• Facebook
  • Twitter
  • RSS

RockGarage

      

Seguici anche su

        Il Rock e l'Heavy Metal come non li hai mai letti

  • Chi siamo
  • News
  • Recensioni
  • Articoli
  • Live Report
  • Foto Report
  • Interviste
  • Regolamento
  • Contatti
  • COLLABORA
27th Ago2018

Settle Your Scores – Better Luck Tomorrow

by Marcello Zinno

Settle Your Scores - Better Luck TomorrowIl primo album degli americani Settle Your Scores non è rimasto figlio unico, i ragazzi infatti tornano con un seguito discografico e non lo fanno nemmeno dopo molto tempo dall’esordio. Better Luck Tomorrow è un album dalla doppia anima: nei SYS infatti c’è una marcata matrice pop punk, principalmente presentata dalle linee vocali di Christian Fisher che rende alcune parti molto orecchiabili, ma c’è anche uno spirito fortemente metalcore, sia per riffing che per lo screaming che accompagna in alcuni brani. Provate ad ascoltare brani come Dead Man Stalking e capirete che è difficile inquadrare la band come una pop punk band, molto più corretto inserirli nel filone del metalcore; questo è sicuramente un fattore vincente in quanto la band è in grado di approdare facilmente ai metalhead, cosa che invece una nuova realtà pop punk farebbe più fatica ad ottenere; convince anche noi questa scelta stilistica perché rende più policromatica la proposta. Il contrario di Dead Man Stalking è la successiva Keep Your Chin Up And Your Expectations Down, brano pop-punk fino al midollo come anche altre tracce della tracklist.

Un pezzo molto interessante è Zero Hour che presenta un chorus molto orecchiabile anche se noi restiamo a bocca aperta per il bridge strumentale sul finire. Stesso approccio variegato compare anche in Rise / Fall brano che possiede una strofa molto potente e al contrario un ritornello molto più accessibile, quasi nu metal. Stuck In The Suburbs, Your Teeth Vs. The Pavement sono alcol puro per gli amanti del metalcore e va sottolineato che c’è anche una buona preparazione tecnica dietro i riff, parliamo principalmente delle due chitarre i cui ruoli sono molto ben studiati ed eseguiti. Bello l’artwork che mette insieme una serie di stereotipi legati alla sfiga e che ben rispondono al titolo Better Luck Tomorrow. Album assolutamente promosso e se dovessimo consigliarlo ad una delle due schiere di fan prima citate sicuramente propenderemo per gli amanti del metalcore.

Autore: Settle Your Scores

Titolo Album: Better Luck Tomorrow

Anno: 2018

Casa Discografica: SharpTone Records

Genere musicale: Metalcore, Pop Punk

Voto: 7,25

Tipo: CD

Sito web: http://settleyourscores.bandcamp.com

Membri band:

Christian Fisher – voce

Ricky Uhlenbrock – chitarra, voce

Patrick Bryant – chitarra

Jeffrey Borer – basso

Caleb Smith – batteria

Tracklist:

  1. On The Count Of Three

  2. Zero Hour

  3. Growing Pains & Throwing Blame

  4. Dead Man Stalking

  5. Keep Your Chin Up And Your Expectations Down

  6. Stuck In The Suburbs

  7. Rise / Fall

  8. Off & On

  9. No Ragrets

  10. Your Teeth Vs. The Pavement

  11. Valar Morghulis

  12. My Reason To Come Back Home

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
0 Comm
25th Giu2018

Avenged Sevenfold – The Stage (deluxe edition)

by Marcello Zinno

Avenged Sevenfold - The Stage (deluxe edition)Gli Avenged Sevenfol hanno subìto una evoluzione nel corso degli anni. È assolutamente giustificato il fatto che una formazione in attività da quasi due decadi, che ha perso tristemente il batterista storico e ha visto il singer cambiare in parte il proprio stile anche a seguito di problemi alle corde vocali, abbia cambiato pelle. Il vero tema è in cosa e in quale direzione sono cambiati. Per fortuna, secondo noi, gli A7X sono rimasti ancorati alle loro radici metal ma hanno adeguato il loro stile compositivo al numero sempre più vasto di fan che ha acquisito negli anni. Anche in questo The Stage, che supera i 70 minuti di musica, compaiono momenti che hanno un impatto metal non indifferente: in questo Paradigm, God Damn, e Higher sono i brani che più di tutti regalano gioia sia ai fan della prima ora sia a chi si aspetta sempre più muscoli dal combo californiano. Apice orgasmico è l’ultima Exist, che inizia come una strumentale che molte thrash prog metal band di livello internazionale possono solo sognare e poi procede con una parte cantata e più “controllata” finendo per superare i 15 minuti…una suite in tutti i sensi. Bellissima.

