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24th Mag2017

Cover Your Tracks – Fever Dream

by Alberto Lerario

Cover Your Tracks - Fever DreamEcco a voi i Cover Your Tracks, una band assemblata dai resti di precedenti band, Woe Is Me, Decoder e Cursed Sails, che dopo aver spazzato via la polvere dei loro gruppi originari desiderano sperimentare per provare a cambiare pelle. Un sentimento giusto, tuttavia Fever Dream suona tutt’altro che come una nuova esperienza. Dopo alcune tracce ci si accorge di ascoltare un disco che pesca un po’ di qua e un po’ di là, quasi per voler accontentare la più larga fetta di fan possibile. Le tracce di apertura, Spin The Bottle e Striking Matches, sono tracce con parecchio overdrive ammorbidite da linee melodiche progettate per un contesto live. Il mix di canto pulito e “urlato” non è nulla di insolito, ma le voci pulite talvolta suonano in maniera stridente, quasi come una parodia di metalcore. Follow Me e Bellow suonano come un inno nu-metal alle origini dei Linkin Park, utilizzando un elevato gain, suoni di chitarra distorti su cui si poggiano lunghi cori orecchiabili. Questo è in fin dei conti il punto forte dell’album dove ogni coro è contagioso e memorabile, nel senso di facilmente memorizzabile. L’album scorre liscio per circa mezz’ora e si chiude con The Surge, una canonica power ballad.

Ascoltando Fever Dream risulta immediato come sia stato progettato per essere “accattivante” e radio oriented, il lavoro di produzione è stato infatti fin troppo impeccabile perché ogni strumento suona troppo incontaminato e preciso perdendo il proprio sapore naturale e il proprio valore emotivo. Se non avete mai ascoltato metalcore prima, i Cover Your Tracks suonano sicuramente coinvolgenti e orecchiabili raccogliendo tutti gli elementi vincenti del genere metalcore e nu-metal, se invece masticate sovente questo genere di musica avrete sicuramente sentito tutto questo prima da molte altre band e molto probabilmente prodotto anche in maniera più convincente.

Autore: Cover Your Tracks

Titolo Album: Fever Dream

Anno: 2016

Casa Discografica: Epitaph

Genere musicale: Metalcore, Nu-Metal

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: https//www.facebook.com/coveryourtracksATL

Membri band:

Paul Rose – voce

Omar Magana – chitarra

Cory Ferris – basso

Brent Guistwite – batteria

Tracklist:

  1. Spin The Bottle

  2. Striking Matches

  3. Bellow

  4. Are We Innocent

  5. Good Enough

  6. Lights Out

  7. Cages

  8. Follow Me

  9. Never Again

  10. The Surge

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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05th Mag2017

Sawthis – Babhell

by Massimo Volpi

Sawthis - BabhellRabbia e felicità, rassegnazione e reazione, odio e amore, un caos “multi-emozionale”, si presentano così di Sawthis di Babhell. La verità è che questo nuovo lavoro, il quarto della band abruzzese è semplicemente una scarica di potenza e adrenalina che difficilmente si può schivare. The Burning Place, il brano di apertura, è la perfetta presentazione di quello che si troverà all’interno dell’album. Riff potenti, voce strozzata, breakdown sapientemente piazzati prima di ritornelli convincenti e ben elaborati. I Sawthis immaginano un inferno-babele come una piazza affollata dove ognuno è così impegnato a dire la propria da non essere più capace di ascolare; un posto dove anche il più bell’angolo finisce per diventare confuso. Si riferiscano al mondo moderno o anche solo a quello della musica, l’obiettivo è centrato: per farsi ascoltare i Sawthis alzano il volume e gridano in faccia a chi ascolta tutta la rabbia che hanno. Start A New Game è un pezzo fatto di ritmiche potenti e chitarre stridule sulle quale si inseriscono alla perfezioni i cori e il cantato. La band sembra aver assorbito le influenze positive dei gruppi con i quali ha condiviso il palco in questi 4 anni di distanza dal precedente disco, Korn, Sepultura, Children of Bodom e soprattutto Lacuna Coil. This String Is For Your Neck e The End viaggiano velocissime, un cantato strozzatissimo con parti strumentali veramente coinvolgenti, a tratti ipnotiche, e ritornelli azzeccatissimi.

