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02nd Dic2020

Omnivortex – Diagrams Of Consciousness

by Marcello Zinno
Gli Omnivortex vengono dal Nord Europa e già questo gioca a loro favore visto che propongono un metal estremo e moderno (in questo i Paesi scandinavi hanno molto da insegnare al resto del mondo). Come collocarli non è cosa banale, a nostro parere i ragazzi su muovono agiatamente nel deathcore, avendo loro una forte personalità metalcore ma proponendo anche dei riff di scuola death metal. Proprio in riferimento al metalcore diverse sono le aperture a questo genere anche con uno sprizzo di melodia (Last Bearing), nonostante in generale sia il metal estremo, con tanto di linee vocali ora in growl ora in clean, a porsi prepotentemente nelle cuffie ascoltando il loro Diagrams Of Consciousness. La violenza e la precisione esecutiva di Cephalic Fluid Extraction sono l’emblema della ricetta degli Omnivortex, una potenza distruttiva che ci conquista. Dicevamo che il loro sound non è del tutto univoco perché riescono a spaziare molto, optando per tempi molto meno accelerati e più cadenzati, come in Barren, un pezzo che sarà amato da chi segue la scena djent, così come Chasm, altro momento che alterna pattern ritmicamente pacati (strofe) a momenti più al cardiopalma (che ci hanno ricordato per proposta gli As I Lay Dying) e Apotheosis, un brano quasi horror metal, oscuro e strutturato.

Al contrario, dall’altro capo della loro visione di musica, c’è Lifeharvester, brano dal riffing fortemente thrash pur vestito sempre di metalcore e la parte finale di Gargantua, quasi da mitragliatore uzi. At The Mountains Of Madness ha un riff che ricorda gli Immortal del passato e non sappiamo dire se è un caso che proprio “at the mountains of madness” faccia parte dei testi del rigidissimo pezzo In My Kingdom Cold; l’album si chiude con un brano di deathcore che conferma la nostra visione descritta inizialmente ma che contempla anche un intermezzo saggio per placare gli animi e far riprendere il fiato. Pur se gli Omnivortex sembrano ad un primo ascolto una delle tante band di metal estremo, in realtà a parere nostro hanno tante idee e mettono in gioco una varietà stilistica non da poco in questo genere. Meritano più di un ascolto, bravi!

Autore: Omnivortex Titolo Album: Diagrams Of Consciousness
Anno: 2020 Casa Discografica: Concorde Music Company
Genere musicale: Deathcore, Technical Death Metal Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: https://www.omnivortexofficial.com
Membri band:
Niko Lindman – voce
Severi Saarioja – chitarra, voce
Mikko Pylkkö – chitarra
Mikael Reinikka – basso
Aaro Koskinen – batteria
Tracklist:
1. Last Bearing
2. Cephalic Fluid Extraction
3. Barren
4. Lifeharvester
5. Chasm
6. Gargantua
7. Apotheosis
8. At The Mountains Of Madness
9. Diagrams Of Consciousness – Parallel Universe
Category : Recensioni
Tags : Deathcore
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17th Lug2020

Five Minutes Hate – A New Death

by Massimo Volpi
Cinque minuti di odio, ma in realtà sono molti di più nonostante nessuna delle canzoni di A New Death, nuovo album dei Five Minutes Hate, arrivi a quel minutaggio. Odio e violenza, nei suoi e nel cantato urlato e strozzato di questa italianissima band che ci presenta un interessante lavoro deathcore spesso melodico, sempre tirato, senza mai pausa o respiro. Secondo album, buona impressione, buona la produzione e il mix, la scrittura e le parti melodiche di chitarra. Voce, come detto, molto arrabbiata, a volte un po’ strozzata (quasi forzata) ma nel complesso niente male. Dieci tracce, tutte sotto i 4 minuti; veloci, rapaci, graffianti, i Five Minutes Hate possono rappresentare una bella scoperta o una conferma importante per chi già li conosceva. Buoni riff intervallati da breakdown (molto vicini al metalcore) subito dalle prime canzoni, Mediocrity Will Be Your Grave e The Man You Will Never Be, i Five Minutes Hate mostrano le proprie intenzioni, che rimangono costanti non senza qualche sorpresa e variazione sul tema. Un esempio è Monstrosity, inizio violento che poi ha la capacità di saper far respirare e ripartire, così come anche regalare dei giri quasi giocosi davvero interessanti. Torment Of The Black Sheep sembra essere più sul metal puro, per poi esplodere nella solita scarica di violenza, breakdown e riff impazziti e uno stoppato molto molto ispirato.