Le composizioni però non seguono tutte questa stregua, in Sunny Disposition ad esempio il songwriting (strofa) sembra essere stato pensato per valorizzare le linee vocali, anche se compare un bridge con fiati molto interessante. Un interessante esercizio è Creating God, brano che opta per tempi diversi e che sembra far assumere al quintetto un piglio più crossover; da segnalare anche Simulation che fonde le diverse anime del sound A7X, anche qui con un intermezzo tutt’altro che banale. Uno dei momenti più belli a parer nostro è Fermi Paradox in cui tecnica e musicalità si prendono a braccetto mostrando che la band è in forma e regge il paragone delle giovani formazioni che si stanno facendo spazio nella scena. The Stage è caratterizzato da brani in generale molto lunghi e qualcuno storcerà il naso per questo, seppur va detto che le parti strumentali possiedono sempre un grosso spessore tecnico ed un’interessante esecuzione.

Nella versione deluxe dell’uscita è presente anche un secondo CD, un divertissement che incluse brani diversi e alcune cover: si passa dalle influenze messicane di Malaguena Salerosa alle numerose cover tra cui citiamo il punk rock di Runaway, il tutto arricchito dalle versioni live di brani inclusi in The Stage e registrati in una delle loro date londinesi. I ragazzi sanno benissimo che per meritare il loro seguito devono offrire sempre di più ai fan e possiamo dire che con The Stage, anche in questa versione deluxe, chi li conosce non resterà deluso.

Autore: Avenged Sevenfold

Titolo Album: The Stage (deluxe edition)

Anno: 2017

Casa Discografica: Capitol Records

Genere musicale: Metalcore

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.avengedsevenfold.com

Membri band:

M. Shadows – voce

Synyster Gates – chitarra, voce

Zacky Vengeance – chitarra, voce

Johnny Christ – basso, voce

Brooks Wackerman – batteria

Tracklist:

Disc 1

  1. The Stage

  2. Paradigm

  3. Sunny Disposition

  4. God Damn

  5. Creating God

  6. Angels

  7. Simulation

  8. Higher

  9. Roman Sky

  10. Fermi Paradox

  11. Exist

Disc 2 (deluxe)

  1. Dose

  2. Retrovertigo (cover Mr. Bungle)

  3. Malagueña Salerosa

  4. Runaway (feat. Warren Fitzgerald) (cover Del Shannon)

  5. As Tears Go By (cover Rolling Stones)

  6. Wish You Were Here (cover Pink Floyd)

  7. God Only Knows (cover The Beach Boys)

  8. The Stage (Live from London)

  9. Paradigm (Live from London)

  10. Sunny Disposition (Live from London)

  11. God Damn (Live from London)

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
0 Comm
01st Mag2018

We Came As Romans – Cold Like War

by Trevor dei Sadist

We Came As Romans - Cold Like WarArrivano da Detroit, We Came As Romans è il moniker di questa band dedita a un energico metalcore, contaminato da suoni electro, synth e arrangiamenti ricercati che vengono fuori dopo la prima ondata che ha fatto la storia del genere. Come di consueto il metalcore, anche quello dei We Came As Romans, è ricco di melodia nonostante i riff restino comunque molto aggressivi come nel caso della title track Cold Like War, prima di lasciare appunto spazio al chorus dove a farla da padrone è la melodia, capace in questo caso di farsi spazio con prepotenza nella testa dell’ascoltatore. Il sound della band è tipicamente oltreoceano, credo che in generale questo genere di musica ha fatto fortuna negli States e in tutta onestà le produzioni a stelle e strisce hanno qualcosa in più, sia musicalmente sia in termini di produzione artistica, dove i suoni rendono giustizia ora nei momenti più robusti e nell’esaltare le linee melodiche. Mi sta convincendo questo Cold Like War nonostante non sia di certo un fan del genere, tuttavia la buona produzione e il mestiere di ogni musicista fanno essere questo full-lenght più che apprezzabile.