Insomma un album davvero potente e godibile, da sparare a tutto volume nelle casse; è bello sapere che in Italia esistono album così, e gruppi come i Sawthis. Forse una speranza per un metal che non se la passa troppo bene nel belpaese ma che sta subendo un’importante mutazione generazionale; che, a dirla tutta, è in corso già da tempo anche oltre i confini italici. Chiude un pezzo lento, No Time To Die, quasi a voler accompagnare l’ascoltatore al rientro dal viaggio in questa Babhell incredibile. La parte grafica è molto curata e in linea con la musica. Molto bella la copertina, l’interno è semplicemente testo delle canzoni in rosso con un’ambientazione tetra infernale; ciò che serve. Bravi. Era davvero da tempo che non mi capitava un album così. In Italia.

Autore: Sawthis

Titolo Album: Babhell

Anno: 2017

Casa Discografica: Mighty Music

Genere musicale: Metalcore

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: http://www.sawthis.it

Membri band:

Alessandro Falà – voce

Adriano Quaranta – chitarra

Marco Di Carlo – chitarra

Gaetano Ettore – basso

Michele Melchiorre – batteria

Tracklist:

  1. The Burning Place

  2. My Return

  3. Start A New Game

  4. Through Hell

  5. This String Is For Your Neck

  6. The End

  7. Seabed

  8. Waiting For Love

  9. Empty Wall

  10. Never Alone

  11. No Time To Die

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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07th Apr2017

Wars – We Are Islands, After All

by Massimo Volpi

Wars - We Are Islands, After All finalDopo 3 EP arriva finalmente il primo lavoro dei Wars, interessante band post-hardcore inglese. Un album davvero potente. Aggressivo, duro e diretto, che consigliamo di ascoltare più volte prima di lasciarsi andare a commenti e opinioni. C’è una bella voce, giovane, strozzata, che grida da dentro le casse. Quel cantato di ribellione, intervallato da breakdown, che tanto sta funzionando negli ultimi anni. Questo We Are Island, After All è un buon disco di metalcore, un altro, che non sfigura davanti ai meastri del genere, ma che in veramente pochi punti sa sorprendere. Il singolone di lancio, che vede la partecipazione di Colin Doran degli Hundred Reasons alla voce, è That By Discord Things Increase e racchiude bene il senso di tutto questo album: potenza, melodia, cambi di ritmo, breakdown, cantato tirato e ritornello orecchiabile che si lascia canticchiare. Ripetiamo, è un buon disco metalcore, ma servono un paio di “singoli” in più, per fare il salto. Pezzi come Hills And Boulders, tirati e ritmati, con una vena compositiva più ispirata e originale. Ci è piaciuta molto anche Hailing Distance, dove il cantato è meno sforzato e i riff più vari e melodici.

La copertina è molto bella, nei colori e nel soggetto, come nella realizzazione. Questa idea che, “in fondo, siamo isole” viene raffigurata con il concetto dell’iceberg; ciò che emerge non è che una parte minima di ciò che è la realtà. Filosofia che si può adattare anche a questo album, ai Wars. Al termine di Charcoal Days, melodica traccia finale, dopo diversi minuti di silenzio, compare una ghost track che è il manifesto dell’intero disco: un discorso su una marcia, che si chiude con le parole e il concetto che danno il titolo all’album, We Are Island, After All e non fa altro che confermare questa ipotesi. C’è di più, ma questa è “solo” la prima prova.

