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09th Lug2014

Shandon – Sixtynine

by Piero Di Battista

Shandon - SixtynineQuinto lavoro discografico per gli Shandon, band dell’hinterland milanese oramai conosciuta non solo in Italia ma anche in molte parti d’Europa. Ascoltando i precedenti dischi si può dire che questa band ha proposto nell’arco della loro carriera musicale principalmente un genere che si può identificare nello ska-core, che quindi nella loro base musicale si sia data molta importanza a riff graffianti contornati da fiati. Con Sixtynine sembrano voler sperimentare nuovi suoni, l’icona di ska-core band rimane ma con sfondi che vanno dal dark sfociando anche in un ottimo hardcore melodico e questo è un chiaro segno di maturità del gruppo, disposto ad arrivare a nuovi orizzonti senza tradire le caratteristiche che accompagnano la band sin dagli esordi. Anche i testi delle canzoni sembrano più ricercati e impegnati rispetto al passato. Questo album, prodotto da Ammonia Records e distribuito dalla Sony, è composto da 13 tracce (nel CD in uscita nella versione standard), mentre nella versione digipack sono in più presenti 4 bonus track e 2 tracce CD-rom; si apre con F.D.P.: un intro di chitarra con tanto di presentazione per poi trasformarsi in un pezzo in puro hardcore melodico che è Wrong Way. Segue It Was A Promise, anche qua l’intro è curioso, violini per poi partire con i fiati e una batteria veloce sempre però con molta melodia. La quarta traccia è la hit-single Viola, ska-core molto orecchiabile cantato in italiano. Con la ballabile Like A Want si torna allo ska.

Startin’ Line, che si avvale della collaborazione di Andrè dei Madbones è un pezzo molto cattivo e coinvolgente, in vero sitle punk hardcore, la seguente Drunk può ricordare i primi Shandon, da segnalare anche  in questa canzone una collaborazione nelle voci effettuata da Marco dei De Hejderoosjes. Un ultima collaborazione gli Shandon l’hanno ottenuta da Ana degli Analena per l’esecuzione dei brani Time e Heaven In Hell. Anche in questo album la band lombarda esegue una cover: questa volta, dopo avere riadattato a modo loro Seek And Destroy dei Metallica in Fetish, si cimentano con From Out Of Nowhere dei Faith No More, rieseguita in stile hardcore melodico tra l’altro molto ben riuscito. Se dobbiamo scegliere il pezzo migliore di questo disco potremo dire, oltre a Time, Hunter traccia numero 11, ska-core travolgente, chitarre pesanti e fiato come contorno. Chiude il disco la ballad The Choice. Molto curiosa anche la copertina del CD dove abbiamo il primo piano di un clown. Nella quattro bonus track il pezzo migliore è The Scene, travolgente, melodica e allo stesso tempo graffiante, l’ultima canzone è la versione al pianoforte di Revenge dove Olly si cimenta al pianoforte, creando una ballad molto bella, ascoltabile e anche inaspettata. Nel disco sono presente, come detto prima, anche 2 tracce per CD-rom, le versioni video di Washin’ Machine tratta da Not So Happy To Be Sad e Liquidate All My Strenght.

Questo lavoro degli Shandon è un buono disco; riescono al tempo stesso a proporre nuovi suoni, nuovi generi per loro, ma mantenendo il loro DNA principale di ska-core band, una vera e propria (e pur riuscita) prova di maturità per Olly e soci.

Autore: Shandon Titolo Album: Sixtynine
Anno: 2004 Casa Discografica: Ammonia Records
Genere musicale: Punk Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.shandon.it
Membri band:

Olly – voce, chitarra

Marco – chitarra

Andrea – basso

Walter – batteria

Alberto – trombone, tastiera

Fabio – tromba

Tracklist:

  1. F.D.P.
  2. Wrong Way
  3. It Was A Promise
  4. Viola
  5. Like I Want
  6. Deep
  7. Heaven In Hell
  8. Startin’ Line
  9. Drunk
  10. From Out Of Nowhere
  11. Hunter
  12. Time
  13. The Choice
  14. Revenge (bonus track)
  15. November (bonus track)
  16. The Scene (bonus track)
  17. Revenge – piano version (bonus track)
Category : Recensioni
Tags : Punk
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29th Giu2014