Il genere è questo e la band dei We Came As Romans lo conferma molto bene, tutti i musicisti possiedono un’ottima tecnica, un voto in più per la prestazione di Dave Stephens, cantante che con scioltezza passa da scream temibili a pura melodia, senza cadute di stile. Prima di chiudere c’è spazio anche per un momento sdolcinato sulle note di Promise Me. Non ho apprezzato questa chiusura troppo “commerciale” e già sentita, questo però non sminuisce la buona prestazione. In conclusione se amate questo tipo di sound fate vostro il disco in questione, sono certo che non ve ne pentirete. In alto il nostro saluto!

Autore: We Came As Romans

Titolo Album: Cold Like War

Anno: 2017

Casa Discografica: SharpTone Records

Genere musicale: Metalcore

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://wecameasromans.com/

Membri band:

Dave Stephens – voce

Kyle Pavone – tastiere, synth

Joshua Moore – chitarra, voce

Lou Cotton – chitarra

Andy Glass – basso

David Puckett – batteria

Tracklist:

  1. Vultures With Clipped Wings

  2. Cold Like War

  3. Two Hands

  4. Lost In The Moment

  5. Foreign Fire

  6. Wasted Age

  7. Encoder

  8. If There’s Nthing To See

  9. Promise Me

  10. Learning To Survive

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
0 Comm
05th Apr2018

Of Mice & Men – Defy

by Igor Cuvertino

Of Mice & Men - DefyIl quinto lavoro in studio degli Of Mice & Men ha una bella responsabilità. Cioè quella di dimostrare di poter reggere il contraccolpo della partenza del frontman e fondatore, il carismatico Austin Carlile. Diviso tra problemi di salute e incomprensioni con il resto del gruppo, Austin lascia la band a fine 2016. Risultato? Pressoché lo stesso. Nel nuovo disco, cosi come nel singolo pilota Unbreakable (rilasciato ad aprile 2017) quasi non si percepisce l’assenza del quinto membro. Aaron Pauley si prende l’intero palcoscenico dimostrando personalità e duttilità nel passare dal suo ormai classico pulito, allo scream più spietato. La formula ben consolidata del fortunato disco Restoring Force non viene quasi intaccata. I pezzi sono un susseguirsi di riffoni muscolari, ritornelli puliti e di classici stop&go a cui i californiani ci hanno abituato, con veramente poche variazioni sul tema. Ne è esempio lampante la traccia di apertura Defy, a mio parere il miglior pezzo dell’album, con le sue chitarre ritmiche incessanti e un ritornello fortissimo, fatto apposta per restare in testa e tormentarti per giorni. I suoni sono quelli canonici del genere, chitarre aggressive, voce al centro del progetto, e batterie triggerate (pure troppo). Ne risulta il classico suono violento ma allo stesso tempo pulito, che caratterizza ogni album della band. Nessuna novità quindi.

L’incipit del disco è fortissimo, a Defy segue la potentissima Instict, dove l’adrenalina sale e la band schiaccia il piede sull’acceleratore strizzando l’occhio ai Trivium e si concede anche un assolo molto heavy. Un altro brano riuscito, che per lo meno si discosta dalla monotonia che arriverà nei prossimi tre pezzi. Back To Me e Sunflower sono un passo indietro della band verso l’ultimo disco Cold War, più ragionate ma perdono un po’ di mordente, soprattutto per l’abuso della voce pulita di Pauley (e qui forse si sente la mancanza dell’ormai ex frontman Carlile). Anche la successiva Unbreakable (già citato singolo del 2017) non aggiunge nulla alla discografia degli OM&M, già ricca di pezzi molto simili. Altri pezzi a mio parere non pienamente riusciti sono How Will You Live (stesso discorso della precedente), la cover dei Pink Floyd Money (ce n’era davvero bisogno?!), la scontatissima e ruffiana On The Inside e infine Warzone. Soprattutto quest’ultima non si capisce dove vuole andare a parare, passando troppo repentinamente da un genere all’altro, in un meccanismo di contrapposizione che a questo punto del disco inizia un po’ a stufare l’ascoltatore. Un po’ meglio Forever YDG’n, dove la band torna sul pezzo e sforna un’altra canzone degna di nota. Menzione positiva anche per Vertigo (sembra presa da un disco dei 10 Years o dei primi Incubus ma stacca nettamente dal resto del disco) e la finale semiacustica If We Were Ghost.