Autore: Wars

Titolo Album: We Are Islands, After All

Anno: 2017

Casa Discografica: Spinefarm Records

Genere musicale: Post-Hardcore, Metalcore

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: http://www.weareallwars.com

Membri band:

Rob Vicars – voce

Sam Barnard – chitarra, voce

Lee Tysall – batteria

Matt Burns – chitarra

Rich Bennett – basso

Tracklist:

  1. The Art Of Not Knowing

  2. Snows And Skies

  3. That By Discord Things Increase (feat. Colin Doran)

  4. Still Waters Run Deep

  5. Sciamachy Scenes

  6. Soul-Sick

  7. Hills And Boulders

  8. Salt Flat Sailing (feat. Josh Mckeown)

  9. Hailing Distance

  10. Charcoal Days

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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17th Feb2017

Dreamshade – Vibrant

by Massimo Volpi

Dreamshade - VibrantAutumn Leaves apre questo Vibrant, nuovo lavoro degli svizzeri Dreamshade. E lo fa in maniera prepotente. Per mettere subito in chiaro che questo sarà un album tosto, da ascoltare, a tratti diverso, e soprattutto molto interessante. Where My Heart Belongs parte fortissimo per poi alternare momenti di calma apparente a ritmi più serrati; It’s Over, accompagnata da un video lyrics sui social, ha tutte le carte per essere un singolo (anche mainstream): testo semplice e arrabbiato, ritornello che prende subito e una pesantezza non eccessiva. Una delle tracce portanti è di certo Dreamers Don’t Sleep, singolo pubblicato più di un anno fa, che già conoscevamo e che si conferma un ottimo brano. Suoni puliti e ben sovrapposti, cambi di velocità, chitarre che si intromettono sempre al punto giusto, parte ritmica impeccabile. Nell’album, ogni tanto, fanno timida comparsa, e questa è una novità, scratch e cantati rap/melodici, diciamo stile Linkin Park (Losing Touch, Another Me, Another You e nella parte finale di Sleep Alone), che suonano più come sperimentazione che altro. I Dreamshade, sinceramente, danno il meglio quando fanno ciò che sanno fare, perché lo sanno fare bene. Metalcore un pochino pop o death metal melodico, chiamatelo come vi pare, con questo disco i Dreamshade sembrano avere raccolto ciò che altri gruppi hanno un po’ perso, mi vengono in mente gli In Flames, e di essere proiettati verso un pubblico più ampio anche grazie a brani più soft.

Con Sleep Alone si torna a suoni più dreamshadiani voce e controvoce, batteria scandita, chitarre singhiozzanti e trigger dove serve. Un paio di pezzi suonano un po’ anonimi, se non fosse per qualche riff o intuizione del singolo strumento e risultano così una sorta di riempitivo dell’album. Le dodici tracce forse sarebbero potute essere dieci, magari più elaborate e complesse con quelle intuizioni di cui sopra. Chiude Father che, ancora una volta, mixa potenza e dolcezza; il contrasto tra padre e figlio, ma anche metafora della vita e della musica dei Dreamshade. La copertina, a cura della NeverCrew, è stupenda. Una sorta di cuore-gomitolo fatto di cavi, sospeso in una stanza e una piccola sedia vuota. Un bagliore che sfuma le tonalità azzurre di fondo, colori freddi che riescono in qualche modo però a risultare caldi. L’interno è semplice e intimo. Toni caldi e testi scritti a mano con qualche parola rimarcata o sottolineata. Modificato il logo della band, rispetto agli album precedenti, che qui è costruito con neon. Ulteriore segnale di volontà di un cambiamento, di una crescita, di voglia di brillare. Un gran bel disco, e non lo dico solo perché ipnotizzato dalla copertina.

Autore: Dreamshade

Titolo Album: Vibrant

Anno: 2016

Casa Discografica: Artery Recordings

Genere musicale: Metalcore

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: http://www.dreamshade.ch

Membri band:

Kevin Cali – voce

Fernando “Fella” Di Cicco – chitarra, cori

Gian-Andrea Costa – basso

Rocco Ghielmini – chitarra

Serafino “Sera” Chiommino – batteria

Tracklist:

  1. Autumn Leaves

  2. Where My Heart Belongs

  3. It’s Over

  4. Don’t Wanna Go

  5. Dreamers Don’t Sleep

  6. The World In My Hands

  7. Up All Night

  8. Losing Touch

  9. Another Me, Another You

  10. Oceantides

  11. Sleep Alone

  12. Father

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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05th Feb2017

