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06th Mar2019

Venice May – Illusion Is Inevitable

by Massimo Volpi
Illusion Is Inevitable è il debut album dei Venice May, band formata a Parigi da Natalia Samofalova, cantante di origini ucraine, e il chitarrista Vincent Bedfert. Tredici brani per più di un’ora di post-rock etereo e visionario. Forse troppo. Sonorità interessanti, suoni e vocalismi pure, che alla lunga possono però stancare. Impossibile non pensare subito a band come Evanescence, Sigur Ros, A Perfect Circle e a tratti Radiohead; le influenze sono quelle e si sentono tutte. Forse troppo. L’insieme di tutte queste fonti di ispirazione, ha generato il suono dei Venice May, un suono fatto di tanti piccoli pezzi mescolati con cura ma che manca di una personalità vera e propria. Il percorso intrapreso dalla band non è per nulla facile e le stesura delle canzoni non è mai banale, né semplice. Si passa da atmosfere eteree, a suoni più duri e serrati, passando per cori quasi lirici a intermezzi quasi prog con voci robotiche (Only I Will Remain). Tanti ingredienti. Forse troppi.

Impossibile mettere in discussione la voce di Natalia e la sua versatilità, così come è impossibile farlo per i musicisti; tutto ben fatto, scritto e realizzato. Il progetto è interessante ma tutt’altro che di semplice approccio. Per risultare più accessibile forse sarebbe bastato diminuire, e di molto, il minutaggio, così da alleggerire il compito dell’ascoltatore. Forse 4 o 5 canzoni potevano essere escluse. Molto belle le parti di pianoforte (Mr & Misadventure) e i diversi stili canori anche nello stesso brano (Limerence). Tra le canzoni meritano una menzione Down That Alley, Devil’s Lap e In The Presence Of A Ghost, che forse racchiudono tutto quanto detto su questo album e su questa band. I Venice May potrebbero essere tra i nomi candidati ad aggiudicarsi l’etichetta di “next big thing” della musica indie hipster e finire tranquillamente sui cartelloni di Primavera Sound e affini.

La suggestiva copertina ritrae una donna che cade verso un cielo stellato in un mondo capovolto o semplicemente riflesso in uno specchio d’acqua; molto belli i colori e l’effetto finale. Illudersi è inevitabile, ma ci si può anche perdere; in qualsiasi senso lo si voglia intendere. I Venice May hanno mostrato tutto il loro catalogo, ora devono scegliere cosa togliere e cosa tenere. E su cosa puntare.

Autore: Venice May Titolo Album: Illusion Is Inevitable
Anno: 2018 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Post-Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.venicemay.com
Membri band:
Natalia Samofalova – voce, chitarra, piano
Vincent Bedfert – chitarra
Jérémie – batteria Sly – basso
Tracklist:
1. A Mouse And A Snake
2. Only I Will Remain
3. Hiding Place
4. Thinning Ice
5. Mr & Misadventure
6. Limerence
7. Disequilibrium
8. Down That Alley
9. One Way Out
10. Devil’s Lap
11. The Nerve
12. XYZ
13. In The Presence Of A Ghost
Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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30th Gen2019

Mòn – Guadalupe

by Marcello Zinno
Ci eravamo già imbattuti nei Mòn, ai tempi di Zama di cui avevamo parlato a questa pagina e i ragazzi avevano dimostrato da subito di essere una band post-rock originale. Sì a costruzioni diluite e orchestrazioni che tramutavano le composizioni in litanie messe su CD, ma anche tanti strumenti, arrangiamenti e soprattutto linee vocali (elemento che troppo spesso nel post-rock è quasi del tutto assente). Un copione questo che piacevolmente si ripete in Guadalupe, un album seppur più breve ma altrettanto interessante: xilofono, fiati, synth e altre stramberie accompagnano gli strumenti elettrici del combo che giocano tra le melodie costruite dalle due voci, Zilli (maschile) e Deiana (femminile), e la musica molto spesso pacata, ambient da un lato ma con una forte compostezza ereditata dal rock. C’è anche del ritmo come in Calypso, un brano anglosassone in tutti i sensi, e ci sono anche dei passaggi rock più incisivi, come a metà corsa di Moth, parti che si fanno davvero apprezzare.

