettronici ma gli struementi hanno la loro essenzialità e trovano il loro spazio. Fantasma è una lunga jam session che probabilmente è nata insieme al progetto e si è prolungata finché i suoi membri non ne hanno voluto dare forma discografica, incidere pezzi dalla durata considerevole in cui ciascuna costruzione si muove sulle proprie coordinate senza stravolgere il proprio corso. Tinte post-rock compaiono laddove i ragazzi tendono ad allungare alcune composizioni senza spezzarli in momenti, in capitoli che avrebbero potuto descrivere espressioni diverse della medesima personalità, in altri momenti accenni a metriche math (Hauntology) e metal (Ship Of Theseus).

Un lavoro ostico, intricato, per chi è affascinato dalle colonne sonore oscure, quelle costruite con l’obiettivo di accompagnare immagini ma senza che queste immagini siano realmente ravvisabili nella musica. Per pochi.

Autore: Arto

Titolo Album: Fantasma

Anno: 2018

Casa Discografica: Sanguedischi, Offset Records, Dischi Bervisti, The Fucking Clinica, Fegato Dischi

Genere musicale: Avantgarde, Ambient, Post-Rock

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: http://www.artoband.bandcamp.com

Membri band:

Luca Cavina – basso, piano, rhodes, farfisa

Bruno Germano – chitarra

Cristian Naldi – chitarra

Simone Cavina – batteria

Tracklist:

  1. On Suicide

  2. Trauma

  3. Mirror Box

  4. Larva

  5. Hauntology

  6. Ship Of Theseus

  7. A Ghost Limbo

  8. AibohphobiA

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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03rd Feb2018

Felis Catus – Megapophasis

by Marcello Zinno

Felis Catus - MegapophasisUn mini CD è un’ottima idea per pubblicare quello che le band usano chiamare EP, ed è questa la forma fisica a cui ha puntato Felis Catus, una one man band dalle sonorità grezze e austere capitanata da Francesco Cucinotta. Siamo nelle lande oscure e luciferine del black metal, ma dimenticatevi le radici “true”, i Felis Catus (intesi come progetto musicale) sono più attratti dalle ritmiche lente e dall’impostazione da colonna sonora, di sponda avant-garde, come sembra lampante fin dall’opener Beyond The Veil. I primi secondi di Thy Melancholy Remains ci fanno venire in mente l’incedere che gli Immortal hanno forgiato in Sons Of Northern Darkness, ovviamente con una produzione molto meno opulenta; anche qui però il tutto viene inframmezzato da arrangiamenti e rallentamenti che pongono l’accento sulle ambientazioni più che sui riff, comunque ben presenti. In particolare nell’ultima Psalms Of Solemn Wrath il sapore delle sountrack diviene forte e sembra proprio di visionare delle immagini alle quali la musica funge da accompagnamento e l’oscurità è dietro l’angolo.

In generale la musica dei Felis Catus è DIY nel vero senso della parola, i suoni infatti sono scarni, frutto di una produzione curata ma con mezzi modesti; la composizione e le idee invece sono buone e sicuramente alzano le aspettative circa un futuro full-lenght di questo progetto, album che potrebbe stupire metaller non propriamente vicini come ascolti.

Autore: Felis Catus

Titolo Album: Megapophasis

Anno: 2016

Casa Discografica: Masked Dead Records

Genere musicale: Black Metal, Ambient, Avant-garde

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: https://www.facebook.com/MusiCatus/

Membri band:

Francesco Cucinotta – tutti gli strumenti

Tracklist:

  1. Beyond The Veil

  2. Thy Melancholy Remains

  3. Holycaust

  4. Psalms Of Solemn Wrath

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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10th Apr2017

Louis DeCicco – Watermouth

by Marcello Zinno

Louis DeCicco - WatermouthIl lavoro di Louis DeCicco è un lavoro ancestrale, un album elettrico in chiave acustica che intende non ricercare altro nella propria forma espressiva. Non perché la chitarra vada messa al centro della scena, bensì perché le sei corde da sole riescono, nel suo modo di intendere la musica, a costruire melodie che creano le ambientazioni giuste. Un album composto da un chitarrista per chi ama proprio le ambientazioni, costruendo cornici musicali, melodie in alcuni frangenti (come in Bologna E Noi), ma più di tutto espressioni e sperimentazioni. Un lavoro avantgarde che però segue filoni diversi: in alcuni momenti vi sono suoni ed effetti inseriti a dovere, come in Illumina, colonna sonora delle giornate natalizie e delle sfumature corali, effetti di psichedelia in The Arounder (Reprise), riminiscenze medio orientali in San Giovanni Decollato o fiati in I Belong.

