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08th Apr2021

Hapnea – Hangover & Love

by Marcello Zinno
Nato come un progetto alternative rock, gli Hapnea si sono presto evoluti verso sonorità rock blues e l’eleganza chitarristica che predilige la filosofia delle “poche note” alla distorsione presente nel loro EP d’esordio lo conferma a gran voce. Hangover & Love infatti è sicuramente un EP rock: la titletrack è uno dei momenti che, soprattutto nella seconda parte, scalda i motori; Ultraviolenza Baby ha dei testi punk ma anche una sei corde fuzz che diventa ancora più potente in Whiskey Sour. Un rock blues in continuo conflitto con se stesso: infatti a nostro parere non si può parlare di blues nell’ “accezione pentatonica” del genere, piuttosto come filosofia compositiva che poggia su battute quasi mai veloci, sei corde spesso clean che intesse costrutti pacatamente, senza la fretta che solitamente il rock inietta (solo Moonlight Bar ha un refrain di chiaro stampo blues). A fianco di un rock comunque spesso evidente compaiono anche passaggi più pacati come Panama e (appunto) Moonlight Bar, due tracce che poggiamo su ritmi lenti e costruzioni relativamente melodiche, pur lasciando un certo spazio alla chitarra elettrica (qui molto meno distorta) e anche ad accordi inaspettati.

Ci piace lo stile degli Hapnea che fonde il gusto con una certa maturità musicale, difficile entrare bene nella loro filosofia di musica con un EP così breve ma 20 minuti bastano per comprendere che il percorso è tracciato e se continueranno così faranno grandi cose.

Autore: Hapnea Titolo Album: Hangover & Love
Anno: 2021 Casa Discografica: Homeless Records
Genere musicale: Rock Blues Voto: s.v.
Tipo: EP Digitale Sito web: www.facebook.com/hapnea.official
Membri band:
Paolo Tasso – batteria, percussioni, synth
Lorenzo Cespi – basso
Gabriel Medina – voce, chitarra
Danilo Cosci – tastiera, chitarra
Tracklist:
1. Oh Marcelle
2. Ultraviolenza Baby
3. Panama
4. Moonlight Bar
5. Whiskey Sour
6. Hangover & Love
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Rock Blues
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07th Apr2021

Vade Aratro – Agreste Celeste

by Cristian Danzo
Band bolognese che giunge al terzo album con questo Agreste Celeste dopo i precedenti Storie Messoriedel 2008 e Il Vomere Di Bronzodel 2016, i Vade Aratro si confermano come una delle proposte più originali ed irriverenti del metal italiano. Originali perché inserire elementi folk e della tradizione orale con testi italiani sulla musica heavy metal non è per niente scontato né facile, data la complessità della nostra lingua. Irriverenti perché i testi proposti, molto ragionati e che si rifanno alle storie agricole e delle tradizione “di paese”, sono sottili e scabrosi, senza scadere apertamente nel volgare, come appunto tutta la tradizione della musica popolare italiana. I cantastorie, gli stornelli, tutto ciò che fa parte della cultura che ogni regione, volenti o nolenti, porta con sé, è presente in questo album. E la matrice folk è prettamente quella dell’orientamento dei testi e non dello stile musicale che oscilla tra un metal molto pesante, evidentemente classic, e rimandi, nei pezzi molto brevi, a De Gregori, a Branduardi e a tutto il cantautorato.

Immaginatevi i Motorhead che si prendono delle pause tra decibel, schitarrate furenti ed accordi, e vi troverete davanti i Vade Aratro. Al Sole apre Agreste Celeste in maniera debordante, La Punturaia è un’altra bella badilata sui denti e si va avanti tra pezzi veramente carichi e sostenuti inframezzati con pezzi più lenti e quasi intimistici. Charivari è il mix perfetto ed il manifesto di tutto il lotto: una filastrocca in salsa metal che potrebbe essere la loro Alla Fiera Dell’Est. Ho Sognato Un Barbagianni mette in luce tutta la surrealtà, l’ironia e il sense of humour che il terzetto ha insito nel suo stile. Alla fine dell’ascolto ci si rende conto che Agreste Celeste ha anche rimandi (volontari o meno che siano, non lo sappiamo) al progressive anni 70. È una sensazione che emerge prepotente e non è palesemente mostrata ma sotterranea.