Alcuni brani sembrano proprio usciti da Zama, come ad esempio When I Was A Child I Was Afraid Of The Sea (al netto della sua intricata e gustosa parte centrale che sfocia poi in un crescendo di tecnica) o in altri momenti, eppure il bello della musica dei Mòn sta sia nella sperimentazione mai indigesta che i ragazzi fanno della loro musica, sia nel suo senso di evoluzione, di metamorfosi che all’interno della stessa traccia riesce a trasmettere. Crowns racchiude tutta l’intensità dell’estro musicale del combo: prima una parte vocale portante, poi ci si cala in un esercizio stiloso di dark wave, e poi il brano prende il volo con una ritmica intricata e una vena rock decisamente scoperta. Guadalupe procede in continuità con Zama rispetto all’idea musicale dei Mòn, vi sono diversi punti di congiunzione (come l’incedere indie rock british di IX già provato ai tempi di Forest Of Cigarettes) segno che il loro concept musicale non è cambiato, segno che i Mòn ci sono sempre e sono in grado di avere voce in capitolo nella scena post-rock italiana.

Autore: Mòn Titolo Album: Guadalupe
Anno: 2019 Casa Discografica: Urtovox
Genere musicale: Post-Rock Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/monbandofficial
Membri band:
Rocco Zilli – voce, synth, chitarra
Carlotta Deiana – voce
Michele Mariola – chitarra
Stefan Veloci – basso
Dimitri Nicastri – batteria
Tracklist:
1. Mantis
2. When I Was A Child I Was Afraid Of The Sea
3. Calypso
4. Moth
5. Laureal
6. Crowns
7. Green Silk Cloth
8. IX
9. Water The Plants
10. June
Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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19th Gen2019

Last Eon – Before I Close My Eyes

by Marcello Zinno
I Last Eon con il loro debut album si collocano nella scena post-rock attuale. Sanno che non c’è bisogno di una tracklist affollata, con cinque brani e nello stile che contraddistingue il post-rock possono tranquillamente superare i 40 minuti di musica. E lo fanno. Già l’opener, con i suoi 10 minuti, imprime il marchio della band: compaiono trame vocali ma è lo spirito strumentale, in questa traccia a tratti shoegaze, che diluisce il contenuto musicale e lo stende fino ad una durata che ci riporta ai tempi di Pink Floyd, quelli dei primi album. Ma ancora, gli effetti alla voce, l’incedere e i suoni ovattati di Dead Gods ci sottolineano questi rimandi psichedelici, pronti a sparire a metà traccia quando prima un piccolo crescendo poi una struttura molto inquadrata esaltano le doti rock del quintetto, probabilmente il miglior momento dell’album, che poi si affievoliscono volutamente sul finale.

È spesso un gioco di poetica musicale e di arpeggi intrecciati quello dei Last Eon: parti suadenti e malinconiche fatte di note che lentamente si accavallano prendono presto il volo in esplosioni elettriche. E qui il gioco della band, avviene in diverse tracce come in The Wrong Song, emblematica in questo. Quindi un post-rock che vorrebbe essere un rock ricercato e a tratti esplosivo, senza però tralasciare distorsioni e suoni anni 90 (Elephants). Una buona prova che avrebbe bisogno di più mordente a parer nostro, di un rock più incisivo per appassionarci veramente.

Autore: Last Eon Titolo Album: Before I Close My Eyes
Anno: 2018 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Post-Rock Voto: 6
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/lasteonband
Membri band:
Sergio Todisco – chitarra – voce
Fabiano Pittiglio – chitarra – voce
Manuel Parisella – chitarra – synth
Alessandro Prete – basso
Emanuele Tartaglia (Mandu) – batteria
Tracklist:
1. Before I Close My Eyes
2. Dead Gods
3. The Wrong Song
4. Elephants
5. Strange Open Spaces
Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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18th Ott2018

Di Noi Stessi E Altri Mondi – Equorea

by Marcello Zinno

Di Noi Stessi E Altri Mondi - Equorea artworkLo sguardo verso l’infinito ci viene trasmesso dall’artwork dell’album dei Di Noi Stessi E Altri Mondi, quartetto che propone una ricetta scomponibile in parti diverse. Da un lato in Equorea ci sono le linee vocali, recitate, spoken word come le conosciamo da tantissimi altri progetti di cui abbiamo parlato sulle nostre pagine, e che diventano poesia in passaggi come Ode. Poco resta da aggiungere. Dall’altra c’è la musica che a nostro parere è strettamente legata ad una visione post-rock moderna che riesce qui, a differenza di altre formazioni, a non perdersi in sperimentalismi inutili. Non mancano pezzi in cui la creazione di un’ambientazione musicale viene prima delle singole note (Neruda ad esempio) ma gli strumenti vengono a galla e si presentano con una loro forma ed una loro sostanza. La band è l’ennesima conferma che per scrivere musica di qualità non servono tempi accelerati o riff chiari e possenti, a noi colpisce ad esempio la musicalità di Venere Dei Treni, un po’ meno la parte recitata.

