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24th Mag2018

Tabacco – Tempeste Lunari

by Paolo Tocco

Tabacco - Tempeste LunariSinceramente non so proprio da dove cominciare. Ho paura di trovarmi nudo in un villaggio nigeriano dove si parla un particolarissimo dialetto swahili di discendenze antiche di generazioni e generazioni. Ho paura di trovarmi alla festa di laurea di Piernoldo Bonamici figlio dell’esimio notaio Piergustavo Clemente Antonio Maria Bonamici vestito con costume da bagno e crema solare (ovviamente anche i braccioli visto che non so nuotare). Ho paura insomma di trovarmi nel posto sbagliato, con una testa sbagliata e con un vocabolario sbagliato. Neanche i miei vestiti penso vadano bene. Che dire poi delle aspettative sulla buona riuscita della serata? Direi che faccio prima a rinunciarvi. Eppure questo disco crea dipendenza e non sono il solo ad averlo detto. Dunque sfoggio un linguaggio armato e appuntito, visionario che dir si voglia, acido di evanescenze. Dunque non mi azzardo – se non per alcuni brevi dettagli – ad avventurarmi in saccenti giudizi di mestiere. Dunque non sarà una recensione. Prova solipsistica del già conosciuto Andrea Tabacco che già con i suoi Elton Junk non aveva di certo proposto musica acustica da camera e di riempimento. Chissà cos’avranno scritto di Bowie il giorno che si è presentato in scena per la prima volta.

Beh il territorio è assolutamente paragonabile. Con questo Tempeste Lunari siamo in piena controcultura, in piena rivoluzione personale, nel pieno della rinuncia sfacciata di ogni cliché pop italiano. Sia chiaro, caro Tabacco: niente di originale eh!? Solo a pensare a cosa faceva Alberto Camerini mi vengono su i goccioloni alle pupille. E come lui, spingendoci sul serioso andante, di nomi a spasso per il mondo potremmo farne tanti. Ma oggi? Oggi che decretiamo Motta come poeta…oggi che la musica se non ha 4 frasi in croce e cambia di vestito al pop per dire che è rock…oggi che sinceramente nessuno osa spingersi oltre…che poi anche questo “nessuno” va ben calibrato. Diciamo pochissimi ecco, pochissimi che si tramutano in rarissime occasioni, oggi che con un click possiamo davvero rivoluzionare il mondo. Che paradosso: lo facevano prima ogni giorno che per registrare un suono ci volevano studi e nastri e fonici e bobine, non lo facciamo oggi che ci basta un click. Oggi ci stiamo soltanto omologando perché di nostro stiamo perdendo consapevolezza e contenuti interiori. Stiamo perdendo la “presenza”. Ci vuole dunque carattere, personalità e un grandissimo equilibrio interiore per governare ed essere fieri di mostrarsi in pubblico, di mostrare la propria follia. Che ben venga la follia quando genera progetti così. E sono sicuro, caro Tabacco, che i più archivieranno questo disco senza averci capito granché, denunciando pazzia e non follia, ficcandolo nel cassetto delle cose bizzarre di gente squilibrata che sarebbe meglio evitare. Sentiamoci Calcutta va…

Forse servirebbe riprenderci quello che più di tutti abbiamo perduto: il tempo. E in questo tempo di stasi, celebrare l’ascolto, e poi avere palle e voglia di avventurarsi a capire, farsi due o tre o quattro domande, inseguire le risposte e alzare il culo dalla plastica di questa omologazione culturale che ci sta facendo diventare delle pecore. Punto e a capo. Se la donna è la “luna” allora le “Tempeste Lunari” (titolo di questo disco) è proprio il gioco ormonale, quello sociale, l’osservazione, l’interazione, l’incontro e lo scontro che Tabacco ha con l’universo femminile. E dallo spazio prossimo compone questi 9 inediti assolutamente digitali, eclettici, visionari, senza punti di appiglio al mondo terreno. Ci troviamo nei colori accesi di Bowie, nel pop pazzo e irriverente dei Decibel, tra le avventure psichedeliche dei giocattoli dei Kraftwerk o a spasso per i sonagli computerizzati dei Koto. E via via il discorso si fa lunghissimo e citazionista. Ma Tabacco ha la sua personalità e questo lavoro – ripeto – crea dipendenza.

