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11th Mag2018

Il Fieno – Riverberi

by Marcello Zinno

Il Fieno - RiverberiIl quartetto a nome Il Fieno torna a distanza di tre anni da I Vivi, il loro primo full-length di cui avevamo parlato a questa pagina e che seguiva a due EP. A quei tempi avevamo detto che la band veniva presentata come un progetto new wave ma noi vedevamo più forte l’indole indie rock; oggi, con questo Riverberi, la band parla di sonorità pop ed omaggi agli anni 80, fattori che noi troviamo anche se, per la seconda volta, li vediamo sotto un’altra chiave. I 9 brani di Riverberi (9 anche nel precedente lavoro, un caso?) si poggiano su una colonna portante fortemente indie pop ma ad un ascolto attento non nascondono un’impronta post-rock, sia per arrangiamenti che nel songwriting delle chitarre, impronta che caratterizza il sound odierno de Il Fieno, o almeno dei brani secondo noi più interessanti. Da qui si apre tutto il tema della ricercatezza compositiva (fatta eccezione per qualche momento più “spensierato”, musicalmente parlando, e spudoratamente indie come Lucertole) che però è finalizzato a produrre qualcosa di assolutamente digeribile e non di rendere più pesante l’offerta finale. In questo merita sicuramente di essere segnalata Levanto.

Poi c’è un’altra veste de Il Fieno, quella dei momenti più pop e romantici, come Canzone Semplice, per cui a nostro parere il profilo compositivo della band si abbassa di qualche tacchetta. Nella seconda parte dell’album sentiamo questa tendenza e in particolare in Due Ragazzi Immaginari sembra rieccheggiare un certo profilo new wave di cui la band parlava anni fa. Un progetto ricercato che punta ad ascoltatori molti diversi tra loro.

Autore: Il Fieno

Titolo Album: Riverberi

Anno: 2018

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Indie Rock, Post-Rock

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: http://www.ilfieno.it

Membri band:

Gabriele Bosetti – voce

Alessandro Viganò – basso

Gianluca Villa – chitarre, synth

Paolo Soffientini – batteria, percussioni

Lele Battista – piano, synth

Raffaele Kohler – fiati in Porno

Tracklist:

  1. Everest

  2. Galassie

  3. 1983

  4. Lucertole

  5. Canzone Semplice

  6. Porno

  7. Due Ragazzi Immaginari

  8. Lotus

  9. Levanto

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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23rd Mar2018

John Malkovitch – The Irresistible New Cult Of Selenium

by Marcello Zinno

John Malkovitch - The Irresistible New Cult Of SeleniumJohn Malkovitch non è il solito nome del cantautore di un paesino sperduto ispirato dalla letteratura russa e che vede nella musica l’unica forma di espressione di un suo diagio sociale. John Malkovitch è una band a tutti gli effetti, un quartetto profondamente aderente al rock ma che si allontana dai suoi classici canoni per plasmare un qualcosa di diverso. Spesso ne rallenta i ritmi, sposa una visione completamente strumentale, annichilente per certi versi ma in alcuni frangenti più espressiva di quanto lo sarebbe se ci fosse un cantante in line-up. The Irresistible New Cult Of Selenium non è un album semplice, ancorato al post-rock ma scevro da qualsiasi forma di psichedelia (elemento che molti progetti post-rock non riescono ad evitare), propone quattro tracce ma che sfiorano in cinquanta minuti di durata totale. Un segno indelebile della proposta musicale della band, un progetto che non può evitare la classica forma del “crescendo”, musicale ed emotivo, come accade ad esempio in Twice In A Moment, Once In A Lifetime (toccando addirittura il metal sulla parte finale), una delle poche strutture che viene spesso adottata nella musica strumentale come tentativo di coinvolgere l’ascoltatore.

Zenit è onomatopeica fin dal titolo, tutto è soave e sembra di essere immersi in uno stato di apnea fino a metà brano per poi aprirsi, di nuovo, all’esplosione sonora che lascia spazio al rock, quello vero. Quando parte Nadir sappiamo già cosa aspettarci e pur con note e pattern diversi il film non cambia di molto; cambia l’approccio alla ritmica, ci coinvolge di più e il graffio del riff. Nel complesso è un buon album ma i brani sono davvero molto lunghi. La stessa Zenith si poteva spezzare in due (i primi 9 minuti e i secondi 5) rendendo non solo le tracce più digeribili ma presentando con un’altra forma le diverse composizioni incluse in essa.