Doppio vinile composto da 22 pezzi che supera a pieni voti tutte le prove. Mai noioso, mai scontato, sempre su livelli altissimi. Complimenti a questi ragazzi, che hanno fatto uscire un ottimo album che potrebbe anche essere seminale e battistrada di una vera e propria corrente a sé stante.

Autore: Vade Aratro Titolo Album: Agreste Celeste
Anno: 2020 Casa Discografica: Lizard Records, Andromeda Relix
Genere musicale: Folk Metal, Heavy Metal Voto: 8,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/vadearatro/
Membri Band:
Marcello Magoni – voce, chitarra
Federico Negrini – basso, voce
Riccardo Balboni – batteria
Tracklist:
1. Al Sole
2. La Festa Del Grano
3. Chicco Di Grano
4. La Punturaia
5. Populus
6. Sotto La Terra
7. Il Pesce Magico
8. Sant’Antonio Del Porcello
9. Il Gatto Ribelle
10. Lucertole E Libellule
11. Sarò Buono
12 Alla Luna
13 Il Galletto Bianco
14 Charivari
15 Il Tesoro Dei Vecchi
16 Carnavale
17 Ho Sognato Un Barbagianni
18 Dentro Lo Specchio
19 La Lepre Bambina
20 Nel Tempo Di Notte
21 Ho Chiesto A Trenta Rospi
22 La Nave Dei Morti
Category : Recensioni
Tags : Folk, Nuove uscite
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07th Apr2021

Longblond – Lento Is Dead

by Marcello Zinno
Nei progetti a due componenti uno degli elementi più interessanti sta nel capire quali carte la band si giochi per riempire l’assenza di molteplici strumenti. Alcuni fanno dell’essenzialità il proprio stile (batteria/chitarra o batteria/basso e tanta distorsione), altri invece preferiscono stratificare il proprio suono riempiendolo e dando l’impressione che dietro ci sia una band reale a tutti gli effetti. I Longblond fanno parte del secondo gruppo di musicisti, inserendo loro diversi spunti spesso vicini a certa elettronica ma non completamente. Detto questo potrete immaginarvi un combo che gioca più con i suoni digitali che con i pedali ma così non è perché la chitarra (spesso dai suoni metal) è il primo elemento che esce fuori dal loro EP Lento Is Dead. Una chitarra che per la stragrande maggioranza degli ascoltatori fa l’80% del sound, ovviamente noi ci troviamo nel 20% visto che apprezziamo molto sia gli inserti del duo (lo scratch del disco in due brani ad esempio o l’outro assolutamente crossover) sia le influenze diverse che mostrano molta eterogeneità stilistica (gli arpeggi nell’opener, o i cambi di ambientazione tra strofa e ritornello di Understand Nada). Vero anche che il duo potrebbe osare ancora di più perché di base è comunque l’heavy rock che arriva e, anche se piace e possiede di certo un impatto considerevole, la band potrebbe dar vita ad una proposta artisticamente più particolare ed unica.

I Longblond non mancano di certo di attitudine e secondo noi anche di originalità. Si muovono sul terreno minato dell’heavy rock (ma potremo dire anche heavy metal) con i pochi strumenti a disposizioni ma le tante idee. Come esordio Lento Is Dead suona in parte lo-fi, ma di certo con una produzione all’altezza e un full-lenght ricco i Longblond potrebbero crearsi il proprio spazio nella scena rock/metal tricolore.