Qualche momento insiste forse troppo a lungo sulle medesime trame (Nimrud), di certo Watermouth non è un album per tutti, né per chi si aspetta solismi o espressioni molto tecniche alla chitarra. Un album prima di tutto sentito e poi espresso.

Autore: Louis DeCicco

Titolo Album: Watermouth

Anno: 2016

Casa Discografica: New Model Label

Genere musicale: Avantgarde

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: http://www.louisdecicco.com

Membri band:

Louis DeCicco – chitarra

Tracklist:

  1. The Arounder

  2. How To Defeat The Gravity Being Together

  3. Illumina

  4. Nimrud

  5. The Arounder (Reprise)

  6. Bologna E Noi

  7. San Giovanni Decollato

  8. I Belong

  9. Sycomore Song

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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12th Mar2017

Angelo Sava – Miasmi

by Marcello Zinno

Angelo Sava - MiasmiCi sono diversi modi per avvicinarsi al nuovo lavoro autoprodotto di Angelo Sava. Secondo il parere di chi scrive ascoltarlo concependolo come un album rock è il modo più sbagliato: riff spesso anonimi, linee vocali che stentano a prendere in mano la scena, in bilico tra secondo piano e timido tentativo di caratterizzazione, echi ed altri effetti dal sapore shoegaze ma che celano un’impronta quasi noise (o grunge) che lascia poco ad altre intuizioni. Testi che non hanno un significato preciso, cantato che in generale non lascia per nulla il segno…insomma come album rock Miasmi lascia molto a desiderare. Ci si potrebbe però avvicinare anche con un altro approccio, quello della poetica accompagnata da una chitarra; dimenticate però la vena cantautorale perché qui la dose elettrica prende il sopravvento, probabilmente è lei la vera protagonista, insieme alla ricerca di ambientazioni precise, anche se a livello compositivo non crea nulla di davvero distintivo.

Puntare ad essere alternativi è sicuramente una strada in cui un musicista avrebbe molto da dire, soprattutto nel nostro Paese, ma creare una linea continua di distorsioni che non danno vita ad alcuna figura e aggiungere liriche senza significato evidente sperando nel fascino dell’artista decadente, non è di sicuro il percorso per dar vita a qualcosa di valore, secondo la nostra opinione. Probabilmente si farebbe di meglio con una band alle spalle. Altrimenti, nel caso in cui la vediate in maniera diversa, vi troverete di sicuro ad un suo live a cantare “sto spurgando nettare“.

Autore: Angelo Sava

Titolo Album: Miasmi

Anno: 2017

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Grunge, Noise, Avant-garde

Voto: s.v.

Tipo: CD

Sito web: http://angelosava.bandcamp.com

Membri band:

Angelo Sava

Tracklist:

  1. Merlo

  2. Disagio

  3. Miasmi

  4. Circe

  5. Brusio

  6. Carestia

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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01st Mar2017

Klaus Schulze – Another Green Mile

by Amleto Gramegna

Klaus Schulze - Another Green MileKlaus Schulze…uhm, Klaus Schulze. Parlare del musicista tedesco significa fare un immediato salto nei ’70, quando a Berlino si aprivano le porte del cosmo. Tangerine Dream, Kraftwerk, Neu, Ash Ra Temples i nomi più blasonati della corrente musicale chiamata krautrock, con lunghe cavalcate cosmiche. Schulze è uno dei padri del genere: fondatore dei Ash Ra Temples, per un breve periodo è membro dei Tangerine Dream, con il quale incide (in qualità di batterista) il primo album Electronic Meditation. Siamo ancora lontani dal genere space/kraut, quanto più ancorati al genere psichedelia/free jazz, ma la strada è ormai aperta: ormai lanciato alla carriera solista il musicista teutonico inizia ad esplorare quanti più generi possibili, non disprezzando le incursioni nella musica sinfonica, come Timewind del 1977, o nelle colonne sonore, come Body Love. In ogni caso ridurre la carriera ultraquarantennale di Klaus Schulze in poche righe è praticamente impossibile, ogni album è una storia a sé. Another Green Mile non è un disco nuovo, anzi.