Pennywise – Full Circle

by Piero Di Battista

Pennywise - Full CircleTorniamo ad occuparci dei Pennywise e della loro discografia; siamo a metà degli anni 90, ed il gruppo attraversa un momento drammatico, il più drammatico che si possa pensare: il 29 luglio del 1996 muore il bassista Jason Matthew Thirsk in circostanza ancora non chiare (suicidio o morte accidentale?). Prima della sua morte però il bassista aveva, purtroppo per poco tempo, partecipato alla realizzazione di quello che sarà il quarto disco della band, che uscirà nel 1997, intitolato Full Circle, dedicato ovviamente alla memoria del compianto JMT. Full Circle, guardando la cover, può essere benissimo paragonato al Black Album dei Metallica: copertina nera e scarna, con rappresentato nel front semplicemente il logo dei Pennwise, ma come fu per il disco dei Metallica, anche Full Circle rappresentò una sorta di spartiacque nella carriera del combo californiano, vuoi per la tragica vicenda Thirsk, ma anche per una leggera svolta verso sonorità leggermente più melodiche ed orecchiabili. Il disco in questione propone quattordici canzoni; la partenza è impetuosa con le ritmiche sostenute di Fight Till You Die, a cui seguono la velocità mista melodia di Date With Destiny e Get A Life. Merita un discorso a parte la favolosa Society che, oltre ad essere diventata una freccia avvelenata nell’arco dei Pennywise, conferma quanto i quattro americani pongano il loro sguardo verso tematiche che riguardano la politica ed il sociale, ovviamente sempre dalla parte dei più deboli.

Full Circle contiene elementi che non fanno altro che innalzare il livello qualitativo del disco: i riff graffianti di Broken, la eccelsa ritmica di You’ll Never Make It e la melodia della quasi malinconica What If I, l’unico brano che ammicca leggermente verso sonorità ancor più melodiche, e come detto poc’anzi, ancora più malinconiche. Il disco scorre, offre perle una dopo l’altra, tra le quali non possiamo non menzionare l’intensità di Go Away, fino ad arrivare alla conclusione, al momento clou non solo dell’album, ma della carriera dei Pennwise: Bro Hymn. Questo pezzo non è una novità; era già presente nell’omonimo disco del 1991; in Full Circle abbiamo una versione live, con una frase del testo variata: il brano fu inizialmente scritto come dedica a tre amici del gruppo morti in un incidente stradale e la frase diceva “Canton, Colvin, Nichols this one’s for you!”, per questa occasione il pezzo che si trova nella prima strofa del testo è diventato “Jason Matthew Thirsk this one’s for you!”, e da quell’ormai lontano 1997, i Pennywise, quando la propongono ogni volta come brano di chiusura dei loro live, hanno mantenuto la dedica per il bassista, ma soprattutto per l’amico che non c’è più. Bro Hymn divenne così un brano storico, grazie soprattutto al suo inconfondibile coro, una brano che è diventato un vero e proprio inno della scena del punk-hardcore.

Full Circle è uno dei dischi più fondamentale e completi della scena punk hardcore, un disco che ha semplicemente fatto scuole negli anni a venire; la sua completezza sta nel fatto che i Pennywise, pur mantenendo la loro identità, mostrano un notevole salto di qualità sotto diversi aspetti, ma soprattutto è un disco letteralmente partorito dal cuore, elemento che ai Pennywise non è mai mancato, come non mancherà mai il ricordo di Jason, un fratello, che i quattro di Hermosa Beach omaggiano e porteranno sempre nel loro cuore.

Autore: Pennywise Titolo Album: Full Circle
Anno: 1997 Casa Discografica: Epitaph Records
Genere musicale: Punk Voto: 8,5
Tipo: CD Sito web: http://www.pennywisdom.com
Membri band:

Jim Lindberg – voce

Fletcher Dragge – chitarra

Randy Bradbury – basso

Byron McMackin   – batteria

Tracklist:

  1. Fight Till You Die
  2. Date With Destiny
  3. Get A Life
  4. Society
  5. Final Day
  6. Broken
  7. Running Out Of Time
  8. You’ll Never Make It
  9. Every Time
  10. Nowhere Fast
  11. What If I
  12. Go Away
  13. Did You Really
  14. Bro Hymn Tribute
Category : Recensioni
Tags : Pennywise, Punk
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25th Giu2014