A meno che io non capisca nulla (il che è assai probabile anche) mi sento di premiare un lavoro audace che cerca la trasgressione e non pone filtri all’espressione. Il futuro e lo spazio è il tema portante dell’immagine, il rapporto con l’altro è il leitmotiv delle liriche. Brani come Sangue Freddo si inchiodano alla memoria con questi andamenti quasi islamici, la ricchezza di idee di È La Luna Nuova dimostrano quanto terreno fertile e quanto controllo di espressione ci sia. Non so spiegare perché ma trovo assai interessanti per non dire geniali alcuni particolari: i video e i suoni spudoratamente presi dal finire degli anni ’80 ai primi ’90. Le immagini dei video assolutamente vintage, con questi effetti speciali poverissimi ma decisamente coerenti col tutto. È un’apparenza di kitsch che però nasconde grandissima personalità e coerenza. Certo Tabacco lasciami fare anche qualche appunto. La voce che sono sicuro hai voluto lasciare stonata in Il Mordo Del Serpente è qualcosa che davvero non riesco a sopportare. Come non riesco a sopportare nel video In Un Vortice le scene esterne sfacciatamente amatoriali. Eppure, per quanto non le sopporti, mi comunicano coerenza. Probabilmente, ad averci fegato artistico, avrei fatto le stesse scelte. Sempre se queste siano scelte volute.

Insomma. Questo disco poggia su una linea di confine che sinceramente trovo pericolosa. Da una parte c’è la possibilità che questo disco sia un giocattolo balordo (scommetto che è questa la sensazione del 90% di tutti coloro che si approcciano all’ascolto per la prima volta) e dall’altra parte ci troviamo tra le mani il lavoro visionario, libero, espressivo di una mente “geniale” (le virgolette per portare rispetto alle parole) che finalmente torna ad esprimersi invece di pensare per prima cosa a fare il vip. Non sono sicurissimo, confesso di non avere armi buone per capirlo al 100% e quindi mi tengo appoggiato al freno. Voi che ne pensate? Non so perché amici ma io ho la netta sensazione che questo sia un disco importante. E per quanto trito e ritrito, questo linguaggio mi mancava da tempo…troppo tempo.

Autore: Tabacco

Titolo Album: Tempeste Lunari

Anno: 2018

Casa Discografica: Millessei Dischi

Genere musicale: Electro Rock

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: http://www.callmetabacco.com

Membri band:

Andrea Tabacco

Tracklist:

  1. È La Luna Nuova

  2. Tempesta Armonica

  3. Spirito Del Vento

  4. Sangue Freddo (Col Ritmo Lento)

  5. Il Morso Del Serpente

  6. Una Parte Bagnata

  7. In Un Vortice (In Un Battito)

  8. Notte Di Fuoco

  9. Gli Uomoni Volanti

Category : Recensioni
Tags : Electro Rock
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10th Mag2018

Fase 39 – Imperfetto

by Marcello Zinno

Fase 39 - ImperfettoI Fase 39 (iniziale side project dei KinGroove) ritornano al loro pubblico con questo EP dal titolo Imperfetto. Cinque tracce che scendono come una birretta in una giornata soleggiata ma che noi tendiamo, un po’ per tendenze “psico-professionali”, ad analizzare al microscopio per capire i vari elementi che i ragazzi inseriscono nella loro ricetta. Perché è proprio la commistione di scelte sonore e di aggiunte che tende a rendere più ricca la loro proposta ma anche discutibile per chi cerca invece qualcosa di più chiaro e forte di una semplice lager. Vita In Affitto è un buon esempio del poutpurrì musicale del combo, tramite hip hop, chitarra elettrica, linee vocali pop, tastiere elettriche, il tutto mescolato per puntare a qualcosa che stupisca attraverso una melodia semplice ma anche un suono intricato. E’ tutta qui secondo noi l’anima dei Fase 39, momenti in cui questo poutpurrì può sembra un po’ eccessivo ed altri in cui il invece le trame possono risultare un po’ troppo esemplificative (come nell’electro pop di Confusion).

