• Facebook
  • Twitter
  • RSS

RockGarage

      

Seguici anche su

        Il Rock e l'Heavy Metal come non li hai mai letti

  • Chi siamo
  • News
  • Recensioni
  • Articoli
  • Live Report
  • Foto Report
  • Interviste
  • Regolamento
  • Contatti
  • COLLABORA
10th Dic2014

Shelter – Eternal

by Piero Di Battista

Shelter - EternalCi troviamo cinque anni dopo l’ultimo lavoro in studio degli Shelter (The Purpose The Passion, pubblicato nel 2001), storica band del panorama punk hardcore, nata nel 1991, capitanata da Ray Cappo, personaggio alquanto controverso (è infatti nota la sua dedizione alla cultura indiana e verso la filosofia Hare Krishna). Altro storico personaggio del gruppo californiano è John Porcell che purtroppo, all’uscita del disco di cui andremo a parlare, non faceva più parte della band. Questo disco è l’ottavo della loro carriera ed esce in Europa per l’etichetta belga Good Life Recordings e, a conferma del discorso sulla filosofia e sulla religione, nella cover sono raffigurate due donne in tipico abbigliamento indiano. Nel corso della loro carriera gli Shelter hanno proposto uno stile principalmente improntato sul punk rock, ma che spesso svariava nell’hardcore, anche a tratti melodico, dunque un genere connotabile nel sound californiano, ed anche questo disco, intitolato Eternal, conferma ciò che abbiamo appena detto. Un disco breve, poco più di mezz’ora divisa in undici brani, che parte con Meant To Be, brano veloce, melodia quanto basta con discreti cori, consono per iniziare l’ascolto di un disco punk; segue Built To Resist dove risalta in maniera efficace la vena hardcore della band, ritmiche serrate, cantato quasi “rappato” e ritornello orecchiabile.

La titletrack Eternal fa risaltare la parte migliore degli Shelter, ossia quel punk melodico leggermente scanzonato e in grado di coinvolgere chi lo ascolta. In Back To Vrindavan li troviamo più cupi, infatti è un pezzo abbastanza malinconico con chiari riferimenti alle filosofie alle quali la band è devota, dopo questa “pausa” si torna a produrre del buon punk rock tramite brani come My Chance To Live e Return To Eden. Nel disco viene anche inserita una nuova versione di In Defense Of Reality, brano già presente nel disco Quest For Certainty del 1992; la versione 2006 è indubbiamente registrata e prodotta meglio, ma non vi sono notevoli differenze con quella di undici anni prima. Il disco si chiude con Authenticity, brano decisamente punk rock, veloce, ritmato e a tratti graffiante, insomma una degna chiusura per un disco degli Shelter.

Nonostante il leader Ray Cappo si dimostrò in buona condizione, il disco non soddisfò pienamente; nella sua completezza è lecito considerarlo un buon disco, sia nella parti strumentali che liriche, ma, essendo una band molto seguita, dopo cinque anni di silenzio era lecito aspettarsi qualcosa di più. Gli Shelter sono un’ottima band, tra le più importanti degli ultimi vent’anni, una band da consigliare a chi ama questo genere, ma il loro meglio lo diedero ben prima l’uscita di questo disco.

Autore: Shelter Titolo Album: Eternal
Anno: 2006 Casa Discografica: Good Life Recordings
Genere musicale: Punk Voto: 5
Tipo: CD Sito web: http://www.facebook.com/shelterofficial
Membri band:

Ray Cappo – voce

Ken Olden – chitarra, basso

Dave DiCenso – batteria

 

Tracklist:

  1. Meant To Be
  2. Built To Resist
  3. Eternal
  4. First Priority
  5. Back To Vrindavan
  6. My Chance To Live
  7. Amend
  8. Return To Eden
  9. In Defense Of Reality
  10. Lotus-Like
  11. Authenticity
Category : Recensioni
Tags : Punk
0 Comm
26th Nov2014

