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06th Feb2014

The Brain Washing Machine – Seven Years Later

by Rod

The Brain Washing Machine - Seven Years LaterGeneralmente (ma non è sempre detto) l’ascoltatore generico medio di musica rock è colui il quale si pone alla continua ricerca di band che siano capaci non solo di rappresentare al meglio le proprie tendenze musicali, ma soprattutto di sprigionare attraverso il proprio sound il giusto mix di energia, potenza ed aggressività tipico dell’espressione più nobile del genere musicale. Impresa questa spesso ardua ma non impossibile, specie quando ci si imbatte in produzioni di livello come l’ottimo Seven Years Later dei padovani The Brain Washing Machine. Gente di talento i Nostri, capaci di centrare al primo colpo l’obiettivo qualità grazie ad un pugno di brani granitici che attingono a piene mani dalla crudezza essenziale e viscerale del grunge, dall’immediatezza risoluta dell’hard rock e dalle sonorità più sfrontate ed incandescenti del metal e dello stoner. Gli ingredienti sapienti di questo lavoro sono sicuramente l’incisività di riff aggressivi, l’originalità di ottime linee di basso ed una batteria indomita, sempre precisa e costantemente sul pezzo. Alla voce Baldo prova ad imprimere ai pezzi il suo mood interpretativo improntato sugli stili “nu” del momento, supportato alla seconda voce da un Muten che sa incidere (e di parecchio) soprattutto nella riuscita dei chorus.

Sparks, Angry Boy, The Game e soprattutto Simple Song, rappresentano senza alcun dubbio le composizioni di maggiore livello dell’album; vincono per potenza sonora, per impatto melodico e per immediatezza dell’insieme: un promettente punto di forza se paragonato a quello di centinaia di altre band che scalpitano alle spalle ma che arrancano a raggiungere un livello come questo, nonché un biglietto da visita di tutto rispetto per chi vuole muoversi in questo ambiente con una propria identità verso una precisa direzione artistica. Seven Years Later ci è piaciuto perché è un disco che va dritto al sodo e che sa parlare a tutta la folta schiera di appassionati di musica tosta, un antipasto di quello che questo giovane ma già esperto combo sarà capace di proporre da qui in avanti soprattutto in occasione delle imminenti performance live.

Autore: The Brain Washing Machine Titolo Album: Seven Years Later
Anno: 2013 Casa Discografica: Go Down Records
Genere musicale: Stoner, Nu Metal, Hard Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.thebrainwashingmachine.com
Membri band:

Marco “Baldo” Baldassa – voce

Riccardo “Muten” Morandini – chitarra

Alberto “Berto” Chillon – basso

Luca “Sidd” Baggio – batteria

Tracklist:

  1. Sparks
  2. The Same Old Man
  3. Signals
  4. Danko
  5. Psycho
  6. Dance
  7. Simple Song
  8. Angry Boy
  9. Broken Minds Opera
  10. The Game
  11. City Of Lies
  12. Seven
Category : Recensioni
Tags : Nu metal
1 Comm
29th Gen2014

Micro Touch Magics – Ebron

by Marcello Zinno

Micro Touch Magics - EbronIl quartetto dal simpatico nome Micro Touch Magics si presenta come una band rapcore/crossover. In realtà bastano pochi secondi di ascolto del loro nuovo secondo EP, dal titolo Ebron, per capire che siamo nei territori del nu metal americano in stile Limp Bizkit, con delle linee vocali molto stoppate e che sovrastano la restante parte della proposta musicale, ad eccezione di una sei corde che trascina il tutto. Un Fred Durst in piccolo, esaltato da una ricetta che ormai oltre oceano è assolutamente in calo, nel mondo del metal, e che può piacere solo ad appassionati di rap che desiderano un sound un pò più “tosto” o ad adolescenti alle prime armi con il metal. Interessante il tentativo della band di proporre brani con testi in italiano, una sorta di “tentativo coraggioso” di come inserire nei nostri panni un sound tipicamente americano. Al di là della buona volontà però il risultato non è totalmente positivo: a conti fatti si tratta dell’ennesimo test per sdoganare un prodotto che all’estero ha un certo mercato ma che non aggiunge nulla di valore per la scena metal mondiale. In venti minuti i ragazzi danno il massimo e questo va apprezzato; la pulizia alla base dei loro suoni valorizza Ebron, ma le coordinate non sono quelle vincenti a nostro parere. Lo dimostrano i passaggi in cui il rap prende il sopravvento come in Subconscio Assassino (6 Cn Me), seppur alternato da variazioni ben congegnate.

