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07th Mar2018

Ozzy Osbourne – Ozzmosis

by Francesco Mureddu

Ozzy Osbourne - OzzmosisIngiustamente denigrato al momento della sua pubblicazione perché si discostava dal precedente No More Tears, Ozzmosis è invece uno degli album più belli del Madman e senza ombra di dubbio quello che può vantare la migliore prestazione vocale di Ozzy. Ozzmosis è un album cangiante che alterna parti dure e cupe ad altre più leggere e melodiche, in un chiaroscuro che spezza la monotonia riproducendo la sua gamma monocromatica sulle superfici del metal classico, senza d’altro canto disdegnare soluzioni più moderne. L’album inizia con un intro di tastiere ispirate alla sigla della serie televisiva Perry Mason a cui la canzone è dedicata, seguono le note gravi del basso di Geezer Butler, il riff distorto di Zakk Wylde ed infine la voce sguaiata di Ozzy a sugellare un brano che nasce già come un classico, bellissimo il solo di chitarra posto a metà del brano. Atmosfere più rilassate in I Just Want You (andate a rivedervi il video) dove il madman offre un’eccellente interpretazione, arpeggio di chitarra malinconico e incedere lento per un brano che fa viaggiare rimanendo comodamente seduti sul proprio divano; geniale il cambio di tonalità a metà de brano e tanti, tanti brividi lungo la schiena.

Ghost Behind My Eyes e My Little Man sono due ballate alla Osbourne, con atmosfere anni 80 per la prima e virtuosismi chitarristici sulla seconda dove fa capolino Steve Vai e la sua Ibanez Jam, mentre Thunder Underground è un brano più pesante e potente dove la voce di Ozzy a tratti viene tirata sino al suo limite, pur mantenendo il suo inconfondibile timbro. See You On The Other Side è un altro cavallo di razza, semplice ma di grande impatto l’intro basso/batteria e il riff arpeggiato di chitarra, in questo brano è evidente il grande lavoro svolto dai musicisti e dei produttori Michael Beinhorm e Michael Wagenere e un’altra ottima prova vocale per Ozzy. Tomorrow e Denial per quanto episodi leggermente minori rispetto alle altre tracce farebbero la fortuna di altre mille anonime band, mentre spetta ad Old L.A. Tonight concludere degnamente il disco con tanta melodia e nel finale un assolo memorabile di chitarra.

Semplicemente un capolavoro e una grande lezione di stile da parte di John Michael Osbourne che in seguito durante la sua carriera non riuscirà più a ripetersi sugli stessi livelli.

Autore: Ozzy Osbourne

Titolo Album: Ozzmosis

Anno: 1995

Casa Discografica: Epic Records

Genere musicale: Heavy Metal

Voto: 9

Tipo: CD

Sito web: www.ozzy.com

Membri band:

Ozzy Osbourne – voce

Zakk Wylde – chitarra

Geezer Butler – basso

Deen Castronovo – batteria

Rick Wakeman – tastiere

Michael Beinhorn – tastiere

Tracklist:

  1. Perry Mason

  2. I Just Want You

  3. Ghost Behind My Eyes

  4. Thunder Underground

  5. See You On The Other Side

  6. Tomorrow

  7. Denial

  8. My Little Man

  9. My Jekyll Doesn’t Hide

  10. Old L.A. Tonight

Category : Recensioni
Tags : Album del passato, Heavy Metal
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01st Mar2018

Sons Of Texas – Forged By Fortitude

by Rod

Sons Of Texas - Forged By FortitudePer ogni ascoltatore, avere tra le mani un compact disc, magari con un package accattivante ed una tracklist invitante che non aspetta altro che essere ascoltata, è la magia intrinseca al fantastico viaggio nel mondo fatato della musica. La chimica, poi, aumenta esponenzialmente se una volta premuto play, ciò che arriva alle orecchie è esattamente quello che ci si aspettava, se non di meglio. Questa situazione sarà capitata sicuramente a molti di voi ed è esattamente quello che è accaduto a chi vi scrive nel positivo approccio a Forged By Fortitude, seconda ed ultima fatica degli americanissimi Sons Of Texas, band granitica e compatta che con questo lavoro di pregevole fattura, cerca di confermare le ottime premesse del debut album del 2015 Baptized In The Rio Grande. Andando alla sostanza dell’album, appare lapalissiano quanto doveroso premettere che qui la tradizione ed il mondo southern appaiono essere l’elemento principale che permea ogni cosa, dalla copertina sino al sound dei brani, palesandosi spesso sotto forma di rimando esplicito e forte al mito dei grandissimi Pantera. Non a caso l’opener Buy In To Sell Out (tra gli apici della raccolta), dà un saggio sfacciato di quanto questa band sia riuscita a capitalizzare appieno l’eredità sonora lasciata dalla band di Cowboys from Hell, aggiungendoci, casomai, anche qualcosa dei primi Slipknot che non disturba affatto.