Pubblicato nel 2002 all’interno del raro cofanetto di cinque CD Contemporary Works II, viene oggi reintrodotto sul mercato comprensivo della title track Voice ‘n’ Harmony (pubblicato anch’essa nel boxset Contemporary Works I) e tutto ciò è solo un bene. Sei lunghi brani. Musica elettronica, avantgarde anche techno, tutto è mescolato, cotto e servito al più attento ascoltatore. Qui e lì si ascoltano interventi di oboe, scampoli di voce, qualche chitarra effettata ma il tutto va ascoltato come un unicum, dall’inizio alla fine, seduti in poltrona ben attenti a quello che il tedesco ci vuole fare ascoltare. Bello? Brutto? Ma allora non riuscite a capire? Klaus Schulze gode di quel diritto in base al quale qualsiasi cosa faccia diventa opera d’arte, punto e basta. Quindi, poltrona, orecchie ben aperte, casa vuota e via di godimento!

Autore: Klaus Schulze

Titolo Album: Another Green Mile

Anno: 2016

Casa Discografica: Indigo

Genere musicale: Kraut, Ambient, Avantgarde

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: http://www.klaus-schulze.com

Membri band:

Klaus Schulze – tastiere, effetti

Julia Messenger – voce

Wolfang Tiepold – violoncello

Tracklist:

  1. Between Twilight And Dawn

  2. In The Streets, In The Rain

  3. The Wisdom Of The Leaves

  4. The Story Does Unfold

  5. Follow Me Down, Follow Me Down

  6. Voice ‘n’ Harmony

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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02nd Feb2017

JunkFood + Enrico Gabrielli – Italian Masters

by Amleto Gramegna

JunkFood + Enrico Gabrielli - Italian MastersSinceramente, affrontare e “ricostruire” colonne sonore di maestri del passato è un’operazione ardua e difficile. Per approcciarsi a mostri quale Morricone/Trovajoli/Umiliani (in rigoroso ordine alfabetico, parliamo di tre geni, eh!) è stato necessario che si unissero le forze di Enrico Gabrielli, già in forza ai Calibro 35, esperti del genere e dei Junkfood. Il lavoro, edito in CD e in edizione limitata in vinile rosso, consiste in nove brani estratti dall’enorme canzoniere dei tre compositori sopracitati. Tre i film a testa: si parte da Ennio Morricone, sul quale si è detto tutto e il contrario di tutto (e che vuoi dire?). Silenzio Nel Caos, Per Un Pugno Di Dollari, Eat It, questi sono i brani scelti per rappresentare il Maestro Ennio. Silenzio Nel Caos viene dritta da L’Uccello Dalle Piume Di Cristallo, opera cinematografica d’esordio di Dario Argento, Per Un Pugno di Dollari…vabbè, lo sanno anche i sassi! Entrambi i brani sono praticamente irriconoscibili, sopratutto il tema western, sembra filtrata attraverso le orecchie di Mike Patton e dei suoi folli Fantòmas, quelli di The Director’s Cut, per essere precisi. Eat It è tratta da Mangiala!, film purtroppo semisconosciuto (non esiste neanche la riedizione in DVD), di satira del 1969. Tra gli appassionati del cinema di genere è noto per rappresentare l’esordio sul grande schermo di Paolo Villaggio.