Autore: Longblond Titolo Album: Lento Is Dead
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Heavy Rock Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/Longblond-151831918635800
Membri band:
Max Doink – chitarra, voce
R.D. – voce, batteria, elettronica
Tracklist:
1. Dark Cities
2. Understand Nada
3. Rock’nRoll Service
4. Lento Is Dead
5. Bad Fiestos
6. Rio Fantasma
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite
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05th Apr2021

Hangstrom – Hangstrom

by Marcello Zinno
La potenza dei cremonesi Hangstrom arriva tutta tramite il loro EP omonimo, un lavoro breve se si guarda il numero di tracce incluse ma assolutamente non sintetico né conciso se lo si ascolta per bene. Già l’opener sferra fendenti senza timore, sotto una ritmica molto cadenzata, quasi Type O Negative e un sound cyber-futuristico che può essere apprezzato da chi mastica industrial; preparate le vostre playlist rock perché Emptied+Wasted potrebbe conquistarsi il suo spazietto e restarsi a lungo. Un altro momento assolutamente convincente è Autumn Sky, brano che possiede un pathos incredibile: all’altezza di una band mainstream, gli Hangstrom riescono a comporre un’anthem che conquista al primo ascolto, con quel retrogusto tooliano che affascina. Con Road To Redemtpion si provano coordinate nuove: il riff nella strofa si indurisce, il ritornello opta per delle melodie più orecchiabili ma poi si inserisce anche un pattern prog e un intermezzo chitarristico clean, tutti elementi che insieme danno vita ad un brano intenso e che lascia pochi dubbi sullo spessore artistico del progetto.

Ad ascoltare questo EP sembra quasi che il terzetto sia partito da radici new wave e poi abbia voluto decidere di irrobustire il sound e di portarlo nelle incendiarie brecce del rock e del (post-)metal, un esercizio che ci piace molto e ci convince che la band sa il fatto suo. Ottimo il songwriting, davvero molto buono il sound che attraversa le decadi senza limitarsi ad un’unica interpretazione sonora, l’artwork è sicuramente migliorabile. Davvero consigliati!

Autore: Hangstrom Titolo Album: Hangstrom
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Heavy Rock, Post-Metal Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/hangstromband
Membri band:
Stefano Gambarelli – voce, basso
Cristiano Tassi – chitarra
Michele Chiozzani – batteria
Tracklist:
1. Emptied+Wasted
2. Autumn Sky
3. Let The Games Begin
4. Road To Redemption

Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite
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04th Apr2021

Diego Ribechini – Autofagia

by Raffaele Astore
Rock italiano a tutto spiano quello di Diego Ribechini che con Autofagia mette l’accento su un rock che non si ascoltava da tempo. Quattordici tracce che contengono tutti gli ingredienti che hanno fatto grande il nostrano rock che non ha nulla da invidiare a quello di altre land. L’album oltre ad essere profondo ed ispirato letterariamente, è una vera e propria immersione nella musica a tutto tondo. Infatti, il CD che si apre proprio con Autofagia, propone un impatto che piace subito per la freschezza di un rock semplice, garbato, efficace così come lo è come per Frankstein che assume il ruolo più delicato, vale a dire quello di saper fondere sciabolate rock con la giusta misura di un acustico docile ed essenziale, al punto che questo bel brano che Diego propone è capace di splendere di luce propria. Poi, se capita di chiudere un po’ gli occhi ecco come si può scivolare in un blues che ha, nella nostrana lingua, la cosa più bella sì, perché qui la voce di Diego è un vero splendore anche se per un momento, mi ricorda un altro rocker italiano che tale più non è….sarà che ha chiuso il bar? Il minuto e sedici de Il Pazzo Col Cappello pur ricordandomi altri momenti, si presenta con un bel giro di chitarra acustica che è così piacevole da riportarci a risentire il pezzo in questione.

Si continua così in quasi tutto il disco ma quando arriva il turno di La Stanza Dell’Eco ci son certi passaggi di chitarra acustica che richiamano tocchi di scuola Mussida. Un album davvero in crescita rispetto a DR40 del 2018 che comunque, anche con qualche cover, vedeva il nostro sempre in gran forma quando era il momento dei suoi pezzi. Ora, con questa nuova uscita Diego Ribechini dimostra quanto sia maturato e quanto la sua musica sia definitivamente proiettata in un bel futuro che, se si ritornerà in tournee, sarà certamente esplosivo.