Altre conferme? L’intro di Cast In Stone, pochi secondi che appaiono come un esplicito tributo al masterpiece panteriano This Love, oppure la validissima title-track Forged By Fortitude che prova a far riemergere nei suoi 3:45 un po’ di quella ribellione southern insita nella personalità chitarristica del compianto Dimebag Darrell ed in quella vocale del mai domo Phil Anselmo. Ciò nonostante, in questo disco vengono tratteggiate molte altre influenze a cui la band ha – magari involontariamente – dato eco, da Zakk Wilde agli ZZ Top (leggasi Slam With The Ligts On), passando per Creed, Alter Bridge (dei quali sono stati open act) ed Avenged Sevenfold. Ciò nonostante, esiste comunque un’impronta camaleontica forte in questa band che riesce in ogni brano ad emergere ed a tramutarsi nel loro punto di forza, segno di una personalità artistica comunque marcata ed evidente. Buona la preparazione tecnica dei musicisti, ottima la prova vocale del singer al netto degli occasionali richiami allo stile del leader dei Down.

Difficile per noi trovare un punto debole in questo prodotto. A voler essere perniciosi potremmo trovarlo nella radiofonica Turnin’ The Page che con il suo mood commerciale, orecchiabile e di facile approccio che la avvicina ad uno di quei singoloni pop-rock alla Nickelback, va senza dubbio ad assopire le ottime referenze heavy in premessa. Non ci rimane quindi che scommettere su un prevedibile successo più ampio di questo combo. Rimaniamo alla finestra ad aspettare.

Autore: Sons Of Texas

Titolo Album: Forged By Fortitude

Anno: 2017

Casa Discografica: Spinefarm Records

Genere musicale: Heavy Metal, Hard Rock

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.sonsoftexasmusic.com/

Membri band:

Mark Morales – voce

Jon Olivares – chitarra

Jes De Hoyos – chitarra

Nick Villarreal – basso

Mike Villarreal – batteria

Tracklist:

  1. Buy In To Sell Out

  2. Feed The Need

  3. Down In the Trenches

  4. Cast In Stone

  5. Beneath The Riverbed

  6. Expedition To Perdition

  7. Turnin’ The Page

  8. Jaded Eyes

  9. Wasp Woman

  10. Forged By Fortitude

  11. Slam With The Lights On

Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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07th Feb2018

AA.VV. – SG Revolution Vol. III

by Cristian Danzo

AA.VV. - SG Revolution Vol. IIILa (purtroppo defunta) SG Records ha continuato nel suo lavoro di presentazione dell’underground metal di tutti i generi della nostra Penisola, presentandoci questo SG Revolution Vol. III nel quale vengono mostrate quattro band che eseguono due pezzi ciascuna. Interessantissimo approccio da parte della casa discografica la quale, come nei mitici anni ’80, metteva insieme diverse band su quelle che una volta venivano definite compilation, per dare spazio e luce a band emergenti. Gli Antagonism (di cui avevamo già parlato a questa pagina) sono fautori di un death metal molto moderno attraversato da forti venature thrash old school, combinando soluzioni nuove a tutto quello che la old school ci ha tramandato dai tempi passati. I Crepuscolo in Under The Oak’s Shadow sfoderano un black metal senza fronzoli ed ancorato come stile agli esordi della scena, quella più pura ed intransigente; in U-Tomb questo genere viene sapientemente mescolato al vecchio death metal quello che, per capirci, a metà anni ’80 sconvolse le fondamenta del mondo metallico.

