• Facebook
  • Twitter
  • RSS

RockGarage

      

Seguici anche su

        Il Rock e l'Heavy Metal come non li hai mai letti

  • Chi siamo
  • News
  • Recensioni
  • Articoli
  • Live Report
  • Foto Report
  • Interviste
  • Regolamento
  • Contatti
  • COLLABORA
14th Mag2014

Delitti Rock

by Cristian Danzo

delitti_rockQuando vidi per la prima volta sugli scaffali delle librerie Delitti Rock di Ezio Guaitamacchi mi venne subito la tentazione di comprarlo. Qualcuno forse potrà pensare che non sia un libro strettamente musicale. In realtà, e purtroppo oserei dire, la storia del rock è anche questo e va strettamente e mestamente a braccetto con morti violente e scioccanti. Decisi di fare un test. Mi decisi a comprarlo solamente se avessi trovato all’interno i fatti che tutti conosciamo su Burzum ed i Mayhem. Quando sfogliando, vidi che era presente la suddetta storia, decisi di procedere all’acquisto. Che mai fu più azzeccato. Ma perché questo test? In Italia l’editoria musicale negli ultimi anni ha preso sempre più piede. Escono tonnellate di carta e non sempre è facile orientarsi tra i volumi sul mercato. Inconsciamente ho associato il fatto che un libro commerciale e superficiale non avrebbe mai potuto contenere narrazioni della morte di Euronymous o GG Allin. Cosa che invece faceva parte di Delitti Rock. E,opinione del tutto personale, trovatemi un autore come Guaitamacchi che abbia avuto il coraggio di accostare i nomi degli dei dell’olimpo rock’n’roll (come Lennon, Hendrix o la Joplin) a fatti che ancora oggi in Italia gli intellettuali del giornalismo impegnato considerano subcultura da scarto.

Ecco il primo pregio del libro. Guaitamacchi lascia da parte lo snobismo d’élite. Certo, lo spazio occupato dai nomi che citavamo sopra è molto più ampio rispetto ad altro ma trovo che sia anche giusto così in un libro che decide di narrare i fatti violenti o traumatici e le tragedie del rock. Delitti Rock è un excursus in ordine cronologico dagli albori della nostra musica preferita di quanto gli eccessi ed il fato abbiano tolto dalla storia figure che con la loro musica ancora oggi riescono a sopravvivere ed a travalicare il tempo e la morte. Con un’avvincente prosa ed una capacità di sintesi invidiabili, l’autore ci dona un quadro completo dei fatti narrati senza stancare o dilungarsi su particolari che nulla hanno a che vedere con il contesto della narrazione. Vengono anche talvolta citati miti o leggende urbane nate intorno alla morte dei musicisti.

Delitti Rock è il rock’n’roll dal suo punto di vista più macabro e triste. Da recuperare assolutamente.

Category : Articoli
Tags : Libri
0 Comm
07th Apr2014

Stelle Deboli: la storia di Sid Vicious e Nancy Spungen

by Marcello Zinno

Libro Stelle DeboliLibri e musica. Un binomio che troppo spesso trova un unico fattor comune: la biografia. Il libro raccoglie un racconto e non potendo raccontare delle note, quasi sempre preferisce raccontare la storia di una band o di un artista. Per fortuna ci sono le eccezioni. Stelle deboli è un libro che racconta uno storia di amore di due personaggi che di amore ne hanno ricevuto poco nel corso della loro vita: Sid Vicious, inglese, bassista non-musicista dei Sex Pistols e Nancy Spungen, americana, spogliarellista non-groupie. Cosa li accomunava? Un’infanzia infelice, un odio interno che nascondeva tanto bisogno di amore, una famiglia poco presente e poco stabile, la droga ma soprattutto un destino. Quello di conoscersi, di innamorarsi, di vivere insieme e di morire l’uno per l’altra. Da qui il titolo del libro: due stelle, per certi versi celebrità del loro tempo ma sconfitte da qualcosa più grande di loro e per questo “deboli”. Un romanzo, una fiaba nera che ripercorre una storia d’amore tramite la biografia di una delle band seminali del punk (pur avendo realizzato un unico full-lenght) e non viceversa!. L’amore tra una ragazza difficile dal futuro problematico che farebbe impallidire Courtney Love (tra l’altro citata nel libro) e un ragazzaccio che non sapeva suonare tanto bene e al di là della sua immagine e della sua intransigenza poco portava alla sua band. Droga, viaggi tra Inghilterra e America, questioni legali, vincoli discografici, music business, sono solo degli elementi di contorno di un thriller, anzi in realtà due, i cui assassini non sono mai stati svelati, alimentando il mistero e il mito dei due personaggi.

Cosa ci trasmette lo scrittore? Che è impossibile capire uno senza conoscere la storia dell’altro, perchè le mille questioni della vita li avevano uniti sempre più fino a che uno (ma questa è solo una delle teorie) ha preferito morire per raggiungere l’altra, proprio come Orfeo e Euridice o Tristano e Isotta o ancora (provocatoriamente) come Romeo e Giulietta. Una storia d’amore profonda e dannata, quasi priva di sesso, che ha sicuramente influenzato il corso dei Sex Pistols fino a sancirne definitivamente lo scioglimento perchè (e questa è una nostra supposizione) una ex prostituta tossicodipendente e un giovane folgorato che a stento suonava il proprio basso erano il nocciolo duro dei Sex Pistols, del punk e più in generale della ideologia degli anni ’70 in Inghilterra.