Autore: John Malkovitch

Titolo Album: The Irresistible New Cult Of Selenium

Anno: 2018

Casa Discografica: I Dischi Del Minollo

Genere musicale: Strumentale, Post-Rock

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: https://johnmalkovitch.bandcamp.com

Membri band:

Manuel Negozio – basso

Luca Santi – chitarra

Francesco Tiberi – batteria

Leonardo Tommasi – chitarra

Tracklist:

  1. Darker Underneath The Surface

  2. Twice In A Moment, Once In A Lifetime

  3. Zenit

  4. Nadir

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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22nd Mar2018

Il Silenzio Delle Vergini – Su Rami Di Diamante

by Marcello Zinno

Il Silenzio Delle Vergini - Su Rami Di DiamanteIl nuovo EP interlocutorio de Il Silenzio Delle Vergini, band la cui intervista è disponibile a questa pagina, si intitola Su Rami Di Diamante ed è di fresca uscita. Interlocutorio perché la band esce dall’album Colonne Sonore Per Cyborg Senza Voce e probabilmente si appresa a pubblicare un altro full-lenght, ma anche perché in fondo cinque tracce sghembe, diverse e poco palpabili riempiono un CD che sfiora i venti minuti di ascolto. L’introversa e sintetica Amore (003 E 009) fa da contraltare a Londra, un esercizio di puro post-rock, passando per i suoni dance di Guerra, il tutto in un turbinio di attenzioni produttive, suoni scelti e trame ritmiche differenti. Qual è il fattore comune nella loro musica? Un prodotto musicale in cui le voci campionate cercano di riempire le intenzioni vocali della band, il tutto non facendo mancare melodie perché la strumentalità non è fine a se stessa ma espressione di tinte e di sensazioni che devono prender forma esclusivamente con le note, con la musica. Da valutare in occasione di un album completo per capirne a pieno le capacità espressive.

Autore: Il Silenzio Delle Vergini

Titolo Album: Su Rami Di Diamante

Anno: 2018

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Strumentale, Post-Rock

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: https://www.facebook.com/ilsilenziodellevergini/?fref=ts

Membri band:

Armando Greco – chitarra

Cristina Tirella – basso

Michele Guberti – chitarra, basso, batteria

Tracklist:

  1. Intro

  2. Londra

  3. Io E Te Sulla Piramide

  4. Amore (003 E 009)

  5. Guerra

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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19th Mar2018

Camera237 – The Lie And The Escape

by Marcello Zinno

Camera237 - The Lie And The Escape coverMolto intelligente la visione musicale dei Camera237, una band che indubbiamente saccheggia dal mondo musicale del post-rock ma che ne offre una visione molto più digeribile. L’indie dallo stile britannico di You ne è un esempio, un pezzo in cui le melodie vocali fanno l’80% del gioco e la musica, comunque ben congegnata, fa da scenografia a questa scena (plauso alle linee di basso). In generale comunque il termine indie non è propriamente linkabile alla musica dei Camera237: tastiere, synth ed effetti sono il cardine musicale delle loro idee che, come detto, non assumono mai derive sperimentali, piuttosto risultano piacevoli anche all’ascolto non attento, segno che The Lie And The Escape arriva già al primo ascolto. Tutto costruito in maniera precisa e con dei bei suoni insomma, noi però avremo preferito una preponderanza degli strumenti elettrici accanto al protagonismo vocale (la band sembra accontentarci parzialmente in Walk Alone e in I Need You Get Back) ma è giusto che la direzione della band sia legata a ciò che li ispira dal profondo.

Per chi apprezza più le incursioni nell’elettronica suggeriamo l’ascolto di My Disorder, chi invece ricerca maggiormente le sfumature melodiche può ricontrare una hit nell’opener I Will Know.

Autore: Camera237

Titolo Album: The Lie And The Escape

Anno: 2018

Casa Discografica: La Lumaca Dischi

Genere musicale: Pop Rock, Post-Rock

Voto: s.v.