Probabilmente le tracce sono in generale un po’ troppo lunghe, alla luce dei tempi comunque rallentati dei brani. Lo stile è particolare se analizzato all’interno della scena post-rock, semplificato ma consistente. Nulla di innovativo ma fatto con stile.

Autore: Di Noi Stessi E Altri Mondi

Titolo Album: Equorea

Anno: 2018

Casa Discografica: I Dischi del Minollo, You Can’t Records

Genere musicale: Post-Rock

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: https://soundcloud.com/dinoistessiealtrimondi

Membri band:

Francesco Tavoldini – tastiere, synth

Marco Guerini – voce

Mattia Zanotti – chitarra, synth

Thomas Botter – batteria

Tracklist:

  1. Nuvole

  2. Neruda

  3. Ode

  4. Venere Dei Treni

  5. Cieli Grigi

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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31st Ago2018

Il Giardino Degli Specchi – Oltremare

by Marcello Zinno

Il Giardino Degli Specchi - OltremarePartiti come un duo, Il Giardino Degli Specchi è oggi una band al completo, un quartetto dedito alle sonorità pacate e sfumate. Ritmi molto lenti, spesso di accompagnamento, fanno da cornice ad un album che pur risultando a livello sonoro frutto di una band al completo, ci dimostra fin dalla prima traccia che è stato concepito innanzitutto dalla chitarra, unico strumento melodico (se non si considerano le aggiunge vocali che però non compaiono mai come delle partiture di testi vere e proprie) e timone intorno al quale verte tutto il progetto. Arpeggi, a volte fiacchi e a volte più corpulenti, tendenzialmente come onde che crescono man mano che prosegue il loro andare, vestono i panni buoni, quelli della domenica, in alcuni casi puliti e lineari pur se sempre elettrici, in altri casi distorti e più rock, ma è davvero raro che si impegnino in riffing precisi, perché il post-rock non prevede questa forma di espressione. Scegliete uno qualsiasi dei brani di Oltremare e capirete subito l’approccio della band: brani lunghi e distesi (forse un po’ troppo), che non si intrecciano mai nel loro cammino bensì preferiscono dipanarsi in maniera lineare e lasciare che la musica sia un’ambientazione da sfondo più che un paesaggio intenso pieno di colori.

Per chi preferisce il rock più intenso consigliamo Il Sogno Di Eleanor e la seconda parte di I Will Stare At The Cold Of Your Eyes anche se la personalità più rappresentativa della band appare nei brani in cui la sei corde resta più limpida, come Sasha Grey. Quindi Oltremare è sicuramente un album degno di nota per chi apprezza il post-rock, trasversale all’interno del genere ma corposo e incentrato proprio su quelle soluzioni; per chi invece non apprezza il post-rock non c’è tanto da scoprire.

Autore: Il Giardino Degli Specchi

Titolo Album: Oltremare

Anno: 2018

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Post-Rock

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: http://www.ilgiardinodeglispecchi.com

Membri band:

Valerio Marcellino – chitarra, voce

Marco Andrea Lippa chitarra, synth

Marco Gianfranceschi – basso

Chiara Bellucco – batteria

Tracklist:

  1. Nessundove

  2. Il Sogno Di Eleanor

  3. Leonardo

  4. I Will Stare At The Cold Of Your Eyes

  5. Quasar

  6. Le Scogliere Di Moher

  7. Sasha Grey

  8. Toilet To Sleep

  9. Oltremare

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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12th Ago2018