Probabilmente il timone è indirizzato verso qualcosa di “largo consumo”, ascoltando alcuni momenti infatti non abbiamo dubbi sul grip radiofonico di questi ragazzi ma allo stesso tempo crediamo che, per le capacità dimostrare, possano realizzare qualcosa di molto più interessante e distintivo. E noi speriamo che sia la volta della loro terza fatica a dimostrare ciò.

Autore: Fase 39

Titolo Album: Imperfetto

Anno: 2018

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Electro Rock

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: https://www.facebook.com/fase39band/

Membri band:

Valerio Urti – voce

Alessandro Guida – tastiere

Alessandro Crupi – chitarra

Gianluca Esposito – batteria

Tracklist:

  1. Mondo In Digitale

  2. Imperfetto

  3. Cristallo

  4. Vita In Affitto (feat. Silvia Zambruno)

  5. Confusion

Category : Recensioni
Tags : Electro Rock
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22nd Apr2018

oZZo – #pastislost

by Marcello Zinno

oZZo - #pastislostDopo l’esperienza con gli Audrey e dopo un periodo che lo ha visto vivere un rapporto particolare con la musica, Ivano “ozzoHc” Tomba decide di tornare sulle scene e di farlo con un progetto proprio. Per “proprio” intendiamo un progetto che parte dalla sua mente, non come un’avventura solista (questo ci ha raccontato in un’intervista che presto sarà on line sulle nostre pagine) in quanto dietro ci sono strumenti e musicisti che vanno oltre il solo sforzo compositivo di Ivano; dietro ci sono appunto gli oZZo. Non è un caso che in occasione del release party al Rock’n’Roll di Rho (MI) gli oZZo si siano esibiti come una band a tutti gli effetti, con un sound live che ha fatto molta presa sul pubblico. Nel loro EP appare un’ambivalenza tra vena rock/metal e dose elettronica, due anime che però non entrano in guerra tra loro ma cercano di appagare i gusti di un pubblico che è sicuramente diverso dall’altro, rendendo molto labili i confini tra i due stili musicali. Nelle nostre corde entra benissimo Change, una metal ballad che spinge sulla sei corde con una struttura nu metal da classifica, mentre I Let You Get In e Choices sono i momenti in cui gli effetti prendono il sopravvento e che potrebbero collocarsi bene in un dj set. Un compromesso tra le due visioni sembra che arrivi con Nothing But You in cui i diversi arrangiamenti la fanno da padrone.

Ottimo il contributo di Alessio Corrado alla voce con delle linee vocali ispirate ma che soprattutto aderiscono molto bene allo stile proposto e che insieme rendono un sound a parer nostro molto statunitense ma comunque appetibile anche nel vecchio continente. Il tema portante dell’EP è il tempo, soprattutto inteso come insieme di ricordi ed eventi passati che si vuole in qualche modo cancellare o dimenticare, eppure l’EP trasmette musicalmente una certa positività, e questo senza puntare eccessivamente sulla ritmica bensì tanto sulla melodia. Una buona prova, un bel ritorno.

Autore: oZZo

Titolo Album: #pastislost

Anno: 2018

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Electro Rock, Nu Metal

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: http://www.ozzo.style

Membri band:

Alessio Corrado – voce

Ivano “ozzoHc” Tomba – chitarra, synth, effetti

Tracklist:

  1. As Fast As You Can

  2. Change

  3. I Let You Get In

  4. Choices

  5. Nothing But You

  6. Crazy

Category : Recensioni
Tags : Electro Rock
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12th Apr2018