Il rap di M.T.Magris (brano che in parte cita le iniziali del moniker della band) finisce per imitare eccessivamente Mr. Durst mentre l’ultima Faraon torna sul rappato italiano senza mutare lo stile musicale. In generale un album consigliato a chi è molto giovane e si sta avvicinando da poco al metal, a patto che poi riscopra le vere radici del genere.

Autore: Micro Touch Magics Titolo Album: Ebron
Anno: 2013 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Nu Metal Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: http://www.mtmofficial.com
Membri band:

Mattia Cabrini – voce

Gianluca Beltrami – chitarra

Andrea Spadoni – basso

Francesco Bertoni – batteria

Tracklist:

  1. Deturpation Comedy
  2. Sparo
  3. Subconscio Assassino (6 Cn Me)
  4. M.T.Magris
  5. Faraon
Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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18th Gen2014

Arhythmia – Time To Coming Back

by Marcello Zinno

Arhythmia - Time To Coming BackItaliani ma dall’attitudine d’oltreoceano. Gli Arhythmia sono un quintetto dedito ad un death metal semplice, che fa dei tempi stoppati il proprio marchio di fabbrica. Il loro mood è molto debitore al crossover ma soprattutto al nu metal (pur presentandosi come un’alternative metal hardcore band) eppure si portano dietro delle idee non banali ma che riescono a suonare moderne ancora oggi. Il loro nuovo EP dopo nove anni dalla formazione è prodotto da Billy Graziadei, frontman dei Biohazard, ma dimenticate la proposta di quest’ultimi perchè qui di hardcore c’è davvero poco. 17 minuti di groove metal, potremo dire, che fanno muovere la testa ma che non spostano di un centimetro la scena, la ripropongono semplicemente da un altro punto di vista. L’eccezione è data dal brano Y.o.l.o. che presenta dei tempi ben più veloci, come i Sepultura ci hanno insegnato in passato, senza però allontanarsi, a partire da metà traccia, dal seminato degli Arhythmia per giungere al rap della parte finale che ricorda dei Limp Bizkit meno intransigenti. Crashing Into The Void sembra più intricata ma lungo il suo corso si fa prendere di nuovo la mano su riff stoppati, elemento che ricorda anche quanto fatto in passato da band come Mudvayne, nonostante in questo brano vengano inserite sfumature sonore estranee a quelle di Chad Gray & Co.

Una prova dura ma sicuramente di transizione. Un EP che guarda al passato nu metal e ad elementi ai quali il metal estremo è già giunto da anni. Ci aspettiamo altro per le future uscite degli Arhythmia.

Autore: Arhythmia Titolo Album: Time To Coming Back
Anno: 2013 Casa Discografica: Onestep
Genere musicale: Death Metal, Groove Metal, Nu Metal Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: http://www.arhythmiaband.com
Membri band:

Michele Canu – voce

Matteo Lombardo – chiatarra

Riccardo Bevitori – chitarra

Luca moro – basso

Nicola Salis – batterista

Tracklist:

  1. Time No Coming Back
  2. Long Slow Dance
  3. Y.o.l.o deat Jahred (Hed Pe)
  4. Crashing Into The Void
  5. Last Days
Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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04th Gen2014