Porno Teo Kolossal – Monrovia

by Valerio Veneruso

Porno Teo Kolossal - MonroviaUscito lo scorso 6 aprile per l’interessantissima etichetta indipendenti Dischi Bervisti (capitanata da quell’indemoniato di Nicola Manzan, al secolo Bologna Violenta) e in collaborazione con la storica label francese Bam Balam Records, Monrovia è l’ultima fatica discografica dei torinesi Porno Teo Kolossal (di pasoliniana memoria). Prendendo ispirazione dall’omonima capitale della Liberia, all’interno della quale vi si trova un isolotto ospitante 66 scimmie sopravvissute ad abominevoli sperimentazioni medico/farmaceutiche, l’intero disco vuole essere una sorta di tributo a tutti coloro che quotidianamente sono costretti a subire abusi e violenze “in nome del niente”. Costituito esclusivamente da tre tracce l’ultimo lavoro dei PTK si presenta come un concept album anche se in realtà è da considerarsi come una sorta di unico flusso di coscienza che accompagna l’ascoltatore in un viaggio vorticoso capace di farlo perdere tra le spire di suoni laceranti e ipnotici allo stesso tempo. Già dall’incipit del brano di apertura Trip To Monrovia si possono percepire quelle atmosfere cupe e trascendentali molto vicine a sonorità di gruppi come Squadra Omega o Cannibal Movies (classificati oramai sotto l’etichetta di “Italian Occult Psychedelia”) anche se continuando con l’ascolto i riverberi elettrici oscillano sempre più tra memorie post-rock, degne di un gruppo come i Mogwai, e approcci sperimentali a un certo tipo di jazz molto vicino a una band del calibro dei Bohren & Der Club Of Gore.

Da caldi suoni introspettivi eseguiti in sordina si passa facilmente a esplosioni elettriche dove riverberi e percussioni convulse contribuiscono a generare un climax perpetuo che perdura anche nelle due tracce successive. La seconda parte del disco lascia più spazio a un certo tipo di cantato che affonda profondamente le radici nella tradizione italiana (per non dire torinese) che riporta alla mente non solo la gloriosa epoca del rock progressive, ma anche e soprattutto agli espedienti canori di autori come Giovanni Lindo Ferretti, Franz Goria (storico frontman dei Fluxus), Max Collini o ai campionamenti di altre esperienze come quelle dei CCC CNC NCN o di un gruppo più recente come i Fuzz Orchestra. A questo punto Monrovia si trasforma in una nave che attracca (o meglio che si schianta) solo con la conclusiva End Of The Dark Side capace di portare a compimento quella catarsi preannunciata fin dall’inizio.

Nonostante il colto e particolarissimo approccio dei PTK nei confronti della musica Monrovia presenta però anche qualche piccolo difetto come la sensazione di star ascoltando qualcosa che non raggiungerà mai un vero e proprio approdo o il rischio di risultare a tratti troppo ridondante e quindi di difficile metabolizzazione. Questi sospetti non rendono dunque l’album un lavoro perfetto, ma forse (anzi, sicuramente) nessuno aveva intenzione di raggiungere un punto così stabile e sacrosanto e quindi, per noi, va benissimo così.

Autore: Porno Teo Kolossal Titolo Album: Monrovia
Anno: 2018 Casa Discografica: Dischi Bervisti, Bam Balam Records
Genere musicale: Sperimentale, Post-Rock, Noise Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://pornoteokolossal.com/
Membri band:

Non Dichiarata

Tracklist:

  1. Trip To Monrovia
  2. Monrovia
  3. End Of The Dark Side
Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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15th Lug2018

Alcesti – Monumenti

by Marcello Zinno

Alcesti - MonumentiGli Alcesti confezionano quattro tracce per un nuovo EP dopo l’album Nell’esistente E Nell’onirico. Il loro sound è abbastanza chiaro alle nostre orecchie: c’è un’anima musicale che è fortemente debitrice alla scena post-rock per l’uso della sei corde (lunghi e lenti arpeggi su tessuti strumentali) e crossover per la parte ritmica, mentre le linee vocali aleggiano nell’indie pop puntando a melodie e soluzioni più orecchiabili (la voce del singer ci ricorda nell’opener quella di Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari, al netto della cosiddetta “zeppola”…ma è solo una nostra impressione). Il mood non è impegnato, l’indie prende spesso il sopravvento e la ricercatezza che sembra suggerire alcuni effetti o ritmi rallentati viene in vari momenti surclassata dall’intenzione di inserire melodie. Da segnalare la titletrack, un brano che punta su diverse ambientazioni e che crea un certo pathos all’ascolto.

In questa doppia anima sicuramente gli Alcesti vestono bene i panni nella sperimentazione, quando si calano in una certa ricercatezza sonora e in una libertà espressiva che invece dal punto di vista canoro e in alcuni chorus abbandonano.