Raggiunto l’obiettivo di non far rimpiangere Carlile, a parer nostro gli OM&M hanno però abusato troppo dell’ormai consolidato standard di canzone/suono, che alla lunga in un disco intero annoia l’ascoltatore. I brani più convincenti risultano essere quelli in un certo senso più scollegati dal sound classico del gruppo, e questo fa sembrare il lavoro a tratti un insieme di brani non scritti per essere compattati su un unico disco. Non raggiunge il livello di energia di Restoring Force o la coerenza stilistica di Cold War, ma siamo sicuri che gli amanti del genere potranno ugualmente trovare spunti interessanti e dimenare la testa sulle note di questo disco.

Autore: Of Mice & Men

Titolo Album: Defy

Anno: 2018

Casa Discografica: Rise Records

Genere musicale: Metalcore

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: http://ofmiceandmenofficial.com

Membri band:

Aaron Pauley – voce, basso

Phil Manansala – chitarra solista

Alan Ashby – chitarra ritmica

Valentino Arteaga – batteria

Tracklist:

  1. Defy

  2. Instincts

  3. Back To Me

  4. Sunflower

  5. Unbreakable

  6. Vertigo

  7. Money (Pink Floyd cover)

  8. How Will You Live

  9. On the Inside

  10. Warzone

  11. Forever YDG’n

  12. If We Were Ghosts

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
0 Comm
08th Feb2018

Northlane – Mesmer

by Francesco Mureddu

Northlane - MesmerNuovo album per gli australiani Northlane e secondo album per il nuovo singer Marcus Bridge che a circa due anni dalla pubblicazione del precedente Node riesce finalmente a mettere in mostra tutta la sua poliedricità stilistica. Il genere è il metalcore ma i Northlane si muovono in un’ampiezza sonora che spazia dalle ritmiche intricate alla Meshuggah, passando per parti melodiche alla Slipknot e arrivando a parti più nu metal alla Mudvayne, il tutto sapientemente miscelato e alternato in 11 tracce che non fanno gridare al miracolo ma che risultano egregiamente scritte e suonate. Citzen il primo brano, riassume chiaramente tutte le sfaccettature del CD alternando parti più dure a quelle melodiche, mentre in brani come Solar è chiara l’influenza nu metal contrapposta all’hardcore di Intuiton e Zero-one. C’è spazio anche per momenti più ambient come in Singularity e Heartmachine, brani decisamente più soft rispetto agli altri che permettono al singer di mettere in evidenza la sua dote migliore ovvero le clean vocal. Si arriva a toccare anche il genere djent nella conclusiva Paragon, con altrettanti richiami e ritmi sincopati dei già citati Meshuggah.

Questa poliedricità che percorre tutto l’album non è sempre riuscita, a tratti la sensazione di già sentito fa capolino, con una manciata di brani in meno forse si sarebbe potuto confezionare un album più immediato e originale, ma a parte questo appunto stiamo parlando di una release decisamente al di sopra della media.

Autore: Northlane

Titolo Album: Mesmer

Anno: 2017

Casa Discografica: UNFD

Genere musicale: Metalcore

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: http://northlaneband.com

Membri band:

Marcus Bridge – voce

Jon Deiley – chitarra, synth, programming

Joshua Smith – chitarra

Alex Milovic – basso

Nic Pettersen – batteria

Tracklist:

  1. Citizen

  2. Colourwave

  3. Savage

  4. Solar

  5. Heartmachine

  6. Intuition

  7. Zero-One

  8. Fade

  9. Render

  10. Veridian

  11. Paragon

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
0 Comm
05th Feb2018

Blood Youth – Beyond Repair

by Massimo Volpi

Blood Youth - Beyond RepairC’è del fumo che proviene dai piani bassi, forse il palazzo sta andando a fuoco o forse l’incendio è stato appena sedato. Sul balcone, un uomo, all’apparenza pacato, osserva la scena. Vittima o colpevole? Sembra la trama di un thriller ma invece è la copertina di Beyond Repair, album di esordio dei Blood Youth, trio metalcore di un paesino a nord di Leeds, UK. Il leit motiv dell’album è l’affronto, e il superamento, di traumi causati dall’abbandono, dalla memoria e dalla crescita; ecco che allora la copertina si sposa a meraviglia con quello che è un album decisamente interessante. C’è tutta la furia e la potenza di un trauma da superare ben mescolate alla melodia e alla morbidezza di un ricordo piacevole di un tempo che non c’è più ma che ha lasciato pace e rabbia allo stesso tempo. I remember è il manifesto di tutto questo. Velocità estrema che rallenta bruscamente per far spazio a piacevoli cori e cambi di ritmo. Puling Teeth spinge ancora di più sul pedale, così come la seguente Buying Time; un album dove non è difficile trovare tracce interessanti, passaggi melodici canticchiabili, breakdown dove scuotere lentamente la testa e segmenti rapidi e furiosi che si trasformeranno in fast mosh nelle loro esibizioni live.

Making Waves, melodiosa apertura intervallata da breakout ben riassume l’intero album e i suoi intenti; ben suonato, ben confezionato, molto piacevole all’orecchio. Potente e melodico allo stesso tempo. Chiude questo lavoro Man Made Disaster; che ci sia una correlazione con la copertina non ci è dato saperlo, ma se come quell’uomo ci fermassimo a guardare il “casino” lasciato dai Blood Youth alla fine di questo album, forse avremmo anche noi quell’atteggiamento di calma apparente e rabbia controllata, che trovo personalmente una situazione decisamente interessante. Non c’è nulla di nuovo ma di sicuro quello che fanno questi ragazzi inglesi è un metalcore ben strutturato e suonato; cosa non così scontata, quindi bene così. Good!

Autore: Blood Youth

Titolo Album: Beyond Repair

Anno: 2017

Casa Discografica: Rude Records

Genere musicale: Metal-core

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.bloodyouth.uk

Membri band:

Kaya Tarsus – voce

Chris Pritchard – chitarra

Sam Hallett – batteria

Tracklist:

  1. Making Waves

  2. What I’m Running From

  3. Savanna

  4. Parasite

  5. I Remember

  6. Reason To Stay

  7. Puling Teeth

  8. Buying Time

  9. Bless

  10. Man Made Disaster

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
0 Comm
16th Gen2018

The Hate Colony – Ascending

by Trevor dei Sadist

The Hate Colony - AscendingUna cosa è certa: se siete alla ricerca di adrenalina, energia pura allo stato brado, Ascending non può mancare nella vostra playlist. Il nuovo album dei The Hate Colony è ricco di groove, che passa attraverso riff granitici, voci growl e batteria tritaossa, tuttavia non manca la melodia arricchita da suoni campionati e synth, il tutto rende il prodotto certamente più appetibile per un pubblico più vasto nonostante i nostri nordeuropei non si discostino dal modern thrash di ultima generazione. Ci troviamo di fronte a una band davvero molto preparata sia tecnicamente sia nell’approccio, questa è una formazione di tutto rispetto che vuole arrivare lontano. I rimandi sono quelli che portano a illustri colleghi giusto per fare qualche nome: Lamb of God, The Black Dahlia Murder, il tutto accompagnato da frame di scuola hardcore, specie nelle urla che sputa fuori l’ottimo singer “Lord Mordor”. Prendere respiro è difficile, non c’è tempo per pensare, una volta in sella al nuovo full lenght Ascending siamo travolti da un muro sonoro, il livello della band mira alle prime posizioni, non ci sono canzoni deboli; tra le mie preferite quoto Monsoon che racchiude tutto il sound dei norvegesi, tra melodia e potenza.

Se non ci sono tracce stanche è merito di ogni singolo membro della band, la prova offerta dai musicisti è più che buona, già detto del frontman Lord Mordor, cosa dire della sezione ritmica che non conosce limiti, pronta a irrobustire i riff dettati dalla coppia Bag Joe/Big Trucker, capaci di farsi notare per impatto e groove ma al tempo stesso regalando perle di tecnica agli amanti delle sei corde e qui invito tutti a prestare orecchio, gli assoli sono molti musicali, ricchi di note e di gusto artistico. Mi fermo qui, ho detto tutto, insomma avete voglia di scapocciare, farvi male, fate vostro Ascending, non ve ne pentirete! In alto il nostro saluto!