Every Time I Die – Low Teens

by Piero Di Battista

Every Time I Die - Low TeensDue anni dopo From Parts Unknown tornano, con un nuovo album, l’ottavo della loro carriera iniziata nel 1998, gli Every Time I Die. Il disco, dal titolo Low Teens, esce, come i tre precedenti, per la Epitaph Records e segna un gradito ritorno della band di Buffalo, soprattutto per gli amanti dello screamo/metalcore. Il disco, attraverso le sue tredici tracce, ci porta in un mondo ancor più riflessivo di quanto già non lo fossero, con un sound e soprattutto con dei testi, fortemente influenzati dalle esperienze famigliari del vocalist Keith Buckley, più precisamente riguardo le complicazioni post-parto della moglie. Ci troviamo quindi davanti ad un lavoro più riflessivo, malinconico e talvolta carico di rabbia, dove il sound dei cinque, pur conservando la sua matrice d’origine, si snoda verso orizzonti musicali leggermente più distanti, dando dimostrazione, ancora una volta, del fatto che ci troviamo di fronte ad un gruppo dalle qualità indubbie. La tracklist di Low Teens mostra parecchi picchi di qualità, dall’energia sfrenata partorita dal metalcore di Glitches, alla carica trashcore di I Didn’t Want To Join Your Stupid Cult Anyway, ma anche alle atmosfere più southern di It Remembers, brano che si avvale anche della presenza di Brendon Urie (voce dei Panic! At The Disco) come special-guest.

Gli Every Time I Die ci mostrano dunque più sfumature del loro sound, ammiccando anche a sonorità più hardcore come nel caso di Just As Real But Not As Brightly Lit, senza però talvolta disdegnare accenni più melodici come in Religion Of Speed, uno dei brani più riusciti dell’intero album. Low Teens è un lavoro che sfiora l’eccellenza e gli Every Time I Die si dimostrano ancora una band in grado di avere una padronanza assoluta di tutto ciò che creano, passando con naturalezza da più stili, riuscendo talvolta a mantenere una compattezza che solo ottime band possono vantar di possedere.

Autore: Every Time I Die

Titolo Album: Low Teens

Anno: 2016

Casa Discografica: Epitaph Records

Genere musicale: Metalcore

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: www.everytimeidie.net

Membri band:

Keith Buckley – voce

Jordan Buckley – chitarra

Andy Williams – chitarra

Steve Micciche – basso

Daniel Davison – batteria

Tracklist:

  1. Fear And Trembling

  2. Glitches

  3. C++ (Love Will Get You Killed)

  4. Two Summers

  5. Awful Lot

  6. I Didn’t Want To Join Your Stupid Cult Anyway

  7. It Remembers

  8. Petal

  9. The Coin As A Sky

  10. Religion Of Speed

  11. Just As Real But Not As Brightly Lit

  12. 1977

  13. Map Change

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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13th Dic2016

A Day To Remember – Bad Vibrations

by Trevor dei Sadist

a-day-to-remember-bad-vibrationsLa band proveniente dalla Florida ha dato vita a questo nuovo album intitolato Bad Vibrations, per il popolo si autodefinisce hardcore, anche se ancora una volta i Day to Remember danno prova, andando a sperimentare in altri generi. Devo dire che la parte melodica non manca, anzi la ricerca a chorus strappalacrime è costante, elemento immancabile tra le ragazzine più giovani. Non sono un amante di tale genere, tuttavia i brani sono confezionati bene, in questo senso gli States hanno ancora molto da insegnare. I brani di questo Bad Vibrations sono piacevoli, l’ascolto è fluido, le vibrazioni sono meno cattive di quello che vogliono farci credere i ragazzacci della Florida, disegnati, attraverso buona tecnica e con arrangiamenti vincenti, specie nelle armonizzazioni di voce. Ogni musicista ha imparato bene lezioni, questo mix di hardcore, metalcore, modern punk, si suona così. Riff rocciosi, talvolta, costituiscono la parte meno rassicurante di questo disco, ma la fase “cattiva” dura poco, ancora chorus ammiccanti come nel caso di Exposed, tra le mie preferite dell’intero album.

