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30th Mar2021

Wizards Of Hazards – End Of Time

by Cristian Danzo
I finlandesi Wizards Of Hazards posso detenere forse un grande record: essersi formati nel 1989 ed arrivare al debutto ufficiale nel 2020 con questo End Of Time. Questo dato fa subito intuire quanta passione e caparbietà possano avere i membri della band nei confronti della musica. Si presentano sulla carta come portatori di un doom dai suoni vintage ed ispirato ai mostri sacri del genere. Anche se in parte la descrizione offerta è condivisibile, in realtà poi la definizione più giusta che lascia l’ascolto della loro opera prima è una commistione fortissima tra Black Sabbath ed Iron Maiden, fino almeno a Piece Of Mind. Anche il cantato di Ville Willman, che punta molto sulla teatralità nel suo timbro, ricorda molto di più l’uso della voce di Dickinson e Bobby Liebling dei Pentagram piuttosto che lo sguaiatissimo Madman Ozzy Osbourne. End Of Time ha tutte le asperità che porta con sé un disco d’esordio: molto spontaneo e poco affinato, denota alcuni difetti che derivano dal fatto di avere poca esperienza e poca “furbizia” nel songwriting. Se gli strumenti vengono impugnati degnamente da tutti, c’è da dire che moltissimi riff e molte soluzioni risultano elementari e davvero base. Children Of The Damned ne è la lampante dimostrazione. Dal punto di vista di una prospettiva futura il manifesto è Witching Sabbath. Sabbathiana fino al midollo (e come poteva non esserlo visto il titolo?) ma anche capace di cambiare completamente registro ad un certo punto e diventare la composizione più varia e costruita su più livelli articolati di tutto il disco.

Dei Wizards Of Hazards quello che spicca più di tutti è sicuramente Willman, che risulta già pronto e sembra essere molto sicuro e scafato. Disco che non è da buttare completamente ma che di certo pecca in molteplici aspetti. Nonostante questo non lascia insoddisfatti e le basi per proseguire bene ci sono tutte. Un’ultima nota riguarda la copertina che rispecchia quanto scritto sopra: sarà molto seventies, non lo mettiamo in dubbio, però un minimo di cura in più non avrebbe di certo guastato. Lo diciamo senza nessuna vena polemica, ci mancherebbe.

Autore: Wizards Of Hazards Titolo Album: End Of Time
Anno: 2020 Casa Discografica: Inverse Records
Genere musicale: Doom, Heavy Metal Voto: 6
Tipo: CD Sito web: www.wizardsofhazards.com
Membri Band:
Ville Willman – voce
Aarne Ylipiha – chitarra
Amir Nalbandian – basso
Petri Pakarinen – batteria
Tracklist:
1. Masters Of Dread
2. Ivory Towers
3. Children Of The Damned
4. Witching Sabbath
5. Stoning
6. Boots Of Lead
7. Horn Of Plenty
8. End Of Time
Category : Recensioni
Tags : Doom, Nuove uscite
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30th Mar2021

Hawery – Feast Of Vultures

by Marcello Zinno
Arrivano dalla Germania e sono aridi quasi come se provenissero da un deserto americano. Il loro è un esordio anche se già targato Karma Conspiracy Records, un primo album all’insegna dello stoner e che poggia tutto sulle due chitarre grezze e appiccicose: la pulizia dei suoni è volutamente tenuta lontano (se non per la batteria) per dare quel senso di colla che chitarre molto distorte offrono, tipica di un certo modo di leggere lo stoner. Al tempo stesso ci sono ritmi veloci (come in Four Walls) che fanno in modo di configurare l’offerta dei Nostri come una musica predisposta per le occasioni live. Noi infatti li immaginiamo proprio così, di fronte al palco con gli amplificatori pronti a spettinarci e il nostro collo che acquista muscoli su muscoli; muscoli che aumentano anche nelle note della band la quale con la titletrack sembra lambire territori heavy metal. Ebbene se ci soffermiamo sull’appeal live sicuramente ipotizziamo che gli Hawery siano capaci di proporre un’esibizione incandescente, dal punto di vista invece dell’originalità Feast Of Vultures non ci offre grandi speranze. Lo stoner è tutto lì, nella sua potenza e nei suoi riff portanti, ma non vi sono elementi innovativi degni di essere menzionati.