De Heideroojes – Chapter Eight, The Golden State

by Piero Di Battista

De Heideroojes - Chapter Eight, The Golden StateTra i capostipiti della scena punk europea è impossibile non menzionare gli Heideroosjes, band olandese di indiscutibile fama e capacità, attiva da quasi vent’anni e con alle spalle sette dischi da studio, più altre varie uscite tra raccolte e DVD. Siamo nel 2007 e riecco il quartetto di Horst tornare in scena con un nuovo parto musicale, intitolato Chapter Eight, The Golden State ottavo disco da studio (proprio come si può intuire dal titolo), composto da quindici brani tra i quali sono presenti quattro pezzi cantati nella loro lingua madre, ovvero l’olandese; ciò a significare, come già comunque avvenuto in passato, quanto loro siano legati al loro Paese d’origine. Il disco è stato registrato in California e prodotto da Cameron Webb già in passato alle prese con gruppi più noti ed anche di diverso genere come i Motörhead e gli Zebrahead, ed a proposito di Motörhead, va segnalata la partecipazione alle registrazioni di questo disco del leader della speed-metal band inglese Lemmy, ma anche di Zoli Teglas degli Ignite. Il disco presenta dei punti alti ma anche dei punti mediocri, si va dagli apprezzabili momenti di hardcore melodico come nel primo brano What If, ma anche in Primeur! Terreur!, in All Your Goverment Does dal testo fortemente politicizzato, e nella traccia che funge da chiusura del disco Shout Out For Freedom, e si passa per episodi molto più orecchiabili tendenti al pop punk come nella scanzonata My Funeral che può benissimo ricordare un qualsiasi brano dei Green Day; persino il cantante Marco Roelofs sembra si diverti a scimmiottare Billy Joe Armstrong, stesso identico concetto lo si può riproporre per quanto riguarda un altro brano ovvero Lekker Belangrijk.

Nei dischi che si potrebbero catalogare nell’hardcore melodico, nella maggior parte dei casi sembra che, per quanto riguarda gli ultimi anni, debba per forza di cose presenziare una rock ballad, ed infatti anche gli Heideroosjes non vogliono mancare a questa nuova “usanza” proponendo la lenta e melodica Ik Ben Niet Bang, brano dalle tinte struggenti e malinconiche al limite del patetico. In qualsiasi gruppo di qualsiasi genere, dopo molti anni di attività, può tranquillamente capitare che le idee comincino a scarseggiare e gli stimoli a mancare e, ascoltando questo nuovo disco, sembra che il combo olandese sia all’inizio di una parabola discendente; come già detto prima, non si tratta di un disco completamente da buttar via, sia chiaro, i punti forti e di apprezzabile fattura non possono mancare trattandosi di un gruppo con un invidiabile esperienza, sia da studio che live, però sta di fatto che il disco in certi casi appare privo di mordente e carente di idee, ad esempio ascoltare l’inizio di Forgotten Continent praticamente identico all’intro di chitarra di Penguins & Polarbears dei Millencolin.

Dagli Heideroosjes è lecito aspettarsi molto di più, anche se il loro meglio l’hanno dato negli anni passati, tant’è che la loro onorabilissima carriera si è poi conclusa nel 2011.

Autore: De Heideroojes Titolo Album: Chapter Eight, The Golden State
Anno: 2007 Casa Discografica: U-Sonic Records
Genere musicale: Punk Voto: 6
Tipo: CD Sito web: http://www.heideroosjes.com
Membri band:

Marco Roelofs – voce, chitarra

Frank Kleuskens – chitarra

Fred Houben – basso

Igor Hobus – batteria

 

Tracklist:

  1. What If…
  2. My Funeral
  3. Lekker Belangrijk
  4. Homesick For A Place That Does Not Exist
  5. Buckle Up!
  6. I Don’t Wanna Wake Up
  7. Ik Zie Je Later
  8. All Your Government Does
  9. Forgotten Continent
  10. Ik Ben Niet Bang
  11. Embrace & Destroy
  12. Any Drug Will Do
  13. Primeur! Terreur!
  14. Cash Is King
  15. Shout Out For Freedom
Category : Recensioni
Tags : Punk
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08th Giu2014

Pennywise – Pennywise

by Piero Di Battista

Pennywise - PennywiseLa scena punk hardcore californiana degli anni 90 non può certo prescindere dai Pennywise, altro storico gruppo del quale ci andremo ad occuapare. Siamo a fine anni 80 e la scena della West Coast è ricca e florida, e tende sempre di più a raggiungere l’apice della sua fondamentale influenza. Il terreno californiano è sempre più fertile e come niente, sulla scia dei Bad Religion, germogliano band pronte a lasciare, ben marcate, le proprie orme. I Pennywise si formano nel 1988 ad Hermosa Beach, cittadina della California, ed il loro nome prende spunto dal clown protagonista del romanzo horror It di Stephen King. Nel 1989 pubblicano un EP, intitolato A Word Form The Wise, e i loro brani iniziano a circolare tra le radio della zona, fino ad arrivare alle orecchie di Brett Gurewitz, chitarrista dei Bad Religion ma soprattutto proprietario della Epitaph Records, che decide di prenderli sotto la sua ala protettrice. Arriviamo così nel 1991, anno di pubblicazione del loro primo full-lenght, intitolato semplicemente Pennywise.