Good Riddance – My Republic

by Piero Di Battista

Good Riddance - My RepublicLa Fat Wreck Records, etichetta californiana di proprietà del leader dei Nofx Fat Mike, dispone ancora oggi di molte frecce nel suo arco. Tra le tante ci sono i Good Riddance ed essendo una band notevolmente conosciuta non necessità di ampie presentazioni tranne per il fatto che provengono da Santa Cruz, California, sono all’attivo da vent’anni e, con questo disco intitolato My Republic, giunsero al loro nono lavoro da studio; compreso il disco Cover Ups edito Lorelei, gli altri otto sono tutti nati sotto l’ala protettrice della Fat Wreck Records. Nel corso della loro carriera sono diventati tra i più importanti e apprezzati esponenti dell’hardcore melodico californiano, da qualche anno a questa parte nella band si riscontra un anima molto più melodica rispetto agli esordi, confermata dal precedente disco Bound By Ties Of Blood And Affection, venuto alla luce nel 2003. Da segnalare il ritorno dietro le pelli di Sean Seller che abbandonò la band nel 1999, torna sostituendo David Wagenschutz. Come anticipato prima, con il trascorrere degli anni i Good Riddance hanno perso un po’ quella cattiveria che li contraddistingueva negli album più datati, cattiveria colmata con un po’ di melodia in più e con leggeri spostamenti verso un punk rock un po’ più orecchiabile, e questo nuovo disco lo conferma.

Prodotto da Bill Stevenson, il disco contiene quattordici brani per una durata complessiva di poco più di trenta minuti, e si apre con Out Of Mind dove già si nota una buona vena punk rock dei quattro californiani, segue Texas dove lo stile è prettamente rivolto verso l’hard rock, mentre per avere cenni dei passati Good Riddance dobbiamo arrivare alla terza traccia Shame; coinvolgente brano, melodico e con un ritornello che resta facilmente nelle orecchie di chi ascolta. Il singolo di questo disco è Darkest Day, pezzo che identifica maggiormente lo stile dei Good Riddance, hardcore melodico classico con tendenza maggiore per la melodia e orecchiabilità, stesso discorso lo si può fare con le seguenti Up To You e Rise And Fall. Con Broken sfoggiano le capacità di creare dell’ottimo punk rock, mentre le politicizzate Save The Children e The Beast Is Dangerous rendono discretamente l’idea sul fatto che i Good Riddance sono ancora tra le migliori band nel loro genere. Il disco si conclude con Uniform dove abbiamo una discreta esecuzione di cori, un ritmo abbastanza sostenuto contornato da melodia, la più bella del disco sia dal punto di vista strumentale che per quanto riguarda i testi, testi che, come si può comprendere dal titolo del disco, guardano alla situazione politica americana e a tutto ciò che ne consegue, ma anche all’amore e a riferimenti personali.

Il disco complessivamente merita la sufficienza, ma chi ama i primi album della band californiana certamente rimarrà indifferente a My Republic, i fan più affezionati ai Good Riddance indubbiamente preferiscono ricordarli fino all’ottimo Symptoms Of A Leveling Spirit (2001).

Autore: Good Riddance Titolo Album: My Republic
Anno: 2006 Casa Discografica: Fat Wreck Records
Genere musicale: Punk Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.grpunk.com
Membri band:

Russ Rankin – voce

Luke Pabich – chitarra

Chuck Platt – basso

Sean Sellers – batteria

Tracklist:

  1. Out Of Mind

  2. Texas

  3. Shame

  4. Tell Me Why

  5. Torches And Tragedies

  6. Darkest Days

  7. Up To You

  8. Regret

  9. Boise

  10. Rise And Fall

  11. Broken

  12. Save The Children

  13. This Beast Is Dangerous

  14. Uniform

Category : Recensioni
Tags : Good Riddance, Punk
0 Comm
25th Nov2014

Marsh Mallows – V

by Piero Di Battista

Marsh Mallows - VLa scena punk hardcore italiana del nuovo millennio ha dato i natali ad alcune band che si possono tranquillamente definire più che valide, tra queste non possono mancare i Marsh Mallows. Nascono a Rimini alla fine degli anni 90 e, grazie ad ottimi dischi come Qualcosa Di Nessuno ed Imperfect diventano uno dei gruppi più apprezzati nel nostro paese riguardo il genere punk hardcore. L’ultimo loro disco fu La Fine Del Mondo, pubblicato nel 2008, e da lì ci fu una lunga pausa, di ben sei anni, per arrivare ad oggi, anno in cui danno alla luce il loro nuovo studio album, quinto della loro carriera, ed intitolato per l’appunto V. Disco molto atteso, soprattutto dai seguaci della scena punk hardcore nostrana e, a sei anni di distanza ritroviamo i Marsh Mallows ancora più rabbiosi, graffianti ma soprattutto ancora più maturi, non che prima non lo fossero, anzi. V offre quindici tracce, comprese due cover di cui parleremo a breve. L’opener è affidata a Ciò Che Non Mi Va, singolo del disco di cui è stato anche realizzato un videoclip, sin dall’inizio si capiscono subito gli intenti del combo romagnolo: il mordente ed il taglio di questo brano, le chitarre graffianti e la voce rabbiosa di Francesco potrebbero essere riassunte in poche ma semplici parole: “Si! Siamo tornati!”.