Non male anche la traccia di chiusura, The Abyss Is Venting Up, cavalcante e trionfante dopo una partenza in stoppato quasi thrash. Nel complesso, come detto, un ottimo lavoro di genere; nonostante molti riff interessanti e chitarre ispirate, l’album (come un po’ il genere) spesso risente di una mancanza di varietà e diversificazione tra le tracce che rischiano così di risultare un po’ tutte troppo simili. Bello l’artwork di copertina, piuttosto sul genere, con teschio e non morti che fanno ritorno; molto pulito e chiaro. Così come pulito è il mix di questo album, un lavoro ben fatto che aiuta parecchio a fare uscire la musica e apprezzarne maggiormente i numerosi passaggi e la composizione, nonostante la pienezza e il cantato violento.

Autore: Five Minutes Hate Titolo Album: A New Death
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Deathcore Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/fiveminuteshate
Membri band:
Davide Monti – voce
Marco Savoini – chitarra
Lorenzo Altomari – chitarra
Igor Malgaroli– basso
Mattia De Roit – batteria
Tracklist:
1. Mediocrity Will Be Your Grave
2. The Man You Will Never Be
3. Under Its Claws
4. Cunning Opportunist Individual
5. Rising Rain
6. Monstrosity
7. Crying
8. Torment Of The Black Sheep
9. B.O.B.
10. The Abyss Is Venting Up
Category : Recensioni
Tags : Deathcore
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21st Mag2019

Architects – Nightmares

by Matteo Pasini
Gli Architects, anche se originariamente il nome non era questo, nascono a Brighton nel 2004 grazie all’idea dei fratelli Searle, ovvero il batterista Dan ed il chitarrista e compositore Tom. Dopo aver inciso qualche demo, approdano alla In At The Deep End Records, e con loro producono nel 2006 l’album d’esordio Nightmares. Per chi ha conosciuto la band negli ultimi anni di carriera non può che rimanere stupito dalla brutalità e dalla veemenza sonora con la quale gli allora diciottenni avevano concepito il loro debutto discografico. Nightmares fa intravedere fin da subito le capacità compositive della band, in un continuo saliscendi fatto di riff taglienti e improvvise accelerazioni, di una voce urlante ed aggressiva ma anche di melodie estemporanee che spezzano il ritmo serrato. 30 minuti che scorrono veloci a partire da To The Death, prima traccia che racchiude quanto detto finora e che sorprende, e non poco, per il piglio deciso con la quale la voce, tipica della scena hardcore, attacca l’ascoltatore, coadiuvata dalle chitarre che si lasciano andare ad acrobazie a tratti confusionarie ma che lasciano a bocca aperta per la tecnica adottata.

Una traccia ipnotica e contorta che lascia qualche dubbio, spazzato subito da You Don’t Walk Away From Dismemberment, canzone più strutturata e con un piglio decisamente più logico, dove la melodia diventa essenziale sostegno alle atmosfere create, soprattutto nella sua parte finale. La band vuole però esprimersi su ritmi forsennati, e le successive Minesweeper e They’ll Be Hanging Us Tonightnon danno assolutamente respiro con il loro incedere incalzante e prepotente. Voce roca e tecnicismi chitarristici sono le fondamenta sulle quali si basano tracce come This Confession Means Nothinge In the Desert, con la prima di questo binomio che è decisamente più sperimentale e a tratti devastante.

Gli Architects fanno intravedere le proprie abilità e riescono fin da subito ad emergere da quel calderone venutosi a creare nei primi duemila dove tantissime band hanno cercato di seguire una corrente che diventava sempre più forte e al contempo vendibile al grande pubblico. La tecnica viene talvolta offuscata dal caos generato nel tentativo di creare qualcosa di esclusivo, ma essendo il primo album (ed avendo solo 18 anni) non può che essere un ottimo punto di partenza per il quintetto britannico.