Autore: Diego Ribechini Titolo Album: Autofagia
Anno: 2021 Casa Discografica: Nativedivisionrecords
Genere musicale: Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web:  https://www.facebook.com/diegoribechinidr40/
Membri band:
Diego Ribechini – voci, chitarra, armonica
Filippo Fantozzi – tastiere, piano
Lucio Passeroni – batteria, percussioni
Federico Francesconi – chitarra
Andy J Fox – basso

Special guest:
Carlo Paoletti – chitarra
Leonardo Barbafiera – flauto, sax
Nik Capitini – ukulele
Tracklist:
1. Autofagia
2. Frankenstein
3. Quello Che Accadrà
4. Il Pazzo Col Cappello
5. L’Arca Di Noè
6. Dentro Il Vuoto
7. La Stanza Dell’Eco
8. Lei
9. Lucida Follia
10. Eva
11. Lo Spaventapasseri
12. Il Ciliegio
13. Il Tempo Della Semina
14. Shanngri La
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite
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03rd Apr2021

Paola Tagliaferro – Paola Tagliaferro Sings Greg Lake – La Compagnia Dell’Es

by Raffaele Astore
Ho conosciuto artisticamente Paola Tagliaferro attraverso RockGarage grazie a suoi lavori precedenti. Devo dire però che appena ascoltai Fabulae rimasi colpito dalla grande capacità di creare atmosfere intrise di nuvole fiabesche capaci di colpire all’ascolto senza farti male ma quasi accarezzandoti. Poi ho condiviso con Paola alcuni pensieri via social e mi ero ripromesso, in diverse occasioni, di raggiungerla per conoscerla di persona ma vicissitudini diverse mi hanno bloccato anche se, per fortuna, entrambi, avendo un amore incondizionato per la musica, abbiamo continuato nelle nostre attività. E proprio questa continuazione, questo non volersi fermare di fronte a nulla, ha ora portato Paola a realizzare questa sua nuova produzione dove dà vita, alla sua maniera, ad alcuni dei classici più conosciuti di Greg Lake. Già, quel Greg Lake di cui chiesi a Fripp nel lontano aprile del 2019 a Londra quando, in qualità di inviato stampa di RockGarge, ero lì per i cinquant’anni di attività della band (a questa pagina l’approfondimento). Eh sì, una domanda che lo fece un po’ rattristire, e non è poi così vero che sia di ghiaccio Robert perché gli ho visto gli occhi luccicare per un attimo al solo nominare Greg Lake. Ma ritorniamo in noi e buttiamoci subito dentro questo Paola Tagliaferro Sings Greg Lake – La Compagnia Dell’Es che arriva come una ventata di fresco su una primavera alle porte, una primavera che grazie a Paola e a La Compagnia dell’Es con questo disco, mi riporta indietro nel tempo ad un Lake anima dei King Crimson e di quegli E.L.&:P. che insieme hanno scritto, forse, le più importanti pagine della storia del rock.

Ma lasciamo queste nostre riflessioni e dedichiamoci ad un disco che è eccellente nell’esecuzione, così come lo è nella stessa impostazione grazie agli arrangiamenti strumentali e alla splendida voce di Paola che non si lascia sorprendere dall’emozione di certi pezzi e dalla stessa amicizia con Lake. Qui non c’è bisogno di andare a nominare i titoli delle canzoni, tutte conosciutissime, ma c’è da dire che in alcuni passaggi la voce di Paola Tagliaferro fa venire i brividi quasi come quando Greg Lake faceva venire la pelle d’oca quando era il turno delle sue dolcissime, meravigliose ballate che sono storia nella storia. Certo che essere grande amica di Greg e cantarne le canzoni con la benedizione di Regina Lake che ha co-prodotto, vuol proprio dire che ce lo si è guadagnato sul campo, e la Tagliaferro interpreta questi brani come se fossero favole, e basta ad esempio C’est La Vie per rifarsi venire in mente gli occhi umidi di Robert Fripp in quel lontano aprile. Ed è immensamente grande l’intera Compagnia dell’Es con in testa Pier Gonella e tutti gli altri che hanno liberamente interpretato tutte le parti loro spettanti.

Di dischi che ricordano grandi artisti ce ne sono tanti, questo Paola Tagliaferro Sings Greg Lake – La Compagnia Dell’Es però non è assolutamente un ricordo ma un omaggio sentito da un’amica ad un amico, un grande amico che ci manca.