Sin dalle prime note del disco si capisce subito con chi abbiamo a che fare: brani brevi, veloci, sparati a mille all’ora, graffianti e con quel pizzico di melodia, con una sorta di giovane entusiasmo che va a rafforzare quell’aria fresca che di sicuro male non faceva. I loro testi vanno a trattare tematiche sociali, sempre però dalla parte dei più deboli, come nel caso di Homeless. Il cantato di Jim Lindberg è certamente influenzato da quello di Graffin dei Bad Religion, la chitarra di Fletcher Dragge graffia con i suoi potenti riff, e la ritmica è serrata, veloce quanto aggressiva. Il disco è composto da quattordici brani i quali, di rado, toccano i tre minuti di durata ciascuno. Pennywise ci porta quanto occorre per proporre un ottimo hardcore melodico; la potenza di Wouldn’t It Be Nice, di Open Door e Pennywse, brano che, con il tempo diventerà un loro storico cavallo di battaglia, fanno da padrone, ma anche quel tocco di melodia presente in The Secret o No Reason Why è utile ad innalzare il livello di questo ottimo album. L’album si chiude con Bro Hymn, il brano più noto dei Pennywise, brano dal suo inconfondibile coro quasi da stadio e, come vedremo più avanti, che segnerà la carriera dei Pennywise.

Pennywise non fu che un’altra magnifica perla che vide la luce nei primi anni 90, un disco fondamentale che,  pur essendo fortemente influenzato dal sound di storici gruppi quali Adolescents, Descendents e Bad Religion, porta i Pennywise a crearsi comunque una loro inconfondibile identità. Un album che qualunque appassionato di questo genere dovrebbe assolutamente possedere e riascoltare con costante frequenza. Dopo la pubblicazione di questo omonimo disco, ci furono delle variazioni nella line-up, variazioni che però fecero tornare alla formazione originale per la pubblicazione di Unknown Road, secondo disco del gruppo, pubblicato nel 1993 sempre dalla Epitaph Records. Nonostante siano ancora all’inizio, e qualche problemino all’interno della band cìè già stato, i Pennywise si apprestano di già ad entrare nel club dei portabandiera dell’hardcore melodico, club di cui faranno parte a lungo, come vedremo dai nostri prossimi approfondimenti.

Autore: Pennywise Titolo Album: Pennywise
Anno: 1991 Casa Discografica: Epitaph Records
Genere musicale: Punk Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.pennywisdom.com
Membri band:

Jim Lindberg – voce

Fletcher Dragge – chitarra

Jason Matthew Thirks – basso

Byron McMackin   – batteria

Tracklist:

  1. Wouldn’t It Be Nice
  2. Rules
  3. The Secret
  4. Living For Today
  5. Come Out Fighting
  6. Homeless
  7. Open Door
  8. Pennywise
  9. Who’s To Blame
  10. Fun And Games
  11. Kodiak
  12. Side One
  13. No Reason Why
  14. Bro Hymn
Category : Recensioni
Tags : Album del passato, Pennywise, Punk
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28th Mag2014

The Queers – Munki Brain

by Piero Di Battista

The Queers - Munki BrainSiamo nel 2007, sono passati esattamente cinque anni dal loro ultimo disco contenente brani originali; quel disco si intitolava Pleasant Scream, ovviamente la band in questione è quella dei The Queers, combo originario del New Hampshire capeggiato da Joe Queer e formatosi nell’ormai lontano 1982. Naturalmente i The Queers, in questi cinque anni che separano l’ultimo disco dal nuovo non sono stati con le mani in mano, vi sono state alcune loro uscite, tra le più importanti è lecito menzionare lo split con gli spezzini The Manges intitolato Acid Beaters uscito nel 2003 (dal quale viene tratta e riproposta in questo nuovo lavoro Girl About Town, cover di Helen Love) ed una raccolta di vecchi brani intitolata Summer Hits No.1 pubblicata l’anno successivo. Il nuovo parto di Queer e compagnia si intitola Munki Brain, è edito Asian Man Records, prodotto da Mass Giorgini e contiente tredici pezzi per poco più di mezz’ora di musica; da segnalare che per le registrazioni di questo disco hanno collaborato alcuni special guest, tra i quali Ben Weasel che ha la firma nel testo di Tangerine, Blackie (Hard-Ons) che partecipa alla chitarra in Whatever Happened To Philty Phil? e Lisa Marr che presta la sua voce in Brian Wilson, ballad cantata a due naturalmente insieme a Joe Queer, brano che funge anche da chiusura del disco.

