Vibravoid – Delirio Dei Sensi
Una bella sorpresa, questa propostaci dalla band di Dusseldorf, ormai attiva da qualche anno nel panorama internazionale. Registrato in soli due giorni tramite la nostrana Go Down Records, l’album è un piacevole tuffo nel passato psichedelico tanto in voga negli anni ‘60, attraverso la sperimentazione di sonorità pienamente aggiornate ai giorni nostri. Capitanati da Christian Koch nella duplice veste di cantante e chitarrista, i nostri eroi riescono nell’impresa di offrire un sound apparentemente datato, ma al tempo stesso molto coinvolgente, grazie al sapiente lavoro di rimodulazione delle suddette sonorità con le tematiche dei brani. L’apertura di Poupeè De Cire, leggendario brano di Serge Gainsbourg portato al successo da France Gall nei tardi anni ‘60, è davvero notevole, con l’organo malinconico a trasportarci nei gloriosi anni, con la protesta giovanile esplicitata anche attraverso suoni e testi di ribellione. Egualmente incisiva Listen, Can’t You Hear, dove le armonie si mettono al servizio del brano, molto arpeggiato nella prestazione vocale, che drammatizza il giusto i testi. Aggressiva come non ci si aspetta, la canzone risulta molto coinvolgente e quasi “freak” nei cori, in simbiosi con il gioco organistico di metà brano, molto etereo. Mentre Colour Your Mind è una bella cover degli australiani Tyrnaround, dove il singer resta saggiamente posizionato idealmente sotto la linea del microfono, giungendo così la sua voce molto ovattata ed in secondo piano rispetto alla sezione ritmica, rendendo il brano tra i migliori dell’album anche grazie all’improvviso solo chitarristico, molto in tema.
The Empty Sky ha un suo incedere molto tranquillo e cosmico nei suoi passaggi, dove l’organo presentissimo fa sentire il suo lavoro pulito che mette in risalto il notevole giro di basso. Ancora una buona cover, con Magic Mirror degli Aphrodite’s Child, che riesce ad unire bene le sonorità progressive della fase strumentale con l’humus molto folleggiante dell’interpretazione vocale, tanto da non stonare in qualche composizione “medievale” dell’epoca. Con The Golden Escalator la band raggiunge il “top del trip”: il gioco di parole è opportuno per descrivere quello che nei quasi 13 minuti del brano il gruppo intende offrire; un ideale viaggio catartico verso la purificazione dello spirito, attraverso l’organo misticheggiante che più non si può e che gradualmente porta alla cognizione del proprio IO, quasi a rappresentarci (ci si perdoni l’empio paragone) il misticismo cosmico dell’immortale Re Lucertola durante i live acts dei Doors. Indubbiamente il miglior brano dell’album, al termine del cui ascolto ci si sente come trasportati in una dimensione surreale, con i rantoli finali del singer pronti ad annunciarci l’imminente Nirvana.
Tutto intriso di pulsioni cosmiche All Stars Have Gone To Sleep, dove la band si impegna a donarci il meglio della sua ispirazione, grazie al cantato molto “delirante” ed al drumming stavolta molto intenso. Le sonorità divengono quasi spiritate e gli strumenti raggiungono la loro dimensione naturale, stante il contesto lungimirante del testo ormai in preda al vero e proprio delirio dei sensi, qui finalmente raggiunto e declamatoci sin dal titolo dell’album. La psichedelia dei californiani The Human Expression viene qui degnamente rappresentata dalla cover di Optical Sounds che la band di Dusseldorf offre. Un caleidoscopio di sonorità molto trip nei passaggi, dove l’acidità delle composizioni viene messa al servizio della voce molto eterea e quasi “efebica” del singer. Grazie alla buona sezione ritmica, il brano diviene subito una ideale hit da ballare in opportuni ambienti molto soffusi. Nearby Shiras risente delle atmosfere molto orientali che la band intende dare al brano: il singer in questo frangente si adopera per poter offrire una prestazione molto “rarefatta” anche nella timbrica, dove le strofe vengono trattenute sino all’ultimo e l’atmosfera che si respira diviene via via più opprimente per l’organo molto incombente, da ideale colonna sonora di una film di Antonioni. Altro brano degni di menzione, nonché anch’esso cover: per la precisione dei Kalacakra. L’allegria non può abbandonarci, specie con il brano conclusivo: sotto con l’ennesima trasposizione di un altro brano famoso dei 60’s, precisamente La Poupeè Qui Fait Non. Il brano di Michel Polnareff diviene in questa sede altra occasione di momento pop, dai cori molto semplici ed accattivanti, che avrebbero fatto le fortune di chiunque avesse ripreso un brano del genere, molto beat su di una base molto psichedelica, senza pretese ma coinvolgente.
Il brano finale, Black And White, è una traccia live registrata durante una delle numerose calate della band sul nostro suolo ed anche in questo frangente, il terzetto non ha difficoltà a rilasciare una buona dose di energia vitale e sound spaziale abbinato alla psichedelica pura. In un contesto finale di valore assoluto e che resta impresso come marchio di fabbrica.
Autore: Vibravoid | Titolo Album: Delirio Dei Sensi |
Anno: 2013 | Casa Discografica: Go Down Records |
Genere musicale: Psychedelic Rock | Voto: 7 |
Tipo: CD | Sito web: http://www.myspace.com/vibravoid |
Membri band:
Christian Koch – voce, chitarra |
Tracklist:
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