Ecco a questo punto i Tractors e qui esplodono un’altra volta suoni di trenta anni fa ma stavolta legati al metal classico che più classico non si può, con cambi repentini che coprono thrash, classic e power e strizzano l’occhio in maniera molto forte a King Diamond. Si chiude con i Warden che sono da tenere assolutamente d’occhio dagli estimatori del power metal e del metal classico. I due pezzi proposti mostrano una band capace sotto tutti i punti di vista, nonostante il genere proposto abbia pochi margini di lavoro in termini di sviluppo inteso come evoluzione o originalità. SG Revolution Vol. III è un ottimo album per chi cerca di orientarsi nel sottobosco del metallo italiano alla ricerca di band valide cui riferirsi. Qui c’è proprio tutto: i gruppi dimostrano di essere capaci dal punto di vista tecnico e compositivo. Per gli amanti dei suoni eighties e per gli indefessi cultori dell’undergound. Chi cerca invece la rivoluzione musicale del secolo o il mainstream a tutti i costi (per moda, per comodità o quant’altro) deve volare verso altri lidi. Peccato. Non sa proprio cosa si perde.

Autore: AA.VV.

Titolo Album: SG Revolution Vol. III

Anno: 2017

Casa Discografica: SG Records

Genere musicale: Heavy Metal, Black Metal, Thrash Metal, Power Metal, Death Metal

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://en.wikipedia.org/wiki/SG_Records

Membri band:

Antagonism:

Marco Vitali – voce, chitarra

Leonardo Ciccarelli – basso

Crepuscolo:

Franz Minnozzi – voce, basso

Vun Speranza Peritcarini – chitarra

Bill Ambrogi – batteria

Tractors:

Emiliano Poli – basso, voce

Paolo Nevi – chitarra, voce

Michele Arnone – chitarra

Giorgio Pioli – batteria

Warden:

Massimo Castelli – voce, basso

Corrado Tesio – chitarra

Bruno Bogliotti – batteria

Tracklist:

  1. Black Diamond (Antagonism)

  2. Hotel Rwanda (Antagonism)

  3. Under The Oak’s Shadow (Crepuscolo)

  4. U-Tomb (Crepuscolo)

  5. Chicken’s Life (Tractors)

  6. Sale Marino (Tractors)

  7. Star Of The Freakshow (Warden)

  8. Burn In Flames (Warden)

Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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06th Feb2018

Metaprism – Catalyst To Awakening

by Trevor dei Sadist

Metaprism - Catalyst To AwakeningForti di partecipazioni in festival importanti tra questi il Wacken Open Air, tornano sul mercato discografico gli inglesi Metaprism. Catalyst To Awakening è il nuovo album, fuori qualche giorno fa per la Graviton. Per chi non conosce la band, il loro sound ci rimanda a band quali Leave’s Eyes, Temperance e altri, come avrete capito si tratta di metal/rock carico di melodia, nonostante le trame di chitarra e la musica in generale dei britannici siano sicuramente più elaborati rispetto al passato. Le due voci, Theresa Smith e Joey Draper riescono a non intralciarsi, anzi le metriche sono sempre ben bilanciate, frutto di un lavoro studiato molto bene in fase di stesura. Catalyst To Awakening è un buon disco, lavoro coronato da una produzione che non può lasciare indifferente. I riff si fanno sempre più granitici e trascinanti come nel caso di Living By Proxy, il contrasto tra la voce femminile e il sound che si fa sempre più massiccio è interessante, Ollie Roberts e Callum Downing alle chitarre disegnano trame che attraversano l’olimpo del metal, senza tralasciare alcuna generazione, mentre James Clarke alla batteria e Matt Hudson al basso costituiscono una sezione ritmica davvero incisiva nonché precisa.

Sono quasi ai titoli di coda di questo disco, anche se ho avuto la fortuna di imbattermi in due canzoni che entrano di diritto nella mia playlist personale: Carve The Stone forte di un chorus indimenticabile e la seguente Aftermath dai toni caldi e rasserenanti, forse una ballad o solo una canzone capace di non far cadere la band nel rischio di essere troppo dolce, la tensione è sempre comunque alta così la capacità di esecuzione di cui i Metaprism sono in possesso. Siamo solo ai primi mesi del 2018 e questo è davvero un buon inizio che ci fa ben sperare. In alto il nostro saluto!