Gli ultimi lavori dei The Queers, volendo fare un discorso ampiamente generalizzato, non sono stati molto apprezzati dai loro più fedeli sostenitori, ovviamente neanche questo Munki Brain raggiunge la completezza e l’impatto di Don’t Back Down, ma possiede comunque alcune frecce nel suo arco; abbiamo brani tirati, tendenti al punk rock che ha caratterizzato il loro sound nel passato come Houston We Have A Problem, Monkey In A Suit e le già citate Tangerine e Whatever Happened To Philty Phil?; vi sono alcuni brani che richiamano sonorità devote ai Beach Boys come la open-track Overdue, Duke Kahanamoku, I Can’t Stay Mad At You e I’m A Fool il cui intro può far saltare alla mente Grease, ed il pezzo in toto è fortemente influenzato dal sound che contraddistingueva gli anni 60 negli U.S.A.. Non mancano episodi molto più melodici come I Think She’s Starting To Like Me dove c’è un notevole uso delle tastiere da parte di Mickey Last e la già menzionata Brian Wilson.

Nonostante i The Queers abbiano perso già da qualche anno quella vena punk rock che li caratterizzava nello scorso decennio, Munki Brain resta comunque un discreto lavoro, curato in maniera ineccepibile sotto tutti gli aspetti, che però non farà impazzire chi segue il combo di Portsmouth da tempo, per chi volesse avvicinarsi a questa band è consigliato l’ascolto di tutta la discografia sin dagli esordi ai tempi di Lookout!.

Autore: The Queers Titolo Album: Munki Brain
Anno: 2007 Casa Discografica: Asian Man Records
Genere musicale: Punk Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.thequeersusaband.com
Membri band:

Joe Queer – voce, chitarra

Dangerous Dave – basso

Lurch Nobody – batteria

 

Tracklist:

  1. Overdue
  2. Houston, We Have A Problem
  3. I Don’t Get It
  4. Duke Kahanamoku
  5. I Think She’s Starting To Like Me
  6. Girl About Town
  7. What Ever Happened To Philthy Phil?
  8. I Can’t Stay Mad At You
  9. Tangerine
  10. Something In My Heart
  11. I’m A Fool
  12. Monkey In A Suit
  13. Brian Wilson
Category : Recensioni
Tags : Punk
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27th Mag2014

Paolino Paperino Band – Porcellum

by Amleto Gramegna

Paolino Paperino Band - PorcellumDopo aver dato alle (ri)stampe il seminale Pislas, disco fondamentale per la scena punk italiana anni ’80, la P.P. Band torna con un disco inedito. Dopo oltre venti anni di silenzio, grazie alla politica del crownfunding, la band, con solo Yana e Termos della formazione originaria, licenzia undici nuovi brani. Purtroppo il tempo è passato anche per loro e ciò si sente: i nuovi brani non hanno più quella freschezza e irriverenza di venti anni fa. Certo, i testi sono sempre grandi vaffanculo alla società: Giornalista è un bell’attacco ai santoni televisivi, Referendum è la vecchia fetta 2.0. Ciccioli è un tributo alla loro terra, l’Emilia. Il maiale, i compagni, i caduti, la provincia. Sampietrini è introdotta da un bellissimo riff di chitarra (richiama qualcosa anni ’80 ma non riusciamo a ricordare cosa). Insomma, piccole perle, degne della loro storia si mischiano a brani decisamente stanchi (Peones) ma d’altra parte mantenere verve, cazzeggio e rabbia punk è sempre difficile. Per i vecchi fan il disco sarà sicuramente un piacevole ritorno, specie dopo il maxi regalone di Pislas (a questo link è disponibile la nostra recensione).

Però è innegabile che lo spirito compositivo non è più quello di una volta e che Pislas e Porcellum sono distanti anni luce. Lo consigliamo ai veri fan mentre per chi non li conosce suggeriamo Pislas.