Priscilla Bei – Facciamo Finta Che Sia Andato Tutto Bene

by Paolo Tocco

Priscilla Bei - Facciamo Finta Che Sia Andato Tutto BeneHo sempre amato avventurarmi nei boschi. Ma se dovessi farlo per davvero allora vorrei ci fosse notte fonda, nebbia da tagliare a fette grosse e poi, signori miei, ci voglio i lupi che ululano soltanto da lontano. Ma se ad un certo punto di questo film arrivasse il cielo sereno di stelle e una bella veduta sulla città, direi che qualcosa non ha funzionato nella sceneggiatura. Insomma: didattica sì ma soprattutto coerenza. E in questo esordio che mi viene fatto girare nello stereo ci sono meravigliosi scorci di psichedelia ed evanescenze spazio-tempo ma qualche fastidiosissima incoerenza che non riesco a fare a meno di sottolineare. Priscilla Bei, esordio in rosa finalmente. Ce ne sono rari, ci avete mai fatto caso? Insomma, tra uomo e donna, il numero è sicuramente minore da un lato piuttosto che dall’altro. Ma questo c’entra poco anzi niente. Torniamo al bellissimo lavoro dal titolo Facciamo Finta Che Sia Andato Tutto Bene. Esatto: “bellissimo”. Mi riporta a Debut di Björk (inevitabile non pensarci) ma io citerei anche quell’aria berlinese di una certa e precisa ispirazione di Erika Badhu o quel dub saccente di Sua quando ci canta One Is A Crowd. Ma insomma diciamo che l’artista islandese è la prima della lista. E questo disco prodotto con molta passione e libero da pregiudizi di ghiaccio e di aria aperta ne ha da vendere anche se spesso cerca l’urbanizzazione, il cemento, la chiusura di periferia come per esempio in Faccio A Meno in cui tutto traballa, si sospende, resta appeso…perde un tubo dell’acqua, luce di neon e poi da un muro ceduto lo sguardo d’improvviso si può gettare nella valle oltre la staccionata. Bellissimo il video del singolo Keplero, da vedere subito gente. Sulle prime e anche sulle seconde ha davvero poco da invidiare alle grandi produzioni e senza troppo pensarci bene mi viene da pensare ad Aroused di Tom Vek (precipitatevi subito).

Quindi elettronica, quindi a suo modo libero spazio alla visione e anche un’intelligente occhiolino strizzato alle melodie. Quindi una formula vincente anche con testi per niente banali ma che forse hanno ancora da scegliere la composizione migliore. Ed il neo di cui tanto parlavo all’inizio con quella boiata del bosco? Beh la bella Priscilla Bei ha una bellissima voce che però così prodotta suona incoerente al progetto che sento. La voce della Priscilla Bei è sottile, dolcissima, incantata. Siamo tra le trame di un dolce mondo alla Amelie o rimando subito al bellissimo nuovo disco di Rita Zingariello o ancora – calcando un poco di più la mano sul concetto del fantastico – citerei Amalia Grè e chi ne ha più ne metta. Siamo nel campo delle voci “standard” che però qualcosa di standard non fanno. Tutt’altro. Cercano il carattere e l’unicità e spesso, come in questo caso, lo fanno riuscendoci perché questo è un disco davvero ricco di carattere. Quindi? Beh quindi mi sarei aspettato una produzione che avesse immortalato la voce in un contesto molto ma molto più coerente di quanto invece ha fatto. Il risultato che ho davanti è un disco di psichedelia elettronica, nei suoni, negli arrangiamenti, nella scrittura, con una voce pop da ballata radiofonica in rosa dai colori pastello. Scusa: hai messo del caciocavallo sulle cozze? Torniamo a citare Björk e ascoltiamo questa voce. Infatti anche la Bei quando si rilassa nella scrittura e ci propone brani come La Perfezione in cui il contesto torna pop d’autore, tutto l’equilibrio viene ripristinato. Così come nella chiusura Autostrade dove ci viene riproposta una registrazione casalinga di lei piano e voce a cui si aggiunge una percussione e dell’altro proveniente dallo spazio…ma tutto è coerente. Tutto. Prendete il brano Deserto in cui la voce della Bei si ingrassa di riverberi…prendete Cose Serie in cui la voce è distorta. Ma per il resto, eccezion fatta per isolati momenti, il caciocavallo resta sulle cozze e sinceramente non riesco a mandarlo giù.

Solo questo mi viene da dire. Potrei dirvi che ormai sentire un piano reale mezzo stonato ripreso in ambiente nella verità di una stanza è una soluzione scontata quasi come far sentire la puntina sul vinile prima di iniziare a spararci del rock in endovena, ma ho già abusato fin troppo della mia parte di professore “so tutto io”. Punto a capo. Bell’esordio Priscilla Bei.