Tipo: CD

Sito web: http://www.camera237.it

Membri band:

Ignacio

Marco

Silvio

Yandro

Tracklist:

  1. I Will Know

  2. You

  3. This Time

  4. My Disorder

  5. Let Me In Your Heart

  6. Walk Alone

  7. I Need You Get Back

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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28th Feb2018

Snow In Damascus! – Unconscious Oracle

by Marcello Zinno

Snow In Damascus! - Unconscious OracleNonostante le forti dosi elettroniche che gli italianissimi Snow In Damascus! inseriscono nei loro brani, il cappello più adatto per presentare il loro sound a nostro parere è quello del post-rock. Non pensate però al post-rock come l’etichetta internazionalmente riconosciuta, ma ad una visione di rock che vuole rompere con i soliti schemi, che vuole rallentare i canonici tempi, che vuole infilarsi in spazi non sempre congeniali e creare così una visione futuristica (e futuribile) di rock. Lo stile della band infatti prende le distanze dall’incedere graffiante che alcune rock song contengono nonché dall’energia prodotta dai riff portanti di una traccia rock, preferisce piuttosto giocare su orchestrazioni (elettriche ed elettroniche) che si vestono da arrangiamenti e aggiungono una vena lisergica al tutto. Compare anche uno spirito soft-prog (come in Still Astral Trip o in Will), una forte incursione nell’elettronica in altri momenti (come in No Details) e anche brani che escono fuori traccia rispetto ai nostri ascolti (Guilty Brain), tutti momenti che sembrano un po’ stirare il lungo lenzuolo di sonorità a cui gli Snow In Damascus! sono avvezzi, piuttosto meglio puntare il mirino sull’opener in cui si mescolano in un ottimo bilanciamento arpeggi ed effetti o anche su Cherry Tree, un esercizio alla Marillion periodo Hogarth ma più orecchiabile.

Quello che manca è un brano che catturi, un pezzo che da un lato identifichi con chiarezza il tratto somatico del quintetto e dall’altro crei quello squarcio nella scena tanto agognato nella loro biografia lasciando un segno indelebile del loro passaggio. Un album comunque ricercato che mette in mostra tante sfumature e lascia all’ascoltatore la possibilità di scelta, come un mazzo di fiori ciascun con un colore diverso ma nessuno infinitamente bello.

Autore: Snow In Damascus!

Titolo Album: Unconscious Oracle

Anno: 2018

Casa Discografica: Dreamingorilla Records, Stoutmusic

Genere musicale: Post-Rock, Elettro Rock

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/snowindamascus

Membri band:

Gianluca Franchi – voce, chitarra

Ciro Fiorucci – batteria, elettronica

Giorgia Fanelli – elettronica, voce

Matteo Bianchini – basso, elettronica

Michele Mandrelli – elettronica, voce

Tracklist:

  1. Unconscious Oracle

  2. Vultures

  3. Fade Away

  4. Still Astral Trip

  5. No Details

  6. Will

  7. Guilty Brain

  8. Cherry Tree

  9. Falling Upwards

  10. Make Me Blind

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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04th Feb2018