Autore: Architects Titolo Album: Nightmares
Anno: 2006 Casa Discografica: In At The Deep End Records
Genere musicale: Deathcore Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.architectsofficial.com/
Membri band:
Matt Johnson – voce
Tim Hiller-Brook – chitarra
Tom Searle– chitarra
Tim Lucas – basso
Dan Searle – batteria, percussioni
Tracklist:
1. To The Death
2. You Don’t Walk Away From Dismemberment
3. Minesweeper
4. They’ll Be Hanging Us Tonight
5. This Confession Means Nothing
6. In The Desert
7. A Portrait For The Deceased
8. The Darkest Tomb
Category : Recensioni
Tags : Deathcore
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13th Nov2018

Chelsea Grin – Eternal Nightmare

by Trevor dei Sadist

Chelsea Grin - Eternal NightmareSi chiama deathcore il genere proposta dai Chelsea Grin, diramatura estrema del metal più aggressivo. Le componenti che rendono micidiale il sound della band sono riff ossessivi, soffocanti e claustrofobici, il tutto accompagnato da voci che spaziano da brutal growl a metriche contraddistinte dalla rabbia sputata fuori dal singer Tom Barber, che sanno tanto di hardcore. La sezione ritmica picchia duro, inutile dire che la preparazione tecnica in ossesso di ogni singolo membro è davvero più che buona, proprio grazie a tutto ciò i Chelsea Grin riescono non solo a pensare a tali brani ma a riportarli in musica, con una durata media di tre minuti circa ciascuno, tempo perfetto per colpire in modo letale l’ascoltatore. Eternal Nightmare, è questo il titolo del nuovo full lenght, è una legnata, un muro che abbatte sulle nostre povere orecchie. Consiglio di ascoltare questo disco con un buon volume, la produzione davvero dinamica e potente non farà prigionieri. I temibili Chelse Grin fanno parte della nuova generazione di metal estremo che nei suoni ha ereditato alcune sinergie di stampo Meshuggah, precursori di un nuovo modo di concepire la musica aggressiva e rabbiosa.

Per chi ha bisogno di adrenalina allo stato brado e di potenza sonora non posso far altro che consigliare la nuova fatica in casa Chelsea Grin…Eternal Nightmare prendere nota! In alto il nostro saluto!

Autore: Chelsea Grin

Titolo Album: Eternal Nightmare

Anno: 2018

Casa Discografica: Rise Records

Genere musicale: Deathcore

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.chelseagrinmusic.com/

Membri band:

Tom Barber – voce

Stephen Rutishauser – chitarra

David Flinn – basso

Pablo Viveros Segura – batteria

Tracklist:

  1. Dead Rose

  2. The Wolf

  3. Across The Earth

  4. See You Soon

  5. 930 Am

  6. Limbs

  7. Scent Of Evil

  8. Hostage

  9. Nobody Listened

  10. Outliers

  11. Eternal Nightmare

Category : Recensioni
Tags : Deathcore
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01st Dic2016

Under The Ocean – Dark Waters

by Marcello Zinno

under-the-ocean-dark-watersNella penombra emiliana, per lo più popolata da alternative rock band ma anche da formazioni di pop rock che sognano Campovolo, vi sono anche formazioni estreme e genuine che riescono ad esprimere con carattere e tecnica la loro concezione di musica. Lo diciamo senza peli sulla lingua, gli Under The Ocean, per quanto poco conosciuti possano essere, mettono in campo un’attitudine assolutamente invidiabile espressa tramite una sofisticatezza compositiva che ben si accomuna ad una proposta spigolosa, molto veloce e senza compromessi. I riferimenti sono molti, nell’opener si sentono echi di Cephalic Carnage ma anche con qualche passaggio dei The Dillinger Escape Plan, eppure il loro approccio è più orientato al death, abbracciando il death-core, che non al math. Di tanto in tanto compare qualche piccolo arrangiamento lugubre che ci fa tornare alla mente i Dimmu Borgir ma non sarebbe completamente corretto accostarli alla scena black, nonostante la somiglianza di alcuni suoni ed effetti (vocali).

Usciamo dai confini di genere, gli Under The Ocean propongono in questo EP dei pezzi compatti con passaggi mutevoli al loro interno, non si assiste ai soliti estremi sfoghi dell’intollerante band di turno, piuttosto si apprezzano le espressioni dei singoli strumenti in delle strutture musicali costruite con molta attenzione. Un brano come The Bell Tower potrebbe potenzialmente catapultare la band nei bill dei festival di metal estremo di mezza Europa e se ciò avvenisse sarebbe un motivo di orgoglio per il metal tricolore.