Autore: Metaprism

Titolo Album: Catalyst To Awakening

Anno: 2018

Casa Discografica: Graviton

Genere musicale: Heavy Metal

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: http://www.metaprism.co.uk/

Membri band:

Ollie Roberts – Guitars

Theresa Smith – Vocals

Joey Draper – Vocals

Callum Downing – Guitar

James Clarke – Drums

Matt Hudson – Bass

Tracklist:

  1. The Awakening

  2. Codex Regius

  3. Unleash The Fire

  4. Incarcerate

  5. Anomalous I: Illogical Era

  6. Anomalous II: Ghost Of Asylum

  7. Living By Proxy

  8. Carve The Stone

  9. Aftermath

  10. Unanimous

  11. Catharsis (bonus track)

Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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23rd Gen2018

White Wizzard – Infernal Overdrive

by Trevor dei Sadist

White Wizzard - Infernal OverdriveI metallers White Wizzard tornano sul mercato discografico con questo nuovo album dal titolo Infernal Overdrive. La presentazione è più che buona, i terribili californiani esordiscono con la title track e da subito si denota una tecnica invidiabile da parte di ogni membro della band, complice un’ottima esperienza; la tecnica non è assolutamente fine a se stessa, anzi il tutto è sempre messo a disposizione della canzone e il risultato finale è molto buono. Nella musica della band ci sono diversi rimandi tutti saldamente ancorati all’hard’n’heavy, e qui i nomi si sprecano: Judas Priest, Iron Maiden, Scorpions e persino Slayer specie in qualche riffs dove gli White Wizzard tendono a incattivire il proprio sound. Una prova certamente convincente, Infernal Overdrive di certo saprà soddisfare i palati di chi ama l’heavy metal in senso tale, non ci sono troppe contaminazioni l’intenzione era di approfondire tale etichetta e direi che la band c’è riuscita molto bene. Andando ad analizzare la prova dei singoli va ripetuto che si tratta di musicisti preparati e molto bene: Dylan Marks alla batteria ha fornito una testimonianza degna della situazione basti pensare all’entrata; che dire poi della coppia Jon Leon e James LaRue alle sei corde, i due guitar player mi hanno impressionato sia dove la musica richiede adrenalina e aggressività con riffs potenti, sia nei momenti dove la melodia è padrona del sound, specie nei solos, cantabili e orecchiabili; infine la voce di Wyatt Anderson, epica nonostante si muova su canoni odierni, davvero un’ottima prova la sua.

Come avrete capito il giudizio finale è doverosamente più che buono, consiglio a tutti Infernal Overdrive, nuovo capitolo in casa White Wizzard, fate vostro questo disco, non ve ne pentirete. In alto il nostro saluto!

Autore: White Wizzard

Titolo Album: Infernal Overdrive

Anno: 2018

Casa Discografica: M-Theory Audio

Genere musicale: Heavy Metal

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/whitewizzard

Membri band:

Wyatt Anderson – voce

Jon Leon – basso, chitarra

James J LaRue – chitarra

Dylan Marks – batteria

Tracklist:

  1. Infernal Overdrive

  2. Storm The Shores

  3. Pretty May

  4. Chasing Dragons

  5. Voyage Of The Wolf Raiders

  6. Critical Mass

  7. Cocoon

  8. Metamorphosis

  9. The Illusion’s Tears

Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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22nd Gen2018

Legionem – Ipse Venena Bibas

by Marcello Zinno

Legionem - Ipse Venena BibasIl doom è un genere che sta scomparendo in ogni luogo. Dalle classifiche (in realtà non c’è mai stato), dalle proposte dei locali, dalle composizioni delle band a tema. Ma c’è sempre qualche gruppo di musicisti che omaggiano quelle ambientazioni lugubri tanto care al genere. Noi non ci sentiamo di inserire i Legionem a pieno titolo in questa scena, come vengono definiti, visto che loro pescano per lo più dall’heavy metal grezzo, un po’ come i padri Black Sabbath che ispirarono tantissime formazioni doom ma che in realtà erano capaci di suonare ben altro. Basta ascoltare Proculo’s Vial e il suo rifferama per capire che i Legionem sono innanzitutto una metal band. Bella inoltre l’associazione con le tematiche horror che riscontriamo nell’opener Marco 5,1-20, ma anche in altri brani in cui la parte sinfonica prende il sopravvento (Black Chain Of Death), forse il vero sigillo che rende le ambientazioni scelte dalla band ancora più ammalianti. Un altro brano che picchia come un martello è A Pentacle, un pezzo che porta con sé tutto l’incedere sabbathiano ma sfiora anche un heavy più veloce e testardo, pur mantenendo dei suoni vecchi, potremo dire vintage e polverosi.

