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08th Dic2017

Aquiver – Frames

by Marcello Zinno

Aquiver - FramesArrivano gli Aquiver e decidono di non farlo in punta di piedi. I ragazzi infatti piazzano sul tavolo il loro stile potente, molto influenzato dal metalcore americano: produzione molto curata, linee vocali pulite, chitarre aperte e buoni chorus. Metalcore quindi, ma distante da quanto siamo abituati ad ascoltare da questa parte dell’oceano: basti ascoltare brani come Save Your Day per capire che la loro bussola è spostata altrove anche se di fan di quelle sonorità ne abbiamo tantissimi anche nel nostro Paese. Certo che una ricetta così, che sembra concettualmente semplice visto che “arriva” in un batter d’occhio, non è poi così banale da scrivere e registrare; non è un caso che i membri degli Aquiver non siano proprio musicisti di primo pelo, arrivando da esperienze importanti e secondo noi molto valide come What a Funk, Klogr e Trick Or Treat, tutte band italiane ma che hanno da sempre guardato oltre i confini nazionali per creare il proprio sound. La differenza è che in queste band, per lo più, c’era un carattere proprio nelle sonorità e forse in ciò si identifica l’area di miglioramento futura degli Aquiver.

Tra i pezzi che ci piacciono di più ci sono Fall From Grace, un brano con un attacco che sembra un assedio alla fortezza del metal, e Downfall altro esempio di grande metalcore con synth e basso che aggiungono davvero un valore personale alla traccia. Meno interessante Moving Emotions, contrariamente al titolo, che non si distingue quasi per nulla dalle altre tracce dell’album. Non vi aspettate partiture complesse dietro Frames, in queste undici tracce troverete un metalcore catchy con ritornelli che potrete cantare, tempi stoppati e buoni arrangiamenti (in alcuni casi anche con un pizzico di elettronica), tutti ingredienti essenziali per realizzare un ottimo lavoro. Gli Aquiver con Frames si apprestano di certo a calcare palchi dal respiro internazionale, noi ci scommettiamo.

Autore: Aquiver

Titolo Album: Frames

Anno: 2017

Casa Discografica: Heads Records

Genere musicale: Metalcore, Emocore

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.aquiverofficial.com

Membri band:

Luca Pretorius – voce

Marco Profeta – basso

Daniele Fioroni – chitarra, voce

Francesco Pani – chitarra, voce

Luca Setti – batteria

Ciro Vassallo – tastiere, synth

Tracklist:

  1. Absence Rebound

  2. CaSo

  3. Save Your Day

  4. Drawing Circles

  5. Fall From Grace

  6. Downfall

  7. No More Words

  8. A Million Red Lights

  9. Moving Emotions

  10. The One

  11. Empty Space

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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03rd Dic2017

Make Them Suffer – Worlds Apart

by Marcello Zinno

Make Them Suffer - Worlds ApartI Make Them Suffer sono una band che capovolge tanti luoghi comuni. Innanzitutto che le band metalcore non devono provenire solo dagli USA ma che anche in Australia c’è una scena; inoltre che la gavetta è importante ma ci sono realtà che partono da subito con il botto, come questo quintetto che fin dall’esordio è stato seguito dalla Roadrunner Records. Dopo due lavori i ragazzi hanno cambiato casa e sono passati alla Rise Records con la quale pubblicano il terzo Worlds Apart, un album compatto ed estremo ma che mostra una trasversalità nella loro visione di metalcore. La presenza, anche in maniera evidente, di tastiere ammorbidisce molto il tiro (in alcuni frangenti ci ricordano i primi Between The Buried And Me, anche in termini di produzione) e l’affiancarsi di cori puliti va anch’esso in questa direzione. Il territorio principale resta comunque quello del metalcore così come lo conosciamo e brani come il singolo Fireworks o Dead Plains risultano il classico esercizio di genere frutto di band dal carisma internazionale ma con strutture ormai note.