Autore: Paolino Paperino Band Titolo Album: Porcellum
Anno: 2013 Casa Discografica: Assto Records
Genere musicale: Punk Voto: 6
Tipo: CD Sito web: http://www.paolinopaperinobrand.com
Membri band:

Yana – voce

Termos – basso, batteria, cori

Skeggia – chitarre

Raffa – chitarre

Bez – batteria, cori

Garu – basso

Tracklist:

  1. Giornalista
  2. Referendum
  3. Ciccioli
  4. Troiaio
  5. Sampietrini
  6. Passami il Sale
  7. Jesus Crust
  8. Introverso
  9. Anima del Cazzo
  10. Peones
  11. Enalotto
Category : Recensioni
Tags : Punk
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18th Mag2014

Revo Fever – Più Forte

by Amleto Gramegna

Revo Fever - Più ForteRiceviamo e recensiamo il primo full leght dei Revo Fever, ventenni, giovani, ma già con due EP alle spalle. Ai ragazzi non manca esperienza live, dalle note in nostro possesso sappiamo che il gruppo ha condiviso il palco con nomi altisonanti della scena indie rock quali Ministri, Dente, Tonino Carotone, Il Fieno eccetera, quindi non parliamo di fanciullini di primo pelo. Rispetto ai due precedenti lavori notiamo un ammorbidimento generale del suono: abbandonati gli aggressivi riff degli esordi, il gruppo si circonda di suadenti armonie acustiche (e ovviamente elettriche). Insomma, si ringrazia la loro esperienza busking in giro per le strade di Spagna, Germania, Croazia e Italia se le venature garage rock del primo periodo si sono fuse con una nuova anima acustica. Più Forte nasce dunque così, richiamando lo spirito guida del periodo vissuto e i testi, in rigoroso italiano, raccontano proprio tali esperienze. Nonostante le liriche in italiano i riferimenti (musicali) al nostro Paese finiscono qui. Sicuramente il loro punto di partenza è il vorticoso rock dei Franz Ferdinand o alcune aperture dei Queen Of The Stone Age (Tutti I Santi Giorni), o ai Black Keys e Violent Femmes, fino a giungere ai big Oasis (e dunque a qualcosa del caro, vecchio brit pop).

I brani proposti sono, in verità, alquanto altalenanti: dall’ottima A Occhi Chiusi all’imbarazzante Non Chiedermi Come Sto (luoghi comuni a go-go) fino all’autoironica Ho Finito La Benzina. Assolutamente ok l’attitudine diy della band, che ha scritto, registrato, mixato e masterizzato la musica nonché ideato, stampato, piegato, timbrato e cucito (si, avete capito bene…cucito!) la confezione del cd. Lo promuoviamo con una sufficienza ma siamo certi che al prossimo album i nostri dubbi verranno meno.

 

Autore: Revo Fever Titolo Album: Più Forte
Anno: 2014 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Punk Voto: 6
Tipo: CD Sito web: http://revofever.bandcamp.com
Membri band:

Aligi Nocerino – voce, chitarre

Edoardo Bassi – chitarra

Costantino Orlando – basso, cori

Mauro Forester – batteria

Tracklist:

  1. Più Forte
  2. A Occhi Chiusi
  3. Tutti i Santi Giorni
  4. Non Chiedermi Come Sto
  5. Butta Giù
  6. Una Volta Per Tutte
  7. Ho Finito la Benzina
  8. L’Attesa
Category : Recensioni
Tags : Punk
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07th Mag2014

Smoke Or Fire – This Sinking Ship

by Piero Di Battista

Smoke Or Fire - This Sinking ShipDue anni dopo Above The City, ecco di nuovo gli Smoke Or Fire alle prese con una nuova uscita, intitolata This Sinking Ship, full-lenght che vede la luce, come il precedente, sotto l’etichetta discografica Fat Wreck Records, nota per essere di proprietà di Fat Mike dei Nofx ma soprattutto per avere supportato numerosi artisti e dischi di successo. Per avere compiuto quasi dieci anni di carriera (si sono formati nel 1998) gli Smoke Or Fire non hanno alle spalle numerose uscite discografiche, preferendo legittimamente l’attività live, linfa vitale per questo genere musicale. Prima della realizzazione di questo nuovo album c’è stata una variazione nella line-up della band di Richmond: il batterista Nick Maggiore ha abbandonato il gruppo per motivi familiari sostituito da David Atchison, ex-drummer dei From Ashes Rise. Con Above The City avevamo conosciuto una band alle prese con un discreto connubio punk-hardcore, ma senza quel qualcosa che li facesse risaltare, era sì un album di discreta fattura ma mancava quel salto di qualità che avrebbe permesso alla band di avere una lodevole considerazione. Tale salto di qualità lo si aspettava con il nuovo disco ed al primo ascolto è facilmente udibile un cambiamento di rotta dei quattro verso suoni più melodici e facilmente recepibili, un sound che va quasi perfettamente a passo con i tempi attuali. Il punk che si ascoltava nel disco precedente diventa molto più malinconico e orecchiabile, basti ascoltare brani come What Separates Us All, Melatonin e I’ll Be Gone tanto per citarne alcune, non mancano cenni più accostabili con il power-pop come nella title-track This Sinking Ship ed anche melodie a tinte più rockeggianti come in Shine seppur a brevi periodi e, in maniera molto più frequente le si trovano nel brano che chiude il disco Folding The Pages.