Autore: Priscilla Bei

Titolo Album: Facciamo Finta Che Sia Andato Tutto Bene

Anno: 2018

Casa Discografica: Lapidarie Incisioni

Genere musicale: Electro Rock, Psichedelia

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/PriscillaBeiMusic

Membri band:

Priscilla Bei – voce

Filippo Schininnà – batteria

Giacomo Ronconi – chitarra

Laura Piccinetti – basso

Stefano “Tashi” Pala – elettronica

Marco Colonna – clarinetto, sax

Tracklist:

  1. Caos (feat. Valentina Polinori)

  2. Ivano

  3. Keplero

  4. Cose Serie

  5. Faccio A Meno

  6. Livorno

  7. Doveva Succedere (feat. Lucio Leoni)

  8. La Perfezione

  9. Deserto

  10. Autostrata

Category : Recensioni
Tags : Electro Rock
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07th Apr2018

James And The Butcher – Plastic Fantastic

by Marcello Zinno

James And The Butcher - Plastic FantasticMolti vedono il cuore del sound dei James And The Butcher nelle loro pulsazioni elettroniche, un electro rock fatto di una produzione di livello che cerca di accontentare sia chi è cresciuto a suon di rock (potremo dire alternative rock) sia chi apprezza maggiormente i suoni sintetici. In realtà a parer nostro il loro cuore pulsa nel momento in cui cercano di dare molto più respiro alle tracce. Come nell’opener con le sue orchestrazioni e un passaggio acustico di un’intensità tale che ricorda i Pink Floyd misti a Morricone o anche in Queen Of The Galaxy che ha un buon refrain e, seppur con testi di ispirazione rap, mostra un suono elettrico ben in vista ed un’ottima attenzione al connubio dei vari strumenti (piacevoli le linee di basso in prima linea). Anche la parte finale di Core è interessante, un brano che inizia con tendenze alla Bluvertigo ma poi finisce con gioielli dal taglio jazzy. Eppure per presentare al meglio la band suggeriamo di ascoltare Miracolous Cancer che è un pezzo dalla buona vena calorica con l’esplosione in stile Muse lungo il ritornello e delle strofe centrate nell’electro rock.

Per una tartaruga che arriva al mare ce ne sono tante che muoiono prima. Ad esempio brani come Say My Name o Antibiotics li troviamo fuori traccia, canzoni che prestano un po’ troppo il fianco alle classifiche statunitensi e alla loro passione per pad, dub e suoni elettronici; Loola-Bye è una ballad a tratti brit rock che non aggiunge nulla, anche la melodica 2nd Plan sembra essere un buona buona colonna sonora da tenere in sottofondo ma resta poco incisa nella nostra mente. Nel complesso il titolo Plastic Fantastic rende l’idea più per la prima parola che non per la seconda, soprattutto per chi ha sete di una vena rock che qui tarda ad arrivare. Eppure la band ha idee e le mette in gioco tutte, non a caso l’album suona come un lavoro dalle tante sfaccettature che può dividere fan e critica.

Autore: James And The Butcher

Titolo Album: Plastic Fantastic

Anno: 2017

Casa Discografica: RNC Music

Genere musicale: Electro Rock

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: http://www.jamesandthebutcher.com

Membri band:

F. James Dini – voce, chitarra

Giorgio Corna – batteria, elettronica

The Butcher – tastiere, elettronica

Tracklist:

  1. Intimacy

  2. Say My Name

  3. The Invisible Boy

  4. Loola-Bye

  5. Queen Of The Galaxy

  6. Core

  7. Antibiotics

  8. Until I Will Find Her

  9. Miracolous Cancer

  10. 7th Dimension

  11. 2nd Plan

Category : Recensioni
Tags : Electro Rock
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04th Apr2018

Gambardellas – Survive

by Marcello Zinno

Gambardellas - SurviveUna delle cose più belle del lavorare dietro RockGarage è che scopriamo delle band alla prima uscita e ne seguiamo gli sviluppi, il suono che matura, le idee che vengono affilate album dopo album e ne vediamo crescere musica e seguito. È capitato per varie band (non tantissime a dire il vero, molte purtroppo gettano la spugna o cambiano moniker) e i Gambardellas sono tra questi. Ai tempi di Sloppy Sounds, primo full-lenght recensito a questa pagina, ci erano piaciuti ma non ci avevano fatto innamorare, con l’EP Ashes di cui avevamo parlato qui avevamo capito che non puntare su di loro sarebbe stato da sciocchi e anche per questo eravamo in trepidante attesa del successore di quell’EP, album che ha tardato ad arrivare sul mercato. Tutta questa attesa è stata premiata da un album molto curato e che suona come un insieme di brani da sdoganare su tutti i continenti: Survive schiaccia il piede sull’approccio esterofilo della band, non solo per i testi in inglese ma anche per quella forte componente elettronica che predomina pur senza isolare il ruolo della chitarra che emerge quando necessario (nei riffi portanti di Chemical ad esempio ma anche in vari assoli).