Antarte – Isole

by Raffaele Astore

Antarte - IsoleE se stavolta ci rilassassimo un po’? Effetto stroboscopico di una notte di baldoria con amici che deve ora lasciare spazio al recupero del corpo e delle mente. E quale miglior cura di una delle ultime novità uscite in campo tricolore? E prendiamolo sto benedetto Isole, e vediamo quel che contiene, non fosse altro per quel dipinto che richiama uno dei racconti di ieri sera a proposito di quadri, già perché ieri si parlava di quadri di Ligabue e di dischi come Pictures At An Exibition, insomma anche arte e rock quando si mangia, e cos’altro se no oltre ad un buon piatto salentino. Comunque sia, torniamo a questo lavoro che promette bene sin dalla copertina. Diciamo subito che la musica di questa band si àncora bene in quel post-rock a noi tanto caro, non fosse altro per le derivazioni anche etniche che ne richiama, infatti l’album degli Antarte, Isole, si appoggia proprio su questo genere anche se contaminato da testi pensati bene che si miscelano bene nel contesto complessivo. Isole è un album dal sound lento, scorrevole, fluido, a volte anche capriccioso, ma il fatto poi che tutto il lavoro sia stato assemblato da Simon Heyworth la dice lunga su dove gli Antarte volevano arrivare. Infatti, Heyworth è quell’uomo che nel corso della sua carriera ha messo mano ai dischi di Brian Eno, George Harrison, King Crimson, Depeche Mode e tanti altri. E’ dire poco se poi il mastering di questo disco aiuta ancora di più a far risaltare il percorso sonoro che gli Antarte hanno voluto proporre. Infatti il disco si propone con un’architettura strutturata sulla potenzialità dei brani che sono descritti come un rincorrersi di racconti che descrive il moto a luogo del mare (guardate un po’ la copertina). La musica degli Antarte è rarefatta, sembra buttarsi in un’atmosfera fantasmagorica dove tutto diventa irraggiungibile, una sorta di distanza siderale tra l’essere umano ed i suoi sentimenti.

Già dall’apertura di Isole che si presenta con Oasi, il tuffo nel post-rock è immediato, la voce di Lillo Morreale è ben sostenuta da una ritmica acustica che si confonde con i passaggi più vellutati che in alcune note richiamano i Depeche Mode ma anche band come i Tangetrine Dream, ma gli Antarte dimostrano solo che l’assimilazione di quei suoni è solo servita a realizzare poi il sound tutto personale che li contraddistingue. E se Oasi si trova proprio al posto giusto per la presentazione di quello che accadrà dopo, il sound vellutato del brano successivo, I Tuoi Giorni, si appoggia tutto sulla delicatezza della chitarra acustica che propone proprio quell’addio di cui a volte non si può fare a meno. Ed anche qui oltre al bel cantato l’atmosfera che si respira è proprio da post ma anche un po’ flodyana, soprattutto nelle battute finali. Il terzo pezzo contenuto nell’album, Senza Luna, disegna alla perfezione il messaggio sonoro che gli Antarte vogliono far giungere con questo pezzo che più post di così non si può. E Paolo Vita al piano sforna quei tocchi irresistibili che viaggiano tra un classico dimenticato ed un post di ultima generazione, e non basta perché il tutto poi è maestosamente sostenuto dal resto della band che alimenta quel sogno di ritrovarsi senza il satellite tanto amato. Un bel pezzo, da colonna sonora senza dubbio. E se Nessuno apre alla maniera pinkfloydiana per quel tic tac che ricorda uno dei dischi più venduti nella storia, il resto del pezzo viene da sé; Nessuno nella sua tristezza è lo specchio di un minimalismo musicale che lentamente porta l’ascoltatore dal post rock finora proposto allo slow core più concreto e consapevole. E che dire qui, il viaggio continua senza accorgersi di essere passati dal ritrovarsi Senza Luna all’essere Nessuno nel vero senso della parola.

Ed i suoni che invadono le nostre orecchie arrivano come pennellate negli angoli più nascosti del nostro cervello e ci spieghiamo allora il perché di quella scelta di copertina, anche se poi qui vi è una vera immersione nel sound di stampo Sigur Rós. Scirocco si presenta come post-rock tricolore anche se pervaso da influenze alla 65daysofstatic soprattutto nella parte finale del pezzo. E se con Bolina sembra che il post sia stato scritto per le strade di Parigi per la bohemien che sprizza fino a raggiungere, poi, lo slancio verso l’alto, oltre i confini del post, Castelli Di Sabbia muovendosi sulle belle presenze vocali e strumentali, preparano alla chiusura di Isole che con Buona Fortuna fanno approdare a quell’ambient pulito, senza troppi fronzoli, che la dice tutta su come gli Antarte sappiano fare musica. Un disco che non mancherà di essere apprezzato come è capitato a noi, un disco che ci fa ancora una volta affermare che per trovare buona musica non è poi così necessario andare sempre al di là delle Alpi, basta guardarsi in casa e scoprire che tante band hanno da dire, e molto. E non poteva essere altrimenti perché a soli quattro anni dall’esordio con Olio Su Tela, gli Antarte di strada ne hanno fatta.