L’uscita del nuovo lavoro degli Smoke Or Fire era abbastanza attesa, molta era la curiosità su che strade avessero intrapreso, ma ci si trova, ancora una volta, davanti ad un disco che pienamente non soddisfa; la band, nonostante sia attiva già da qualche annetto, sembra a tratti incompiuta, alla disperata ricerca di quell’identità che ancora non ha pienamente trovato. Il disco in sé non è assolutamente un pessimo lavoro, può benissimo essere gradito a chi apprezza sonorità più “soft”. Non tutte le ciambelle riescono con il buco dice il proverbio: in linea perfettamente con il lavoro della Fat Wreck, che ci ha abituati ad uscite nettamente migliori.

Autore: Smoke Or Fire Titolo Album: This Sinking Ship
Anno: 2007 Casa Discografica: Fat Wreck Records
Genere musicale: Punk Voto: 5,5
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/smokeorfire
Membri band:

Joe McMahon – voce, chitarra

Jeremy Cochran – chitarra

Ken Gurley – basso

Dave Atchison – batteria

 

Tracklist:

  1. What Separates Us All
  2. The Patty Hearts Syndrome
  3. Melatonin
  4. This Sinking Ship
  5. Irish Handcuffs
  6. Little Bohemia
  7. I’ll Be Gone
  8. Shine
  9. Breadwinner
  10. Life Imitating Art
  11. Cars
  12. Folding The Pages
Category : Recensioni
Tags : Punk
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29th Apr2014

Guacamaya – Come Un Pugno Nello Stomaco

by Piero Di Battista

Guacamaya - Come Un Pugno Nello StomacoA dieci anni dalla loro nascita, tornano i Guacamaya, autentica realtà del panorama combat-punk. Originari lombardi seguono la scia del rock socialmente impegnato stile Los Fastidios, Malavida o The Gang, ma con note sparate ad alto impatto sonoro, con un punk rock dai testi schietti, ruvidi e diretti. Tramite la Kob Records e la Rusty Knife Records pubblicano Come Un Pugno Nello Stomaco, nuovo album che non è altro che un tributo alla loro carriera, disco nel quale i Guacamaya ripropongono dei loro brani, ma anche cover, pezzi tratti da concerti e altre tracce che indubbiamente suscitano curiosità. L’intro del disco è affidato a Marino Severini, leader dei Gang, storica combat rock band marchigiana, il quale legge uno stralcio tratto da Racconti Per Una Solitudine Insonne del Subcomandante Marcos (leader dell’EZLN, movimento rivoluzionario del Chiapas, zona meridionale del Messico). La musica arriva con Sulla Barricata, brano dalle forti tinte punk rock, proseguendo per un’altra citazione di Marcos, ovvero La Alegra Rebeldia, brano che i Guacamaya traducono e ci costruiscono sopra un più che apprezzabile brano punk rock. Nel disco sono presenti diversi omaggi a personaggi noti per il loro impegno nel campo umanitario, come nel caso di Radio Guerriglia, brano dedicato a Vittorio Arrigoni, ucciso tre anni fa, e noto per il suo forte impegno per i diritti del popolo palestinese, oppure nel caso di Folsom Prison Blues, cover dello storico brano di Johnny Cash, omaggio per il decennale della scomparsa del “man in black”. Un altro omaggio è per Dax (Davide Cesare), frequentatore di un centro sociale milanese, ucciso in un agguato sempre a Milano nel 2003, il quale i Guacamaya gli dedicano Solo Odio (Dax Resiste).

Il disco volge verso la conclusione con Fermiamoli, altra cover, stavolta dei Gang, che indubbiamente sia musicalmente che con il loro impegno e la loro coerenza hanno influito molto sul percorso musicale del combo lombardo. Curioso l’intermezzo Voglio I Miei Scalpi che non è altro che un breve tratto parlato estratto dal monologo di Aldo Raine, interpretato da Brad Pitt nel film Bastardi Senza Gloria di Quentin Tarantino, monologo nel quale il personaggio esorta il suo esercito a vendicarsi e ad uccidere i nazisti. Come Un Pugno Nello Stomaco rispecchia fedelmente il suo titolo; il disco è un vero colpo diretto che, tramite un ottimo punk rock e testi mai banali e semplicemente sputati in maniera schietta, porta rabbia, coraggio e quel pizzico di tristezza per i personaggi citati poc’anzi che, purtroppo, non sono più tra noi.