Vortex (Interdimensional Spiral Hindering Inexplicable Euphoria) è sicuramente un pezzo importante di questo album, sia per le sue influenze djent sia per i cambi che lo rendono davvero interessante; inoltre un tappeto di tastiere resta in secondo piano e conferisce un’ambientazione cupa e drammatica al tutto, mentre le linee vocali di Sean Harmanis induriscono la ricetta. Un altro pezzo degno di nota è Power Overwhelming che mostra delle chitarre intricate e fuori dai soliti schemi, mentre in Midnight Run arriva una matrice groove che ci ricorda il nu metal ormai del passato (remoto). In generale comunque crediamo che le tracce abbiano un potenziale maggiore in sede live che in ascolto studio. Worlds Apart potrebbe essere la perfetta colonna sonora di una prossima invasione alinea, quella rappresentata sull’artwork di questo terzo lavoro della band australiana.

Autore: Make Them Suffer

Titolo Album: Worlds Apart

Anno: 2017

Casa Discografica: Rise Records

Genere musicale: Metalcore

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.makethemsuffer.com/

Membri band:

Sean Harmanis – voce

Nick McLernon – chitarra

Tim Madden – batteria

Jaya Jeffery – basso

Booka Nile – tastiere, pianoforte, voce

Tracklist:

  1. The First Movement

  2. Uncharted

  3. Grinding Teeth

  4. Vortex (Interdimensional Spiral Hindering Inexplicable Euphoria)

  5. Fireworks

  6. Contact

  7. Power Overwhelming

  8. Midnight Sun

  9. Dead Plains

  10. Save Yourself

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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17th Nov2017

August Burns Red – Phantom Anthem

by Marcello Zinno

August Burns Red - Phantom AnthemSecondo studio album per la Fearless Records (il primo fu Found In Far Away Places recensito da noi a questa pagina) e ottavo lavoro di inediti nel complesso: gli August Burns Red sono tornati. Divenuti ormai un nome ingombrante nella scena metalcore internazionale e potendosi permettere tour da headliner anche al di fuori degli States, la band non intende modificare quello che è il proprio stile e che ha permesso al quintetto di conquistare un seguito importante. A parte l’attacco di King Of Sorrow che sembra fuoriuscito da un vecchio album dei Mastodon, gli August Burns Red martellano il ferro finché è caldo: il loro metalcore fortemente americano è infatti legato a doppia mandata con un buon lavoro di chitarra che si destreggia tra riffing compatti (anche in palm mute) e solismi che talvolta divagano per offrire un contributo melodico, il tutto condito da una sezione ritmica molto debitrice al death metal che non disdegna incursioni in ambito technical death in modo da risultare ancora più potente e affilata. Insomma una ricetta che conosciamo nel loro identikit da anni.

Non è infatti cosa nuova che gli ABR siano una band di certo maturità, tramite le aperture melodiche, gli intermezzi che rallentano il respiro e aprono a nuovi orizzonti sonori (vedi Generations e Float) o anche il lavoro delle due chitarre che risulta davvero certosino e lodevole; peccato però che nel complesso poche sono le tracce di ciascun loro album davvero degne di salire su un gradino alto rispetto all’offerta metalcore mondiale. In questo Phantom Anthem segnaliamo The Frost e Lifeline per le loro partiture math e le influenze quasi celtiche della parte iniziale di Quake (merito del chitarrista JB Brubaker), ma in generale siamo sempre sulle coordinate metalcore tipiche degli ABR. Un esempio? Provate ad ascoltare un brano come Invisible Enemy, non riuscirete a far a meno di vedere l’adrenalina che sale sotto il rifferama iniziale ma al termine di tutto la riterrete una delle tante creazioni metalcore come già ne avrete ascoltate a pacchi. Quindi chi li ha amati apprezzerà sicuramente questa uscita che è tutt’altro che piatta e deludente. Per chi si aspettava delle novità dagli August Burns Red dovrà pazientare magari per il prossimo album.