Autore: Antarte

Titolo Album: Isole

Anno: 2018

Casa Discografica: Megaphone Music

Genere musicale: Post-Rock

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: https://antarte.bandcamp.com/

Membri band:

Lillo Morreale – voce, chitarra, violino

Paolo Vita – chitarra, piano

Gabriele Castelli – batteria

Special guest:

Laura Ferlisi – voce

Marco Zammuto – basso

Calogero Contino – tromba

Brani:

  1. Oasi

  2. I Tuoi Giorni

  3. Senza Luna

  4. Nessuno

  5. Scirocco

  6. Bolina

  7. Castelli Di Sabbia

  8. Buona Fortuna

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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14th Gen2018

And So I Watch You From Afar – The Endless Shimmering

by Raffaele Astore

And So I Watch You From Afar - The Endless ShimmeringAnd So I Watch You From Afar sono una rock band di Belfast formata da quattro elementi con Niall Kennedy e Rory Friers alle chitarre, Johnny Adger al basso e Chris Wee alla batteria che propongono prevalentemente musica strumentale dando vita ad un rock che resta impresso sin dai primi ascolti anche se la loro è una musica in continua evoluzione. Con questo sesto lavoro la band dimostra una straordinaria evoluzione musicale che lascia esterrefatti per le composizioni che non annoiano mai, anzi offrono una sorta di carica dalla quale è difficile districarsi. Chi scrive, questo disco lo ha già ascoltato diverse volte senza mai annoiarsi ed ad ogni ascolto c’è sempre stata una nuova scoperta ma lascio fare ora a chi ci legge e poi magari si gusterà questo The Endless Shimmering che cattura davvero. Tutto quello che si ascolta in questo disco è allegria, spensieratezza e sound che scivola via tra suoni tipicamente rock e toccate di “post”. Un bel disco insomma anche se il nostro non è un voto dato al disco in se ma alle capacità artistiche e stilistiche dei And So I Watch You From Afar. Ma vi sono anche alcune influenze di quel math-rock tipico come accade in Dying Giants che si chiude con una bella presenza di archi che si allacciano alle frequenze prodotte fino a quel momento.

Sin dall’apertura con Three Triangles che presenta una bella chitarra con la batteria capace di incunearsi tra le note della sei corde, si ha un’indicazione immediata su come questo sia un album realizzato da strumentisti che sanno bene cosa fanno. Sembra anzi che questo sia il prodotto di un album registrato in presa diretta vista la qualità e la significatività del suono. Ripeto, ascoltatelo che ne vale la pena perché se è già un brano come Three Triangles a dare quel senso di libertà capirete bene cosa può accadere dopo. E che delizia poi quando si giunge alla traccia che dà il titolo all’album: The Endless Shimmering mette in evidenza quanto quest’album sia effettivamente una delle migliori produzioni chitarristiche degli ultimi tempi. Anche una traccia come I’ll Share A Life sembra giungere al punto giusto nell’arricchimento di questa esperienza di ascolto pur nella presenza di un costante tambureggiare di Chris Wee, e ne vale sempre la pena. La traccia di chiusura Chrysalism appare invece un vero e proprio pezzo di suspense che progredisce in una tempesta vorticosa di suoni al punto da far ascoltare e toccare con mano la distruzione capace di portare una chitarra ben suonata. Insomma, nel complesso un album di post-rock reso eccitante dal fragore chitarristico capace di alzare un muro “contro”.

The Endless Shimmering è un album che pur realizzato in studio, sembra in realtà essere suonato dal vivo e forse gli And So I Watch You From Afar volevano proprio questo: suonare tutto dal vivo anche in studio. Se il risultato è come quello che vi abbiamo descritto, è intuibile quanto la capacità di questa band irlandese sappia andare oltre l’etichetta del semplice post-rock: infatti è sufficiente proprio l’ultimo brano a dimostrare che il post-rock, o il math-rock che abbiamo segnalato sia poi alla fine una vera e propria progressione di suoni, quasi prog. Se continuano così gli And So I Watch You From Afar sapranno regalare ben altro. Disco non eccelso ma davvero bello e….piacevole.