Qualcosa si percepisce con Solitude le cui coordinate cambiano e la band sembra sperimentare dei territori nuovi fatti di rock psichedelico e post-rock, un pezzo strumentale che funge da pausa collocata al centro della tracklist ma che rappresenta solo un passaggio. Va però detto che con le ultime due tracce si inizia ad intravedere qualcosa di diverso: City Of Stone è un tentativo di accedere dalla porta sul retro del mondo del punk metal, quella accanto all’immondizia, con il suo vago retrogusto alla Turbonegro ed un finale che è una sorpresa; infine arriva On The Run che invece sembra riprendere alcune melodie anni 80 e sottoporle ad una colata lavica di 1000 gradi centigradi in modo che possa essere pronta per il mercato statunitense. Supponiamo che le ultime tracce siano anche le ultime ad essere state scritte, elemento questo che suggerirebbe un’evoluzione stilistica prossima a venire, magari già dal prossimo album. Sicuramente gli Hawery sono una realtà da provare dal vivo, appena ce ne sarà l’occasione.

Autore: Hawery Titolo Album: Feast Of Vultures
Anno: 2020 Casa Discografica: Karma Conspiracy Records
Genere musicale: Stoner Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/HaweryBand
Membri band:
Daniel – voce
Lars – chitarra
Christoph – chitarra
Benjamin – basso
Thomas – batteria
Tracklist:
1. Moonstruck
2. Dark Woods
3. Four Walls
4. Eternal Sleep
5. Solitude
6. Feast Of Vultures
7. Shadow
8. City Of Stone
9. On The Run
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Stoner
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29th Mar2021

Morphium – The Fall

by Gabriele Rusty Rustichelli
Arrivano dalla Spagna i Morphium e sono attivi dal 2005, il loro The Fall è il quarto disco pubblicato. Un mix tra metal e rock (definito “contemporary metal”), un alternarsi tra strofe violente e ritornelli aperti e melodici. Disco ben prodotto e ben suonato. Davvero una bella sorpresa. Il lavoro si apre con Dance Of Flies che parte subito con voci growl e riff di chitarra potenti per poi sfociare in un ritornello che entra in testa. C’è una buona dose di sound moderno, d’altronde non si inventa più tanto, ma il saper rendere personale un sound è già un risultato altissimo. Ci sono riferimenti a diverse band più affermate ma, come detto, i Morphium riescono ad essere discretamente personali e interessanti. L’intro della terza traccia Parasite ricorda un po’ Manson nella voce. La cosa che rende il lavoro molto apprezzabile è che ci sono molte influenze ma nessuno “scopiazzamento” e, ribadisco, questa è una delle cose più difficili oggi giorno.

Nella traccia 6 Insorcism si sfiora anche il sound più vicino al vecchio thrash (nella strofa) per poi respirare nel ritornello melodico. A tratti si sentono anche synth e qualche elemento di elettronica. Tutto davvero molto credibile, nulla da dire. Artwork, produzione, attitudine dei musicisti, songwriting e immagine sono tutti a livello da band internazionale. Speriamo di vederli dal vivo presto.

Autore: Morphium Titolo Album: The Fall
Anno: 2021 Casa Discografica: Art Gates Records
Genere musicale: Heavy Metal Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.morphium.es/
Membri band:
Alex Bace – voce
James Lamb – chitarra
Javi Delgado – chitarra
Sergi Rivera – basso
Sebas Limongi – batteria
Tracklist:
1. Dance Of Flies
2. The Truth
3. Parasite
4. Everybody Is Dead In This House
5. Burn My Skin (ft. Mara Lisenko)
6. Insorcism
7. Blacksoul
8. My Apocalypse
9. Something Dead Inside
10. Past
11. Tired
12. The Fall
Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal, Nuove uscite
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29th Mar2021