Autore: August Burns Red

Titolo Album: Phantom Anthem

Anno: 2017

Casa Discografica: Fearless Records, Spinefarm Records

Genere musicale: Metalcore

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: http://www.augustburnsred.com

Membri band:

Jake Luhrs – voce

JB Brubaker – chitarra

Brent Rambler – chitarra

Dustin Davidson – basso

Matt Greiner – batteria

Tracklist:

  1. King Of Sorrow

  2. Hero Of The Half Truth

  3. The Frost

  4. Lifeline

  5. Invisible Enemy

  6. Quake

  7. Coordinates

  8. Generations

  9. Float

  10. Dangerous

  11. Carbon Copy

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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07th Nov2017

Miss May I – Shadows Inside

by Trevor dei Sadist

Miss May I - Shadows InsideLa band statunitense è giunta al sesto capitolo in otto anni. La prolificità dei Miss May I, nonostante appunto questi dischi rilasciati in così poco tempo, non ha fatto sopire la vena artistica della band e anche quest’ultimo Shadows Inside si annuncia come un album interessante. I Miss May I si fanno portavoce e paladini di un genere, il metalcore, che ha conosciuto una seconda giovinezza grazie a queste band che hanno fatto rivivere un genere che sembrava morto da anni. Infatti non è morto. Shadows Inside è un full lenght capace di camminare con le proprie gambe grazie a brani come Under Fire o Lost In The Grey, entrambe tra le mie preferite. Non ci sono cali di forma o canzoni deboli nonostante le altre tracce non raggiungano il livello di quelle appena citate. C’è comunque da divertirsi sotto le note di Shadows Inside, un disco che dura poco più di mezz’ora ma che al tempo stesso riesce a soddisfare tutti quelli che sono cresciuti sulle melodie dei Killswitch Engage, Bullet For My Valentine e la rabbia dei Caliban o dei As I Lay Dying. In alto il nostro saluto!

Autore: Miss May I

Titolo Album: Shadows Inside

Anno: 2017

Casa Discografica: SharpTone Records

Genere musicale: Metalcore

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://www.missmayimusic.com

Membri band:

Levi Benton – voce

Ryan Neff – basso, voce

BJ Stead – chitarra

Justin Aufdemkampe – chitarra

Jerod Boyd – batteria

Tracklist:

  1. Shadows Inside

  2. Under Fire

  3. Never Let Me Stay

  4. My Destruction

  5. Casualties

  6. Crawl

  7. Swallow Your Teeth

  8. Death Knows My Name

  9. Lost In The Grey

  10. My Sorrow

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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25th Ott2017

Spoil Engine – Stormsleeper

by Marcello Zinno

Spoil Engine - StormsleeperUno dei fenomeni in ascesa dell’ultimo decennio è sicuramente quello del metal estremo con cantato femminile, o per dirla da un altro punto di vista growl e scream adottato da una frontwoman capace di spingere la propria band su terreni metal pesanti. Se gli Arch Enemy hanno sicuramente aperto un varco, varie sono le formazioni che ne hanno raccolto la staffetta, come gli X-Tinxion nel thrash metal o i Walls Of Jericho nell’hardcore/metalcore. In questo solco vanno ad aggiungersi gli Spoil Engine che, oltre ad avere dalla loro contratti discografici importanti (in passato Roadrunner Records, oggi Nuclear Blast) hanno la capacità di afferrare l’ascoltatore ed attirarlo a sé fin dal primo ascolto. Infatti la ferocia del metalcore, che in alcuni frangenti mostra la parentela con il death metal, ma anche gli arrangiamenti melodici e con l’attitudine thrash, si mescolano tutti nell’intenzione di creare dei riff groove, quasi come se gli Spoil Engine fossero un’alternative metal band che intende spingersi più in là e proporre suoni più privi di compromessi. Secondo questo modo di presentare il loro stile potremo misurare un certo fascino nella loro proposta e questo Stormsleeper aggiunge un altro importante tassello nella loro discografia; peccato per l’originalità sulla quale ci aspettavamo qualcosa di più, delle scelte più personali.