Segue l’omaggio al grande Piero Umiliani, e si parte alla grande con Gassman Blues da I Soliti Ignoti. Dalla versione originale, caratterizzato dalla tromba di Chet Baker, si passa ad un brano quasi stoner rock, particolarmente affascinante, si! The Body è tratto dal film Il Corpo, con la splendida Zeudi Araya. Di grande effetto, anche se le atmosfere lounge bossa della versione originale vengono accantonate in favore di altre tonalità decisamente diverse. Conflitti (da Problemi d’Oggi), ha una storia a sé: il Maestro pubblicò tale colonna sonora sotto il nome M. Zalla. Effettivamente più che parlare di una colonna sonora si parlò, all’epoca, di vera e propria musica concreta, così complessa che ebbe scarso successo e fu ben presto il Santo Graal delle colonne sonore. Ovviamente i JunkFood riconoscono tale valore e ci danno giù un brano capolavoro, con complesse geometrie musicali (fortunatamente è assente la drum machine del brano originale che dava solo sui nervi!).

Da Umiliani si passa a Trovajoli con Masquerade, tratta da Il Commissario Pepe, con un enorme Ugo Tognazzi. Le atmosfere della provincia della Bassa Padana vengono accantonate e decontestualizzate in un pot pourri di bassi wha, chitarre psichedeliche e batterie quasi jungle. L’Arcidiavolo è una simpatica commedia di Ettore Scola con un Vittorio Gassman particolarmente attivo e la sua figura è ben rappresentata da un basso elettrico pieno di delay. La conclusione è affidata a C’eravamo Tanto Amati, capolavoro di Ettore Scola con un trio di attori da antologia del cinema: Manfredi, Gassman, Satta Flores, per tacere della splendida Sandrelli, donna contesa dai tre. Chiunque abbia visto il film ricorderà con una punta di nostalgia lo splendido tema, anche qui affrontato in maniera più “cruda”, rispetto alle dolcezze della sua controparte cinematografica, ma va detto che il gruppo decide di calare il cosiddetto asso: Edda Dall’Orso è presente alle voci. Per quelli che abitano nelle caverne o vedono solo Il Grande Fratello, ricordiamo che la Signora Dall’Orso è la voce delle colonne sonora dei ’70. Esatto, vogliamo dire un brano a casaccio? Giù La Testa vi va bene? Lo Sean Sean e i relativi vocalizzi…sono i suoi! Quindi giù il cappello e mostrate rispetto al gruppo che ha saputo affrontare nove difficilissimi brani e uscendone vincitore. Promosso.

Autore: JunkFood + Enrico Gabrielli

Titolo Album: Italian Masters

Anno: 2016

Casa Discografica: Cinedelic Records

Genere musicale: Avangarde, Post Rock, Hard Rock

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: http://www.junkfood4et.com

Membri band:

Enrico Gabrielli – fiati

Paolo Ranieri – fiati

Michelangelo Vanni – chitarre, tastiere

Simone Calderoni – basso, tastiere

Simone Cavina – batteria

Edda dall’Orso – voce

Tracklist:

  1. Silenzio Nel Caos

  2. Per un Pugno di Dollari

  3. Eat It

  4. Gassman Blues

  5. The Body

  6. Conflitti

  7. Masquerade

  8. L’Arcidiavolo

  9. C’Eravamo Tanto Amati

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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04th Gen2017

Merzbow/ Haino / Pandi – An Untroublesome Defencelessness

by Amleto Gramegna

merzbow-haino-pandi-an-untroublesome-defencelessnessQuando tre folli si incontrano, decidono di fare musica, registrano un disco, c’è da stare attenti. Masami Akita, folle genio delle manipolazioni noise elettroniche, Keiji Haino, folle chitarrista (attivo sin dai ’70) attratto da psichedelia e drone music e Balazs Pandi, folle batterista ungherese attratto dal jazz nella sua struttura più free. Insomma, tutto è follia in questo platter, ma una follia pericolosa: quando si ascolta/recensisce un album free/noise/drone/diosololosa si corre sempre il rischio di farsi prendere la mano dal “Wow, ho visto la luce, questo disco è un capolavoro” e poi alla fine è una porcheria immane senza capo né coda, spesso rinnegato dal suo stesso autore (vedi alla voce Zero Tolerance For Silence di Pat Metheny). Qui abbiamo sette happening (riduttivo dire brani), in realtà due movimenti: il primo composto da tre parti, il secondo da quattro, per un totale di sette brani. Sette vortici sonori paragonabili ad un viaggio improvviso in un buco nero, con tutto quello che ne consegue. Nessuno spazio alla melodia, una chitarra maltrattata piange su una batteria tribale martellante, con sottofondo di rumori bianchi. Questo è.