Autore: Paola Tagliaferro Titolo Album: Paola Tagliaferro Sings Greg Lake – La Compagnia Dell’Es
Anno: 2021 Casa Discografica: Owl Records
Genere musicale: Rock Acustico Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.paolatagliaferro.it
Membri band:
Paola Tagliaferro –  voce
Pier Gonella – chitarra
Giulia Ermirio – viola
Andrea Zanzottera – piano
Eten Hitti – oboe, xilophono, lute, bells
U.T. Gandhi – percussioni
Vincenzo Zitello – arpa
Tracklist:
1. From The Beginning
2. Still You Turn Me On
3. Lucky Man
4. C’est La Vie
5. Promenade 2
6. The Sage
7. Take A Pebble
8. I Believe In Father Christmas
9. Moonchild
10. Epitaph-Battlefield
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite
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01st Apr2021

Stefano Dentone – Aut / Out

by Paolo Tocco
Mi perdo e mi lascio perdere, in questo tempo apocalittico dove tutto scorre ma che in fondo, se scorre, neanche lo fermiamo dentro fotografie importanti o forse ci sono fotografie e fotografi ma ormai diamo retta solo ai social famosi e alle famose televisioni. Aut / Out è un disco semplice, di chitarra acustica con riverberazioni anteguerra che danno corpo e libertà di volo al suono. Piace assai e non può non piacere questo suono di chitarra che è l’assoluto protagonista. Ed è bella questa voce che si appoggia su soluzioni quasi “liriche” soprattutto nelle vocali aperte, quasi fossimo dentro il rock acustico di un Ian Gillan sempre giovane. Quasi ci sembra di tornare nel tempo antico dove però l’inglese era padrone e che oggi, in questo disco italiano, l’inglese di alcuni momenti del disco un poco mi stonano in estetica, per quanto Carry On penso sia il momento più favolistico del disco, cosa mi dici di questa Harvest che svetta dentro i titoli e che inevitabilmente mi richiama lui a cui devo molto del suono di chitarra, con questa intro che però melodicamente sa di Ray Lamontagne quando canta “Are we really throught” con i Pariah Dog.

Stefano Dentone mi piace più di quanto mi sarei atteso, forse per questo bisogno che ho di evasione e di semplicità dentro un mondo pieno di elettronica e di trasgressione finta e riverberata (questa volta di giovanilismo politico poco coerente). E mi piace il suo modo di farsi dannato in una società dentro con vuol “morire presto” perché i migliori muoiono sempre prima e mi piace questa società post-atomica che vien fuori dalla sua America acustica, molto blues acido e molto folk lisergico; mi piacciono i deserti delle piccole corde sospese come dentro Suoni Infranti, che sembra farci camminare dentro quelle domenica di polvere che non hanno niente da pretendere e i suoi Pensieri Pericolosi sono armi controproducenti ai perbenisti, sono velenosi dolori dentro questi giorni aridi, smaltando il tutto in metriche e forme canzoni ampiamente conosciute dalla didattica del rock dipinto di blues. C’è l’armonica a bocca, c’è la solitudine, ci sono macchie di pattern che vorrei fossero (e magari lo sono) vecchi congegni d’organo e suoi derivati – decisamente rock anch’essi. Vorrei ci fosse il vinile di questo disco.

Poi non serve discutere sulle soluzioni melodiche che raramente sono originali, sembra più un volersi affidare a strade battute camminandoci però, sopra e di fianco, con scarpe sue, sgualcite di pioggia e di fango, seccate dal lungo tragitto. Aut / Out mi piace perché non pretende niente e sa far bene quel tanto di normalità che mette in scena. Ma bene assai. Poi alle sue parole faccio attenzione, per come le ha sapute inserire, per come le ha sapute gestire. Forse 11 tracce sono troppe se il vocabolario e i colori sono pochissimi e sempre uguali. Ma questo lo dirà il figlio del social che ormai ha l’attenzione di un pesce rosso e deve svoltare pagina qualche secondo dopo altrimenti non sa più come stare al mondo. Non è un disco per voi che andate a mille allora verso il nulla amici, è un disco per chi respira a pieni polmoni mentre contempla quel che accade attorno.