I rimandi sono tanti, come i riff quasi “industriali” di Weightless (strofa) che strizzano l’occhio ai Meshuggah più recenti o l’attenzione ad una certa visione melodic death che richiama i Soilwork di qualche anno fa, senza tralasciare il metalcore (come in Hollow Crown) origine dei loro ascolti prima che della loro musica. La novità arriva con Singing Sirens che abbandona le idee spigolose per abbracciare uno stile più vicino a Linkin Park et similia e che potrebbe anticipare qualcosa delle future evoluzioni degli Spoil Engine. Miscuglio quindi?! Sì ma tutto sommato con una certa maestria che permette loro di restare ancorati ad una label importante, anche se a nostro parere serve qualcosa in più in termini di stile per differenziarsi in questa scena. Vedremo se usciranno fuori dal seminato.

Autore: Spoil Engine

Titolo Album: Stormsleeper

Anno: 2017

Casa Discografica: Arising Empire Records, Nuclear Blast

Genere musicale: Metalcore, Alternative Metal

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.spoilengine.com

Membri band:

Iris Goessens – voce

Steven ‘gaze’ Sanders – chitarra

Bart Vandeportaele – chitarra

Matthijs Quaars – batteria

Dave De Loco – basso

Tracklist:

  1. Disconnect

  2. Silence Will Fall

  3. Doomed To Die

  4. Weightless

  5. Stormsleeper

  6. Hollow Crown

  7. Black Sails

  8. The Verdict

  9. Singing Sirens

  10. Wastelands

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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19th Ott2017

Dead By April – Worlds Collide

by Massimo Volpi

Dead By April - Worlds CollideI Dead By April fanno parte di tutto quel calderone metalcore nel quale è così facile buttarsi e dal quale è così difficile riuscire a emergere, nonostante la qualità della composizione e dell’esecuzione. Spesso la sensazione che ci si trovi davanti all’ennesimo clone, anche di se stessi, ha la meglio sul rimanere incantati da qualcosa di davvero originale. Melodie orecchiabili, a tratti canticchiabili, voce pulita alternata a growl, ritmiche serrate intervallate da breakdown e cori evidentemente scritti per la trasposizione live del disco. Un pizzico di elettronica, qualche colpo ben assestato e il gioco è fatto. A volte riesce bene, a volte meno. Difficilmente risulta perfetto. Worlds Collide è un bel disco. Funziona. Bello carico e adrenalinico, ritornelli piacevoli e suoni secchi dove serve. Dopo due album sotto la media, i Dead By April sembrano quindi tornati ai fasti del loro album di debutto che aveva suscitato interesse nella Universal. L’accostamento naturale è con nomi del calibro di Linkin Park, Bring Me The Horizon, Avenged Sevenfold. Tra i brani di spicco sicuramente il pezzo di apertura Crying Over You e Playing With Fire quest’ultimo con un approccio più dance che sui palchi funziona sempre. Il brano che forse merita una menzione in più è This Is My Life, che più degli altri riesce a racchiudere rabbia e alternare suoni violenti a synth di atmosfera con continui cambi di ritmo.

Copertina che ritrae due mondi che si scontrano; paradossalmente potremmo dire due mondi dello stesso universo, quello della musica; uno è quello di chi la fa, o meglio ancora di chi la distribuisce e con la musica degli altri ci vive, l’altro quello di chi la ascolta, i fan. In mezzo ci sono gli svedesi Dead By April che (questa volta) hanno deciso di accontentare maggiormente il primo, senza danneggiare troppo il secondo.