Non è un disco da ascoltare comodamente in poltrona, bisogna lasciarsi totalmente prendere dal genere e abbandonarsi al rumore. Ovviamente un neofita del genere dopo pochi secondi butta il disco dalla finestra, ma dateci un attento ascolto.

Autore: Merzbow/ Haino / Pandi

Titolo Album: An Untroublesome Defencelessness

Anno: 2016

Casa Discografica: Rare Noise Records

Genere musicale: Noise, Drone, AvantGarde

Voto: 7

Tipo: CD, LP

Sito web: http://www.rarenoiserecords.com/merzbow-haino-pandi

Membri band:

Masami Akita – elettronica

Keiji Haino – chitarre

Balazs Pandi – batteria

Tracklist:

  1. Why is The Courtesy Of The Prey Always Confused With The Courtesy Of The Hunters… (Part I)

  2. Why is The Courtesy Of The Prey Always Confused With The Courtesy Of The Hunters… (Part II)

  3. Why is The Courtesy Of The Prey Always Confused With The Courtesy Of The Hunters… (Part III)

  4. How Differ The Instruction On The Left From The Istruction On The Right? (Part I)

  5. How Differ The Instruction On The Left From The Istruction On The Right? (Part II)

  6. How Differ The Instruction On The Left From The Istruction On The Right? (Part III)

  7. How Differ The Instruction On The Left From The Istruction On The Right? (Part IV)

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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03rd Lug2016

Gravitysays_i – Quantum Unknown

by Marcello Zinno

Gravitysays_i - Quantum UnknownI Gravitysays_i sono un progetto sperimentale, o meglio avanguardistico. Pur essendosi evoluti dal loro esordio, The Roughest Sea uscito quasi dieci anni fa, la formazione greca sembra concedere sempre molta attenzione all’eleganza musicale. Quantum Unknown è uno di quegli album che è impossibile ascoltare a pezzi e che va buttato giù tutto d’un colpo ma senza fretta, ottima colonna sonora per un viaggio perché anch’esso trattasi di viaggio. 6 tracce per 40 minuti di ascolto che mescolano la raffinatezza dei Marillion (secondo periodo) e quel loro stile molto inglese, con sonorità ottantiane che sposano la scena elettronica, il tutto carburato da un eclettismo di bowiana memoria e sezioni di fiati che entrano in punta di piedi ma fanno scalpore. Con la, lunga, seconda traccia ci sembra di intravedere i Depeche Mode in alcuni passaggi, mentre è attraverso Dowser che la vena elettronica si fa spazio, sempre però accompagnata da una buona dose ritmica e una chitarra con una ottima personalità; stesso copione nel brano che chiude l’album.

An Ivory Tower rimarca fin dai primi secondi le radici fortemente legate al progressive inglese, anche se la parte strumentale al centro del pezzo ce lo conferma con maggiore intensità: non si tratta di trame ritmiche dispari ma di teatralità e interpretazione, suoni sovraincisi, arrangiamenti, sonorità vintage e tanta attenzione compositiva; un brano intenso che, mescolato all’attenzione acustica di Every Man, ci fa immaginare gli Opeth scevri dalla vena metal, stesso spessore emotivo, stessa ampiezza espressiva secondo il profilo squisitamente acustico. Una prova molto interessante, sicuramente adatta a chi ama la sperimentazione e l’elettronica ma realizzate da una band rock (o post-rock) che seduce per il suo stile e per approccio artistico.

Autore: Gravitysays_i

Titolo Album: Quantum Unknown

Anno: 2016

Casa Discografica: Inner Ear Records

Genere musicale: Avant-garde, Elettronica

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://gravitysaysii.bandcamp.com/

Membri band:

Nikos Retsos

Manos Paterakis

Mampre Kasardjian

Nikos Sotiropoulos

Costas Stergiou

Vangelis Katsarelis

Tracklist:

  1. More Than A Matter Of Instinct

  2. Of Woe / Migratory Birds

  3. Dowser

  4. An Ivory Tower

  5. Every Man

  6. Quantum Unknown (Riveted Eye)

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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