Nella seguente Mai Più Qui le tinte sonore ammiccano verso il metal, mentre Futuro Fragile ci riporta nel mondo più affine all’hardcore melodico. Il disco prosegue liscio, cattura facilmente chi ascolta, grazie ad un esplosione di suoni, parole che tagliano, ritmiche serratissime ed anche qualche spunto un po’ più riflessivo. Dal punk, in chiave più “skate 90’s” di Lei (Svalvolate Conclusioni) si passa ad Interlude, beve brano strumentale, nella fattispecie basso-batteria, che funge da “fine primo tempo”. Si torna in campo e lo si fa con il devastante impatto di Protagonisti Della Storia, indubbiamente tra i brani migliori di questo disco: un pezzo dalla cornice più devota al metal, ma che non trascura il dna della band, ovvero quel punk hardcore melodico, con tanto di cori nei refrain. Con Los Angeles Confidence i bpm diminuiscono, visto che ci troviamo di fronte ad una “semi-ballad”. Ci si avvia a fondo tracklist, si passa per il punk rock in versione più “street” di La Nostra Vita, e si arriva ad Impazzisco a San Francisco 2014 e Mad Bread 2014, brani presenti in Alcatraz (2001) che i Marsh Mallows ci ripropongono in chiave ovviamente più moderna. Si arriva così alla conclusione, affida a due cover, Alien dei Pennywise, riproposta in chiave acustica, e Civil War dei Motörhead: due omaggi che a due grandissime band, seppur di generi differenti, che hanno fortemente influenzato lo stile ed il sound dei Marsh Mallows.

Non c’è bisogno di giri di parole o inutili disamine: V è un ottimo disco. E’ il disco che riesce a far capire che è davvero valsa la pena aspettare sei anni dalla loro ultima pubblicazione, è il classico disco, riguardo questo genere, che difficilmente arriva a stancarti e che fa ulteriormente capire che di gruppi più che validi ne abbiamo anche qui, senza dover per forza mettere il naso al di là dei nostri confini. Che altro aggiungere se non: bentornati!

Autore: Marsh Mallows

Titolo Album: V

Anno: 2014 Casa Discografica: IndieBox 360°
Genere musicale: Punk Voto: 8
Tipo: CD

Sito web: http://www.self.it/ita/artista.php?art=MARSH+MALLOWS

Membri band:

Francesco “Jim” Rainone – voce

Giacomo “Jackie” Mancini – chitarra

Andrea “Andy” Maestri – chitarra

Fabio “Fabs” Muratori – basso

Matteo “Teo” Mastroianni – batteria

 

Tracklist:

  1. Ciò Che Non Mi Va
  2. Mai Più Qui
  3. Futuro Fragile
  4. Ricordati Di Me
  5. Lei (Svalvolate Conclusioni)
  6. Interlude
  7. Protagonisti Della Storia
  8. Los Angeles Confidence
  9. Dolore Acuto
  10. Venditori Di Buio
  11. La Nostra Vita
  12. Impazzisco A San Francisco 2014
  13. Mad Bread 2014
  14. Alien
  15. Civil War
Category : Recensioni
Tags : Punk
0 Comm
19th Nov2014

Autopilot Off – Make A Sound

by Piero Di Battista

Autopilot Off - Make A SoundNel 2004 usciva per la Island Records, Make A Sound, disco degli Autopilot Off, quartetto formato a metà degli anni novanta proveniente da Orange County, dove viene proposto, tra l’altro in maniera soddisfacente, un punk rock abbastanza ascoltabile con a tratti cenni di emo. Infatti ascoltando l’intero disco si possono trovare molte variazioni di stile: dal pop punk ad un punk rock un po’ più veloce con qualche leggero segno di aggressività. Il disco è composto da dodici pezzi, ed inizia con la velocità della titletrack Make A Sound proseguendo con Clockwork e Blind Truth dove velocità e melodia fan da padroni, e dove si possono notare la indubbie capacità vocali del cantante Chris Johnson, voce chiara e lineare, per quanto riguarda la loro tecnica strumentale resta senza alti ne bassi. Molto belle sia la seguente I Know You’re Waiting, che inizia con molta melodia per proseguire con riff graffianti, e The 12th Day, forse la migliore del disco, molto bello il testo che tratta di riflessioni post 11 settembre.