Autore: Stefano Dentone Titolo Album: Aut / Out
Anno: 2021 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Rock Acustico, Cantautorale Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://stefanodentone.com/
Membri band:
Stefano Dentone – voce, chitarra
Tracklist:
1. L’arrampicata
2. Carry On
3. Rane
4. Suoni Infranti
5. Harvest
6. L’anima Tra I Denti
7. Pensieri Pericolosi
8. Cullato Da Un Suono
9. Dream
10. Che Cosa C’è
11. Parola Da Dare
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite
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01st Apr2021

Blind Golem – A Dream Of Fantasy

by Marcello Zinno
Già avevamo parlato tempo fa di uno strano ma curioso fenomeno: quello di tribute band che decidono di mettersi in gioco e registrare inediti. The Zoo (Scorpions), Mindcrime (Queensryche), Trick Or Treat (Helloween), The Clairvoyants (Iron Maiden) e la lista potrebbe continuare…fino ad arrivare ai Blind Golem che si staccano dai Forever Heep (Uriah Heep) per imboccare una carriera propria. E, come quasi sempre accade, il sound con cui si è cresciuti e che ha rappresentato la grande ispirazione per anni, resta appiccicato alla propria mente ed è davvero difficile prendere le distanze da quel mondo. A volte inconsciamente , altre in maniera fortemente voluta, non avviene mai il taglio di quel cordone ombelicale e forse è anche giusto così perché quella è la forma espressiva dei musicisti. Così i Blind Golem danno alla luce un album che richiama fortemente lo stile degli Uriah (si ascolti il ritornello di Scarlet Eyes o anche l’opener Devil In A Dream) ma anche un certo hard rock settantiano (Sunbreaker ad esempio possiede un forte spirito Deep Purple) che per alcuni non morirà mai, per altri suona antico come una chitarra di Robert Johnson.

Al di là di quanto sia cambiata la musica, va riconosciuto un lodevole lavoro di esecuzione e di ricreazione di quelle atmosfere. I Blind Golem in questo hanno pochi concorrenti: la produzione è davvero molto curata e ripercorre in maniera molto fedele il sound hard’n’blues dei loro paladini, le tastiere si costruiscono un bel ruolo dietro la chitarra sempre in primo piano, grande impatto alle linee vocali, davvero da plauso e ottimi gli assoli (inginocchiarsi prego sotto The Ghost Of Eveline). Nel brano (molto ballad) The Day Is Gone compare anche il contributo di Ken Hensley in persona, senza citare il creatore dell’artwork, Rodney Matthews (che ha lavorato con Magnum, Asia, Diamond Head, Tygers of Pan Tang)…insomma, cosa chiedere di più?!

Un tentativo di distaccarsi dal loro stile c’è e prende il nome di Pegasus, un brano potente che sfiora l’heavy metal. Se vogliamo trovare un difetto in questo lavoro quello è la costruzione delle singole tracce. Se infatti tutto sembra farci tornare 50 anni indietro, avremo preferito una struttura più originale e che rispecchia più i tempi attuali: la vecchia struttura “intro-strofa-ritornello-strofa-bridge o assolo-ritornello-chiusura” è qualcosa che si ripete troppo nelle 14 tracce e che, per una durata complessiva che sfiora i 70 minuti, potrebbe stancare anche gli ascoltatori più audaci. Se però siete appassionati di hard’n’blues non dovete farvi sfuggire A Dream Of Fantasy.