La produzione è un altro elemento decisamente particolare del loro sound: probabilmente di proposito i suoni risultano scarni, le registrazioni sembrano fatte in presa diretta e non vi è alcun lavoro di “pulitura” fatto in post-produzione; la chitarra è distorta ed originale, è incisa in Ipse Venena Bibas così come esce dall’amplificatore, acerba e spontanea; stesso discorso per le linee vocali. Nel complesso si tratta di un album scritto per chi ama trame oscure e riff metal grezzi risalenti ai primi anni 80; per tutti gli altri la scelta è variegata.

Autore: Legionem

Titolo Album: Ipse Venena Bibas

Anno: 2017

Casa Discografica: Black Widow Records

Genere musicale: Heavy Metal, Doom

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/legionemdoom

Membri band:

Magister Notte VIII – voce, basso, tastiere

Monk From The Terror Cathedral – chitarra

La Rosa Di Satana – batteria, voce

Tracklist:

  1. Marco 5,1-20

  2. The Bishop

  3. Albertus Albertus

  4. Proculo’s Vial

  5. Rituals In The Catacomb

  6. A Pentacle

  7. Furcas And The Philosophem

  8. Black Chain Of Death

Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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14th Gen2018

Shade Of Echoes – Shades Of Light

by Marcello Zinno

Shade Of Echoes - Shades Of LightAscoltare band emergenti è qualcosa che ci appassiona e che spesso ci fa imbattere, un po’ per caso o al termine di una ricerca estenuante, nella next big thing. Non è il caso dei Shade Of Echoes, evitiamo di far lievitare le aspettative sulla band, anche se dobbiamo ammettere che abbiamo trovato più di un elemento assolutamente degno di nota in Shades Of Light. È vero, la voce femminile pulita ed acuta di scuola nord europea è un po’ ormai trita e ritrita (ultimamente preferisco soluzioni alla Arch Enemy o alla X-Tinxion tanto per intenderci), ma Sara Signorini va sicuramente applaudita perché è molto più di una vocalist da pub, riesce ad intervenire proprio al momento giusto per valorizzare le musiche e la sua voce è davvero soave, rassicurante. Un plauso va fatto anche alle parti di chitarra: noi crediamo che la band debba continuare nella ricerca sonora perché in alcune parti (quelle di sponda più thrash) si potrebbe optare per soluzioni con maggiori muscoli e meno grezzume sonoro in modo da valorizzare il profilo compositivo, ma a parte questa nota le esecuzioni e i continui cambi si lasciano apprezzare; solismi, riff veloci, trame avvincenti, incroci con linee di basso spesso impervie (ascoltare l’inizio di Refractions o l’inizio di H. A. N. (Hide After Nature) in tapping per credere), impreziosiscono davvero questo lavoro. Questo è un punto forte degli Shade Of Echoes, il fatto che una traccia si sviluppi con un percorso arzigogolato, cambi di ambientazione, transiti di velocità molto diverse valorizza davvero le tante idee incastrate in queste tracce.

Passiamo alle note dolenti: la batteria. Non ci riferiamo alla tecnica, che c’è e apprezziamo anche la non eccessiva presenza del drummer che (anche lui) interviene davvero quando necessario, ma la produzione sonora è talmente tanto scarna che i famosi “fustini del Dixan” chiamati in causa dai fan quando fu pubblicato St. Anger dei Metallica (band comunque cara ai Nostri 4 giovani musicisti) in confronto sono del legno pregiato. Anche i suoni dei piatti e degli altri elementi ritmici restano un passo indietro quando invece dovrebbero mostrare in primis tutta la potenza sonora. Sicuramente la band avrà dovuto confrontarsi con risorse scarse per le registrazioni e sicuramente la proposta degli Shade Of Echoes esige un’attenzione sonora molto elevata, il che non aiuta. Ma loro sono solo agli inizi, sono molto giovani; a parità di idee (e quelle ci sono) possono solo che migliorare.