Il groove è sicuramente il poker d’assi del power trio: ascoltare Leave Me Be senza essere travolti da quella sua trama profondamente ritmica ma dal sapore elettronico è impossibile, anche in Everything Sucks si segue questa tendenza, con meno bpm e una maggiore dose melodica (si vedano i cori nel ritornello). È una costante battaglia tra elettronica e groove: la titletrack Survive è un cazzotto in pieno volto, prima del gancio per far cadere l’avversario al tappeto. Poi c’è un altro profilo dei Gambardellas, un profilo che cita gli anni 80 e che inghiotte synth e luci colorate (Seven) ma che si sposa benissimo con lo spaccato elettronico che da sempre contraddistingue la band. E se avete dubbi su quanto i ragazzi siano cresciuti, musicalmente parlando, provate ad ascoltare Come Away, un brano che difficilmente proporranno dal vivo per non intaccare la dieta ipercalorica dei loro show, ma che sa di ballad statunitense e a cui più di una label a stelle e strisce potrebbe essere interessata; altro momento succulento per qualcuno oltre oceano è Citizens Of The New World, una traccia dalla forte impostazione grunge in cui noi troviamo piccoli elementi desert.

Davvero buona la produzione, al di là dei suoni molto curati, va segnalata la scelta di una voce riverberata e un passo indietro rispetto alla parte strumentale che esce fuori come una belva, sicuramente la loro arma letale in sede live. Album consigliatissimo, la conferma che sono usciti fuori i muscoli ai ragazzi e che ora possono competere su ring internazionali.

Autore: Gambardellas

Titolo Album: Survive

Anno: 2018

Casa Discografica: BigWave Records

Genere musicale: Electro Rock

Voto: 7,5

Tipo: EP

Sito web: http://www.gambardellas.eu

Membri band:

Mauro Gambardella – voce, batteria

Glenda Frassi – chitarra

Grethel Frassi – tastiera, percussioni, cori

Tracklist:

  1. Won’t Give Up

  2. Leave Me Be

  3. Bones

  4. Everything Sucks

  5. Come Away

  6. Seven

  7. Survive

  8. Citizens Of The New World

  9. Chemical

  10. Used To Know

Category : Recensioni
Tags : Electro Rock
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26th Mar2018

Rumor – Ti Ho Visto Ad Alta Voce

by Marcello Zinno

Rumor - Ti Ho Visto Ad Alta Voce coverI Rumor tornano sulle scene e lo fanno cambiando pelle. Forti di una eco impattante, dopo le loro tantissime date live (anche all’estero) e il primo premio al Pending Lips Festival (a cui, lo ricordiamo, concorrevano circa 300-400 band del nostro Paese ad ogni edizione), decidono di dare un successore al loro precedente album e pubblicano Ti Ho Visto Ad Alta Voce. Cambiano pelle perché se il loro approccio indie in passato strizzava favorevolmente l’occhio al rock grazie a delle linee di basso profonde e soprattutto alla batteria di Evita davvero incisiva, adesso il progetto sbarca in terre nuove cedendo alle lusinghe dell’elettronica. Non gridino allo scandalo i fan della prima ora, la voce di Marco mantiene la stessa ispirazione che ha contraddistinto da sempre il progetto ma l’assenza di una batteria vera a vantaggio di una campionata presenta un sound molto più affine all’elettro rock angloamericano e meno al rock “indipendente”. Alcuni brani mantengono un forte impulso di intimità ma l’elemento ritmico allontana quella che era la sensazione a cui i Rumor ci avevano abituati, una sensazione fatta di rock giovanile ma allo stesso tempo di musica da palco, un insieme fatto di linee vocali che dominavano sotto ad una sezione ritmica compatta e che “suonava” nel vero senso della parola. Ora i suoni sintetici della batteria fanno perdere quel mordente che ritrovavamo in loro a vantaggio di sonorità più ammiccanti, forse più da classifica ma lontane dai nostri ascolti, dalle nuove frontiere dal rock a cui ci avevano abituati.