Dawn Ahead – Fallen Anthems

by Marcello Zinno
Dopo 2 EP i Dawn Ahead raggiungono l’agognato full-length e lo intitolano Fallen Anthems. Il titolo non deve trarre in inganno, non siamo al confronto con brani che diventeranno dei classici e che vanno riproposti tutti ad ogni esibizione live, ma non siamo al cospetto nemmeno di filler. La band infatti punta ad un death metal moderno caratterizzato per lo più da clean vocal e da alcuni pattern di chiaro stampo thrash metal; l’imprinting moderno è per lo più caratterizzato dalla loro idea di musica (quindi dimenticate il death metal old school) che non dalla produzione, la quale seppur molto buona, non copre un’identità un po’ acerba della band. Alcuni riff, i testi rappati di Anthem Of The Fallen, certi suoni scelti per la batteria, sono tutti elementi che spariranno qualora la band maturerà adottando una personalità meno “emergente”. In generale però va riconosciuta nei ragazzi una certa caparbietà e anche l’intenzione, talvolta, di uscire dal classico copione death/thrash e piazzare passaggi ancora più estremi (I Command, All I Have To Do) o al contrario momenti heavy più cadenzati, quasi dal sapore alternative metal come Among The Blind o Pride (quest’ultimo solo in alcuni passaggi); come se non bastasse arrivano alcune influenze dal sapore hardcore in Shot At Dawn, pezzo dal grande potenziale live.

Sicuramente la band è dotata di un’ottima tecnica e questo esce fuori sia dagli assoli, molto affilati e degni di una vera e propria thrash metal band, che dai momenti più veloci in cui nessuno strumento sembra indebolirsi, anzi l’incedere è assolutamente velenoso. A nostro parere bisogna lavorare di più sullo stile e sul sound, sicuramente Fallen Anthems è un lavoro genuino, con tante idee e dal grande potenziale.

Autore: Dawn Ahead Titolo Album: Fallen Anthems
Anno: 2021 Casa Discografica: Art Gates Records
Genere musicale: Death Metal, Thrash Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/dawnaheadofficial
Membri band:
Christian ‘Chrischaan’ Wilsberg – voce
Thomas Wolf – chitarra
Marcel Martin – chitarra
Patrick Samarzija – basso
Jan Bechtloff – batteria
Tracklist:
1. Death Roll
2. State Of Mind
3. Suffer
4. Anthem Of The Fallen
5. I Command
6. Among The Blind
7. Shot At Dawn
8. All I Have To Do
9. Pride
10. Summon The Black
11. Excess
Category : Recensioni
Tags : Death metal, Nuove uscite
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28th Mar2021

Honshu Wolves – Cosmic Creature Capture

by Aldo Pedron
Dai vicoli di Berna, dal parcheggio del loro trailer parcheggiato nella zona assai nota del movimento giovanile autonomista chiamato Zaffaraya nel bel mezzo della capitale svizzera e marcato dalle nebbiose e fredde montagne elvetiche, Maryanne Shewolf ed il suo magnifico trio ci propongono e ci deliziano con il loro originale genere che si potrebbe definire un “acido psichedelico e desertico delta space blues”. Marianne diventata madre in giovane età, non aveva certo tempo per immergersi o perdersi via con scappatelle con la droga, dedicandosi invece a comporre musica ispirata da alcuni concerti da lei visti e vissuti degli Spiritualized, Make Up, Alan Vega, The Cure, Radiohead e i Royal Trux o dedicandosi e partecipando alla band dei suoi partner per lungo tempo, Roy & the Devil’s Motorcycle. Maryanne è influenzata anche da altri artisti come P.J. Harvey, The Staple Singers, Solki, Nina Simone, Jessie Mae Hemphill, Shilpa Ray, T- Model Ford, Spaceman 3. Gli Honshu Wolves realizzano il loro primo disco a 10 pollici Shine On Menel 2010 per l’etichetta di Mama Rosin, Moi J’Connais Records, un secondo singolo split edito nel 2011 con sulla facciata A Mama Roisin in Back A La Maison e sul retro gli Honshu Wolves con Homegoing. In seguito pubblicano un LP Silver Ashes Line The Lane dato alle stampe dalla Sacred Hood Records nell’ottobre del 2014 (entrambe etichette svizzere).