Autore: Dead By April

Titolo Album: Worlds Collide

Anno: 2017

Casa Discografica: Spinefarm Records

Genere musicale: Metalcore, Alternative Metal

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: http://www.deadbyapril.com

Membri band:

Pontus Hjelm – chitarra, voce, tastiera

Christoffer Andersson – voce

Marcus Wesslén – basso

Marcus Rosell – batteria

Tracklist:

  1. Crying Over You

  2. I Can’t Breathe

  3. Playing With Fire

  4. Warrior

  5. Breaking Point

  6. My Heart Is Crushable

  7. Can You See The Red

  8. Our Worlds Collide

  9. This Is My Life

  10. Perfect The Way You Are

  11. For Every Step (feat. Tommy Körberg)

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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22nd Ago2017

Unseen Faith – Waver

by Trevor dei Sadist

Unseen Faith - WaverDeathcore, metalcore, questo è quanto emerge dal nuovo album degli Unseen Faith, intitolato Waver. La musica dei danesi appartiene al metal più cattivo, intriso di groove, dove i riff imperversano trascinando sulla vetta la musica della band, complice una sezione ritmica di tutto rispetto, mescolata alla rabbia vocale sputata fuori dall’ugola di Alexander Eriksen. Lost World fa gli onori di casa, apripista di un disco davvero cattivo, ricco di dinamica, il growl del singer si miscela a perfezione con le parti in scream, tipiche del genere. Spunti electro, ambient, aggiungono valore e colore alla musica degli Unseen Faith, chiudendo il primo brano nella tristezza di una notte metropolitana, la fine è iniziata. La band scandinava ha in possesso un’ottima caratura tecnica, trasformata in potenza, grazie a riff di scuola Meshuggah, Mnemic. Ho apprezzato i frangenti, dove la riflessione è chiamata in causa, come nel caso della bellissima Dystopia o della successiva The Sceptic, anche quest’ultima figura tra le mie preferite. Tuttavia i momenti che propiziano la ragione devono ancora sopraggiungere, la bellissima Intermission, traccia interamente strumentale ne è la prova. Durano poco i momenti rassicuranti, con la triade Don’t Fear, S.O.S. e Tree ancora risucchiati nel vortice di urla strazianti e tempi claustrofobici, prima di lasciare spazio a Interlude, si tratta di una seconda canzone solo ed esclusivamente strumentale, la sensibilità nel tocco magico delle note.

Il full lenght si chiude con Anchor Me, canzone che non aggiunge molto altro a quello che abbiamo già detto e ascoltato; si chiude così, mi congedo dalla musica degli Unseen Faith, certo del fatto che questo Waver è certamente un disco da tenere sott’occhio, specie per chi ama le sonorità oscure, cupe come il tramonto del Nord.

Autore: Unseen Faith

Titolo Album: Waver

Anno: 2017

Casa Discografica: Prime Collective

Genere musicale: Deathcore, Metalcore

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/unseenfaith

Membri band:

Alexander Eriksen – voce

Asbjorn Brokhoj – chitarra

Jakob Langvad – chitarra

Christian Jensen – basso

Klaus Schmidt – batteria

Tracklist:

  1. Lost World

  2. Friend Of The Devil

  3. Dystopia

  4. The Sceptic

  5. Intermission (strumentale)

  6. Don’t Fear

  7. S.O.S.

  8. Tree

  9. Interlude (strumentale)

  10. Anchor Me

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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03rd Ago2017

Blackmail Of Murder – Cold Rain

by Marcello Zinno

Blackmail Of Murder - Cold RainTornano i Blackmail Of Murder una band che in poco più di tre anni di attività ha già pubblicato due full-lenght e il presente EP. Sì perché stavolta si opta per un EP probabilmente come passaggio transitorio in vista di un prossimo album completo o forse per collaudare su disco il nuovo ingresso, Pierlorenzo Molinari, che affianca con le sue clean vocal Claudio Olivari, storico screamer dei Blackmail Of Murder. Sei tracce che sfiorano la mezz’ora di ascolto e che confermano quanto avevamo già detto in occasione dell’esordio The Endless Stare (recensione a questa pagina) e del precedente Giants’ Inheritance (disponibile cliccando qui): il sound è completo e ben presentato, il metalcore proposto dal sestetto è molto vicino alle produzioni americane e sapientemente vengono incluse parti stoppate all’interno di ciascun brano in modo da giocare sull’alternanza di ritmi e tenere incollato l’ascoltatore alla loro musica. Non è un caso nemmeno che le tracce stiano tutte tra i 4 e i 5 minuti, una durata perfetta per un brano metalcore in modo da proporre cambi e tirate al fulmicotone ma non stancare con lunghe divagazioni. Un esempio in questo è Indigo, un brano che nella sua prima metà tocca lande di varia natura fino a giungere a riff pseudo-industrial e tempi thrash sul finale.