Da metà disco in avanti i toni si fanno più moderati, e qui emerge quello di cui accennavo poco fa, l’energico modern punk si affaccia alla finestra cavalcando uno skate, a bordo di una strada che porta dritti al college. Mi trovo ormai in coda a questo nuovo full lenght, targato A Day To Remember con Turn Off The Radio c’è spazio, per qualche sporadico growl, apripista del consueto chorus, che entra a spallate nella testa dell’ascoltatore senza fare troppa fatica grazie a una linea trionfante. Si chiude con Forgive And Forget, song che fa sognare migliaia di ragazzine nella speranza del ritorno dell’amore perduto. In conclusione Bad Vibrations è un buon disco, suonato con energia, con la giusta attitudine; avete sedici anni, non fatevi scappare il nuovo capitolo A Day To Remember. In alto il nostro saluto!

Autore: A Day To Remember

Titolo Album: Bad Vibrations

Anno: 2016

Casa Discografica: ADTR Records

Genere musicale: Hardcore, Metalcore, Punk

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.adtr.com

Membri band:

Jeremy McKinnon – voce

Neil Westfall – chitarra

Josh Woodard – basso

Alex Shelnutt – batteria

Kevin Skaff – chitarra, voce

Tracklist:

  1. Bad Vibrations

  2. Paranoia

  3. Naivety

  4. Exposed

  5. Bullfight

  6. Reassemble

  7. Justified

  8. We Got This

  9. Same About You

  10. Turn Off The Radio

  11. Forgive And Forget

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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06th Dic2016

Tears Of Blood – A New Way Of Life

by Trevor dei Sadist

tears-of-blood-a-new-way-of-lifeI Tears of Blood sono una band della provincia di Treviso, arrivati al debut album, dopo un paio di singoli e videoclip, gettati nella mischia in precedenza. Amano definirsi una alternative metal band, termine che vuol dire molte cose, vi dico subito che se amate sonorità alla Bullet For My Valentine e Trivium questo è un disco che fa per voi. Il loro sound è di forte impatto, genuinamente sagace, nonostante la componente melodica non viene meno, grazie a melodie ammiccanti, specie nei chorus. Si tratta di un album d’esordio di tutto rispetto, sia per la musica e arrangiamenti, così come per la produzione, nitida anche se dove si richiede l’ausilio della potenza sonora il mix non lascia a desiderare, tutt’altro. C’è da divertirsi con la musica dei Tears of Blood non c’è tempo per annoiarsi, grazie al groove con cui la band riesce a smorzare gli equilibri. A New Way Of Life è un buon album, sono certo che i più giovani, lo sapranno apprezzare, specie per certi contenuti, Drown insegna. Ennesima volta che mi trovo a dire bravi ai ragazzi di casa nostra. Avanti così! In alto il nostro saluto!

Autore: Tears Of Blood

Titolo Album: A New Way Of Life

Anno: 2016

Casa Discografica: Indiebox Music

Genere musicale: Metalcore

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/ToBbandofficial

Membri band:

Alexander Guarneri – voce, basso

Diego Cecchetto – chitarra, voce

Alessandro “Billy” Billiato – chitarra, voce

Francesco Truccolo – batteria

Tracklist:

  1. The Begin Of A New Black World

  2. New Way Of Life

  3. Legion

  4. Black Sea

  5. Cocito

  6. Drown

  7. Never Forget

  8. The Day I Die

  9. From Dark To Light

  10. Death Is Near

  11. Demon Of The World

  12. Last Step To Heaven

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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12th Nov2016