I Guacamaya sono un’ottima band che meriterebbe molta più visibilità di quanta ne abbiano e sicuramente possono essere apprezzati da chi ama il genere proposto, soprattutto per chi condivide le loro idee e posizioni su diversi argomenti, idee che la band non esita affatto a nascondere.

Autore: Guacamaya Titolo Album: Come Un Pugno Nello Stomaco
Anno: 2013 Casa Discografica: Kob Records, Rusty Knife Records
Genere musicale: Punk Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/guacamayacombatpunk
Membri band:

Reb – voce

Ele – chitarra

Gabri – basso

Il Cannuccia – batteria

Tracklist:

  1. La Storia Dei Colori
  2. Sulla Barricata
  3. La Alegra Rebeldia
  4. Un Folle
  5. Radio Guerriglia
  6. Folsom Prison Blues
  7. Voglio I Miei Scalpi (outro)
  8. Solo Odio (Dax Resiste)
  9. Fermiamoli
  10. Davanti Ad Un Fucile
Category : Recensioni
Tags : Punk
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23rd Apr2014

Only Crime – Virulence

by Piero Di Battista

Only Crime - VirulenceQuando si parla di hardcore melodico allo stato puro, tra i tanti nomi che vengono menzionati, è impossibile tralasciare gli Only Crime. Nato sottoforma di progetto nel 2002, gli Only Crime realizzano un primo disco nel 2004 intitolato To The Nines e tre anni dopo li ritroviamo con una nuova uscita, sempre targata Fat Wreck Records, intitolata Virulence. Gli Only Crime non sono una band qualsiasi, o meglio, i componenti di tale band non è gente presa a caso, bensì elementi che hanno, chi alle spalle o chi ancora oggi, lunghe esperienze con altri gruppi, basti guardare ai loro personali curriculum: Russ Rankin (Good Riddance), Aaron Dalbec (Bane, Converge, Velocity Engine), Doni Blair (Hagfish, Armstrong), Zach Blair (Hagfish, Gwar) ma soprattutto dietro le pelli è presente un’ icona della scena punk hardcore ovvero Bill Stevenson (All, Descendents, Black Flag) nonché attualmente anche produttore discografico di successo, difatti la produzione di questo disco è sua. I cinque proseguono sulla scia del loro precedente parto discografico, sempre all’insegna di un hardcore melodico senza troppe paranoie: un disco diretto, d’impatto che ci mette ben poco ad arrivare alle orecchie dell’ascoltatore. Dodici brani che compongono la colonna vertebrale di questo Virulence in maniera omogenea senza discostarsi da quello che è il loro stile prediletto.

Nel disco abbiamo una netta predominanza hardcore melodica con sporadici episodi tendenti al puro hardcore come in In Your Eyes e nell’ultima traccia Xanthology, ma anche momenti più melodici e pacati, ben percepibili in Shotgun e This Is Wretched. Degni di nota di merito sono altri brani come Take Me o Too Loose, brani nei quali sembra che la band dia il meglio del loro repertorio tecnico. Dunque in presenza di una line-up del genere è ovvio aspettarsi un disco di notevole fattura ed è quello al quale ci si trova di fronte; Virulence è un ottimo disco hardcore melodico, forse superiore al precedente To The Nines. In un periodo nel quale sembrava che l’interesse generale per questo stile musicale era diminuito, gli Only Crime fanno sentire la propria voce, dimostrando che l’hardcore melodico non è in fin di vita anzi. Disco adatto agli affezionati e ai puristi di questo genere. Promossi a pieni voti.

Autore: Only Crime Titolo Album: Virulence
Anno: 2007 Casa Discografica: Fat Wreck Chords
Genere musicale: Punk Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.facebook.com/officialonlycrime
Membri band:

Russ Rankin – voce

Zach Blair – chitarra

Aaron Dalbec – chitarra

Doni Blair – basso

Bill Stevenson – batteria

Tracklist:

  1. Take Me
  2. Everything For You
  3. Shotgun
  4. Eyes Of The World
  5. Now’s The Time
  6. In Your Eyes
  7. Just Us
  8. There’s A Moment
  9. This Is Wretched
  10. Too Loose
  11. Framed Then Failed
  12. Xanthology
Category : Recensioni
Tags : Punk
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