Category : Articoli
Tags : Libri
0 Comm
12th Mar2014

Pink Floyd. The Wall. La storia dell’album capolavoro

by Cristian Danzo

Pink Floyd. The Wall. La storia dell'album capolavoroPer capire un album che ha fatto la storia ci sono tanti modi: leggerne la genesi, le interviste del tempo e quelle rilasciate a distanza di tempo, capire il contesto culturale che ha portato a partorirlo. Di certo uno dei dischi più conosciuti, venduti e che hanno lasciato un’impronta indelebile nella musica è sicuramente The Wall dei Pink Floyd. Non solo per la sua caratura artistica ma anche per lo spettacolo che quel concept generò. Uno degli show più totalizzanti che si siano mai visti che per esprimere il concetto di divisione tra la band sul palco ed il pubblico in realtà finisce per coinvolgere lo spettatore in una maniera incredibilmente straordinaria. Pink Floyd. The Wall. La storia dell’album capolavoro, edito dalle edizioni Blues Brothers nel lontano 1989 penetra in maniera affascinante gli anfratti del capolavoro di Roger Waters. Non diciamo una novità o una bestemmia affermando questo, perché la farina del sacco ce la mise tutta il bassista. Sconvolto dal tour precedente in cui sputò in faccia ad uno scatenato fan in prima fila a Montreal, Roger iniziò a ragionare sul distacco che una band può avere nella dimensione live davanti ad una marea di persone, la maggior parte delle quali completamente disinteressate all’aspetto musicale di un concerto. Il libro narra tutta la nascita del concept dopo una breve summa della carriera del mitico gruppo inglese. Attraverso l’analisi dei testi e degli aspetti tecnico musicali, The Wall viene sviscerato nei suoi più profondi anfratti, nelle sue più nascoste note, nei suoi particolari più sfuggenti.

Certamente per leggere soprattutto queste due parti (riguardanti l’analisi dei testi e della dinamica musicale), oltre ad essere un minimo efferati come musicisti bisogna anche conoscere l’album a memoria e a menadito. Ma per chi ha un culto sfrenato per il muro pinkfloydiano, questo è sicuramente un testo assolutamente basilare. Anche perché analizza quello che sarà il dopo della band e cioé il suo disfacimento. Le tensioni all’interno dei Floyd erano talmente alte e talmente portate al limite che a seguito di The Wall Roger rilascerà un altro album sotto il monicker Pink Floyd (The Final Cut, completamente suo in tutto, musica e testi) e se ne andrà via tra veleni che perdurano a tutt’oggi. Si parla anche del lungometraggio che uscì nei cinema, delle liti continue tra Waters ed il regista Alan Parker, le difficoltà nel realizzare quel mastodontico live che sembrava impresa impossibile e la tournée che ne seguì toccando solo quattro fortunate città: Dortmund, Londra, New York e Los Angeles. Proprio per sottolineare ancora di più, con quei pochi spettacoli che una band all’apogeo del successo commerciale può anche andare sul palco ad insultare tutti che a nessuno gliene frega nulla.

E qui tutte le tensioni ed i traumi di un musicista emergono in maniera esponenziale. Waters riverserà nel personaggio principale della storia, Pink, tutti i suoi traumi e le sue paure. Alcuni fatti autobiografici ed altri no ma cose che possono capitare a tutti indifferentemente. The Wall è un capolavoro. Questo libro ci aiuterà a scoprirlo.

Category : Articoli
Tags : Libri
0 Comm
04th Feb2014

Ace Frehley No Regrets

by Cristian Danzo

Ace-Frehley-No-RegretsAce Frehley annunciò questo libro come un’opera che doveva dire la sua dopo tanti anni di silenzio sul mondo Kiss. Lo spaceman avrebbe tolto la polvere dai suoi ricordi rendendoli pubblici alle masse, togliendosi molti sassolini dalle scarpe ed anche svelando tanti scheletri negli armadi. No Regrets doveva finalmente mostrare l’altra parte della verità, quella che i rimanenti newyorchesi e, soprattutto, Gene Simmons, non avevano mai avuto il coraggio di tirare fuori. In realtà, poi, finito il libro, si scopre che tutto il suo contenuto non dice poi molto di diverso da quello che si sa da anni. Certo Ace, che il sottoscritto da grande fan del Bacio ha sempre amato alla follia sia per il suo personaggio sia per il suo stile musicale, ammette candidamente di essere sempre stato una gran testa di cazzo fin da giovane. Ma come potrebbe dire il contrario quando ha rischiato la morte più volte ed in maniere che hanno dello stupido e che potevano tranquillamente essere uno degli episodi della surreale trasmissione 1000 modi per morire? Un solo esempio lampante: ad una cena con amici si mette a provare un Uzi (per chi non lo sa, trattasi di letale mitraglia israeliana) e si auto spara non accorgendosi nemmeno di essere ferito fino a che il sangue non inizia a lordargli la camicia.