Autore: Shade Of Echoes

Titolo Album: Shades Of Light

Anno: 2017

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Heavy Metal, Thrash Metal

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: https://shadeofechoes.bandcamp.com

Membri band:

Sara Signorini – voce

Jacopo Nardini – chitarra

Alberto Gabrielli – basso

Matteo De Santis – batteria

Tracklist:

  1. Strive

  2. My Betrayer

  3. Disconnected

  4. Refractions

  5. H. A. N. (Hide After Nature)

  6. Fall Of Agony

  7. Reflections

Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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09th Gen2018

Katla – Móðurástin

by Trevor dei Sadist

Katla - MóðurástinDavvero molto particolare la musica dei Katla, il duo islandese propone un sound ricco di contaminazioni, confezionato fedelmente seguendo gli stilemi della musica nordica, nonostante tali sonorità ci rimandano all’olimpo del rock. Quello che ne viene fuori è un prodotto buono sia nelle intenzioni sia nella confezione, dove la produzione artistica spicca, facendo alzare l’asticella nel giudizio finale. Cori vichinghi miscelati alla new wave di ultima generazione collocano i Katla su canoni post moderni. Quello che impressiona è il “rumore” in senso buono che i nostri due artisti riescono a muovere, il tutto senza aiuto esterno, davvero un vulcano di arte. La coppia islandese mi ha lasciato a bocca aperta, specie quando mi sono imbattuto nella traccia numero tre. Natthagi figura certamente tra le mie preferite, dai sapori tanto gothic quanto dark e qui non chiedetemi il perché ma faccio fatica a non scomodare la band di Robert Smith i mai troppo citati The Cure; ma ovviamente non ci si ferma qui, i Katla sono decisi a fare le cose in grande, la loro vivacità artistica non si placa nelle riflessioni di una nevicata osservata alla finestra nel caldo di una piccola casa nell’hinterland di Reykjavik.

Con Hreggur sono arrivato a oltre metà, questa canzone di quasi dieci minuti è un’esplosione di suoni, si parte con l’apparente calma di arpeggi che si scontrano con la voce melodica di Einar, non lasciatevi ingannare i momenti rassicuranti durano poco, questi temibili ragazzacci sono già pronti alla battaglia e lo fanno attraverso riff granitici tipici della scuola heavy, l’incontro tra il sacro e il profano non stona affatto i Katla, riescono a muoversi sempre su canoni alti senza deludere mai l’ascoltatore. Kul si muove ancora tra i meandri del metal estremo grazie anche al lavoro forsennato di Guomondur alla batteria in una miscela di suoni folli, dove a giocare un ruolo di assoluta importanza ci pensano le voci. I temi tornano a farsi meditativi con la title track prima di fare spazio a Dulsmal che chiude questo disco davvero molto bello, si finisce con il rock quello che i Katla hanno arricchito con nuovi concepimenti e nuove soluzioni.

Siamo obbligati a prendere in considerazione questo progetto che arriva dalle terre del nord, credetemi non è possibile ignorare i Katla! In alto il nostro saluto!

Autore: Katla

Titolo Album: Móðurástin

Anno: 2017

Casa Discografica: Prophecy

Genere musicale: Heavy Metal, Rock, Dark

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: https://katlaiceland.bandcamp.com/

Membri band:

Guðmundur Óli Pálmason – batteria

Einar Thorberg Guðmundsson – voce, chitarra, basso

Tracklist:

  1. Aska

  2. Hyldypi

  3. Natthagi

  4. Hvila

  5. Hreggur

  6. Kul

  7. Móðurástin

  8. Dulsmal

Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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25th Dic2017

Silenzio Profondo – Silenzio Profondo

by Marcello Zinno

Silenzio Profondo - Silenzio ProfondoLa passione delle heavy metal band italiane è qualcosa di cui dobbiamo andare fieri. Vari sono i nomi che portano avanti il baluardo del metal tricolore e per fortuna dobbiamo inserirvi anche i rinati, dopo una lunga pausa, Silenzio Profondo. La band festeggia il proprio ritorno con un full-lenght dal titolo omonimo che conferma la loro intenzione di puntare su un heavy classico ma potente e su testi in lingua madre (scelte che li contraddistinguono da sempre ad eccezione dell’album Heartquake). Con loro bisogna riaprire il vecchio libro dal titolo NWOBHM e studiare la discografia di Judas Priest e Saxon, ma con una cura delle due sei corde che non è solo potenza e rabbia (fattori che negli anni 70-80 ispiravano i chitarristi di questo genere) ma anche raffinatezza e stile; ovviamente noi mandiamo in ripetizione i momenti più veloci come Fuga Dalla Morte che ha un non so che di thash metal sicuramente apprezzato dai fan dei Megadeth, e l’ultima traccia, la titletrack, una vera e propria suite di sponda Iron Maiden che attraversa varie ambientazioni finendo per costituire un testamento dell’heavy metal (britannico in primis). Un brano da lasciare ai posteri.