Da segnalare anche una preziosa collaborazione per una della canzoni di questo lavoro: What I Want infatti è stata realizzata con l’ausilio di Tim Armstrong dei Rancid nei testi. C’è anche spazio per due brani lenti molto melodici: Divine Intervention e Voice Of The Dark; in quest’ultima presente anche il piano, sembrano voler dare un momento di pausa nel disco, infatti la velocità torna a prendere le redini dell’album con le ultime tre canzoni che chiudono questo discreto lavoro. Diciamo discreto perché per lo stile può anche essere un ottimo album, ma ascoltandolo più volte ci si potrebbe rendere conto che è un genere che a quei tempi veniva proposto più e più volte, comunque, in conclusione un ascoltata è da dare, sicuramente potrà piacere a chi apprezza il punk rock orecchiabile, ovvero quello da ascoltare e da assaporare comodamente rilassati.

Autore: Autopilot Off Titolo Album: Make A Sound
Anno: 2004 Casa Discografica: Island Records
Genere musicale: Punk Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/pages/Autopilot-Off/112161425462910
Membri band:

Chris Johnson – voce, chitarra

Chris Hughes – chitarra

Rob Kucharek – basso

Phil Robinson – batteria

Tracklist:

  1. Make A Sound

  2. Clockwork

  3. Blind Truth

  4. I Know You’re Waiting

  5. The 12th Day

  6. Voice In The Dark

  7. What I Want

  8. Blessed By A Nightmare

  9. Divine Intervention

  10. Chromatic Fades

  11. Byron Black

  12. The Cicada’s Song

Category : Recensioni
Tags : Punk
0 Comm
12th Nov2014

Derozer – Di Nuovo In Marcia

by Piero Di Battista

Derozer - Di Nuovo In MarciaI Derozer sono senza dubbio una delle punk band più apprezzate in Italia. Da più di vent’anni propongono un punk coinvolgente e veloce, contornato di testi, soprattutto per quanto riguarda gli ultimi lavori, che puntano il dito soprattutto contro l’oppressione di questa società, contro la guerra e contro chi la porta avanti. Prima della realizzazione di questo album, pubblicato nel 2004 c’era stata una variazione nella line-up: il vocalist Seby diventò cantante a tempo pieno a causa di un infortunio che non gli permise di dedicarsi anche alla chitarra, di conseguenza ci fu l’ingresso in pianta stabile alla chitarra di Spazza. Di Nuovo In Marcia è un disco complessivamente rabbioso, le liriche vanno dritto alla causa senza giri di parole, l’album è composto da tredici brani con un’importante novità, tra le tracce troviamo due canzoni in inglese come bonus track, questa piccola innovazione della band vicentina sta forse a significare che, dato il successo anche fuori dal nostro paese, i quattro vogliono essere ancora più vicini alle altre nazioni; per il momento le canzoni in inglese sono due, chissà che in futuro non aumentino.

Parliamo del disco che parte subito con l’impatto di Black-Out, veloce e grintosa e con una denuncia nei confronti di chi vuol sconvolgere l’equilibrio climatico del nostro pianeta per fini propri. L’Uomo Dio accusa i leader dei paesi più “potenti” a non interessarsi dei veri problemi che affliggono la nostra società, mentre la titletrack Di Nuovo In Marcia, la migliore del disco, è un vero inno contro la guerra, tema trattato anche nella altrettanto meritevole La Nuvola e in Codice Giallo. Il disco si chiude con Sogno che, come dice proprio il titolo, illustra i sogni di ognuno di noi che però purtroppo rimangono solo tali, dunque un testo dove l’illusione fa da padrone. Non ci sono particolari cambiamenti nei ritmi, forse c’è qualche assolo in più grazie all’ingresso del chitarrista Spazza, ma il filo conduttore resta lo stesso degli altri anni: velocità, riff e un pizzico di melodia che li rende ancora più apprezzabili.

Insomma i soliti Derozer, ma forse più cattivi e diretti nei testi, cosa che li ha fatti diventare una vera band che fa della protesta il motivo di vita, sempre con la mente rivolta ai temi attuali che i media ignorano. Un classico disco Derozer che dovremmo avere tutti, piacerà sia a chi li conosce da tempo sia a chi non li conosce. Non raggiunge i livelli dei precedenti lavori, ma rimane comunque un buonissimo prodotto.

