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09th Apr2014

Gli Impossibili – Alcool E Furore

by Piero Di Battista

Gli Impossibili - Alcool E FuroreQuinto disco di uno dei gruppi più conosciuti ed importanti della scena punk rock italiana; stiamo parlando de Gli Impossibili, band milanese attiva dal 1994. L’ultima loro pubblicazione, prima del disco di cui parleremo, risale a tre anni prima con Ve Le Suoniamo Ancora edito Derotten Records, nel 2006 vi sono state importanti variazioni della line-up del gruppo: Ale (basso) e Davide (batteria) lasciano Gli Impossibili e vengono rispettivamente sostituiti da Klaus e Danu. Il loro nuovo disco si intitola Alcool E Furore, autoprodotto interamente e, soprattutto, messo in download gratuito sull’allora loro sito ufficiale. Nei precedenti lavori Gli Impossibili producevano un buon punk rock molto devoto allo stile Ramones: scanzonato ed a tratti leggermente melodico. In Alcool E Furore ritroviamo il combo lombardo con un album complessivamente più aggressivo, più duro e più diretto. I brani non superano mai i tre minuti di durata e negli stessi vengono anche trattati temi d’attualità come gli OGM in Cibo Radioattivo, la politica nella ruvida Un Calcio Nel Sedere o le televisioni in Regna La TV. Nella tracklist, composta da quattordici brani, trova spazio anche La Tipa Della Casa Occupata, pezzo dei Fichissimi riproposto in maniera più che soddisfacente da Gli Impossibili. Il disco si conclude con La Mia Ragazza, brano che come sound può benissimo ricordare Gli Impossibili di vecchia data.

Alcool E Furore è un discreto disco, che magari lascerà spiazzati coloro che seguono Gli Impossibili sin dagli esordi, spiazzati per uno stile che è molto più duro rispetto al passato, meno demenziale è più diretto al senso del testo proposto, ma che comunque non si discosta di molto dalla loro identità musicale. Con questo nuovo lavoro restano senza ombra di dubbio tra i principali esponenti della nostra scena punk rock.

Autore: Gli Impossibili Titolo Album: Alcool E Furore
Anno: 2008 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Punk Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/impossibili
Membri band:

Efrem “Araya” Mezzani – voce, chitarra

Klaus – basso

Daniele “Danu” Sarti – batteria

Tracklist:

  1. Angelo Dal Pelo Nero
  2. Un Calcio Nel Sedere
  3. Ci Vuol La Rivoluzione
  4. Generazione Apatica
  5. Fottono Anche Te
  6. Cibo Radioattivo
  7. La Tipa Della Casa Occupata
  8. Regna La TV
  9. Sei La Sola Da Amare
  10. Quello Che Lo Stato
  11. Essere O Apparire
  12. La Morte è Un Gioco
  13. Niente Verrà
  14. La Mia Ragazza
Category : Recensioni
Tags : Punk
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02nd Apr2014

Los Fastidios – Rebels‘n’Revels

by Piero Di Battista

Los Fastidios - Rebels‘n’RevelsUna della band italiane più amate sia nel nostro Paese ma anche a livello europeo sono i Los Fastidios, provenienti da Verona, all’attivo da più di vent’anni e con alle spalle più di dieci dischi, tra EP e full-lenght. Fedeli sin dagli esordi alla loro filosofia: un sound che parte dalle sonorità punk-oi! anni 80, contornato da punk rock, ska e hardcore e testi,  sempre a sfondo sociale, sempre dalla parte dei più deboli, che siano disoccupati, emarginati e anche animali; una filosofia che ha condotto il gruppo veneto tra i più impegnati e indubbiamente tra i più apprezzati. Oggi parliamo dell’album Rebels‘n’Revels, disco contenente tredici brani, edito Kob Records, ovvero l’etichetta creata dal vocalist della stessa band, Enrico. Essendo, come detto prima, attivi da parecchi anni, è naturale il fatto che nel corso della loro carriere sono avvenuti alcuni cambiamenti dalla formazione originale ed anche prima dell’uscita di questo disco non sono mancate variazioni nella line-up; infatti hanno abbandonato il gruppo i due chitarristi Denni e Paolino, sostituiti da Silverio e Murky. Il disco è il tipico album dei Los Fastidios: rabbia, cuore e ribellione, toccando molti argomenti come il sostegno verso i pochi valori umani rimasti nel mondo del calcio con il brano che è anche il primo singolo del disco Un Calcio Ad Un Pallone, trattano anche il precariato che uccide molti cittadini, lo fanno con la bellissima St. Precario Day, o anche un argomento che nelle loro liriche non manca mai, cioè la vita di strada, racchiuso in Scuola Di Strada. Anche in passato ci avevamo abituati a cantare non solo in italiano, ma di cimentarsi in altre lingue come spagnolo o francese, in questo disco si cimentano con l’inglese ad esempio nel brano d’apertura Always With A Beer In My Hand e non solo.