I brani centrali della tracklist ci sembrano quelli più ispirati, Canzone Per E., Paura e Amare ci trasmettono delle emozioni, pacati e diversi ma in cui ogni spazio, ogni pausa è collocata al punto giusto; a differenza di Uomo (Parte 1,2,3) ad esempio che sembra meno ricercata e di più facile impatto. Se siete disposti ad accettare questo cambio di rotta Ti Ho Visto Ad Alta Voce vi piacerà perché gli altri elementi a marchio Rumor ci sono quasi tutti, noi avremo marcato di più sull’animo rock e anche su una maggiore presenza della sei corde di Elia. Resta comunque un album moderno, fortemente indie e una continuazione del progetto Rumor.

Autore: Rumor

Titolo Album: Ti Ho Visto Ad Alta Voce

Anno: 2018

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Electro Rock

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: http://www.rumorband.it

Membri band:

Elia Anelli – chitarra, synth

Marco Platini – voce, basso, synth

Tracklist:

  1. Carnival

  2. Ciao Ego

  3. Neve

  4. Canzone Per E.

  5. Paura

  6. Amare

  7. Uomo (Parte 1,2,3)

  8. Uhuh

  9. Mai Iro

  10. Incendio

Category : Recensioni
Tags : Electro Rock
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01st Mar2018

Awolnation – Here Come The Runts

by Marcello Zinno

Awolnation - Here Come The RuntsGli Awolnation, ovvero il progetto di Aaron Bruno, li avevamo lasciati ai tempi di Run di cui avevamo parlato a questa pagina e che non ci aveva convinti per nulla. L’album era troppo contaminato da elettronica e hip hop per essere considerato un rock album, ne avevamo scritto dicendo che il suo “scenario migliore è nei negozi di abbigliamento”. Eppure qualcosa si muove, il successo planetario che questo artista ha riscosso avrebbe potuto suggerire la ripetizione di una ricetta ormai collaudata e super giovanile ed invece arrivano alcune novità: parliamo della matrice ritmica ma anche della sei corde folle nell’opener Here Come The Runts, ancora del singolo Passion che ci saremo aspettati molto più orecchiabile e il blues acustico di Seven Sticks Of Dynamite o il rock ruvido di Tall, Tall Tale, momenti che ci piacciono e che risultano anche ben prodotti. Parliamo sempre al singolare riferendoci ad Aaron Bruno, perché in realtà dai tempi del precedente Run la formazione è cambiata completamente lasciando solo Aaron a dirigere la nave Awolnation, ufficialmente il suo progetto solista. Probabilmente anche questo ha contribuito a questo piccolo ma sensibile cambiamento di rotta rispetto al passato.

In generale, a parte queste evidenze, non c’è da spaventarsi né da urlare al miracolo visto che la musica degli Awolnation non è stata stravolta nella sua natura: le voci hip hop in Sound Witness System il mood da spot pubblicitario di Handyman, il pop internazionale di Jealous Buffoon sono nel classico stile mainstream di Aaron e ci confermano che il progetto ha dritto in mente le classifiche e i grandi numeri.

Autore: Awolnation

Titolo Album: Here Come The Runts

Anno: 2018

Casa Discografica: Red Bull Records

Genere musicale: Elettro Rock

Voto: 5

Tipo: CD

Sito web: http://www.awolnationmusic.com

Membri band:

Aaron Bruno – voce

Isaac Carpenter – batteria, percussioni, voce

Zach Irons – chitarra, voce

Daniel Saslow – tastiere

Michael Goldman – basso, voce

Tracklist:

  1. Here Come The Runts

  2. Passion

  3. Sound Witness System

  4. Miracle Man

  5. Handyman

  6. Jealous Buffoon

  7. Seven Sticks Of Dynamite

  8. A Little Luck…And A Couple Of Dogs

  9. Table For One

  10. My Molasses

  11. Cannonball

  12. Tall, Tall Tale

  13. The Buffoon

  14. Stop That Train

Category : Recensioni
Tags : Electro Rock
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09th Gen2018