Autore: And So I Watch You From Afar

Titolo Album: The Endless Shimmering

Anno: 2017

Casa Discografica: Sargent House

Genere musicale: Post-Rock

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: https://www.asiwyfa.com

Membri band:

Niall Kennedy – chitarra

Johnny Adger – basso

Chris Wee – batteria

Rory Friers – chitarra

Tracklist:

  1. Three Triangles

  2. A Slow Unfolding of Wings

  3. Terrors Of Pleasure

  4. Dying Giants

  5. All I Need Is Space

  6. The Endless Shimmering

  7. Mullally

  8. I’ll Share A Life

  9. Chrysalism

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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27th Ott2017

Malmö – Manifesto Della Chimica Romantica

by Marcello Zinno

Malmö - Manifesto Della Chimica RomanticaInteressante la visione musicale dei Malmö, una band che viene da molti equiparata alla scena post-rock ed in effetti le loro costruzioni soprattutto chitarristiche sono molto affini a questo genere. Ma è consapevolezza diffusa che le giovani realtà post-rock incentrino tutto sulla componente strumentale, spesso rinunciando del tutto ad esprimersi tramite testi e voce. I Malmö invece ragionano al contrario e quindi accanto a melodie aspre e intricate, arricchite da ritmiche atmosferiche seppur tavolta goliardiche, piazzano in primo piano la voce di Daniele Ruotolo che rende tutto più facile da ingerire (e anche meno gustoso, se vogliamo) di un bicchier d’acqua. Scelta quindi particolare ma che a parer nostro non viene spinta quanto meriterebbe visto che il risultato finale è qualcosa di spesso molto orecchiabile e che perde tutta l’alta ricercatezza che il post-rock usualmente vanta. Ascoltare infatti brani come Il Principio Di Archimede, le sue linee vocali e il pianoforte ci spinge nel pieno dell’indie pop italiano, ma anche Polaroid ci tiene appesi nell’attesa di qualcosa che ci possa scuotere ma che non arriva mai.

Alcuni contesti ispirano allegria (A Chi È Lontano), anche se noi preferiamo quando i Malmö optano per trame più intime e introspettive (come Jules Verne), è qui il loro valore maggiore. Non si può parlare di un vero e proprio edificio, però le fondamenta, create con materiale originale e resistente, sono degne di nota. Tutto sta nel vedere che se negli anni la costruzione finale somiglierà a tantissimi building già noti o se vedremo qualcosa di davvero raro.

Autore: Malmö

Titolo Album: Manifesto Della Chimica Romantica

Anno: 2017

Casa Discografica: Manita Dischi

Genere musicale: Post-Rock, Indie Pop

Voto: 5,5

Tipo: CD

Sito web: https://malmoband.com

Membri band:

Daniele Ruotolo – voce, chitarra

Vincenzo De Lucia – pianoforte, chitarra

Marco Normando – basso, voce

Vincenzo Del Vecchio – batteria, glockenspiel

Tracklist:

  1. L’alba Di Un Giorno Di Festa

  2. La Deriva

  3. Il Principio Di Archimede

  4. Polaroid

  5. A Chi È Lontano

  6. Jules Verne

  7. Le Regole Della Resa Incondizionata

  8. Manifesto Della Chimica Romantica

  9. Senza Macchie (L’alba Di Un Giorno Di Festa Parte II)

  10. I Treni E Le Scie

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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24th Ott2017

Mòn – Zama

by Alessio Capraro

Mòn - ZamaZama è l’album d’esordio dei romani Mòn, un disco di dieci tracce intrise di melodie ipnotiche, di atmosfere boreali e di un sound dalla forte impronta post-rock. L’influenza di band come Sigur Ròs e Alt-J è palpabile ma, l’innesto di momenti folk improvvisi rende questo disco molto particolare anche se fedele al genere. Il singolo e brano d’apertura Lungs ci proietta in una sensazione di pace ed è già da qui che si può notare un intermezzo piacevole quanto inaspettato che si distacca dall’ambient e tocca note folk e world. Le voci, delicate e flebili in lontananza, sono morfina, Alma e The Flock ne sono un esempio, anche se in quest’ultima il timbro vocale e lo stile ricordano fin troppo i Coldplay e Chris Martin. Sorprendente, invece, è Forest Of Cigarettes che strizza l’occhio ai Foals distaccandosi momentaneamente dal genere di base, con riff di chitarra semplici quanto incisivi. Particolare attenzione va anche a Fluorescence, altro brano molto orecchiabile e ritmato dove, forse, la band poteva azzardare qualcosa in più, specie nelle distorsioni.