Sia come sia, il buon Paul nasce nel Bronx, figlio di un manutentore della compagnia elettrica e di una tranquilla signora. Da adolescente si innamora di due cose: il rock & roll e le ragazze. Della scuola, manco per le palle. Ed entra presto a far parte di una gang locale solo per non prendere più schiaffi e pugni. Nonostante la prova di ammissione sia qualcosa che definire follia è poco: sospendersi alle travi di un ponte stile Verrazzano. Ma la follia fa parte del signor Frehley che poi lascia la vita di strada per intraprendere quella di musicista. E lui stesso dice che quella fu la sua prima salvezza. Molti dei suoi compari di banditismo sono finiti sotto terra molto prima di lui, nonostante usassero sostanze in minor quantità e meno letali. Ed eccolo intrufolarsi ai concerti, nei backstage, finendo a fare il roadie abusivo ed imparando già da lì molte cose che poi gli torneranno utili in futuro.

La storia delle scarpe di colore diverso al provino dei Kiss? Il chitarrista afferma che era in ritardo e che quindi prese due calzature al volo e se le mise senza badarci. Sicuramente, stupì tutti con il suo atteggiamento strafottente ed il suo modo di suonare. I primi concerti con il make up, i costumi, i primi tour ed il grande successo. Ed ecco che Ace mette in pratica quello che per lui è il rock: suonare e sballarsi. Con il suo compare Peter ne combina di tutti i colori. Droga, alcool e il mattino seguente calmanti ed antidolorifici per smaltire il tutto ed essere pronto a salire di nuovo sul palco. Un circolo vizioso che, nonostante ogni tot cerchi di abbandonare, finirà sempre per ritornare. E poi l’irritazione per tutto l’universo Kiss. I gadget, i giocattoli, le riunioni di lavoro, le session di registrazione. Durerà fino al 1977 quando Ace vedrà accadere qualcosa che non si aspetta: il suo album solista primo nei dati di vendita, sopra agli altri tre. Lo Spaceman torna temporaneamente soddisfatto su binari accettabili ma la cosa dura poco. Sarà il 1982 l’anno in cui lascerà la band che l’ha reso famoso nel mondo e pieno di soldi. Ace abbandona, convinto che sia il clima nei Kiss ad averlo reso sempre più tossicomane e paranoico. Colpa la frustrazione creata soprattutto da Simmons.

Ma poi Ace (e lo ammette nel libro) si accorge che la cosa non finisce, lo sballo piace a lui in qualsiasi situazione ed anche da solista non gli permette di creare. Oddio, lo fa con risultati notevoli ma piuttosto che scrivere musica preferisce oziare e rimanere rincoglionito di sostanze. E quindi ecco che i suoi album escono con il contagocce. Si perde anche in situazioni estreme come quando rischierà più volte di essere arrestato o di essere fatto secco dalla malavita per pagamenti di droga o provocazioni inutili. Il reunion tour lo coinvolge e le baruffe ricominciano. Lascia un’altra volta convinto che il suo roadie, Tommy Thayer, stia cercando di rubargli il posto. E succederà davvero ma non sarà una questione di sotterfugi. Sarà sempre il problema di un Ace che non ne vuole sapere delle regole e che vede tutti contro di lui. Dopo anni finalmente Ace si pulisce e decide di dire uno stop serio alle cazzate del suo passato. Lo dice orgoglioso alla fine del libro ammettendo che molti ricordi qui riportati sono confusi per colpa dei vuoti di memoria che le sostanze gli provocano.

Niente di scandaloso o clamoroso, quindi. Ma una narrazione eccezionale e fondamentale di una storica rockstar. Unica pecca: ancora inedito in Italia.

Category : Articoli
Tags : Libri
0 Comm
17th Dic2013

L’autobiografia di Johnny Rotten

by Cristian Danzo

Lautobiografia di Johnny RottenLeggere le dichiarazioni di alcuni protagonisti diretti della storia a distanza di anni lascia sempre stupiti. E, in alcuni casi, cambia completamente la prospettiva che ci si era fatti di come erano andate le cose. Quando Johnny Rotten afferma che il punk finì nel momento in cui tutti i figli di papà iniziarono a farsi creste e mettersi le spille da balia o che il modo di vestire che usava sul palco non derivava altro che dalla sua povertà e dal fatto di non potersi permettere vestiti nuovi, si ridimensiona abbastanza ciò che da ormai trent’anni circola quando si narra la storia di quel turbolento periodo inglese. Il signor Rotten cresce povero ma felice, adora i suoi genitori e la sua numerosa famiglia. Entra nei Sex Pistols per caso dopo un’audizione ottenuta a caso con tutti gli altri membri del gruppo che lo guardavano in cagnesco. Non risparmia parole al veleno a Malcolm McLaren che tenterà in tutti i modi di sopravvivere e mungere da quella gallina dalle uova d’oro che per caso si era trovato tra le mani. Johnny, vestito in quei modi malconci, cambierà totalmente il campionario di vestiti che Vivienne Westwood vendeva nel suo negozio. All’esplosione del punk lei virò sui vestiti usati e consunti mentre prima vendeva soprattutto materiale bondage e sado maso.

La sua vita si svolge per strada, con il sussidio sociale, le risse con i Mods, la crescente insoddisfazione di chi non ha una prospettiva per il futuro che lo porta a bighellonare. Ma ecco che la rabbia che ha dentro si fa occasione di riscatto tramite la musica capace di trasportare tutto il risentimento verso la società in quell’esplosione che sarà Nevermind The Bollocks. I problemi in seguito saranno altri. Diventerà frustrante suonare sotto falso nome perché le autorità britanniche bolleranno i Pistols come un pericolo sociale. Diventerà frustante vedere il suo amico Sid Vicious cadere nelle braccia di quella che Johnny considera una tossica perenne pronta a tutto pur di farsi e che lo trascinerà nel vortice dell’eroina, rispondente al nome di Nancy Spungen. Eppure i Pistols, avvolti di nichilismo e menefreghismo, saranno capaci di fare concerti il cui incasso verrà totalmente devoluto alle famiglie disoccupate delle località dove suonano.