Nel 2021 eccoli di nuovo in pista con il nuovo album Cosmic Creature Capture inciso nel 2019 a Torino nello studio Nomad con Massimiliano “Mano” Moccia al mixer (già collaboratore di Movie Star Junkies, Wow, Love Trap, Lame). Tutti i 9 brani sono composti da Maryanne Shewolf e dagli stessi Honshu Wolves. Per Maryanne Shewolf, il partner e padre dei suoi figli è Christian Stahli, membro fondatore della band Roy And The Devil’s Motorcycle, formazione a cui lei è particolarmente legata fin dai suoi esordi. Maryanne, cantante, chitarrista e compositrice è un personaggio davvero incredibile che richiama sicuramente la britannica PJ Harvey (indie rock) guru di un’intera generazione femminile e certi fraseggi di Jeffrey Lee Pierce (lunatico leader californiano dei Gun Club che passa alla storia per l’avvincente ed innovativa sintesi di irruenza punk e riscoperta della tradizione blues). Ma la prima e primaria ispirazione degli Honshu Wolves è sicuramente The Reverend Beat-Man alias Beat Zeller (non a caso artista svizzero e proprietario della Voodoo Rhythm Records). Un trio che ricorda le atmosfere blues care a The Gun Club o alla parte più oscura dei Creedence Clearwater Revival. Una sorta di swamp rock in stile garage.

L’iniziale Something’s In The Air è pervasa di atmosfere alla Blasters con un pizzico dark. Won’t Let Fear It dai riff di chitarra ossessivi e compulsivi rispecchia i suoni del Delta con il fascino arcano e morboso del voodoo. Tell Me è puro blues punk, una love song (edita anche come singolo) che fa venire alla mente Chris Isaak e James Calvin Wilsey (chitarrista della band di Chris Isaak) che la avrebbe suonata proprio così. In White Dress si respira un clima motoristico. Bellissima Goddess con atmosfere cosmiche, chitarre twang, percussioni martellanti e la voce di Maryanne in grande spolvero che canta in un inglese graffiante. La conclusiva Come Closer in stile PJ Harvey è un forte richiamo a liriche particolarmente ambigue, sussurri e grida a carattere sessuale ma un brano decisamente seducente. Questo è il rock’n’roll contemporaneo dei nostri giorni. Un album del trio svizzero di psichedelia, blues e rock’n’roll malinconico particolarmente riuscito. Un gruppo che naviga tra rock psichedelico, space rock, folk elettrico, punk, psychobilly, rock’n’roll e il blues vecchia maniera. 9 brani davvero notevoli, affascinanti, accattivanti, suonati divinamente e di grande atmosfera.

Autore: Honshu Wolves Titolo Album: Cosmic Creature Capture
Anno: 2021 Casa Discografica: Voodoo Rhythm Records
Genere musicale: Rock Blues, Psychedelic Blues Voto: 8
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/honshuwolves/
Membri band:
Maryanne Shewolf – voce, chitarra, percussioni, piano
Fabu (Fabian) – chitarra, basso, organo, cori
Mige – batteria, percussioni
Tracklist:
1. Something’s In The Air
2. Won’t Let Fear In
3. Last Night
4. Marina
5. Goddess
6. White Dress
7. Tell Me
8. AHA
9. Come Closer
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Rock Blues
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26th Mar2021

Out The Club! – Follow Me

by Marcello Zinno
Gli Out The Club! hanno tutti gli elementi canonici della band emergente: sono partiti suonando cover, poi dopo la scrittura del primo brano (anche opener di questo EP) si sono convinti nel fare il grande passo; sono autoprodotti e danno alla luce un EP breve (9 minuti in totale con 2 brani in lingua inglese e uno in italiano) giusto per presentare il proprio sound e capire se ci sono i presupposti per continuare e rendere più professionale il progetto. E perché no, aggiungeremo noi! Certo, il loro pop punk non è né scanzonato né veloce come tantissime band (sia italiane che oltreoceano) ci hanno dimostrato, ma questo è probabilmente il loro marchio di fabbrica e segno di riconoscimento in mezzo ad una scena sicuramente molto affollata. Non gridiamo al miracolo ascoltando Followe Me però ci piace l’approccio, ci piace anche il risultato finale di Bandersnatch, brano con testi in italiano e che pur manca della verve elettrica degli altri due pezzi; un approccio quindi molto home made ma che pone delle buone basi per un full-lengh che potrebbe lanciare la band. Speriamo solo in un numero maggiore di elementi caratterizzanti per evitare di dover parlare dell’ennesima band che si arena nel pop punk e non riesce ad uscire dai cliché del genere. Noi crediamo in loro.