DripPing Roof – 26900

by Marcello Zinno

dripping-roof-26900I DripPing Roof ammorbidiscono i toni. Dopo anni di musica un po’ più estrema, se così possiamo dire, dei due fondatori del progetto, il quintetto nasce e nel giro di tre anni si lancia sul mercato discografico con un debutto a firma SG Records. Siamo nei territori dell’heavy metal/metalcore melodico in cui le linee vocali sembrano assumere un importante ruolo a livello compositivo, peccato essere in parte penalizzate dalla produzione che invece la pensa al contrario e pone enfasi sulle chitarre e sulla musica lasciando da parte una pulizia sonora generale (nella ballad In Between questo è evidente). Sicuramente a livello sonoro si poteva fare di meglio ma la concettualità che è alla base dei DripPing Roof compensa (in parte) questa lacuna mostrando vari profili durante la singola traccia, che a volte si ripetono lungo la tracklist ma comunque con un buon esercizio di stile. 26900 può infatti piacere sia all’appassionato di heavy metal che a chi cerca una certa melodia pur caricata da una dose di elettrica forte: forse il vero target della band è nella “generazione metalcore”, di quello più orecchiabile e melodico, di sponda Trivium senza i muri di suono a cui loro ci hanno abituati (influenze più evidenti nella meno matura ma più violenta Sweet Touch Of Death)

In Sicklovezone ad esempio la band prova ad osare e presenta una voce in growl in piccoli passaggi ma è anche il tiro che coinvolge; anche Foolish And Greedy è un buon esame per la band, con un ritornello che resta impresso già al primo ascolto e una parte sul finale più cattiva che fa intendere la maggiore irriverenza che i DR potrebbero assumere in sede live. La killer song a nostro parere è Great Illusion che sottolinea la portata della band, sicuramente matura a livello di songwriting, ma che con suoni molto più pomposi avrebbe potuto presentarsi nella scena metalcore internazionale. Un buon inizio che fa lievitare le aspettative future sul combo.

Autore: DripPing Roof

Titolo Album: 26900

Anno: 2016

Casa Discografica: SG Records

Genere musicale: Heavy Metal, Metalcore

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/DripPingRoof

Membri band:

Fabio – voce

Fabrizio – chitarra

Luca – chitarra

Damiano – basso

Gigio – batteria

Tracklist:

  1. Reborn

  2. Dark Angel

  3. Sicklovezone

  4. Foolish And Greedy

  5. In Between

  6. Great Illusion

  7. Sweet Touch Of Death

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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05th Nov2016

Burn After Me – Aeon

by Marcello Zinno

burn-after-me-aeonI Burn After Me arrivano quest’anno al primo agognato full-lenght dal titolo Aeon. L’impressione che riceviamo nelle prime tracce è la stessa che ci perseguita lungo l’intero album: il quintetto è dotato di tecnica e ha chili di rabbia da scaricare nei tantissimi watt misurati dalla loro musica, ma purtroppo la proposta risulta eccessivamente piatta. I Burn After me infatti si altalenano tra il technical death metal e quel filone del metal-core nascente che impone ritmiche geometricamente asimmetriche tanto da farlo accostare al prog-core per qualcuno: è proprio la sezione ritmica infatti che si colloca al centro del trademark della band e purtroppo finisce, non volentieri, ad essere protagonista del sound, un sound molto povero di melodia, di pattern che restino impressi o di trick che attirino l’attenzione. Siamo sinceri nel dire che è difficile sentire una band all’esordio discografico con una compattezza sonora e un profilo tecnico come i Bury After Me, ma la ricetta ci risulta mancante di una parte essenziale nella composizione, l’elemento capace di dare colore ai brani. Le linee vocali completamente in growl non aiutano a far uscire qualche carattere differenziante e anche la produzione acuisce lo spessore ritmico a svantaggio del resto: la sensazione è che si subisca un attacco bellico senza poter distinguere ombre, panorami, persone o forme di altro tipo.