Rage Of South – I See, I Say, I Hear

by Marcello Zinno

Rage Of South - I See, I Say, I HearDopo un EP e tanta fatica, come tantissime band in circolazione, anche i Rage Of South giungono al loro primo full lenght presentato come una manciata di brani all’insegna del crossover/nu metal. Da subito a noi sembra più prossimo al nu metal di scuola Slipknot (periodo Vol.3: The Subliminal Verses in avanti) con delle parti vocali psicopatiche che combaciano alla perfezione con riffoni pesanti e lugubri ma allo stesso tempo cadenzati secondo i classici dettami nu metal. Fin dalla vera opener Sheep (dopo 40 secondi di intro) si sentono le derivazioni di Corey Taylor & co. con cavalcate che stimolano l’headbanging diretto e tempi che rallegrano i metallari incalliti senza però puntare a soluzioni davvero intriganti né innovative. Molto della ricetta dei Rage Of South è incentrato sulla parte ritmica che offre stacchi e tempi particolari in grado di caratterizzare il loro sound (questo pensiamo che avverrà soprattutto in futuro, quando saranno in grado di proporre qualcosa di ancora più ricercato) ma in questo I See, I Say, I Hear non si intravedono parti davvero stravolgenti rispetto allo scenario nu metal internazionale (che negli ultimi anni è indubbiamente in discesa in quanto ad interesse). Piacevole il fatto che si cerchino atmosfere differenti: le ambientazioni cupe di Silence ad esempio sbattono positivamente con le aperture delle sei corde del brano successivo, Prayer, che presenta anche un cantato diverso (e dei tempi dispari interessanti).

Alcune parti più soft, come That Fear About Me, ricordano qualche produzione a nome Staind (in termini musicali, senza considerare le differenze vocali con Aaron Lewis), mentre le parti più sofisticate ci ricordano i Mudvayne del passato che puntavano molto sulle composizioni ritmiche in grado di reggere l’intero palinsesto sonoro. È su questa base che la band si sente di aderire anche al crossover, anche se come dicevamo la matrice nu metal è indubbiamente più forte. I Rage Of South sono indubbiamente capaci e dovrebbero puntare maggiormente a questi intrecci ritmici che sono in grado di caratterizzarli maggiormente, altrimenti rischiano di cadere nel calderone, ormai già troppe volte riscaldato, del nu metal troppo orecchiabile.

Autore: Rage Of South Titolo Album: I See, I Say, I Hear
Anno: 2013 Casa Discografica: Red Cat Records
Genere musicale: Nu Metal Voto: 6
Tipo: CD Sito web: http://www.rageofsouth.com
Membri band:

Tano – voce, chitarra

Leo – chitarra, voce

Salas – batteria

Smoke – basso, voce

Tracklist:

  1. Intro
  2. Sheep
  3. Silence
  4. Prayer
  5. Stay Down
  6. That Fear About Me
  7. Reflection
  8. That Falling Down
  9. Theme Of Juliet
  10. Let Me Die
  11. Approved
Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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08th Nov2013

Illusoria – More Than We Are

by Marcello Zinno

Illusoria - More Than We AreGli Illusoria rappresentano una realtà nostrana composta da giovani musicisti che intende sfondare nel mondo del metal (loro si definiscono “nu thrash metal”), genere tra l’altro un pò fermo all’epoca in cui usciva questo lavoro. Il loro stile è ben marcato: si tratta di un death metal di radice “in flamesiana” molto cadenzato, che raggiunge dei tempi talvolta doom, e che coerentemente presenta delle chitarre ben accoppiate ma mai sparate a mille. Una sonorità da gustare con headbanging continuo mentre il growl di Cristiano si fa sentire duro e crudo. L’album (in realtà non è una demo ma un mini album) è composto da 5 pezzi nei quali la personalità degli Illusoria emerge e si rafforza lungo tutto il corso dell’opera,  purtroppo di breve durata. Quello che si nota, e che va senza dubbio apprezzata, è la passione che trasuda da questi 5 musicisti caratterizzati da una buona caratura tecnica (anche se non sembra voglia essere la chiave del loro sound). L’album si apre con Gone Away Alone e subito si assapora la durezza che ci porta ai tempi di Cowboys From Hell dei Pantera a cui la ricetta Illusoria si rifà, talvolta anche in modo abbastanza esplicito, ma senza saccheggiamenti; come può essere la realizzazione di un prezioso insegnamento, così i Nostri compongono un death/thrash davvero preciso e saporito. Da evidenziare gli arrangiamenti presenti in Gone Away Alone, attinenti ritornello e bridge con assolo annesso, quest’ultimo molto lineare, coordinato con il resto del pezzo. Inoltre è da subito chiarissimo il lavoro di produzione eseguito: davvero un suono pulito, impeccabile e potremo dire anche azzeccato per il genere.