Autore: Blind Golem Titolo Album: A Dream Of Fantasy
Anno: 2021 Casa Discografica: Andromeda Relix
Genere musicale: Hard’N’Blues, Hard Rock Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/BlindGolem/
Membri band:
Silvano Zago – chitarra
Francesco Dalla Riva – basso, voce
Simone Bistaffa – tastiere, organo Hammond
Walter Mantovanelli – batteria
Andrea Vilardo – voce

Special guest:
Ken Hensley – chitarra slide e tastiera in The Day Is Gone
Tracklist:
1. Devil In A Dream
2. Sunbreaker
3. Screaming To The Stars
4. Scarlet Eyes
5. Bright Light
6. The Day Is Gone
7. The Ghost Of Everline
8. Night Of Broken Dreams
9. Pegasus
10. The Gathering
11. Star Of The Darkest Night
12. Carousel
13. Living And Dying
14. A Spell And A Charm
Category : Recensioni
Tags : Hard Rock, Nuove uscite
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31st Mar2021

Black Banjo – Out Of The Skies

by Aldo Pedron
I Black Banjo sono composti da quattro musicisti di grande esperienza. F. Caporaletti e A. Macrillò hanno suonato in Europa e Stati Uniti con artisti internazionali, come Ian Paice e Don Airey (Deep Purple), David Grissom (chitarrista della Joe Ely Band), Uli Jon Roth (Scorpions) e italiani come Andrea Braido (chitarrista di Vasco Rossi) e molti altri. A. Alessandrini, già co-fondatore degli E.Z. Riders, con i quali ha scritto e pubblicato 4 album, ha suonato oltre che in Italia, anche negli U.S.A. e UK, ha aperto i concerti di Deep Purple e Slash. Un power rrio iniziale poi diventato quartetto di stampo blues rock, che presenta brani originali e alcune “perle” di questo genere. Registrato nello studio Potemkin di Macerata, il nuovo album dei Black Banjo è nato durante il lockdown.  Un disco con l’inaspettata e straordinaria partecipazione del sassofonista dei mitici Blues Brothers, Lou Marini, personaggio illustre che abbiamo ammirato nella indimenticabile scena del film Blues Brothers in cui salta il balcone del ristorante e suona il sax in Think accanto alla regina del soul Aretha Franklin. Lou “Lou Blue” Marini (1945) di origini italiane, il nonno emigrò negli Stati Uniti nel 1940 da Darzo (Trento) ha fatto parte dei Blood Sweat & Tears (1972-1974) e dei Blues Brothers dal 1988. Contattato a distanza ha accettato di buon grado di partecipare al loro disco ed oltre ad aver registrato le parti da solista, ha anche scritto e suonato gli arrangiamenti di accompagnamento di tre brani: The Contest, If It Wasn’t For The Music e Miss Daisy.

Una quarantena forzata quella del quartetto maceratese che suonando e recuperando per l’occasione l’essenza del blues non vogliono certo paragonarsi con la loro esperienza in lockdown alla situazione degli schiavi. Ciò nonostante Alessandro Alessandrini, leader, cantante, compositore e chitarrista del gruppo in questo stop obbligato ne ha approfittato per riprendere in mano alcuni brani che aveva scritto precedentemente lavorandoci dalla mattina alla sera per poterli rivisitare e migliorare. In seguito il gruppo durante l’estate li ha incisi e mixati. Il titolo dell’album Out Of The Skies (fuori dai cieli, fuori dal nulla) è un richiamo biblico e contiene undici tracce, tutte di matrice blues, ma che spaziano tra il classico rock, le ballate ed alcuni ritmi più country. Out Of The Skies, la canzone che dà il titolo al disco, è dedicata alle popolazioni ancora oggi invisibili, quelle che non hanno i diritti e che sono escluse da ogni sistema economico per le quali il blues e la musica in generale può rappresentare una valvola di sfogo e un grido di riscatto. Si parla quindi dei nativi americani che vivono nelle riserve ma è ugualmente fortissima l’analogia con il popolo messicano che tenta di attraversare il confine, il muro verso gli Stati Uniti o con gli africani che hanno tentato la traversata del Mediterraneo per raggiungere l’Europa.