Autore: Derozer Titolo Album: Di Nuovo In Marcia
Anno: 2004 Casa Discografica: Derotten Records
Genere musicale: Punk Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.derozer.it
Membri band:

Seby – voce

Spazza – chitarra

Mendez – basso

Spasio – batteria

Tracklist:

  1. Black-Out

  2. A Testa Bassa

  3. L’Uomo Dio

  4. Frenesia

  5. Di Nuovo In Marcia (Moriturim Te Salutant)

  6. Vincere

  7. La Nuvola

  8. Rabbia

  9. In The Name Of Rock‘n’Roll

  10. This Is Not Disneyland

  11. Il Grande Bluff

  12. Codice Giallo

  13. Sogno

Category : Recensioni
Tags : Punk
0 Comm
08th Nov2014

5MDR – La Prospettiva Del Conflitto

by Marcello Zinno

5MDR - La Prospettiva Del ConflittoDa Savona giungono i 5MDR, band attiva già da un po’ di anni ma che solo nel 2013 dà alla luce l’album La Prospettiva Del Conflitto. Il lavoro è a metà strada tra un full-lenght (10 tracce) e un EP (23 minuti di durata) ma c’è un dato che conta più di qualsiasi numero: si tratta di punk. Il quintetto punta allo stile del punk rivoluzionario, principalmente nelle liriche i cui testi sono cantati in italiano (e questo è molto apprezziamo) e che sprigionano ciò che i cinque ragazzi pensano, lontani dai canoni che la società benpensante impone (“Ora scegli la tua battaglia, non c’è più tempo, devi affrontarla per forgiare la coscienza, nel male dell’indifferenza“). La parte ritmica è la trama portante, almeno a notare la durata dei pezzi, anche se si nota una forte ricercatezza nelle due chitarre e nei cambi di tempo. Questo l’aspetto preponderante della personalità dei 5MDR visto che le tracce sembrano molto più lunghe della loro specifica durata e ciascun brano ha una forma che emerge già dal primo ascolto; a questo bisogna aggiungere il buon livello di tecnica del quintetto, aspetto non sempre comune a band di questo genere e comunque a formazioni emergenti.

Le chitarre lavorano bene insieme dividendosi le varie parti e senza strafare nei diversi passaggi. Un buon esempio è Il Monopolio Della Violenza, brano assolutamente completo in cui sono presenti riff decisi, aperture per tirare il fiato, cori e ritornello da cantare, emblematico biglietto da visita per presentare la band. In definitiva una band da seguire.

Autore: 5MDR Titolo Album: La Prospettiva Del Conflitto
Anno: 2013 Casa Discografica: Rude Records,
Genere musicale: Punk Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://5mdr.bandcamp.com
Membri band:

Giulio – voce

Gaga – chitarra

Andre – chitarra

Filo – basso

Guido – batteria

Tracklist:

  1. La Crisi

  2. Questa Vita

  3. In Pezzi

  4. Respira Ancora

  5. La Prospettiva Del Conflitto

  6. Riot Squad (Cock Sparrer cover)

  7. Il Monopolio Della Violenza

  8. Forme Di Vita

  9. L’alba Rossa

  10. Stato Di Allerta

Category : Recensioni
Tags : Punk
0 Comm
07th Nov2014

The Oxide – Just The Same…

by Marcello Zinno

The Oxide - Just The Same...Arriva diretto e senza mezze misure il nuovo EP dei The Oxide, una band italiana dedita al punk americano e che ha portato negli anni il proprio nome anche all’estero. Azione molto furba visto che il punk dei Nostri è abbastanza (e diremo volutamente) lontano dalla scena punk italiana che suona di solito più grezza e sfacciata. Se infatti le band italiane sono abituate a prendere spunto dalla scena punk inglese, i The Oxide fanno propri molti insegnamenti del punk californiano, con chitarre molto più delineate e riff che denotano un’alta attenzione alla produzione (elemento nel punk tutt’altro che scontato). Altro ingrediente inequivocabile è il divertimento (Get Ready lo elargisce senza confini), anche questo distante dal punk intransigente e rivoluzionario d’oltre Manica, giusto per appurare per l’ennesima volta dove attecchiscono le radici del trio. All’interno di questa cornice i The Oxide propongono un buon EP con dei suoni piacevoli e mai fastidiosi. Il nostro suggerimento è quello di vedere oltre i confini nazionali in quanto è lì che un sound come questo può germogliare in termini di pubblico e di ascolti. Intanto però, se li trovate in giro su qualche palco, ve li consigliamo caldamente.