E poi viene il capitolo USA, un tour che McLaren vuole con tutte le sue forze e che porterà allo scioglimento della band. Rotten aveva già capito prima di partire che non sarebbero mai tornati uniti da oltreoceano e che quella band non sarebbe mai più esistita. Lui, il ribelle per natura, non sopportava più i diktat del loro manager. Johnny si rifiuta di andare in Sud America da un famoso gangster insieme agli altri e viene definitivamente estromesso dalla band senza poter parlare con Paul Cook e Glen Matlock che seguiranno McLaren senza pensare che li avrebbe trombati alla grande. Intanto Sid si perde per le strade americane e finirà come è noto a tutti. Rotten poi va avanti come gli pare, fonda i Public Image Limited, fa quello che vuole. Ci saranno reunion tour fatti solo per soldi e questo non viene mai nascosto. Il signore che urlava “I am an Antichrist” e amava la sua famiglia e la sua irlandesità, che odiava a morte chi era ricco e aveva iniziato a vestirsi come lui, che non si era mai vergognato di invitare i suoi amici rivoluzionari a mangiare a casa la torta della mamma con la mamma lì presente.

Forse la vera rivoluzione stava in questo. E molte cose che si leggono sommariamente in giro, vengono sensibilmente ridimensionate grazie a questa incredibile autobiografia.

Category : Articoli
Tags : Libri
0 Comm
02nd Dic2013

Iron Maiden – Le origini del mito

by Cristian Danzo

Iron Maiden le origini del mitoA metà anni ’70 il genere che dominava in Inghilterra era sicuramente il punk. Ma c’erano ragazzi che di quel movimento non avevano mai fatto parte e non ci si riconoscevano per niente. Questa minoranza era più orientata verso il rock classico e l’hard rock in generale. In questo gruppo di persone un giovane di nome Steve Harris decise di fondare una band che avrebbe suonato un heavy metal molto pesante e basato soprattutto sul basso come strumento su cui porre l’attenzione. La regola principale, soprattutto, a cui attenersi era la seguente: la band veniva prima di tutto. Alcool, droghe, amici, parenti una volta entrati a far parte del gruppo, non dovevano danneggiare né inficiare gli impegni dei musicisti. Queste erano le caratteristiche principali della creatura di Steve Harris che corrispondeva al nome di Iron Maiden. Questo nome che muoveva i primi passi nell’underground musicale inglese, avrebbe segnato indelebilmente la storia del rock negli anni a venire. Dopo i primi periodi di concerti in locali semivuoti e sperduti nel nulla (ai tempi erano scritturate, salvo in rari casi, solo band punk) e cambi ed assestamenti di formazione, i cinque musicisti che componevano la line up della “Vergine di Ferro”, decisero di entrare in studio per realizzare il loro primo demo, The Soundhouse Tape. Mentre il punk tirava i suoi ultimi sospiri a livello mainstream, la EMI notò che gli Iron avevano venduto un sacco di copie del loro demo per corrispondenza. Decise di scritturarli con un grande rischio commerciale, ripagato sia dal successo dei primi due album che, soprattutto, dal clamoroso primo posto raggiunto nel 1982 con quella perla che risponde al titolo di The Number Of The Beast, vero caposaldo dell’heavy metal. La cocciutaggine di Harris durante tutto il periodo in cui solo lui credeva nella sua creatura veniva finalmente premiata dal pubblico di tutto il mondo. E trascinava dietro di sé anche altri gruppi minori in quel movimento musicale che venne definito New Wave Of British Heavy Metal.

E nel 1984 i cinque inglesi conquistarono gli Stati Uniti pubblicando Powerslave, un disco perfetto ed imbarcandosi in un tour mondiale che durerà ben 331 giorni e che registrerà 187 concerti. Questo tour de force creerà la prima dipartita veramente importante per i Maiden, quella di Adrian Smith che abbandonerà nel 1988 dopo il tour a supporto di Seventh Son Of A Seventh Son. Nel libro si viene finalmente a sapere che il chitarrista se ne andò non per screzi personali con gli altri membri o per velleità solistiche ma perché già dal tour del 1984 non riusciva più a gestire la lontananza da casa e l’essere sempre in giro per il mondo senza sosta. E questo andava a scapito della regola inderogabile degli Iron: prima la band, poi tutto il resto. I protagonisti della storia, anche minori, vengono intervistati per ricostruire con ogni punto di vista le tappe che negli anni Harris & Co. hanno percorso per arrivare a scrivere il loro nome nell’empireo del rock. Si viene così a sapere che Clive Burr fu defenestrato a causa della sua ubriachezza sempre più frequente che gli impediva di rendere al 100% durante i live e che, in alcuni casi, rischiò addirittura di far saltare alcuni show. Mentre Dickinson ci racconta della sua entrata nei Maiden, del suo stile completamente diverso dal precedente cantante Paul Di Anno e del perché il suo ex compagno nei Samson, Thunderstick, non riuscì a prendere posto dietro le pelli all’abbandono di Burr. Sostanzialmente, il drummer famoso nell’ambiente per il fatto di suonare dal vivo con una maschera di lattice sado maso che ne celava il volto, non fu preso in considerazione perché Dickinson svelò che in sala prove il musicista mascherato passava tutto il suo tempo a sballarsi di erba e hashish.