Il disco è assolutamente piacevole e lo sarebbe stato ancora di più se in alcuni brani i Mòn non si fossero rifugiati in un freddo intimismo in chiaro stile Sigur Ròs, vedi Fragments e To Marianne, è come se cercassero di spingersi in lande pericolose quanto avvincenti per poi ritornare quasi impauriti nel loro confortevole e sicuro sound. Le basi ci sono, la band ha stoffa, manca solo un pizzico di coraggio nel volersi avventurare nella giungla, osare di più quando si ha la possibilità di farlo anche se Zama resta comunque un buon album. Con questi modesti consigli, ci auguriamo che i Mòn possano in futuro spingersi oltre, le potenzialità per affermarsi prepotentemente sulla scena underground e non solo ci sono tutte.

Autore: Mòn

Titolo Album: Zama

Anno: 2017

Casa Discografica: Urtovox

Genere musicale: Post-Rock

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/monbandofficial

Membri band:

Rocco Zilli – voce, synth, chitarra

Carlotta Deiana – voce

Michele Mariola – chitarra

Stefano Veloci – basso

Dimitri Nicastri – batteria

Tracklist:

  1. Lungs

  2. Alma

  3. The flock

  4. Forest of cigarettes

  5. Indigo

  6. Fluorescence

  7. Fragments

  8. That melts into spring

  9. Mutter nacht

  10. To Marianne

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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08th Set2017

Malclango – Malclango

by Francesco Mureddu

Malclango album omonimoAlbum interamente strumentale per questa originale formazione post-rock italiana, composta da un batterista e due bassisti. Leggendo i titoli ci si rende subito conto del filo conduttore che unisce tutti i brani, infatti ognuno di essi rimanda al mare in tempesta, immagine evocata anche dalla bella copertina e dai rumori di fondo presenti in ogni traccia, naturale definire il tutto come un concept album. Si aprono le danze con Patatrac, brano movimentato e trascinante dove sono presenti tempi dispari e richiami al progressive, qui non si sente affatto la mancanza delle chitarre grazie anche all’ottimo lavoro di missaggio dell’album e anche a degli interventi di una voce narrante che pare uscire da un filmato dell’istituto luce. Segue Nimbus che già dalle prime note richiama le geometrie e i riff dei Tool, in un piacevole crescendo che conferma le impressioni iniziali, le stesse che possiamo riscontrare su Ostro (o vento di mezzogiorno), brano contenente cori evocativi e che soffia a gonfie vele dirigendo l’imbarcazione dei Malclango verso il largo, nei mari solcati da band come Primus.

Petricore e Anatomia Di Un Battibecco sono brani più tranquilli ed easy rispetto ai loro predecessori, il contrario di Granburrasca, uno dei momenti migliori del CD dove si alternano parti più cadenzate ad altre più tranquille ma comunque ispirate e interessanti. Le stesse che possiamo ascoltare sulla conclusiva Sant’Elmo, traccia che non sfigurerebbe in una scena di un film di Tarantino visto la melodia anni 60 e richiami al folklorismo musicale greco. Uno dei maggior pregi dell’album è quello di non annoiare mai, nonostante l’assenza di due elementi fondamentali per il genere come la chitarra e la voce e l’assenza di effetti per gli strumenti a corda, cosa che mi sento di raccomandare per il futuro in quanto potrebbero aggiungere un tocco psichedelico al già ottimo lavoro fatto finora.

Autore: Malclango

Titolo Album: Malclango

Anno: 2017

Casa Discografica: Subsound Records

Genere musicale: Post-Rock

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/malclango/

Membri band:

BOB – basso

DOC – basso

RAV – batteria

Tracklist:

  1. Patatrac

  2. Nimbus

  3. Ostro

  4. Petricore

  5. Anatomia Di Un Battibecco

  6. Granburrasca

  7. Sant’elmo

Category : Recensioni
Tags : Post-rock
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