Un profilo più tecnico viene mostrato in Compassion e Foreign Bodies, interessante anche Gears costituita da una sovrastruttura di elementi che vanno dal riffing metal (davvero di grandissimo spessore) ad una certa ricerca melodica nei chorus. Coraggiosa la riproposizione della cover di Hide And Seek (originariamente dei Imoden Heap), brano che viene vestito dello stile Blackmail ma senza tradire (nel ritornello) la versione originale. Cold Rain dimostra non solo che i ragazzi hanno ormai solcato una strada che percorrono con coerenza ma anche che sono dotati di tecnica e idee per sfondare a livello internazionale. Cold Rain è un ulteriore tassello che permetterà loro di conquistare spazio sui palchi (soprattutto oltre le Alpi).

Autore: Blackmail Of Murder

Titolo Album: Cold Rain

Anno: 2017

Casa Discografica: Indiebox Music

Genere musicale: Metalcore

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: https://twitter.com/BmomMurder

Membri band:

Claudio Olivari – voce

Pierlorenzo Molinari – voce

Antonio Proietti – chitarra, voce

Davide Sgarbi – chitarra, voce

Fabio John Nassa – batteria

Alex Castellini – basso

Tracklist:

  1. Crystal Clear

  2. Indigo

  3. Compassion

  4. Gears

  5. Foreign Bodies

  6. Hide And Seek (bonus track)

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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06th Lug2017

The Royal – Seven

by Marcello Zinno

The Royal - Seven5 anni, un EP e 2 full-lenght. Numeri che hanno portato i The Royal a firmare per la Long Branch Records (divisione della SPV) e uscire allo scoperto con le spalle sicuramente più forti. Non è un caso che il quintetto sia “vestito bene”, ma non ci riferiamo al look esteriore: Seven suona come un album metalcore di livello internazionale. La produzione è davvero di altissimo livello e le scelte sonore così come il missaggio sono davvero molto curati, addirittura i momenti in cui far “entrare” la (sovrap)produzione delle chitarre, far esplodere il pezzo, cambi di ritmo sono tutti fattori studiati fin nei minimi dettagli e che in sede live sicuramente coinvolgeranno il pubblico. Metalcore di matrice americana (nonostante loro siano olandesi), con tantissimi riff stoppati e che altalena momenti potenti e veloci ad attimi in cui recuperare il respiro e dare spazio al growl cupo. Parlavamo di “abbigliamento” perché in realtà sotto questo strato laccato che sembra quasi fare il verso alle tendenze del momento (o di un recente passato) troviamo ben pochi aspetti davvero innovativi: il loro stile è il metalcore classico che da anni cerca di guadagnare spazio nelle classifiche (in primis USA) e che poco ha di personale tanto che nella mischia e senza un monitor a portata di mano a darci le info giuste potremo facilmente confonderli con altre realtà di pari genere.

Piacevole Wildmind, un brano massiccio ma che non svela niente di nuovo per chi è abituato ad ascoltare band dai Trivium in poi; spinta anche Counterculture che contiene un buon mood arricchito da un refrain che si attacca alla pelle ma niente che faccia urlare al miracolo. Prendete ad esempio il primo minuti di Thalassa: quante tracce abbiamo già ascoltato da 15 anni a questa parte con questa forma e struttura? C’è da dire che i ragazzi non si fanno conquistare dalle clean vocal che in alcuni frangenti potrebbero irrompere dando dolcezza alle tracce o magari proponendo un ritornello da far cantare al pubblico durante uno dei proprio concerti: growl al 100%. Ma è quasi nulla per far affiorare uno stile davvero proprio. Speriamo in futuro più audace.