Ugualmente Paul Di Anno, nonostante le sue dichiarazioni tuttora al veleno, avendo problemi alla voce ed alla gola dopo i primi tour a livello mondiale, fu estromesso perché creava con questi scompensi danno alla band che invece aveva impegni inderogabili da affrontare. Certamente Steve Harris non fu mai tenero nel concedere pause o disattenzioni verso i Maiden ma senza questi atteggiamenti di certo la band non sarebbe mai arrivata a ricoprire il suo posto nella storia ed entrare con la sua musica e la sua iconografia nel mondo del rock e del metal. Lo svela anche questa pubblicazione. È l’unica biografia ufficiale riconosciuta da Harris circolante sul mercato ad avere la sua approvazione e la sua benedizione.

Category : Articoli
Tags : Libri
0 Comm
07th Nov2013

Kiss Gene Simmons: L’autobiografia

by Cristian Danzo

Kiss Gene Simmons L'autobiografiaGene Simmons: o lo si ama o lo si odia, come i Kiss. La maggior parte dei suoi detrattori pensa che sia un bassista veramente mediocre, una persona piena di sé che ha fatto successo solo per il suo trucco ed il suo personaggio con la lingua chilometrica. Da fan sfegatato dei Kiss posso affermere tranquillamente alcune cose. Simmons non è per niente un bassista mediocre. Certo non è Jaco Pastorius ma basta ascoltare i primi album del “bacio”, quando se la suonava davvero alla grande ed il suo basso risaltava bene nelle registrazioni in studio. In quanto ad avidità e boria, sicuramente, il nostro raggiunge livelli davvero molto alti e difficilmente eguagliabili. Ma quale rockstar non è piena di sé? Basta girare l’angolo della strada per trovare uno che si crede Dio sceso in Terra. Ma non è detto che questo vada ad inficiare il suo lavoro. Di certo il signore in questione non ebbe per niente un’infanzia felice. Figlio di un’ebrea ungherese scampata miracolosamente al campo di concentramento e all’Olocausto e nato ad Haifa quando lo stato d’Israele era appena stato fondato, fu abbandonato dal padre all’età di 3 anni. Nemmeno si chiamava Gene: il suo nome di battesimo era Chaim Witz. Avendo dei parenti negli Stati Uniti, sua madre con il piccolo decise di emigrare per poter vivere in condizioni almeno dignitose. Fu per l’abbandono di suo padre che appena poté il Demone cambiò nome in Eugene Klein. Da lì in poi si tratta di un bambino che scopre New York, i suoi grattacieli, il cinema, la televisione, i supereroi e, soprattutto, una sera nel salotto di casa sul tubo catodico appaiono quattro individui tutti pettinati e vestiti allo stesso modo che suonano mandando in estasi le ragazzine urlanti: sono i Beatles. Il background culturale di Gene nello sviluppo dei Kiss e del suo personaggio all’interno della band sta tutto qui. Ma ovviamente lui ancora non lo sa.

Così il ragazzone al liceo inizia a suonare in alcune band, a disegnare copertine per fanzine e a comprare fumetti per pochi spiccioli e rivenderli a prezzi di mercato. Ecco apparire il Simmons con un fiuto per gli affari madornale e una gestione da impresa delle sue cose. Tant’è vero che ogni volta che metterà su una band anche amatoriale, redigerà contratti ufficiali battuti a macchina. Anche se assomiglia al fratello illegittimo di Adriano Celentano piuttosto che ad uno scafato rocker, Gene si innamora del fare musica e di tutte le ragazze che gli passano accanto. L’incontro che gli cambierà la vita avverrà quando si stuferà di suonare cover e gli presenteranno un altro ragazzo che compone musica tutta sua, un certo Stanley Eisen. Nascono i Wicked Lester una band con un’idea precisa: i suoi componenti devono tutti assomigliarsi fisicamente, fare rock duro e letteralmente shockare il pubblico. Reclutano un batterista, Peter Criscuola, di origini italiane e con uno stile al limite della malavita. Dopo avere affittato un loft nel Queens e accortisi che come trio la cosa non girava, misero un annuncio sul Village Voice, una rivista che circolava nella grande mela. Ecco presentarsi centinaia di candidati per il ruolo di chitarra solista. Ed ecco apparire un dinoccolato ragazzo con una scarpa arancione ed una rossa che risponde al nome di Paul Frehley. Il puzzle è completo e nascono i Kiss.

I primi anni sono durissimi sempre tra concerti in locali infimi e poi in giro per il Nord America, dopo aver firmato un contratto con la Casablanca Records, acquistando file di fan per le loro performance live estreme, tant’è che il buon Simmons racconta che dopo un certo periodo nessuno voleva più i Kiss come opening act. E poi l’esplosione a livello mondiale con Alive!, lo storico album dal vivo che rivoluzionò il modo di concepire i concerti. Simmons racconta di come la casa discografica non volesse realizzare un live album che in quel periodo era considerata una cosa fuori moda, soprattutto per una band che non aveva venduto tantissimo dei tre precedenti dischi in studio. Eppure il “lingua lunga” aveva ragione. Il suo era un assioma semplice: se non vendiamo tanto in studio ma dal vivo facciamo soldout e mandiamo in visibilio le persone perché non portare l’esperienza su disco? Infatti poco dopo Alive! fu doppio platino.