Autore: Out The Club! Titolo Album: Follow Me
Anno: 2021 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Pop Punk Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/outtheclub
Membri band:
Giuseppe Movia – voce
Giovanni Valente – chitarra
Francesco Moimas – basso
Elia Buttolo – batteria
Tracklist:
1. Don’t Go
2. Follow Me
3. Bandersnatch

Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Pop Punk
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25th Mar2021

Mark Bravi – 0RIGINS

by Marcello Zinno
Già noto come tastierista dei Virtual Symmetry, Mark Bravi ha un’importante carriera musicale alle spalle nonostante la giovane età. Nell’ultimo album si è concentrato sulla propria carriera solista arrivando a pubblicare, per il momento solo in formato digitale, l’EP 0RIGINS. Il lavoro sembra da subito ispirato alle gesta prog metal targate Dream Theater, band citata dallo stesso Bravi nella sua biografia: sarebbe increscioso non citarli vista la vicinanza stilista con la band (soprattutto nelle produzioni più recenti), dalla quale però il Nostro prende solo la parte migliore: le composizioni strumentali. 0RIGINS è infatti un EP completamente privo di linee vocali, che mette in scena la passione per un prog strumentale dallo stile a cavallo tra quello dei DT e una certa epicità (complice il fatto che Mark Bravi sia innanzitutto un tastierista). Per suoni e marchio di fabbrica potremo citare The Astonishing come album più vicino in termini di influenze (si ascolti Phoenix) ma non si parla solo di prog tecnico e spigoloso, perché il musicista si dedica anche a composizioni più d’atmosfera, ambient, per un certo senso, come Strange As Life (forse anche troppo lunga come traccia) o brani nel pieno dello stile tastieristico come VAL e Reborn.

L’EP è assolutamente piacevole, ben congegnato e ben suonato. Resta pur sempre un lavoro specifico per chi apprezza il genere; a tal proposito, se siete appassionati di prog metal più tecnico non potete perdervi l’ascolto dell’opener e di The 10th Dimension (con un assolo di tastiera che strizza davvero l’occhio a Jordan Rudess).

Autore: Mark Bravi Titolo Album: 0RIGINS
Anno: 2021 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Prog Metal Voto: s.v.
Tipo: EP Digitale Sito web: www.facebook.com/MarkBraviKeyboardist
Membri band:
Mark Bravi – tastiere, basso digitale, drum programming
Matteo Pelli – chitarra
Tracklist:
1. Beyond The Unpredictable
2. Phoenix
3. Strange As Life
4. VAL
5. The 10th Dimension
6. Reborn
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Progressive
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24th Mar2021

OJM – Live At Rocket Club

by Raffaele Astore
Maledetto rock’n’roll e quando lo incontrai! Erano gli anni in cui dall’America “puritana” arrivavano i suoni di certe band che corrispondevano ai nomi di Grand Funk Railroad con il grande Mark Farner alla chitarra, o quelli della James Gang Band con l’altro grande Joe Walsh, anche lui alla chitarra, che sputavano nei dischi atmosfere irripetibili soprattutto se poi questi erano dischi live. Ed io dico ancora che quel maledetto rock’n’roll ha contribuito a costruire i miei ascolti che se nel tempo son cambiati per necessità, restano ancora la base su cui sono cresciute poi le mie convinzioni musicali. Basta prendere dischi come James Gang Live In Concert, Humple Pie Live At Fillmore o Live Album dei Grand Funk Railroad, dischi risalenti agli anni 70 per dire a questo bel Live At Rocket Club degli OJM…ben arrivato! Già perché in questo bel disco, sin dal primo pezzo, Welcome, l’atmosfera che si respira con quel rullo di batteria e la chitarra che entra distorcendo, è un vero e proprio grido in faccia di rock tra i più belli ascoltati in questo periodo di assurda chiusura. E dico, ma caspita quanto mi mancano i locali, quanto mi manca il fumo acre delle serate passate ai concerti, quanto mi mancano band come questa che ti fanno uscire il rock che hai dentro da tutti i pori della pelle!