ReplicHATE porta con sé una incisività molto più distruttiva ed anche qui è esaltata al massimo la produzione; la carica groove è forte ed il nostro Cristiano “Anselmo” Moroncelli ce la mette tutta per abbattere quel muro di suono costruito dagli altri quattro elementi, molto ben amalgamati tra loro. Il pezzo più curato è sicuramente la title track, More Than We Are, in cui si apprezzano alcuni approcci ‘Tallica style, oltre che una voce pulita che accompagna talvolta il growl, ed una cadenza tempistica che strappa il cuore. Parti lente si intrecciano alla chitarra distorta e ciò non può che farci godere, fin quando non sopraggiunge l’intermezzo lento che dimostra quanto gli Illusoria siano bravi anche nella composizione di ballad. Nessuna sovrapposizione di suoni, nessuna perdita di amplificazione, nessun suono che storce né echi, ecco i segreti della ricetta More Than We Are che presenta una consistenza davvero d’impatto. Così anche Denial, pezzo maestro negli arrangiamenti, conferma le doti del gruppo anche proponendo una doppia personalità vocale, mentre con Nuance si sperimentano tempi più veloci e sonorità più “cacthy” (probabilmente il pezzo più d’impatto dell’album e sicuramente un singolo che potrebbe spaccare davvero, con un bridge avvincente, un ritornello che resta impresso ed un assolo molto curato).

Questi sono gli Illusoria, gruppo che mette in chiaro le idee con questo lavoro targato 2005. La maturità è ancora lontana anche se questo album rappresenta quanto l’insieme di 5 musicisti valga molto di più della somma dei songoli elementi.

Autore: Illusoria Titolo Album: More Than We Are
Anno: 2005 Casa Discografica:   Autoproduzione
Genere musicale: Nu metal, Death Metal, Thrash Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: n.d.
Membri band:

Cristiano Moroncelli – voce

Lorenzo Gamberini – chitarra

Alberto Rudoni – chitarra

Massimo Pilotto – batteria

Massimiliano Conti – basso

Tracklist:

  1. Gone Away Alone
  2. ReplicHATE
  3. More Than We Are
  4. Denial
  5. Nuance
Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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09th Ott2013

Total Empty – Planktoon

by Alberto Lerario

I genovesi Total Empty debuttano nel mondo discografico con Planktoon. Francesco Canepa e compagni definiscono il loro genere come crossover metal, un suono duro che prende spunto dal thrash metal dei Metallica per spaziare fino al rock dei Muse, fino ad aspirare al raggiungimento del sound “totale” (come definito dalla stessa band). Nonostante tali ambizioni purtroppo, i Total Empty ci forniscono un mix vago e rudimentale di nu metal, alternative, grunge, rock e thrash metal. Infatti, quasi tutte le tracce sono eseguite in modo scolasticamente perfetto, lasciando però all’ascoltatore un sottofondo d’insoddisfazione e una sensazione d’incompiutezza. Il mid tempo che caratterizza le canzoni sembra sempre essere il preludio per un’accelerata che in realtà non ingrana mai a dovere, e parimenti il ritmo cadenzato non è contornato della potenza necessaria per lasciare il segno sui padiglioni auricolari. Per fortuna Planktoon si rivitalizza a tratti con sferzate di groove coinvolgente e aggressivo, come in Soldier e You Lose. Come molte altre band i Total Empty, nonostante siano composti da un gruppo di ottimi musicisti molto preparati tecnicamente, nel tentativo di proporre qualcosa di innovativo attingono ai classici del passato scomponendoli per ricomporli comunque secondo canoni classici, senza mai riuscire a distaccarsi completamente dal proprio background. Esempio di questo è la voce del singer Lias, che vanta una lunga militanza nella tribute band dei Metallica Fade o Trash, e che spesso segue, anche egregiamente, i binari tracciati da James Hetfield cercando solo a tratti di discostarsene (come in Outside), ma troppo timidamente, con il risultato di sembrare fuori tono o fuori posto.