Un plauso va agli assoli davvero ben congegnati ed eseguiti, all’altezza di nomi ben più ingombranti e con anni e anni di musica alle spalle. La produzione presenta comunque dei suoni puliti ma avrebbe necessitato di una dose di calorie maggiore in modo da rendere ancora più muscolosi i singoli strumenti e di un mastering fatto con la massima attenzione; un esempio per tutti è Jack Daniel’s che avrebbe meritato un rullante meno incisivo a livello di suoni e una chitarra molto più in prima linea. Ma, al di là di questi aspetti, il contenuto di quest’album è davvero notevole. Che dire se non “bentornati Silenzio Profondo!”.

Autore: Silenzio Profondo

Titolo Album: Silenzio Profondo

Anno: 2017

Casa Discografica: Andromedarelix

Genere musicale: Heavy Metal

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/silenzioprofondoband

Membri band:

Maurizio “Rusty” Serafini – voce

Gianluca Molinari – chitarra

Matteo Fiaccadori – chitarra, voce

Tommaso Bianconi – basso, voce

Alessandro Diavolio – batteria

Tracklist:

  1. Senzanima

  2. A Stretto Contatto

  3. Terzo Millennio

  4. Fragile

  5. Jack Daniel’s

  6. Fuga Dalla Morte

  7. Donna Senza Testa

  8. Silenzio Profondo

Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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23rd Dic2017

Ruxt – Running Out Of Time

by Marcello Zinno

Ruxt - Running Out Of TimeIl supergruppo Ruxt sforna album a tempo di record. Nato nel 2016 e presentatosi al pubblico a fine anno con Behind The Masquerade, recensito da noi a questa pagina, realizza a distanza di meno di un anno il seguito dal titolo Running Out Of Time. Lo stile di riferimento della band non può mutare in così poco tempo ma qualche novità c’è ed è significativa nei primi brani. Nel precedente album infatti la band aveva puntato ad un hard’n’heavy dai ritmi lenti (si doveva attendere la settima traccia, Lead You Destiny, per assaggiare qualcosa di accelerato in stile Saxon) mentre questo secondo album apre subito con dei tempi veloci: la titletrack infatti non lesina in quanto a riff e ci ricorda un po’ i Queensrÿche delle origini (con Chris De Garmo alla chitarra), subito dopo si prosegue con Legacy, altro pezzo duro e dall’incedere rapido, ottantiano fino al midollo sia nello stile che nella produzione. È proprio la produzione un trademark della band che intende riproporre i suoni heavy degli anni 80 (batteria e chitarra in primis) senza “pulire” il tutto e rischiare di renderlo più moderno, scelta questa che può piacere o meno sulla base dei propri gusti personali.

In The Name Of Freedom è un pezzo che ci riporta alle composizioni di Behind The Masquerade, un brano interessante per la sua andatura epica, quel riffing tagliente che lo contraddistingue e gli inserti di tastiera tipicamente eighties (compariranno anche in My Star ma solo da contorno). Da qui si ripercorre un po’ lo stile più ragionato della band, ad eccezione di qualche momento in Leap In The Dark (dobbiamo scomodare di nuovo i Saxon); infine da citare lo spirito hard di Let Me Out, un brano indistruttibile come la roccia ma che nel bridge e nel ritornello mostra maturità compositiva oltre che anni trascorsi ad ascoltare Whitesnake et similia. Un album di heavy metal classico con il quale i Ruxt procedono per la propria strada nei solchi del passato, aggiungendo talvolta qualche bpm (con immenso piacere di Alessio Spallarossa e dei suoi fan), un album studiato per gli appassionati di quella scena che, anche tramite altri colleghi, si sta puntando a riproporre.

Autore: Ruxt

Titolo Album: Running Out Of Time

Anno: 2017

Casa Discografica: Diamonds Prod

Genere musicale: Hard Rock, Heavy Metal

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: http://www.ruxt.it

Membri band:

Matt Bernardi – voce

Stefano Galleano – chitarra

Andrea Raffaele – chitarra

Steve Vawamas – basso

Alessio Spallarossa – batteria

Tracklist:

  1. Running Out Of Time

  2. Legacy

  3. In The Name Of Freedom

  4. Everytime Everywhere

  5. Scars

  6. Leap In The Dark

  7. Let Me Out

  8. My Star

  9. Queen Of The World

  10. Heaven Or Hell

Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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