Autore: Alcesti

Titolo Album: Monumenti

Anno: 2018

Casa Discografica: Dischi Soviet Studio, Sisma Mvmnt

Genere musicale: Post-Rock, Indie Pop

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: http://www.facebook.com/alcestiband

Membri band:

Marco Ferrante

Mattia Quaglia

Stefano Cocco

Tracklist:

  1. Placenta

  2. Monumenti

  3. Talamo

  4. Nostri Mostri

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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05th Lug2018

Echo Atom – Redemption

by Marcello Zinno

Echo Atom - RedemptionGli Echo Atom sono un power trio completamente strumentale. Non c’è spazio per la voce nella loro musica, né per testi all’interno del booklet del nuovo e primo EP, booklet che si riassume a quattro facciate più grafiche e meno piene di contenuti scritti. Il loro è sì un post-rock come da tradizione diluito e arricchito da una sei corde che disegna arrangiamenti e colori per le singole tracce ma c’è anche uno spessore che si muove lontano dalle tendenze sperimentazioniste; è qui l’essenza del marchio Echo Atom, una chitarra che si destreggia continuamente nell’assumere forme diverse, mentre viene fuori una possente vena progressive nella sezione ritmica. Inoltre i brani non superano mai i quattro minuti il che rende sicuramente la ricetta digeribile, a ciò va aggiunto che le tracce presentano comunque una propria evoluzione scorrevole e che i diversi passaggi risultano, a nostro parere, sempre interessati e di ottima mole musicale.

Tutto questo tramuta i venti minuti di Redemption in un piccolo ma compatto assaggio delle tante idee che gli Echo Atom esprimono, un soft-prog che cerca (e trova) una musicalità di fondo senza voler giocarsi la carta dei testi e del cantato. Ottima prova.

Autore: Echo Atom

Titolo Album: Redemption

Anno: 2018

Casa Discografica: Seahorse Recordings

Genere musicale: Post-Rock, Progressive

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: http://www.echoatomband.com

Membri band:

Walter Santu – chitarra

Giuseppe Voltarella – basso

Alessandro Fazio – batteria

Tracklist:

  1. Awakening

  2. Path

  3. Redemption

  4. Dreamcatcher

  5. Peaks

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
0 Comm
21st Giu2018

Buckingum Palace – Club

by Paolo Tocco

Buckingum Palace - ClubPasso dopo passo consumo questa strada di ferro e di argilla, con i palazzotti altissimi attorno che quasi levano via il sole, i panni stesi, i garage aperti con dentro ogni genere di microcosmo…c’è anche quello che ripara le biciclette. Domenica pomeriggio, in fondo al viale poi si apre uno scenario di desertici spazi aperti, la pianura industrializzata che arriva dritta al mare. Che poi il video di Grande Mole non a caso mi riporta agli anni 90, al post-rock della periferia, alle adolescenti tristezze delle comitive e delle solitudini, ai cementi edificati che si affacciano sul mare. Una prova noise abbastanza educata, soprattutto nei suoni. Il punk ormai è alle spalle, lo sappiamo, ma avrei preferito un ferro meno lucidato e una ruggine più ingombrante per questo primo vero disco dei Buckingum Palace. Si intitola Club ed è una prova assai ingenua e immatura ma non spocchiosa e per niente incoerente come spesso accade per le prime scritture. Anzi, devo dire che nella loro ingenuità il trio porta a casa un risultato che ha tantissimo carattere e semplicità. Post-rock, scenari urbani, onde post-atomiche che però attingono molto dal punk, soprattutto le chitarre che cercano il rumore grasso. Queste voci mai in primo piano, voci di donna (nel trio solo la chitarra è maschia…), lontananze liriche e poi quel certo modo di sognare che appunto sa di domenica e di cemento.

Grande Mole è davvero un bel pezzo. Duttile sulle prime capisce di non poter attingere troppo dai “fu faiter” e va dritto per la sua strada. E poi lunghe jam session, momenti forse improvvisati o forse no, di sicuro è la forma canzone che viene polverizzata dal macete e dai trattori che i Nostri hanno dentro le vene e dentro gli amplificatori. Esiste quel brivido di freddo che gela la schiena in questa musica che sa di Islanda in tutti quei tratti che dove le voci si allungano e si allontanano, dove il suono si rilassa e l’H-H della batteria non incalza. E poi Tsunami è un treno che macina la ferrovia in questo strumentale lungo (troppo) di scritture decise al momento, e poi la chiusa con Cinnamon e l’ultimissima Rigoglio/Fioritura decidono appunto di decantare il pensiero, le parole, con questo finale che richiama la mia memoria di adolescente che si lasciava portare trai palazzi con i feedback taglienti dei REM in Sweetness Follow.