Un debutto in chiaro scuro quello dei Toal Empty che sono sì capaci di proporre un registro di riff interessante, ma forse ancora indecisi sul percorso da seguire…hanno provato a spaziare in diverse direzioni smarrendo a tratti la via.

Autore: Total Empty Titolo Album: Planktoon
Anno: 2013 Casa Discografica: Nadir Music
Genere musicale: Nu Metal Voto: 6
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/TotalEmpty
Membri band:

Ludovico Lias – voce

Francesco Canepa – chitarra

Saverio Primerano – basso

Francesco Garbarino – batteria

Tracklist:

  1. Soldier
  2. The One
  3. Outside
  4. Wonderland
  5. Total Empty
  6. The Punisher
  7. Watch Out
  8. Father
  9. You Lose
Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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17th Set2013

Kuadra – Il Bene Viene Per Nuocere

by Carlo A. Giardina

Da vigevano arrivano urlanti i Kuadra con il loro album dall’aria grottescamente profetica: Il Bene Viene per Nuocere. Le componenti principali di questa vera bomba dalla costante esplosione sono: le urla strazianti miste a toni armonici della voce, il rap, il rock e il nu metal. L’album è un insieme di rombi cadenzati che danno struttura a testi truci, senza peli sulla lingua e, seppur pessimisti, scaturenti dalla realtà. Realtà che appare come la tomba delle virtù, dei buoni propositi, dell’altruismo, del bene. Si sente molto l’influenza dei Rage Against The Machine soprattutto nei primi brani (Il Bene, Crash Test) per poi stabilizzarsi su un potente nu metal, raptus di rap improvvisi a parte. L’ascolto, che viene spontaneo, dato l’interesse degli argomenti trattati, prosegue con Lasciami Entrare. Una voce diabolica innesca l’intro che, paradossalmente, entrerebbe in testa anche senza chiedere il permesso. Sulla stessa scia Lo Sciamano presenta un altro brano diabolico che evoca immagini nitide e al contempo evanescenti con alle spalle il solito robusto nu metal. Con Molotov, invece, si arriva ai sopra citati raptus di rap improvvisi. Brano crudo e violento accompagnato da boati di grancassa in levare. Di solitudine si può morire e di sicuro questo è un brano per poter far fronte a questo problema. Tra un brano e l’altro spunta anche un discorso di Thomas Sankara che dà, tra l’altro, il nome allo stesso brano. La figura di Sankara probabilmente è stata citata data la sua aura profetica e rivoluzionaria che guidò l’Africa occidentale sub-sahariana. Un vero e proprio “Che Guevara africano” che cercò di “decolonizzare la mentalità africana” dall’imperialismo sfruttatore e dittatoriale. In effetti questo principio sarebbe perfetto come prologo al brano successivo Cervelli In Vasca: brano molto interessante. Un aggressivo nu metal che si scaglia, senza peli sulla lingua, contro l’ignoranza e il controllo delle menti, soprattutto quando tutto ciò è a conoscenza dello stesso controllato.

Anche nei rimanenti brani sono trattati argomenti a grande impatto sociale: Nuove Cure Mortali, per esempio, fa riflettere sulla caducità della vita: nonostante esistano delle cure, volenti o nolenti, il tempo ci condurrà alla morte; o anche I Nostri Eroi che dimostrano come alla fine siamo noi gli stessi eroi di noi stessi; per finire con Correre Correre che affronta il paradosso dell’evoluzione e del progresso utilizzati per apportare migliorie a simboli del regresso (“la sedia elettrica a energia solare sarà un grande successo”). Stiamo correndo senza saper correre. In definitiva i Kuadra hanno molto da dire, hanno grinta, rabbia. Ed anche la scelta musicale, per quanto possa essere violenta e rumorosa, appare comunque appropriata ad accompagnare gli argomenti catastrofici e paradossali trattati. Il Bene Viene Per Nuocere è un buon album che, se ben ascoltato, senza far troppo riferimento alla musica, può toccare le menti.