Qualche spiraglio si tocca con mano nelle parti finali di Lustful e di Chaste Kiss, o in Beatrix, momenti in cui sembra arrivare una boccata di ossigeno ma in generale, come dicevamo, quanto proposto rappresenta una linea piatta che non ha picchi né variazioni. Probabilmente se Aeon fosse uscito una decina di anni fa si poteva sottolineare un scelta stilistica arida ma caparbia (chi ascoltò all’epoca Catch Thirtythree dei Meshuggah può capire cosa intendiamo) ma oggi la scena si è stratificata ed è necessario che ciascun musicista all’interno della formazione si esprima e si faccia sentire arricchendo le composizioni. Noi speriamo che in una prossima uscita i ragazzi, magari partendo dalla buona e più digeribile Fixed Stars, riescano a toccare un ventaglio più ampio di sfumature e tinte.

Autore: Burn After Me

Titolo Album: Aeon

Anno: 2016

Casa Discografica: Nuvi Records

Genere musicale: Metal-core, Technical Death Metal

Voto: 5,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.burnafterme.com

Membri band:

Roberto Frigo – voce

Niccolò Dagradi – chitarra

Simone Folino – chitarra

Jacopo Scopel – basso

Luca Peruzzotti – batteria

Tracklist:

  1. Cocytus

  2. Chasm

  3. Phlegethon

  4. Lustful

  5. Head Bowned

  6. Sewn Shut Eyes

  7. Right Fit

  8. Chaste Kiss

  9. Beatrix

  10. Fixed Stars

  11. Angels

  12. Empyrean

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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19th Ott2016

Coldrain – Vena

by Piero Di Battista

coldrain-venaChiariamo subito una cosa per quei pochi che non lo sapessero: il Giappone non ha prodotto soltanto le Babymetal. La terra del Sol Levante ha, non poche volte, dato i natali a gruppi interessanti e di diverso genere. Pensiamo agli X Japan o agli Hi-Standard ad esempio. Oggi vogliamo parlarvi dei Coldrain e del loro disco Vena, pubblicato alla fine del 2015, dall’etichetta locale VAP e dalla Hopeless Records per quanto riguarda il mercato fuori dai confini nipponici. I Coldarain si formano a Nagoya nel 2007 e con Vena giungono al quarto disco da studio. I cinque giapponesi propongono un tutto sommato discreto metalcore, con le dovute caratteristiche che ne conseguono. Le parti vocali del buon Masato ci mostrano una più che valida altalena scream/clean, mentre l’approccio sonoro si concentra per lo più su delle evidenti linee melodiche, anche se talvolta non si disdegnano momenti leggermente più ruvidi. La prima parte del disco appare più graffiante; merito di brani quali Vena, Wrong e Words Of Youth, in cui i Coldrain appaiono un po’ più motivati nel mostrarci quel lato un po’ più tagliente del loro sound.

Mano a mano che l’album prosegue, l’energia tende ad affievolirsi. The Story e la “semi-ballad” Whole sembrano proprio fungere da momento di pausa. Il disco preme nuovamente sull’acceleratore, senza però dar gas più di tanto con Runaway, pezzo che si avvale della presenza come special-guest di Jacoby Shaddix, voce dei Papa Roach. La parte finale dell’album, come già anticipato, perde di mordente, di grinta. Una linea retta dalla quale non ti aspetti nessuna sterzata. E così è. Peccato perché le premesse, nella fattispecie la prima metà del disco, erano buone. Non stiamo parlando di una bocciatura, ma di certo neanche di un disco fondamentale nel suo genere. Vena potrebbe risultare un prodotto interessante per chi segue gruppi come Papa Roach, Asking Alexandria e forse Bullet For My Valentine. Stiamo comunque parlando però di un disco poco sopra la sufficienza.

Autore: Coldrain

Titolo Album: Vena

Anno: 2015

Casa Discografica: VAP, Hopeless Records

Genere musicale: Metalcore

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: www.facebook.com/coldrainofficial

Membri band:

Masato – voce

Y.K.C. – chitarra

Sugi – chitarra

RxYxO – basso

Katsuma – batteria

Tracklist:

  1. Vena

  2. Wrong

  3. Divine

  4. Gone

  5. Words Of Youth

  6. The Story

  7. Whole

  8. Runaway

  9. Pretty Little Liar

  10. Heart Of The Young

  11. Fire In The Sky

Category : Recensioni
Tags : Metalcore
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