Autore: The Hate Colony

Titolo Album: Ascending

Anno: 2017

Casa Discografica: Mighty Music

Genere musicale: Metalcore

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/thehatecolony

Membri band:

Lord Mordor – voce

T-Bag Joe – chitarra

Big Truck – chitarra

Sars The Virus – basso

El Nigardo – batteria

Tracklist:

  1. Ghost Of Damnation

  2. Ashes

  3. Storyteller

  4. The Collector

  5. Monsoon

  6. Intermezzo

  7. Undertaker

  8. Embrace Silence

  9. Dead Man Walking

  10. Empire Rises

  11. Self-Inflicted

  12. Egocentric

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
0 Comm
26th Dic2017

Deep As Ocean – Lost Hopes | Broken Mirrors

by Marcello Zinno

Deep As Ocean - Lost Hopes Broken MirrorsI Deep As Ocean si presentano al grande pubblico con un EP compatto e infuocato. Fin dall’artwork i richiami alla scena metalcore sono evidenti e infatti la parte iniziale di Broken Dreams non lascia dubbi sulle origini musicali del progetto, ma quello che caratterizza il quartetto è un approccio vicino anche alla “vecchia” scuola nu metal e ad un’impostazione più melodica. Se infatti si va oltre lo screaming, si riescono a leggere partiture metal di fine secolo scorso, ma anche un rifferama che abbiamo sentito da nomi pesanti come Bullet From My Valentine, con un’attenzione particolare per il cantato clean che punta a chiedere ospitalità nella mente dell’ascoltatore. L’esempio che calza a pennello è Wasted, un brano dai pattern cattivi ma con delle aperture melodiche che potrebbe facilmente estendere la base di fan della band. Tutta qui la ricetta di una band che ha le idee chiare, che propone un sound moderno seguendo i principi tanto professati negli ultimi venti anni e che, prendendosi qualche rischio maggiore, potrebbe davvero salire a bordo della sonda metalcore tricolore e andare lontano.

Autore: Deep As Ocean

Titolo Album: Lost Hopes | Broken Mirrors

Anno: 2017

Casa Discografica: The Jack Music Records

Genere musicale: Metalcore

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: https://www.facebook.com/deepasocean

Membri band:

Matteo Bonfatti – voce

Alberto Buttò – chitarra

Matteo Acquati – basso

Riccardo Buttò – batteria

Tracklist:

  1. Fly Or Fall

  2. Broken Dreams

  3. Wasted

  4. Fight For Something

  5. Dead Men

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
0 Comm
18th Dic2017

Counterparts – You’re Not You Anymore

by Marcello Zinno

Counterparts - You're Not You AnymoreTorna il combo canadese a due anni da quel Tragedy Will Find Us di cui avevamo parlato a questa pagina e che aveva confermato lo spessore della loro musica. Tornano con You’re Not You Anymore un album composto da brani veloci, compatti e scritti con quel piglio in your face che la loro attitudine metalcore ha sempre avuto. Metalcore ma molto hardcore sia per tempi ritmici che per scream; intermezzi, stacchi di batteria e alcune parti chitarristiche si avvicinano invece di più al metalcore americano. Le idee comunque sono chiare: provate ad ascoltare un pezzo come No Servant Of Mine, molto curato anche nei momenti che fanno da collante tra una strofa e un’altra e in generale con un tiro da paura; un brano invece molto più metal è Swim Beneath My Skin con un incedere da carrarmato e una seconda parte rallentata da headbanging costante. Fragile Limbs è un altro momento stimolante che nel pieno dello stile Counterparts (quindi sempre con ritmi intrecciati e scream violento) propone alcune parti, ritornello in primis, facilmente approcciabili anche da chi non mastica il genere.

La band è cambiata per 3/5, solo Brendan Murphy e Adrian Lee sono rimasti in formazione dal precedente lavoro, eppure il grip che la loro musica produce è il medesimo, pur se il lavoro svolto alla produzione ci sembra migliorato. You’re Not You Anymore è un album potente è molto curato a livello di songwriting capace comunque di rendere sicuramente bene in sede live. E sarà facile trovarsi di fronte al palco a cantare “You haunt me, you haunt me like an empty home“.