Autore: Kuadra Titolo Album: Il Bene Viene Per Nuocere
Anno: 2013 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Nu metal Voto: 6
Tipo: CD Sito web: http://kuadra.zimbaland.com
Membri band:

Y – voce

Zavo – chitarra

Hyde – chitarra

Kimbo – basso

Krab – synth

Van – batteria

Tracklist:

  1. Il Bene
  2. Crash Test
  3. Lasciami Entrare
  4. Lo Sciamano
  5. Molotov
  6. Thomas Sankara
  7. Cervelli nella Vasca
  8. Nuove Cure Mortali
  9. La Culla
  10. I Nostri Eroi
  11. Correre Correre
Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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03rd Ago2013

Mudvayne – Lost And Found

by Marcello Zinno

Per i Mudvayne il 2005 fu un anno importante. Dopo aver presentato un assaggio dei loro nuovi brani in occasione del nostro Gods Of Metal e dopo essere stati beffeggiati da un pubblico che non ha apprezzato la loro evoluzione musicale, escono con Lost And Found. In realtà i Mudvayne rappresentavano in quegli anni uno dei gruppi più discussi nel panorama nu metal: qualcuno li paragonava ad un fenomeno da baraccone, qualcun altro invece li riteneva una colonna portante dell’intera scena nu metal. In realtà bisogna riconoscere che hanno saputo spaziare all’interno del genere (c’è chi ha visto nelle radici del gruppo una sorta di math-core progressive) forti di una poderosa eredità fornita loro da Shawn Crahan, percussionista degli Slipknot che ha fatto loro da produttore esecutivo del pesantissimo esordio su major LD50 e da trampolino di lancio (i Mudvayne hanno supportato in concerto numerose volte gli Slipknot). La somiglianza è brutale e lo si nota anche in questo album con la scelta di accompagnare uno screaming cruento ad una linea vocale a tratti suadente e riff distorti-fragorosi. I campionamenti si sento sempre, in primo piano come tutta la tradizione Mudvayne, e la cattiveria risulta sempre protagonista della scena pur mischiandosi con i milioni di sforzi fatti dai gruppi limitrofi e spesso perdendosi senza creare nulla di nuovo. A tratti il vocalist prende le sembianze di un Philip Anselmo di Cawboys From Hell come in Pushing Through, mentre in Imn sembra proprio lampante l’imitazione di Corey Taylor (singer degli associati Slipknot) per impatto scenico e forza distruttiva.

Abbandonate le maschere ed il make-up quasi in stile black metal degli inizi, con questa uscita i nostri tentano anche di scrivere una pseudo-ballad, Fall Into Sleep, che pesca nel cuore del nu metal cercando di selezionare solo i migliori spunti e riuscendo nell’obiettivo pur senza comporre nulla di epocale. Peccato che il bassista Ryan Martinie sembra aver detto addio ai riff slappati scuotiossa a cui ci aveva abituato anche nel modesto The End Of All Things To Come; Ryan è un pilastro emblematico e sostanziale anche dello show live dei quattro musicisti, il suo Ibanez viene letteralmente violentato ed il gusto di sentire un sound che prende a cazzotti le linee di basso fa morire internamente. Da apprezzare l’intento di toccare influenze differenti rispetto alle radici della band, almeno a confronto alle uscite precedenti targate Mudvayne in cui si cercava a tutti i costi un impatto doloroso e distruttivo. Qui si leggono sfumature diverse ed interessanti pur se non si può gridare al capolavoro per un “prodotto” che va ad inserirsi in una schiera fittissima di idee già dette, elaborate, miscelate, confusamente piazzate sul mercato e spesso prive di identità propria.

Ciò rende sicuramente complicato scrivere un album nu metal che possa attirare l’attenzione di un pubblico che apprezzi la novità, ma bisogna caldamente approfittare di questo Lost And Found per rifarsi la bocca dagli ascolti di quel periodo sentiti a parità di genere. Da evitare la lunghissima e petulante Choices, come Happy? che ripete un po’ troppo i canoni ben conosciuti del gruppo; da gustare la stravagante e lenta Forget To Remember e la drammatica All That You Are, mentre Tv Radio, Just e Pulling The String restano nella media l’album.