Autore: The Oxide Titolo Album: Just The Same…
Anno: 2014 Casa Discografica: Aua Records
Genere musicale: Punk Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: http://www.facebook.com/oxidepunx
Membri band:

GG – chitarra, voce

Alan – basso, voce

Kast – batteria, voce

Tracklist:

  1. The Warm Cage

  2. Blind Desire

  3. Get Ready

  4. Kill You All

  5. Riot

Category : Recensioni
Tags : Punk
0 Comm
05th Nov2014

Unwritten Law – Here’s To The Mourning

by Piero Di Battista

Unwritten Law - Here’s To The MourningFormati nel 1990, ecco gli Unwritten Law alle prese con il loro sesto disco, dal titolo Here’s To The Mourning. Siamo nel 2005 ed i Nostri sono reduci dal buon successo di Elva; con il passare degli anni questa band californiana sembra voglia continuare un percorso di maturazione, abbandonando pian piano le classiche melodie miste tra pop punk e hardcore melodico, dirigendosi più verso il rock. Prima della realizzazione di questo album ci fu il licenziamento da parte della band nei confronti del batterista Wade Youman, sostituito prima da Adrian Young dei No Doubt, e poi in pianta stabile da Tony Palermo, ex Pulley e Jealous Sound; poi naturalmente c’è stato il cambio di label, infatti gli Unwritten Law erano sotto Interscope, poi la stessa casa ha deciso di puntare su altre band, costringendo i californiani a firmare per la Lava Records. Come detto prima questo lavoro è molto più rock rispetto ai precedenti, però in alcuni tratti non rinnega affatto le vecchie sonorità della band di San Diego. Dopo un breve intro strumentale, il disco parte con Get Up dove appunto la forte strizzata d’occhio al rock si nota subito, infatti è un pezzo abbastanza ritmato, un po’ melodico e con un ritornello facilmente orecchiabile. Anche la traccia seguente, Celebration Song, segue un po’ il filone della precedente, anche se chiama la melodia è un po’ più elaborata. Per i nostalgici del datato sound degli Unwritten Law abbiamo Lost Control, tipico brano skate punk, veloce, melodico e coinvolgente.

La sesta canzone è il singolo di lancio del disco, si intitola Save Me e per il testo ha collaborato anche Linda Perry, al primo ascolto si può classificare nel pop punk, ma molto più dolce e orecchiabile, insomma un tipico singolo di promozione per una band che tenta di arrivare alle orecchie non solo degli affezionati del gruppo da anni. Seguono brani dove il discorso che si faceva prima, cioè il percorso veri sperimentazioni rock della band, continua: molto bello il pezzo Slow Dance, dove la band riesce a dare spazio a qualche piccolo cenno d’elettronica. Non mancano anche alcuni cenni di ballad, infatti She Says parte lentamente con chitarra acustica e voce malinconica del cantante Scott, per poi dare spazio anche a riff graffianti e voce un po’ più urlata nei ritornelli. Tornano ad essere un poco più coinvolgenti con il punk rock di F.I.G.H.T., ritmo abbastanza veloce, con in aggiunta, a nostro giudizio, un fastidioso coretto femminile.

In conclusione logicamente questo disco degli Unwritten Law, per essere apprezzato da chi li conosce da tempo va ascoltato svariate volte prima di trarre un giudizio, perché è ovvio che chi li preferiva “più punk” può rimanere deluso, invece noi apprezziamo questa loro lunga svolta; è un buon disco, apprezzabile sotto tutti i punti di vista, e crediamo che grazie a questo nuovo sound potranno meritarsi quella visibilità che forse negli anni precedenti non hanno avuto abbastanza.

Autore: Unwritten Law Titolo Album: Here’s To The Mourning
Anno: 2005 Casa Discografica: Lava Records
Genere musicale: Punk Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/unwrittenlaw
Membri band:

Scott Russo – voce

Rob Brewer – chitarra

Pat Kim – basso

Tony Palermo – batteria

Tracklist:

  1. Intro

  2. Get Up

  3. Celebration Song

  4. Because Of You

  5. Lost Control

  6. Save Me

  7. I Like The Way

  8. Slow Dance

  9. She Says

  10. Rejections Cold

  11. F.I.G.H.T.

  12. Walrus

Category : Recensioni
Tags : Punk
0 Comm
22nd Ott2014

Goldfinger – Hello Destiny

by Piero Di Battista

Goldfinger - Hello DestinyA tre anni di distanza dal loro ultimo disco da studio, nel 2008 tornarono con un nuovo prodotto i Goldfinger, nota ed apprezzata band di Los Angeles con alle spalle quindici anni di onorata carriera, e, compreso questo nuovo album intitolato Hello Destiny, sei lavori da studio. La loro precedente pubblicazione fu Disconnection Notice avvenuta nel 2005 tramite Maverick Records, nel frattempo la Mojo Records un anno dopo pubblicò The Best Of Goldfinger, CD/DVD omaggiante la carriera del gruppo californiano. Questo nuovo lavoro è segnato anche dal ritorno di Charlie Paulson alla chitarra, che ha ripreso il suo posto sostituendo Brian Arthur. I Goldfinger sono uno di quei pochi gruppi che non è possibile catalogare all’interno di un unico genere, infatti anche in questo nuovo disco si può apprezzare la loro vasta duttilità nel creare stili di sound diversi, dal pop punk più orecchiabile, a pezzi più tirati tendenti al punk hardcore, ska e, volendo subito prendere in esame un brano incluso in Hello Destiny ovvero Handjobs For Jesus, i quattro si cimentano in brevi assoli più metallici ed anche in sonorità country rock che chiudono questo ottimo brano.

Va segnalato anche che questo brano appena descritto si avvale della collaborazione alla voce di Bert McCracken dei The Used. Ma non è l’unico ospite speciale del disco, infatti nel pezzo War, brano dalle tinte rock melodiche, la voce di Fieldmann è coadiuvata da quella di Ian Watkins dei Lostprophets. Dunque anche durante l’ascolto di questo nuovo parto discografico si può ammirare come i Goldfinger producano buoni brani passando dallo ska con Get Up e The Only One a brani più graffianti e diretti come Goodbye e Not Amused, il tutto senza snaturare le principali caratteristiche del gruppo. Ovviamente in questa tracklist composta da undici brani non mancano episodi più melodici e facilmente assimilabili come One More Time, pezzo pop punk che apre il disco, o la ottima Free Kevin Jonas. Dopo quest’ultimo brano è presente anche una breve ghost track, Julian, ballad nata dal binomio voce più tastiera.

Hello Destiny risultò un buon disco, creato da un’ottima band, oltre alle notevoli qualità tecniche descritte prima, vanno anche menzionate in maniera più che positiva le ottime capacità nelle liriche, mai scontate, capaci di esporre problemi che presenziano attualmente nel mondo sia in maniera diretta ed esplicita che in maniera demenziale ed usando quel pizzico di sarcasmo che non guasta mai. In conclusione ci si ritrova davanti ad un buon disco, non un capolavoro ma nemmeno soporifero come parecchie uscite statunitensi da qualche tempo a questa parte.

Autore: Goldfinger Titolo Album: Hello Destiny
Anno: 2008 Casa Discografica: SideOneDummy Records
Genere musicale: Punk Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.goldfingermusic.com
Membri band:

John Feldmann – voce, chitarra, tastiere

Charlie Paulson – chitarra

Kelly LeMieux – basso

Darrin Pfeiffer – batteria

Tracklist:

  1. One More Time
  2. Get Up
  3. Goodbye
  4. Without Me
  5. If I’m Not Right
  6. War
  7. How Do You Do It
  8. Bury Me
  9. Not Amused
  10. Handjobs For Jesus
  11. Free Kevin Kjonaas
  12. Julian
Category : Recensioni
Tags : Punk
0 Comm
08th Ott2014

1208 – Turn Of The Screw

by Piero Di Battista

1208 - Turn Of The ScrewSiamo nel 2004, anno di pubblicazione di Turn Of The Screw, seconda uscita da studio per i 1208, band californiana formatasi nel 1995, il cui nome prende spunto dal numero d’appartamento che essi dividevano. Anche questa band appartiene alla nota scuderia discografica Epitaph, band che è formata da quattro componenti, tra questi vi è il cantante e secondo chitarrista Alex che è nipote di Greg Ginn, co-fondatore dei Black Flag. Nel 2002 ci fu la loro prima uscita discografica Feedback Is Payback, in cui la band proponeva un classico punk hardcore melodico molto comune nelle loro zone, suscitando anche diversi pareri positivi di illustri personaggi del settore come Jim Lindberg, vocalist dei Pennywise, che li definisce un ottimo misto tra elevata energia ed eccellenti melodie, ed anche il chitarrista stesso dei Pennywise, Fletcher Dragge, che ha tra l’altro co-prodotto il loro primo album. Parere non del tutto condivisibile anche ascoltando il lavoro che andiamo ad analizzare, che nel complesso risulta abbastanza orecchiabile ai limiti dello scontato, unisce pezzi di puro punk rock all’hardcore melodico, che a tratti come velocità potrebbero ricordare anche i Bad Religion e per la chiarezza vocale e la capacità di arrivare alle orecchie di non solo gli appassionati del genere, ricordando band più “commerciali” come Blink 182 o Sum 41.