E così mentre l’adrenalina continua a crescere, arriva Venus, altro grido di un rock clasheriano, altro bel tassello di un genere che non muore mai, nemmeno con il covid che sta fermando tutto, cambiando il nostro modo di respirare musica; già perché dal piatto e dallo stereo non escono i fumi del palco o quelli delle birre che si ingurgitano ai concerti. Anche I’ll Be Long mischia rock ad alta tossicità e senza vergognarsene, con la chitarra che svisa su batteria e basso che battono la strada del pentagramma sonoro che questi ragazzi hanno disegnato per rompere la noia e la naja alla quale siamo costretti. Con Wolf si prosegue sulle strade di un rock’n’roll tempestato di ricordi alla Beck, Bogert & Appice (ascoltatevi Beck, Bogert & Appice Live del 1973 con quel Superstition da sballo musicale che non ha eguali e capirete di cosa sto parlando). Già, perché quando oggi parliamo di stoner rock che accomuna tanti generi che vanno dal doom all’heavy, spesso ci dimentichiamo che la base del genere sta tutta nel grande blues accarezzato da rock psichedelico e, come potete notare, come sempre, è il grande blues la vera anima di tutti i generi di rock che son venuti dopo. Ed Ocean Hearts è qui a dimostrare quanto questi ragazzi, americani come sound ma trevigiani di fatto, scoperchiano un contenitore di suoni mai tramontati, diventati, poi, la base del rock del futuro.

Questo disco, appena uscito, ma registrato al Rocket Club di Landshut in quel di Baviera quando si suonava ancora dal vivo e loro in giro promuovevano Volcano nel 2011, è ora il tributo che mancava per questa band che è già grande, come grandi sono tutti i pezzi di questo disco che anche a volerlo, non potrai mai appenderlo ad un chiodo perché non ha i lacci per essere appeso già, proprio come quel rock che gli OJM ci hanno messo dentro, un rock pieno di energia e vibrazione come quello che sentivamo in quei lontani anni settanta. Già, anni settanta, ma questi ragazzi del 2021 non sono da meno, speriamo solo che continuino a suonare così, con la stessa energia, la stessa potenza, la stessa rabbia perché solo così si possono realizzare dischi come Live At Rocket Club.

Autore: OJM Titolo Album: Live At Rocket Club
Anno: 2021 Casa Discografica: Go Down Records
Genere musicale: Garage, Stoner Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web:  https://www.facebook.com/OJMband/
Membri band:
David Martin – voce
Max Ear – batteria
Andrew Pozzy – chitarra
Stefano Paski – voce, tastiere, basso
Tracklist:
1. Welcome
2. Venus
3. I’ll Be Long
4. Wolf
5. Oceans Hearts
6. Sixties
7. Give Me Your Money
8. Desert
9. 2012
10. Hush (Billy Joe Royal cover)
Category : Recensioni
Tags : Garage, Nuove uscite
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24th Mar2021

Muga – Ramon

by Marcello Zinno
Dopo 5 anni di silenzio (discografico) tornano sulle scene i Muga con un nuovo album. L’energia non è scemata ma ha decisamente cambiato forma. Se infatti nel precedente album Adolf si apprezzava un rock dalle tinte grunge ma decisamente scanzonato e stradaiolo come se fosse uscito da una punk rock band, in questo Ramon lo stile della band si intensifica, le parti a volte diventano intricate (Dust su tutti) e sembra per certi versi più cervellotico e anche più introspettivo. Un lavoro meno di pancia che mostra l’altra guancia dei Muga, non meno bella ma sicuramente da assimilare con vari ascolti, per nulla intuitiva. Ma come è cambiato realmente il loro rock? Potremo dire più alternative, più crossover e anche più metal, ma non renderebbe l’idea: nella titletrack sono le parole che prendono il sopravvento fino a metà brano quando la miccia rock finisce la sua corsa ed esplode il tutto. A parer nostro c’è anche una componente math rock che si muove alla base del sound dei nuovi Muga, in questo merita di essere citata l’affascinante Curtado, una nuova visione compositiva che gioca molto con le parti di chitarra, arricciandosi vicendevolmente e rendendo il tutto meno istintivo nonché puntando l’accento sulle parti strumentali.