Autore: Mudvayne Titolo Album: Lost And Found
Anno: 2005 Casa Discografica: Sony Music
Genere musicale: Nu Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.mudvayne.com
Membri band:

Ryan Martinie – basso

Greg Tribett – chitarra

Matt McDonough – batteria

Chad Gray – voce

Tracklist:

  1. Determined
  2. Pushing Through
  3. Happy?
  4. Imn
  5. Fall Into Sleep
  6. Rain. Sun. Gone
  7. Choices
  8. Forget To Remember
  9. Tv Radio
  10. Just
  11. All That You Are
  12. Pulling The String
Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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13th Apr2013

Linkin Park – Hybrid Theory

by Gianluca Scala

Il primo album dei Linkin Park è il capolavoro assoluto della loro già numerosa discografia. Stiamo parlando di una band attiva da ben 17 anni e che durante la propria carriera si è tolta molte soddisfazioni avendo venduto oltre 60 milioni di copie in tutto il mondo, di cui soli 25 milioni negli Stati Uniti. I numeri parlano da soli e con l’album che vi stiamo raccontando riuscirono a superare oltre 10 milioni di copie vendute nel mondo aggiudicandosi il disco di diamante come attestazione di riconoscimento. Uno dei pochi lavori che ha davvero contribuito al successo del genere battezzato nu metal, nonostante la loro proposta musicale talvolta venga accostata di più al pop a causa del loro sound orecchiabile e di facile appiglio. Dodici canzoni che hanno la particolarità di saper catturare l’attenzione dell’ascoltatore più distratto fin dal primo approccio. La novità stava nel saper mischiare in maniera intelligente molti stili diversi tra loro, l’alternative rock del brano One Step Closer, il duetto rappato-rock nel brano Crawling, per non dimenticare In The End, forse la loro canzone più conosciuta in assoluto. La band stessa considera da sempre questo brano come il loro vero cavallo di battaglia, la canzone più rappresentattiva che bucò gli schermi dei canali musicali con uno dei videoclip più riusciti della storia del rock; il videoclip venne codiretto dal regista Nathan Coxe e dal dj della band Joe Hahn e mostra la band mentre suona su una statua gigantesca circondata da un ambiente surreale da una parte, con il secondo singer Mike Shinoda dall’altra che canta in rappato in mezzo ad un deserto, e queste sono solo due delle immagini più suggestive del filmato.

Anche il primo brano dell’ album Papercut aveva un buon ritornello e delle linee vocali molto accattivanti, e la band accendeva le turbine del motore andando subito a scaldare l’ambiente a suon di rock industriale. I suoni campionati ed il rappato di Shinoda all’inizio di With You ti si appiccicano addosso grazie ad un chorus che si presenta corposo ed intrigante, praticamente parlando questo è un ottimo disco sotto ogni aspetto nel suo genere; la rabbia che sprigiona il brano A Place For My Head mette i brividi addosso. Ogni brano di questo lavoro ha messo un sigillo sopra il loro successo per poter entrare nella storia. La copertina del disco rappresenta un soldato con ali di libellula, venne disegnata e pensata dal rapper Mike Shinoda e a detta del musicista stesso rappresenterebbe il carattere ibrido della musica dei Linkin Park: il soldato rappresenta l’aggressività e la dinamica del genere suonato, le ali di libellula invece sono la leggerezza e l’orecchiabilità del rap. A distanza di anni Hybrid Theory suona ancora in maniera così attuale senza stancare mai, è uno di quei dischi che meritatamente fa parte dei best sellers musicali della musica contemporanea, un must per ogni rockettaro che si rispetti.