Questo disco è composto da quattordici tracce per una durata di totale di quaranta minuti. La prima è My Loss, un intro di pianoforte per poi partire con un hardcore molto melodico. Segue la dirompente velocità e melodia di Fall Apart, alla quale segue Tell Me Again, un po’ di punk rock molto tranquillo contornato da cori che solitamente contraddistinguono le punk band californiane. In Next Big Thing tornano più cattivi con riff di chitarra pesanti. Velocità e melodia si notano senza problemi anche nei pezzi centrali dell’album come Lost And Found, Everyday e From Below. La penultima canzone, The Saint, è un classico lento rock delizioso dove si possono benissimo udire anche dei violini che, rendono ancora scorrevole questo pezzo. Chiude il disco la title-track Turn Of The Screw, traccia un po’ più violenta ma allo stesso tempo molto melodico. Tutto sommato è un discreto album, tipico del “made in California”, che piacerà sicuramente agli appassionati del genere.

I 1208 dimostrano senza dubbio una tecnica che non stupisce ma che neanche delude, il cantante Alex però dimostra di avere una voce normale senza eccellere del tutto, la parte strumentale che più colpisce è il batterista Manny, che dimostra doti tecniche positive rispetto agli altri musicisti della band, anche se per un giudizio più accurato sull’argomento lo si può dare una volta visti dal vivo. A far scendere il giudizio finale a quest’album il fatto che, nonostante sia il loro secondo lavoro, non sembrano avere una loro totale identità, ma detto questo, consigliamo di dare un ascolto, tale consiglio va soprattutto agli appassionati del classico hardcore melodico che non li hanno mai sentiti nominare.

Autore: 1208 Titolo Album: Turn Of The Screw
Anno: 2004 Casa Discografica: Epitaph Records
Genere musicale: Punk Voto: 6
Tipo: CD Sito web: http://www.facebook.com/pages/1208/36229313449
Membri band:

Alex Flynn – voce e chitarra

Neshawn Hubbard – chitarra

Bryan Parks – basso

Manny McNamara – batteria

Tracklist:

  1. My Loss

  2. Fall Apart

  3. Tell Me Again

  4. Next Big Thing

  5. Time to Remember

  6. Smash the Badge

  7. Lost and Found

  8. Everyday

  9. From Below

  10. Hurts to Know

  11. All I Can Do

  12. Not You

  13. The Saint

  14. Turn of the Screw

Category : Recensioni
Tags : Punk
0 Comm
Pagine:«123456789...16»
« Pagina precedente — Pagina successiva »
  • Cerca in RockGarage

  • Rockgarage Card

  • Calendario Eventi
  • Le novità

    • Ikitan – Twenty-Twenty
    • Erika Skorza – I’m A Big Bluff
    • Luca Worm – Now
    • In-Side – Life
    • Simone Cicconi – Cosa Potrebbe Mai Andare Storto?
  • I Classici

    • Camel – On The Road 1972
    • Saxon – Wheels Of Steel
    • Vanadium – Nel Cuore Del Caos
    • Fu Manchu – The Action Is Go
    • Quiet Riot – Hollywood Cowboys
  • Login

    • Accedi
  • Argomenti

    Album del passato Alternative Metal Alternative Rock Avant-garde Black metal Cantautorale Crossover Death metal Doom Electro Rock Folk Garage Glam Gothic Grunge Hardcore Hard N' Heavy Hard Rock Heavy Metal Indie Rock Industrial KISS Libri Metalcore Motorpsycho Motörhead New Wave Nu metal Nuove uscite post-grunge Post-metal Post-punk Post-rock Power metal Progressive Psichedelia Punk Punk Rock Radio Rock Rock'N'Roll Rock Blues Stoner Thrash metal Uriah Heep
Theme by Towfiq I.
Login

Lost your password?

Reset Password

Log in