Non mancano comunque le sfuriate in your face e in questo giunge Los Niños, up tempo ottimo per la sede live o anche Help Me che dà una scossa come le dita nella corrente. Un album non banale, per alcuni potrà essere difficile da digerire ma cela tanto lavoro e tanta ricercatezza. In alcuni momenti forse manca incisività e percepiamo un certo smarrimento (strofa di So Long), solo in futuro seguendo la band potremo capire se questo percorso è voluto o se il trio evolverà ancora.

Autore: Muga Titolo Album: Ramon
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Alternative Rock, Crossover Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/MUGA-209612049052687
Membri band:
Antonio Marinelli – voce, chitarra
Stefano Battisti – basso
Alessandro Sironi – batterista
Tracklist:
1. Slave
2. One Day
3. Dust
4. Ramon
5. T.R.O.
6. Los Niños
7. Curtado
8. Help Me
9. So Long
10. Paprika
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock, Nuove uscite
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23rd Mar2021

VonDatty – Nemico Pubblico

by Marco Pisano
Nemico Pubblico è il quarto album del cantautore romano Roberto Datti, in arte VonDatty, prodotto da Vrec e distribuito da Audioglobe, uscito quest’anno. Co-prodotto assieme a Pierfrancesco Allotta, vanta la partecipazione di numerosi ospiti di rilievo del panorama musicale nostrano, quali Roberto Dell’Era (Afterhours, The Winstons), Giorgio Baldi (chitarrista e produttore di Max Gazzé), Lucio Leoni (voce nella prima traccia e presente saltuariamente in altri brani), Lara Martelli (che compare in Hanno Bendato Il Mio Cuore) e Dj Myke (autore del remix di Maledetti Giorni, traccia di chiusura dell’album). Il cantautore romano, in questo nuovo lavoro, ci offre un cantautorato dal forte sapore pulp e noir, con molti richiami alle colonne sonore dei film anni settanta. Le strutture tipiche della forma canzone, vengono accompagnate da testi incisivi, profondi e molto introspettivi, trasformando i brani in una sorta di “spazio di autoanalisi” e di ricerca interiore, nei quali è possibile mettersi a nudo e confrontarsi con le proprie paure, speranze, sogni e fantasmi con la massima sincerità e trasparenza.

Coraggiosa e azzeccata la scelta di puntare sulle atmosfere pulp e noir, suggerite da sonorità con suggestioni roots e blues, e con qualche incursione nella psichedelia, principalmente grazie all’uso di effetti quali tremoli, echi e reverberi inseriti nelle chitarre, che ricordano molto le colonne sonore dei western del grande Sergio Leone, con le sue atmosfere sospese e cariche di tensione. Elementi che contribuiscono a rendere il sound generale movimentato e dinamico, mai troppo banale o troppo piatto. Nel complesso si tratta di un lavoro ben prodotto e ben concepito, davvero gradevole e godibile.

Autore: VonDatty Titolo Album: Nemico Pubblico
Anno: 2021 Casa Discografica: Vrec
Genere musicale: Cantautorale, Pop Rock Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/VonDatty
Membri band:
VonDatty –  voce
Gabriele “Lolla” Proitetti – chitarra
Pierfrancesco Allotta – basso
Vieri Balocchi – batteria
Tracklist:
1. Intro (Feat. Lucio Leoni)
2. Gli Aspetti Generali
3. Spleen
4. Maledetti Giorni (Feat. Dell’era)
5. Latte
6. Hanno Bendato Il Mio Cuore (Feat. Lara Martelli)
7. Nervi
8. Due Animali Feroci
9. Spy story
10. Nemico Pubblico
11. Maledetti Giorni (Dj Myke Remix)
Category : Recensioni
Tags : Cantautorale, Nuove uscite
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