Tra il successo che cresce e che porta i Kiss ad essere uno dei gruppi più famosi del mondo e le infinite donne che passano dal suo letto, Gene parla anche di come iniziò a gestire la cosa. Lui ha sempre visto i Kiss non solo come musica ma come un universo che poteva spaziare nel cinema, nel fumetto e nei giocattoli. E qui, a sorpresa, il Nostro narra di come si rese conto, ad un certo punto, che forse si era andati troppo in là, accorgendosi che i bambini erano le facce più presenti ai concerti rispetto alle persone adulte. Strano per lui fare un ragionamento del genere visto che i dollari continuavano a infilarsi nelle tasche dei Nostri come un fiume in piena. Ed è stupefacente sentirlo dire che aveva lasciato da parte la band dopo il suo trasferimento a Los Angeles e le proposte di fare cinema. Simmons letteralmente ci svela che frequentare tutti quei vip gli fece aumentare il suo già immenso ego a scapito della sua creatura originaria. E meno male che tornò alle origini rendendosi conto di essere uno scarso attore e di non essere onnipotente. Glielo ricordò anche la morte improvvisa di Eric Carr.

Le pagine del libro ci svelano inoltre i suoi pensieri riguardo a Peter Criss ed Ace Frehley. I problemi e gli abusi dei due sono noti a tutti da anni ormai ma le differenze tra Catman e Spaceman emergono nettamente nei giudizi di Simmons. Il batterista viene fondamentalmente descritto come un bullo di quartiere che minaccia a voce ma poi non arriva mai a concretizzare le sue parole, uno che non è mai cresciuto e che crede sempre che l’arroganza e gli eccessi usati in strada da giovane funzionino ovunque. Insomma, forse stupirà, ma Peter viene descritto come un odioso coglione. Ace invece viene descritto come persona intelligentissima e di gran talento ma pigro oltre che schiavo dei vizi che antepone ai suoi doveri verso la band. Gene ha parole di lode verso lo Spaceman, uno sorta di fratello minore scapestrato che non sfrutta a fondo le sue possibilità. Tant’è che quando Criss fu allontanato fu una decisione irrevocabile, mentre con Ace ci fu una lunga mediazione per convincerlo a rimanere.

Uno dei passi più emozionanti è sicuramente quando Gene racconta della reunion dei Kiss e di come venne annunciata. Vestiti e truccati come 30 anni prima, si presentarono al fianco di Tupac che doveva premiare, semplicemente questo. Il primo ad alzarsi fu Eddie Vedder. Poi tutti gli altri che scoppiarono in un boato. La parte invece più noiosa è la narrazione dell’innamoramento da parte del nostro della sua compagna (a tutt’oggi) Shannon Tweed. Un libro prezioso per i fan e per i detrattori. Che potranno odiarlo, così, ancora di più.

Category : Articoli
Tags : Libri
0 Comm
22nd Ott2013

The Dirt (Mötley Crüe)

by Cristian Danzo

TD_C2.inddPremetto subito che questo libro lo ordinai dagli Stati Uniti per un semplice motivo: la prima edizione italiana a cura della Sperling & Kupfer non era integrale. Probabilmente per i fini palati italici certe parti erano troppo sopra le righe, ma parlando dei Crüe alla fine cosa credevano di dover pubblicare? Non di certo il “Manuale delle giovani marmotte”. Finalmente la Tsunami edizioni lo riedita per il mercato italiano privo di qualsivoglia taglio. Uno dei pregi più grandi di The Dirt sta nel fatto che i quattro Mötley narrano in prima persona gli eventi della loro vita che li hanno portati poi ad imbracciare gli strumenti musicali e dare origine a questo mostro ambulante. Già, proprio così, mostro. Sicuramente in ambito hard rock negli anni ’80 non esisteva nessuna band così sopra le righe soprattutto fuori dal palco. Si parte proprio dall’infanzia di Nikki, Vince, Tommy e Mick. Perché per capire i tormenti e gli atteggiamenti che affliggevano il combo californiano è necessario indagare le basi su cui si sono formate le loro personalità. Soprattutto Nikki Sixx. Abbandonato e sempre rifiutato dal padre, con una madre depressa e afflitta da varie dipendenze, al di là dell’atteggiamento spavaldo mostrato anche in gioventù si viene in realtà a scoprire che il bassista andava a riempire con la musica e, soprattutto, con sostanze di ogni tipo il vuoto che si era sempre portato dentro. Dagli inizi in un appartamento di Los Angeles sempre teatro di alcol, droghe, scopate, spazzatura e sporcizia fino all’incredibile successo planetario raggiunto con quell’album perfetto che risponde al titolo di Dr. Feelgood, all’esaurimento di quel tour infinito che registrava sold out ovunque arrivasse, all’allontanamento violento di Vince Neil. Tutto questo è racchiuso nelle pagine di The Dirt.