Autore: Counterparts

Titolo Album: You’re Not You Anymore

Anno: 2017

Casa Discografica: Pure Noise Records

Genere musicale: Metalcore, Hardcore

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: www.facebook.com/counterpartsband

Membri band:

Brendan Murphy – voce

Adrian Lee – chitarra

Black Hardman – chitarra

Kyle Brownlee – batteria

Tyler Williams – basso

Tracklist:

  1. Walk Away Slowly

  2. Bouquet

  3. Arms Like Teeth

  4. No Servant Of Mine

  5. Haunt Me

  6. Swim Beneath My Skin

  7. Thieves

  8. Rope

  9. A Memory Misread

  10. Fragile Limbs

  11. You’re Not You Anymore

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
0 Comm
13th Dic2017

Kublai Khan – Nomad

by Marcello Zinno

Kublai Khan - NomadI Kublai Khan sono una band di confine, anzi di più confini. E non ci riferiamo alle loro origini geografiche, comunque particolari visto che vengono dal Texas e non propongono country o generi tipici di quella zona. I KK aderiscono alla scena metalcore ma si muovono all’interno di essa come il pubblico nel pieno di un pogo scatenato, senza badare alla direzione da imboccare, piuttosto sbattendo da un lato e dall’altro con vistosa energia e scatenando un polverone che rende difficile capire cosa c’è dietro. Innanzitutto il loro nuovo album, Nomad, non arriva ai 30 minuti, segno questo che ci troviamo ad ascoltare brani compatti e veloci, senza intermezzi o parti perdi-tempo…come direbbe qualcuno “no filler“. Inoltre il loro metalcore diffida dalle clean vocal e assume, sia dietro il microfono che per quanto concerne la sezione ritmica, un sapore fortemente hardcore, di quell’hardcore tipico proprio oltreoceano: accelerate e “tupa-tupa” compaiono di tanto in tanto e spezzano il fiato (lo faranno soprattutto in sede live). La composizione chitarristica e la fusione con gli altri strumenti ricorda alcuni ingredienti djent, con riff stoppati come muri invalicabili (esempio: Salt Water) e tempi talvolta più intricati della pura violenza a cui il metalcore statunitense ci ha abituati.

Per dirla in altri termini nei Kublai Khan ci troviamo il metalcore dei Lamb Of God (nei loro momenti meno violenti) e il suono sporco dei Machine Head così come l’irruenza metallica degli Hatesphere, una ricetta quindi di per sé particolare per il genere anche se comunque abbastanza praticata nel metal in generale. Possiamo dire quindi un buon album sicuramente fatto per essere testato più in sede live che semplicemente dietro un lettore CD o uno PC.

Autore: Kublai Khan

Titolo Album: Nomad

Anno: 2017

Casa Discografica: Rise Records

Genere musicale: Metalcore, Djent

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.kublaikhantx.com

Membri band:

Matt Honeycutt – voce

Eric English – basso, voce

Nolan Ashley – chitarra

Isaac Lamb – batteria

Tracklist:

  1. Antpile

  2. True Fear

  3. The Hammer

  4. 8 Years

  5. Belligerent

  6. No Kin

  7. B.C.

  8. Salt Water

  9. Split

  10. River Walker

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
0 Comm
Pagine:«1234567891011121314»
« Pagina precedente — Pagina successiva »
  • Cerca in RockGarage

  • Rockgarage Card

  • Calendario Eventi
  • Le novità

    • At First – Deadline
    • Rainbow Bridge – Unlock
    • Typhus – Mass Produced Perfection
    • Hybridized – Hybridized
    • Methodica – Clockworks
  • I Classici

    • Quiet Riot – Alive And Well
    • Pallas – XXV
    • Offlaga Disco Pax – Socialismo Tascabile (Prove Tecniche Di Trasmissione)
    • Mountain – Masters Of War
    • King’s X – XV
  • Login

    • Accedi
  • Argomenti

    Album del passato Alternative Metal Alternative Rock Avant-garde Black metal Cantautorale Crossover Death metal Doom Electro Rock Folk Garage Glam Gothic Grunge Hardcore Hard N' Heavy Hard Rock Heavy Metal Indie Rock Industrial KISS Libri Marillion Metalcore Motorpsycho Motörhead New Wave Nu metal Nuove uscite Post-metal Post-punk Post-rock Power metal Progressive Psichedelia Punk Punk Rock Radio Rock Rock'N'Roll Rock Blues Stoner Thrash metal Uriah Heep
Theme by Towfiq I.
Login

Lost your password?

Reset Password

Log in