A questo lavoro hanno partecipato anche altri ospiti illustri come Nathaniel Peterson, già cantante solista e bassista dei Savoy Brown nel periodo 1994-1999. Un bassista che ha suonato e collaborato in passato tra gli altri anche con Spencer Davis, Peter Green (Fleetwood Mac), Jeff Porcaro (Toto), Coco Montoya e Kenny Loggins (Loggins & Messina) ed è qui in Alive And Well, Paolo Ercoli al dobro in Alive And Well e in If It Wasn’t For The Music e la cantante marchigiana Jenny Rosini in 4 brani. Alive And Well è pregevole per l’interpretazione di Nathaniel Peterson come voce solista, Last Man Standing è decisamente rock, The Contest un boogie con chitarra slide ed un assolo di sax di Lou Marini. Splendida Bumps Boogie, uno strumentale con l’organo in particolare evidenza, la chitarra di Alessandrini (dotato di una tecnica superlativa alla chitarra in ogni brano) e Nathaniel Peterson all’armonica in un pezzo di oltre 4 minuti. Tainted Love è un rock blues, Youth Of The Nation una ballata con l’organo che dipinge le sonorità e la conclusiva She’s Gone Away di grande atmosfera e dai suoni semi-acustici.

È previsto per il gruppo, covid permettendo, un tour europeo tra giugno e luglio con oltre una decina di concerti che li vedrà condividere il palco con la leggendaria formazione inglese The Animals ed alcune date in Italia, Belgio, Germania e Spagna. Il sogno poi resta (magari a settembre) di andare negli Stati Uniti, nella costa Est per suonare con lo stesso Lou Marini restituendo il favore.

Autore: Black Banjo Titolo Album: Out Of The Skies
Anno: 2021 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Rock Blues Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.blackbanjo.eu/
Membri band:
Alessandro Alessandrini – cantante, chitarra
Francesco Caporaletti – basso, voce
Massimo Saccutelli – organo, piano
Archelao Macrillò – batteria
Tracklist:
1. Alive And Well
2. Stone Cold Killer
3. The Contest
4. Out Of The Skies
5. If It Wasn’t For The Music
6. Last Man Standing
7. Youth Of The Nation
8. Miss Daisy
9. Bumps Boogie
10. Tainted Love
11. Sue’s Gone Away
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Rock Blues
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31st Mar2021

Roberto Bruno – Bene Necessario

by Marcello Zinno
Roberto Bruno è un musicista dalla storia molto lunga. Ha fatto parte di vari progetti musicali, ha vissuto in diverse città, si è dedicato anche all’attività di tecnico audio operando “dall’altra parte del palco”, insomma si è messo in gioco e con lo stesso spirito dà alla luce questo album solista. Forse è tutto questo melting pot che si porta dietro che è stato profuso nelle dieci tracce di Bene Necessario: infatti se l’impostazione è molto rock, in realtà le tracce risultano molto eterogenee. Il soft funky della titletrack (con un bel basso, avremo preferito ancora più presente in quanto a suoni) e l’alternative incisivo di Facciamo Schifo sono i momenti più decisi di questo lavoro che però con difficoltà conquisterà i rockettari; anche i brani citati mancano di quella spinta energica che ti travolge e ti invoglia al riascolto. Meglio la settantiana Carrello, un brano che mostra una certa convinzione rock e un approccio compositivo più univoco e compatto rispetto agli altri momenti.

Non a caso il cuore dell’album sono le tracce più soft come la claptiana Senza Gettoni, un po’ ballad un po’ pezzo da spot pubblicitario, Fosse Facile che invece è una ballad al 100% o ancora Senza Giustizia che poggia su delle tastiere fin troppo morbide. In conclusione Bene Necessario è un album pop rock che non vuole essere né pop né rock, ma si perde in quel limbo di mezzo non mostrando una personalità propria. Eppure noi siamo certi che dopo tutti quegli anni di intensa attività musicale, Roberto Bruno una personalità ce l’abbia eccome.

Autore: Roberto Bruno Titolo Album: Bene Necessario
Anno: 2020 Casa Discografica: BR1 Records
Genere musicale: Pop Rock Voto: 5
Tipo: CD Sito web: https://robertobrunomusic.com
Membri band:
Roberto Bruno – voce, chitarra, basso
Tracklist:
1. Medioevo
2. Due Soldi Del 43
3. Bene Necessario
4. Senza Gettoni
5. Carrello
6. Fosse Facile
7. Facciamo Schifo
8. Senza Giustizia
9. Compagno D’istanza Covid
10. L’ultima
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite
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