Alcuni passi sono molto curiosi. Ad esempio Nikki Sixx racconta che mentre componeva Shout At The Devil dovette cambiare alcuni testi delle canzoni poiché strani eventi soprannaturali stavano succedendo nella casa in cui lui e Lita Ford, la sua fidanzata dei tempi, vivevano. Erano terrorizzati e convinti che il tutto si stesse verificando perché il bassista studiava la magia nera e l’occulto visto che il disco doveva affrontare quelle tematiche. Oppure leggere di un Tommy Lee completamente succube e disperato per l’abbandono da parte di Pamela Anderson. È abbastanza sconcertante e sorprendente vedere come un menefreghista che si è passato nella sua vita non si sa nemmeno quante ragazze possa ridursi per quello che ai tempi considerava l’amore eterno della sua vita. Per il resto i Crüe parlano a ruota libera in maniera molto aperta dell’odio che provavano l’uno per l’altro, del fatto che Nikki e Tommy fossero uniti non per un’amicizia sincera ma solamente perché erano quelli che si facevano di eroina. Addirittura si rimane sbalorditi quando Sixx afferma che Girls, girls, girls è un album di merda tenuto a galla solo dai due singoli e dal fatto che la band si trovasse sulla cresta dell’onda e il tutto per colpa sua, non in grado di comporre, in quel periodo in cui lui pensava solo a farsi e a come reperire continuamente droga. Cosa che lo porterà ad un passo dalla morte e che sfocerà nella sua convinzione di ripulirsi completamente, generando poi Dr. Feelgood.

Sicuramente i momenti più drammatici ed emotivi del libro sono le pagine che narrano della malattia e morte di Skylar, la figlia di Vince Neil scomparsa a soli 4 anni per un tumore che si era diffuso in tutto il corpo. Il biondo cantante racconta delle terapie, le numerose operazioni subite, le giornate intere passate negli ospedali. Ed anche la morte di Razzle, il batterista degli Hanoi Rocks, provocata sempre da Neil che, alla guida della sua auto e completamente ubriaco, stava andando a comprare altre bottiglie in compagnia del suo amico. Neil a quel punto, in vista del tour di Theatre Of Pain e con un’accusa di omicidio che pendeva sulla sua testa, con il rischio di una pena carceraria elevatissima, venne abbandonato dagli altri che lo vedevano come causa di un eventuale tour sospeso e quindi della fine della carriera dei Crüe. L’unico a parlare anche dell’aspetto musicale è Mick Mars che fin dall’inizio era l’unico dei quattro a concepire la band non come un modo per fare bagordi e sesso (non che il chitarrista si sia risparmiato sotto questo punto di vista, anzi) ma come la via per mantenersi e per fare musica e per rivalersi contro chi fin da bambino lo considerava uno sgorbio a causa della sua malattia alle ossa ultradolorosa che non aveva cura e che gli causava non pochi problemi di postura, deambulazione e aspetto.

Un grandissimo libro da gustare fino all’ultima pagina. Per comprendere l’universo Mötley Crüe e calarsi interamente nella storia della band più oltraggiosa del mondo.

Category : Articoli
Tags : Libri
0 Comm
25th Set2013

Led Zeppelin – La storia orale: il libro

by Giuseppe Celano

Di libri sui Led Zeppelin ne sono stati scritti un numero consistente, a partire dal celeberrimo Hammer Of The Gods fino a quest’ultimo Led Zeppelin – La storia orale, licenziato da Barney Hopkins e uscito per l’attenta casa editrice Arcana. Cosa dire sulla band che ha polverizzato tutti i maggiori record del mondo (musicale) stabilendone di nuovi e a quanto pare inarrivabili? Cos’altro c’è d’aggiungere sui mitici concerti di più di 4 ore, sulle quantità spropositate di droghe assunte, sulle innumerevoli groupie che si contendevano le quattro menti (forse sarebbe meglio dire corpi) geniali che la fortuna aveva messo insieme per puro caso? Niente che non sia stato già detto in varie salse. La differenza con gli altri lavori sta nella capacità di Hopkins di fotografare su carta le opinioni spesso contrastanti degli addetti ai lavori, dei conoscenti, degli amici e di quelle figure chiave che dietro lo Starship hanno reso possibile questo mitico volo. Da Ahmet Ertgun a Peter Grant (vero quinto membro della band) passando per il poco raccomandabile tour manager Richard Cole fino al temibile Bindon, Barney scava profondamente nella psiche dei narratori ricavando uno squarcio quanto più fedele a ciò che veramente successe in quegli anni. Si va dalle sbornie micidiali che trasformavano John Bonham nell’incontrollabile “bestia” alle quantità di cocaina tirate su da Grant con un mestolo, dal rapporto di Jimmy Page con il magico mondo di Aleister Crowley alla sua dipendenza da eroina “gentilmente” offertagli da Keith Richards. Lo scrittore arriva dove gli altri si erano bloccati fornendo un quadro completo del mondo zeppeliniano e dell’estenuante vita in tour, dalle minacce di morte alla paranoia assoluta del tour americano del 1975 che già il buon Stephen Davis ha descritto nella sua ultima fatica.

