Huldre – Intet Menneskebarn
A volte le bands che provengono “dalla fine del mondo” (per citare una azzeccata affermazione del nuovo Pontefice) suscitano curiosità e perplessità, nel senso di chiedersi a quali livelli di attenzione possano esse far giungere l’uditorio con le loro proposte musicali. Nel caso di specie, la lontanissima Danimarca ha catturato il nostro interesse con un album davvero ben azzeccato e molto ben congegnato. Affondando le sue radici in un insolito folk metal, il sestetto riesce a confezionare un prodotto ben riuscito e che cattura l’ascolto sin dai primi solchi. L’impronunciabilità dei titoli dell’album può inficiare solo la grammatica italiana, mentre invece il sound proposto riesce a far giustizia delle perplessità di cui sopra. Lo stesso cantato in lingua originale è un’arma in più per il gruppo che così riesce a sostenere maggiormente la sua musica come forse la lingua universale non riuscirebbe. Brani come Skaersild e Knoglevkad rendono bene il pathos che permea i testi e le musiche: la voce della Barslev è calda ed avvolgente, mentre le sonorità della band risultano essere saggiamente combinate tra melodia e dramma lirico. Specialmente il secondo dei brani va in controtendenza con la ricerca spasmodica di up-tempo, che donano linfa vitale all’economia del pezzo.
Skovpolska è un altro momento ben azzeccato, in cui tutta la band riesce a trasporre in musica le migliori tradizioni folk, con in più quella spruzzatina leggera di heavy che certo non guasta. Interagiscono bene le due ladies, con la voce della Barslev a far da contraltare al buon lavoro agli archi della Beck, davvero ben congegnato. Potrebbe apparire, alla lunga, piuttosto pedante l’ascolto di sonorità non propriamente di tutti i giorni, ma con brani quali Havgus possiamo ben ricrederci sulla valenza del prodotto. Il sestetto miscela bene atmosfere quasi gothic in alcuni passaggi, che farebbero la fortuna di miss Tarja Turunen, ed altre che rasentano il dark, nella migliore tradizioni Lumsk o Gate, altre rinomate bands di nicchia, ma non per questo misconosciute ai più. I buoni arrangiamenti rendono gradevoli anche brani apparentemente più ostici, quali ad esempio Vaageblus, dove le sonorità più cupe del solito, se possibile, si fondono in una melodia davvero coinvolgente che sfocia in una cavalcata immaginaria della band in una foresta senza tempo. Spillemand si segnala tra gli altri brani come l’ennesimo momento tecnicamente valido e di sicuro impatto in chi ascolta, per le sue sonorità davvero magiche e nelle quali si intravedono ideali saghe di miti nordici senza tempo.
Ulvevinter è probabilmente il miglior brano dell’album: una piccola gemma che viene impreziosita dal superbo lavoro di violino della Beck che ancora una volta fa da sponda al cantato onirico della singer al femminile, che qui dà prova della sua bravura e del lirismo davvero intenso. Gennem Marsken ci trasporta a mille miglia dalla realtà: flauto incantato che pare provenire da castelli medievali e voce melodica ed angelica proiettata dagli empirei di valchirie lontane. Con Beirblakken l’interpretazione caldissima della female singer ci fa accapponare la pelle per l’intensità ed il trasporto interpretativo: non suona blasfemo un pensiero, in questo frangente , alle sonorità incantate dell’indimenticabile Ronnie James Dio, che qui avrebbe prestato volentieri la sua ugola per accompagnare la Barslev nelle sue evoluzioni senza età. Possiamo ritenerci soddisfatti dell’ascolto, cui ci eravamo appressati senza riserve: il sestetto che viene “dalla fine del mondo” è molto più vicino a noi di quanto ci si attenda.
Autore: Huldre | Titolo Album: Intet Menneskebarn |
Anno: 2012 | Casa Discografica: Gateway Music |
Genere musicale: Folk Metal | Voto: 7 |
Tipo: CD | Sito web: http://www.huldre.dk |
Membri band
Nanna Barslev – voce Lasse Olufson – chitarra Bjarne Kristiansen – basso Jacob Lund – batteria Laura Beck – violino Troels Norgaard – flauto, hurdy-gurdy
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Tracklist:
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