Autore: Linkin Park Titolo Album: Hybrid Theory
Anno: 2000 Casa Discografica: Warner Bros. Records
Genere musicale: Nu Metal Voto: 9
Tipo: CD Sito web: http://www.linkinpark.com
Membri band:

Chester Bennington – voce

Mike Shinoda – voce, campionatore, pro tools, piano

Brad Delson – basso, chitarra, voce

Rob Bourdon – batteria

Joe Hahn – giradischi, campionatore, voce

Tracklist:

  1. Papercut
  2. One Step Closer
  3. With You
  4. Points Of Authority
  5. Crawling
  6. Runaway
  7. By Myself
  8. In The End
  9. A Place For My Head
  10. Forgotten
  11. Cure For The Itch
  12. Pushing Me Away
Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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31st Dic2012

Stone Sour – Stone Sour

by Marcello Zinno

Fondati nel lontanissimo 1992, gli Stone Sour escono con un album omonimo ben 10 anni dopo, forti dell’esperienza conquistata negli anni. Nascono infatti dalle membra degli Slipknot (Corey Taylor e James Root militano tuttora nei meandri della mascherata e super discussa band) in un periodo di vera e propria diaspora, periodo durante il quale ogni componente della band si è distaccato dalla affollata famiglia ed ha cercato di creare qualcosa lontano da una sterile etichetta numerica (famose anche le performance del drummer Joey Jordison – #1 – nei Murderdolls e Wednesday 13). In effetti la data di formazione della band inquadra ottimamente l’originalità del materiale composto (scritto anche negli anni a venire): l’album vive di un anima già vecchia, come un attrezzo obsoleto già a partire dal suo lancio sul mercato. Un nu metal molto melodico, con influenze grunge, poco tecnico e incentrato sulla voce del leader (almeno in questo gruppo può fare da capobanda) che ruba qualcosa all’hard rock per giustificare l’esistenza della sua offerta. Attenzione a non farsi ingannare da Get Inside, a motivo posta come opener dell’album, e dal ritornello in growling di Orchids che fanno ricordare gli echi della banda madre (oltre che dei Mudvayne); quello che ci attende sono un cumulo di riff granitici in classico stile nu metal ma spesso con latenti richiami al rock più semplicistico e infalzionato (vedi il bridge di Cold Reader per fare un esempio) retti da strutture canzone inamovibili come delle colonne portanti e mai sorprendenti.

Tra una inniezione soporifera ed un pensiero che corre via dal volume altissimo delle nostre cuffie, si riesce talvolta anche ad apprezzare qualche idea piacevole come l’intro di Blotter, che però sfinisce nei minuti finali in una minestra già scaldata milioni di volte (Puddle Of Mudd?? …?!) e la ballad Bother che con tanto di violini e violoncelli trasmette delle emozioni di calma misti a dolore e tramite dei riff acustici, espliciti richiami all’eredità sabbattiana (compreso l’assolo con doppia chitarra, lontano però anni luce dalla classe di Iommi) ci distacca per un momento dal resto dell’album. Non a caso Bother è stata inserita nella colonna sonora del film Spiderman. Leggermente più studiata e sentita è Inhale, ennesimo pezzo che intende mettere in mostra le tendenze poetiche-recitative del singer (come anche la conclusiva Omega, una sorta di dialogo con se stesso) fino alla parte centrale dove il growl dovrebbe impreziosire il valore della traccia ma ovviamente senza drastici risultati (ritornelli stucchevoli e chiusura davvero fanciullesca). Idle Hands porta con sé qualche timido inserto innovativo ed un desiderio di offrire qualcosa di nuovo, con dei ben coordinati cambi di riff e stacchi rari ma intensi.

Avere maggiori dettagli sull’album? Inutile. Si tratta di un classico disco dalla giusta ricerca commerciale, a modesto parere attentamente “targhettizzato” per un pubblico giovane che vede come unica salvezza agli enormi problemi quotidiani il nu metal e gli Stone Sour come i paladini della giustizia. Noi che abbiamo gli occhi aperti, dedichiamoci ad altro.

Autore: Stone Sour Titolo Album: Stone Sour
Anno: 2002 Casa Discografica: Roadrunner Records
Genere musicale: Nu Metal Voto: 5
Tipo: CD Sito web: http://www.stonesour.com
Membri band:

Corey   Taylor – voce

James Root   – chitarra

Josh Rand   – chitarra

Shawn Economaki – basso

Joel Ekman – batteria

Tracklist:

  1. Get Inside
  2. Orchids
  3. Cold Reader
  4. Blotter
  5. Choose
  6. Monolith
  7. Inhale
  8. Bother
  9. Blue Study
  10. Take A Number
  11. Idle Hands
  12. Tumult
  13. Omega
Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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