March Division – Absence

by Marcello Zinno

March Division - AbsenceNon li “incontravamo” dai tempi di Post Meridian Soul (recensito da noi a questa pagina) ed eccoli qui i milanesi che presentano il nuovo EP dal titolo Absence. Suoni e accenti vocali fortemente anglo-americani, gran parte del loro stile non è cambiato rispetto al passato. Musica elettronica fortemente influenzata dalla dance, soprattutto a livello ritmico che pesca a man bassa dagli anni 80, mentre per quanto riguarda le linee vocali si potrebbe spaziare tra il synth pop e la new wave. L’opener ci propone però degli arrangiamenti nuovi (synth ed effetti in primis), che non trovavamo nell’essenzialità danzereccia del loro passato, tappeti di synth in Down By The Sea riappacificano i ritmi e puntano ad un’atmosfera più offuscata. Con Acid Blood e Hate Can’t Divide Us i livelli qualitativi si abbassano e la proprosta della band sembra uscire dai nostri canonici ascolti (e gusti). Sul finire due brani radiofonici, dal taglio maturo e che promettono grandi ascolti ma meno sperimentali delle precedenti tracce.

Incalzante Pale Noon, futuristica nelle aggiunte dei vari strumenti che si sovrappongono l’un l’altro, spirito rave nelle martellanti percussioni; forse è qui che si tocca qualcosa di nuovo nello stile della band, ovvero l’intenzione di voler aggiungere suoni e contributi, come se fosse una sperimentazione continua, aggiunte ad una trama di base che va in loop e che si vuole arricchire sempre più. Talvolta le strutture ci ricordano qualcosa di rock ma serve di più per rispondere ai nostri istinti rock’n’roll.

Autore: March Division

Titolo Album: Absence

Anno: 2017

Casa Discografica: MDC Records

Genere musicale: Elettronica

Voto: s.v

Tipo: EP

Sito web: http://www.marchdivision.com

Membri band:

Andy Vitali – voce, chitarra, synth, programming

Emanuele Platania – batteria, percussioni, drum machine

Mattia Pissavini – tastiere, synth, produzione

Tracklist:

  1. Shake Me Gently

  2. Pale Noon

  3. Down By The Sea

  4. Acid Blood

  5. Hate Can’t Divide Us

  6. Social Breakdown

  7. Fellings

Category : Recensioni
Tags : Electro Rock
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05th Nov2017

Margo Sanda – Delay

by Marcello Zinno

Margo Sanda - Delay“Aia”. Primo e piccolo grido di dolore appena ci avviciniamo a questo nuovo progetto ideato e realizzato da Margo Sanda. Un musicista, un EP, vari anche se pochi strumenti. Questi strumenti vengono mescolati insieme e ce n’è per tutti, chitarra, computer, percussioni, synth…che detto così potrebbe sembrare affascinante, ma noi che siamo realisti sappiamo che è davvero complesso e coraggioso creare qualcosa di davvero figo far andare d’accordo strumenti così diversi con una sola mente a generare il tutto. “I brani nascono da improvvisazioni solitarie“, così viene presentato l’EP. Altro elemento che potrebbe suggerire un elemento di forza (artistica) del (mini) album ma a pensarci 5-secondi-5 sentiamo il secondo “aia”. Strumenti differenti, sperimentazione, improvvisazione. Bando ai pensieri, cercando di ingannare i preconcetti dati dall’esperienza, pigiamo il tasto play. Purtroppo le nostre idee prendono forma e nonostante volessimo convincerci del contrario ricercando qualcosa che possa destare l’attenzione della critica, quasi come i ricercatori d’oro di un tempo, non ci riusciamo.

Alcuni brani danno il senso di band (Light Hat) ma poco che resti davvero impresso. Gli effetti sovrastano le strutture (Delay Of sconfina nell’elettronica pura) non accontentando né chi cresce a pane e chitarra elettrica né chi familiarizza con i suoni sintetici.

Autore: Margo Sanda

Titolo Album: Delay

Anno: 2017

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Elettronica

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: https://www.facebook.com/mmargosanda

Membri band:

Margo Sanda – chitarra, effetti

Tracklist:

  1. More

  2. Enjoy

  3. Light Hat

  4. Vuoto

  5. Delay Of

  6. Malegola

Category : Recensioni
Tags : Electro Rock
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