In dirittura d’arrivo chiedo alle parole di capirci qualcosa di questo primo disco dei B.P. Certamente la batteria è il primo punto debole che mi salta alle orecchie, forse è la scrittura dei pattern o forse i suoni troppo poco disordinati. Ancora mi fa storcere l’angolo della bocca quando in fondo i protagonisti sono sempre loro 3, il basso, la chitarra, la batteria, i suoni quasi uguali, sempre. Manca forse quel quid di scrittura che governa i motivi e il fascino. È un esordio, ribadiamolo, gli perdoniamo tutto certamente e certamente queste sono cose che in fondo al post-rock interessano poco dovendo pensare ogni istante della giornata ad esprimere sensazioni fottendosene totalmente dei cliché radiofonici o delle forme conosciute di musica per organi mediamente omologati. Club è suono suonato. Chissà se possono capirlo quelli che i dischi li pensano e li disegnano ai computer. Buon mattino ai B.P. buon esordio e buon polso. Proseguendo lungo il tragitto sento che ci sono solo cose belle.

Autore: Buckingum Palace

Titolo Album: Club

Anno: 2018

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Post-Rock, Shoegaze

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/buckingumpalace

Membri band:

Annalisa Vetrugno – basso

Stefano Capoccia – chitarra

Clara Romita – voce, batteria

Tracklist:

  1. Spiagge

  2. Grande Mole

  3. Reietto

  4. Duttile

  5. Pabloo Onolis

  6. Caveau

  7. Dallo Spazio

  8. Tsunami

  9. Cinnamon

  10. Rigoglio/Fioritura

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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12th Mag2018

Aikira – Light Cut

by Massimo Volpi

Aikira - Light CutPost-rock strumentale dall’Abruzzo. Light Cut è il nuovo lavoro degli Aikira; band di recente formazione con membri di formazioni storiche underground del territorio, come i Vibratacore. Niente hardcore questa volta ma sonorità decisamente più riflessive e articolate. Un disco strumentale non è mai immediato, o meglio, questa è la prima impressione che spesso si può avere: di mancanza. In questo Light Cut questa sensazione non si avverte più di tanto, questo perché i brani sono ben composti e suonati, con ritmi che si alternano, veloci e frenetici prima, dilatati e ipnotici poi. Apre Etera che ben riassume l’intero album; non c’è dubbio che dietro agli strumenti ci siano dei buoni musicisti. L’album è ben scritto e ben interpretato, molto ben registrato, condizione imprescindibile soprattutto quando si parla di questo tipo di lavori. Voyager è un viaggio perfettamente riuscito, nelle sonorità e nei cambi di ritmo. Atmosfere più cupe, a tratti horror, per Elemental 3327; un bel brano d’ambiente con il suo procedere altalenante. Something Escapes ricorda sonorità spaziali e fantascientifiche ed è l’unico brano con la presenza di una voce, femminile, utilizzata in modo intrigante e intelligente, che funziona molto bene; viene da chiedersi perché non sia stato fatto più spesso nell’album.

Si chiude con Elemental 06, poco meno di 3 minuti di atmosfera vibrante ed effettata, decisamente bella. Nel complesso un album non facile ma sicuramente di qualità. I cultori del genere saranno d’accordo e ne potranno godere. L’artwork dell’album è altrettanto misterioso; con elaborazioni apparentemente sfocate e illustrazioni in red/blue che hanno tutta l’aria di nascondere immagini 3D vecchia scuola. Prendo subito i miei occhialini con lente rossa e lente blu…

Autore: Aikira

Titolo Album: Light Cut

Anno: 2018

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Post-Rock, Strumentale

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.aikiraband.com

Membri band:

Alessandro “Fango” Pizzingrilli – chitarra

Danilo “Il Kote” Concetti – batteria

Andrea Alesi – chitarra

Lorenzo Di Cesare – basso

Tracklist:

  1. Etera

  2. Yonaguni

  3. Vantablack

  4. Voyager

  5. Elemental 3327

  6. Drive

  7. Something Escapes

  8. Alan

  9. Elemental 06

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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