Autore: Under The Ocean

Titolo Album: Dark Waters

Anno: 2014

Casa Discografica: Drown Within Records

Genere musicale: Death-core, Metal-core

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: http://www.facebook.com/UndertheOceanband

Membri band:

Isacco Pattini – voce

Tomasz Jan Iemma – chitarra

Andrea Tortorelli – chitarra

Rocco Casali- basso

Fabio Bersani – batteria

Tracklist:

  1. The Leper Town

  2. The Bell Tower

  3. The Riverbank

  4. The Creeper

Category : Recensioni
Tags : Deathcore
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09th Gen2016

Bleed Someone Day – PostMortem | Veritas

by Marcello Zinno

Bleed Someone Day - PostMortem VeritasMolti stupidamente pensano che la scena metal estrema sia collocata al di fuori dei nostri confini nazionali. Per fortuna ci sono molte formazioni, come i Bleed Someone Dry, che ci ricordano del contrario. Il quartetto, che negli ultimi anni ha intensificato le attività sia in studio che dal vivo, torna con un nuovo lavoro dal titolo PostMortem | Veritas e un nuovo contratto discografico. L’album tiene fede allo stile della band aderente ad un deathcore ma che di tanto in tanto si lascia andare a partiture math e ritmiche diagonali incendiarie che ricordano grandi influenze come Meshuggah e Dillinger Escape Plan. Il loro ambito di azione è più il reparto death date le sfuriate e il growling ambivalente presenti nelle dodici tracce, brani che dimostrano una forte coerenza di fondo e che talvolta celano anche una inaspettata vena melodica come in The Sacrifice (brano che presto muta mettendo in scena una mitragliata ritmica notevole) o ancora di più in Let Me In (che placa gli animi brutali dell’album). In Devil In Me l’atmosfera diventa luciferina mentre spicca la successiva impattante Our Martyrdom in cui compare Chris “CJ” McMahon, noto per il suo growling, protagonista del progetto Thy Art Is Murder per sei anni, fino al 21 dicembre scorso quando ha deciso di abbandonare il progetto.

Sul finale sono da segnalare Justice Has Become Utopia, pezzo pieno di variazioni in cui la sei corde gioca un ruolo centrale e Ora Pro Nobis che vede comparire il sax di Luca T. Mai (Zu, Mombu) in un intermezzo della durata di 1:30 minuti scarsi; qui a dir la verità ci saremo aspettati una presenza più ingombrante del sax, come nell’imprinting di Luca nei suoi progetti, mentre viene usato senza stravolgere la proposta dei BSD. Lo stile dei Bleed Someone Dry è appunto ancorato al deathcore con una base metalcore che ne imprime modernità nell’approccio. E’ sicuramente una band destinata a crescere e lo può fare solo se punta ad un respiro internazionale, dove il loro mood viene fagocitato facilmente da metalhead soprattutto di giovane età (e affini a certe sonorità più attuali).Comunque fan di band come i sopra citati Meshuggah e Dillinger Escape Plan ma ancora meglio The Black Dahlia Murder, Bleeding Through et similia troveranno pane per i loro denti affilati.

Autore: Bleed Someone Day

Titolo Album: PostMortem | Veritas

Anno: 2015

Casa Discografica: FireWas Born Records

Genere musicale: Deathcore

Voto: 6,75

Tipo: CD

Sito web: http://www.bleedsomeonedry.com

Membri band:

Alessio Bruni – voce

Jonathan Mazzeo – chitarra

Mattia Baldanzi – basso

Alfeo Ginetti – batteria

Tracklist:

  1. Haeretica Infans

  2. A Violent Awakening

  3. Damnetur Misericordia

  4. The Sacrifice

  5. Let Me In

  6. Devil In Me

  7. Our Martyrdom (feat. CJ)

  8. Your Name, Their Plague

  9. Doom And Gloom

  10. Justice Has Become Utopia

  11. Cycle Of Decay

  12. Ora Pro Nobis (feat. Luca T.Mai)

Category : Recensioni
Tags : Deathcore
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