Immancabili i passaggi della morte di Karac, figlio di Plant, dell’incidente a Rodi e del ritrovamento del cadavere di Bonzo nella casa di Page. Ma c’è molto altro, l’interessantissima descrizione di ciò che era il blues in divenire in Inghilterra, partendo dal 1964 fino allo zenith dello stesso per come lo conosciamo ora. Non manca anche la fase successiva allo scioglimento della band, le sporadiche reunion, i progetti collaterali naufragati per vecchi rancori e conflitti fra ego spropositati, le ferite mai rimarginate fra Page e Plant e l’immancabile serie di motivazioni, più o meno valide, per cui la reunion con tour mondiale non è mai andata in porto. In quasi 500 pagine raccontate dai fortunati testimoni di quella che nel 1973 senza ombra di dubbio era e rimarrà la più grande rock band del mondo, troverete squarci emozionanti, passaggi che vi lasceranno a dir poco basiti e altri che vi faranno piombare in un mondo magico di cui avreste voluto esser parte integrante, anche per un solo giorno. Imperdibile!

 

Autore: Barney Hopkins
Arcana Editrice
2013

Category : Articoli
Tags : Libri
0 Comm
25th Giu2013

La musica è il mio radar: il libro

by Marcello Zinno

Esistono molti libri sulla musica. Tanti trattano biografie, altri sono dei diari degli artisti, altri raccolgono tutti i testi di una band ed altri ancora sono delle vere e proprie classifiche degli album più influenti di un certo genere. Chissà per quale motivo esistono però pochi libri che mescolano la musica in racconti diversi, libri che parlano di persone che nella propria vita hanno “vissuto” la musica e sentono il bisogno di condividerla. Non parliamo di un fan che al concerto della band X ha atteso una giornata intera fuori alla venue per provare l’orgoglio di essere attaccato alla transenna o chi per fortuna o per capacità ha afferrato una bacchetta lanciata dal proprio drummer preferito. Ci riferiamo a racconti normali, di gente comune, per cui in un istante, in un periodo o nel corso della propria intera vita, la musica ha rappresentato qualcosa di veramente importante. Non musicisti, non operatori del music business, ma semplici ascoltatori che sono stati in grado di cogliere le emozioni da una certa canzone e farle proprie per sempre. Questa l’idea di Massimiliano Nuzzolo che ha raccolto una preziosa rosa di amici scrittori e ha dato spazio a ciascuno per un personale racconto in cui, anche se a prima vista non sembra, la musica vive un ruolo centrale.

I racconti sono i più disparati: si va da Ugo Sette e la sua passione per il walkman rigorosamente di marca a Raul Montanari e il progressive rock con i suoi attacchi di panico, o ancora da Federica De Paolis e il suo antagonismo emozionale con Francesco De Gregori e l’immancabile citazione del vinile e del suo splendore per Richard Blandford. Il libro, dal titolo La Musica È Il Mio Radar, si legge con un sorriso tra le labbra e in molti racconti si possono trovare eventi che sono accaduti anche a noi o un certo artista che ha suscitato le stesse emozioni anche nella nostra vita. Bellissimo il racconto di Renzo Di Renzo che si immedesima negli scomodi panni di una ragazza omosessuale a cui la vita ha portato via la sua compagna, ma più di tutti colpisce il racconto di Gianluca Morozzi che prende in prestito la discografia dei Diaframma per raccontare la sua vita, dal primo album acquistato al negozio Nannucci di Bologna (che bei tempi quando c’era…) ai viaggi in auto fino agli amori vagabondi. Interessante anche la storia dello stesso Massimiliano che unisce ricordi e racconti bellici (sacro) con la vita di una sveglia (profano) riuscendo a far convivere umori e stati d’animo completamente differenti.

Un classico libro da leggere a puntate in cui ogni scrittore ha il suo affascinante stile e la sua favola. A noi sono piaciute anche la “grunge-story” di Tommaso Pincio, la bellissima metafora tra vita e album di Federico Moccia, la visione del rock e del punk di Marco Di Marco che avrebbe molto da insegnare a tanti redattori, discografici e genitori. La Musica È Il Mio Radar è pubblicato in collaborazione con AMREF le cui royalty sono devolute a quest’associazione che contribuisce allo sviluppo socio-sanitario dell’Africa da oltre 50 anni (al seguente link il sito web di AMREF). Un ottimo esempio di come la musica possa aiutare spiritualmente e materialmente le persone tutte e noi non possiamo far altro che sostenere questa causa.

Category : Articoli
Tags : Libri
1 Comm
Pagine:«123456
« Pagina precedente
  • Cerca in RockGarage

  • Rockgarage Card

  • Calendario Eventi
  • Le novità

    • At First – Deadline
    • Rainbow Bridge – Unlock
    • Typhus – Mass Produced Perfection
    • Hybridized – Hybridized
    • Methodica – Clockworks
  • I Classici

    • Quiet Riot – Alive And Well
    • Pallas – XXV
    • Offlaga Disco Pax – Socialismo Tascabile (Prove Tecniche Di Trasmissione)
    • Mountain – Masters Of War
    • King’s X – XV
  • Login

    • Accedi
  • Argomenti

    Album del passato Alternative Metal Alternative Rock Avant-garde Black metal Cantautorale Crossover Death metal Doom Electro Rock Folk Garage Glam Gothic Grunge Hardcore Hard N' Heavy Hard Rock Heavy Metal Indie Rock Industrial KISS Libri Marillion Metalcore Motorpsycho Motörhead New Wave Nu metal Nuove uscite Post-metal Post-punk Post-rock Power metal Progressive Psichedelia Punk Punk Rock Radio Rock Rock'N'Roll Rock Blues Stoner Thrash metal Uriah Heep
Theme by Towfiq I.
Login

Lost your password?

Reset Password

Log in