Autore: The Royal

Titolo Album: Seven

Anno: 2017

Casa Discografica: SPV, Long Branch Records

Genere musicale: Metalcore

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: http://www.theroyalofficial.com

Membri band:

Semuel Pisarahu – voce

JD Liefting – chitarra

Pim Wesselink – chitarra

Loet Brinkmans – basso

Tom Van Ekerschot – batteria

Tracklist:

  1. Thunder

  2. Feeding Wolves (feat. Carlo Knopfel)

  3. Wildmind

  4. Creeds And The Vultures

  5. Counterculture

  6. Interlude

  7. Seven

  8. Life Breaker

  9. Thalassa

  10. Draining Veins

  11. Viridian

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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30th Mag2017

Sons Of Death Valley – Fathers Of The Free

by Trevor dei Sadist

Sons Of Death Valley - Fathers Of The FreeAncora una volta mi trovo a fare i conti con sonorità che strizzano l’occhio a strade polverose, senza alcuna meta, dove la sola motocicletta è il compagno ideale di viaggio, sulla strada illuminata dalla luce del tramonto. Ebbene sì amici, per i Sons Of Death Valley, nonostante l’anagrafe ci consegna una band europea anzi nordeuropea, il sound è quello che ci rispedisce oltreoceano, anche se il metalcore scandinavo si fa sentire in più frangenti. La partenza appartiene a uno sludge genuino che va poi a sfociare in un groove compatto, altalenando sonorità decise a frame più riflessivi. Si parte con Wars, appena descritta, concretamente più diretta e intrisa di adrenalina è Path Of The Righteous, che segna indelebilmente l’entrata nel sound più marcato della band, e qui mi sento di scomodare i primi Hatesphere. I Sons Of Death Valley dimostrano una buona caratura tecnica e sicuramente attitudine per suonare questo genere, che oltre alla preparazione richiede appunto determinazione, quella che di certo non manca con Fight Song. Non ci si annoia, anzi tutt’altro, c’è da divertirsi con la musica della band scandinava, attraverso riff serrati e ritmi martellanti, ci pensano The Undertaker prima e Three Finger Jack, ad alzare l’asticella, inducendo l’ascoltatore a portare il volume a fine corsa, il groove cresce e i Sons Of Death Valley trasformano il loro sound in un southern ricco di energia, tanto caro ai Crowbar. Death Is Coming è contaminata dallo sludge metal di questi tempi, moderno, si sprecano gli elogi a quei bravi ragazzi.

I custom a lato strada sono pronti a viaggiare on the road again… sulle note della singolare Your God, dove la melodia per un attimo s’impadronisce della band, dura poco il momento rassicurante con Unforgettable Hate, l’odio musicale è sputato tutto fuori, grazie a riff granitici e parole di sdegno. La buona prova dei Sons Of Death Valley non conosce esaurimento: Redemption entra nella testa dell’ascoltatore senza volerne sapere di abbandonare lo stato d’animo dell’innocente, Devils Dance quasi in coda mi fa conoscere un’altra sfumatura della band, quella che si avvicina a sonorità “nu”, mescolate a quello che già è stato detto, southern, sludge metal. Si chiude con la title track, il giusto epilogo che ci congeda da quest’album che mi ha colpito per energia, tecnica, attitudine, suoni. Consigliatissimo a tutti, specie a chi si emoziona con il southern, lo sludge, il metalcore, e il nu metal di qualche anno dietro. In alto il nostro saluto!

Autore: Sons Of Death Valley

Titolo Album: Fathers Of The Free

Anno: 2017

Casa Discografica: Prime Collective

Genere musicale: Sludge, Metalcore

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://sonsofdeathvalley.dk

Membri band:

Dan – voce

Lars – chitarra

Stefan – chitarra

Kim – batteria

Torben – basso

Tracklist:

  1. Wars

  2. Path Of The Righteous

  3. Fight Song

  4. The Undertaker

  5. Three Finger Jack

  6. Death Is Coming

  7. Your God

  8. Unforgettable Hate

  9. Redemption

  10. Devils Dance

  11. Fathers Of The Free

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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