Una freccia nel loro arco è sempre stata l’indubbia capacità di variare da uno stile ad un altro, prodigandosi in maniera eccellente anche con lo ska in 3 Tone, o con un punk rock fedeli agli 80’s in Non Vedi, Non Senti, Non Pensi, insomma tutto ciò fa in modo di rendere, ancora un volta, merito alle doti della band nostrana. Il brano che chiude il disco è Buscando El Sol, dove li troviamo cimentarsi con un apprezzabile hardcore melodico scritto da Filippo Andreani, voce e chitarra degli Atarassia Grop. Un disco dei Los Fastidios rappresenta ormai una garanzia, e quindi crediamo che non deluderà affatto gli ascoltatori più fedeli anzi, rispetto ai lavori precedenti li ritroviamo più maturi, sia dal punto di vista stilistico e strumentale ma anche dal punto di vista compositivo, nel senso che i testi sono si di protesta ma allo stesso tempo costruttivi in modo da far pensare chi ascolta. I cinque veneti mettono un altro tassello nella loro invidiabile carriera musicale, disco da sufficienza più che piena. A chi ama la scena punk italiana consigliamo l’ascolto immediato.

Autore: Los Fastidios Titolo Album: Rebels‘n’Revels
Anno: 2006 Casa Discografica: Kob Records
Genere musicale: Punk Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.losfastidios.com
Membri band:

Enrico – voce

Silverio – chitarra

Murky – chitarra

Alvise – basso

Giacomo – batteria

Tracklist:

  1. Always With A Beer In My Hand
  2. Nightmare
  3. We Wanna Be
  4. Tatuato Sul Mio Cuore
  5. Pedro E Il Capitano
  6. Un Calcio Ad Un Pallone
  7. 3 Tone
  8. Non Ci Sto
  9. Non Vedi, Non Senti, Non Pensi
  10. St. Precario Day
  11. Quel Giorno Arriverà
  12. Scuola Di Strada
  13. Buscando El Sol
Category : Recensioni
Tags : Punk
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26th Mar2014

Useless ID – Redemption

by Piero Di Battista

Useless ID - RedemptionQuinto disco per gli Useless-ID, band israeliana che ha da poco superato i dieci anni di attività, disco che esce sempre sotto la Kung Fu Records di Joe Escalante (The Vandals). Li avevamo lasciati quasi due anni prima quando pubblicarono No Vacation From The World, album che aveva riscosso pareri molto positivi da critica e fan; il loro stile si accentra su un pop punk che però riesce abbastanza spesso a sfuggire dai soliti canoni dello scontato. Lo stesso sound viene riproposto dal quartetto in Redemption; dodici brani che riescono ad entrare facilmente nella mente di chi ascolta, registrato in Colorado con l’ausilio di Bill Stevenson, che in passato aveva già collaborato con Audio Karate e Rise Against giusto per fare due nomi. Da segnalare però un cambiamento nella loro formazione, infatti prima della registrazione di questo disco il precedente batterista Ido Blaustein ha lasciato la band per far posto a Moses Liberman. Il disco si apre con It’s Alright, caratterizzata da un ritornello abbastanza orecchiabile sempre all’insegna di un ottimo pop punk, segue Kiss Me Kill Me, dove il genere pop punk non viene certamente abbandonato ma risulta molto più melodico, da notare anche una discreta esecuzione di cori. Pink Stars And Magazines vuole essere più allegra e vivace rispetto alle precedenti tracce, al primo ascolto può benissimo ricordare Hitchin’ Ride dei Green Day, almeno nel ritmo e nel riff di chitarra.

Proseguendo nell’ascolto di questo disco si trovano brani dove anche la velocità del ritmo, che crea un sound molto più vicino al punk rock, aumenta: Deny It e Dying Love ne sono l’esempio lampante, osservando però che la melodia non viene comunque disdegnata. A questo lavoro dei quattro israeliani non manca neanche qualche accenno di aggressività, qualche canzone più d’impatto; i due brani che chiudono questo disco lo dimostrano: in State Of Fear abbiamo suoni più diretti, riff più graffianti, velocità e anche ottimi cori, che rendono questo pezzo uno dei migliori del disco, se non addirittura il migliore. Il disco ha il suo termine con la titletrack Redemption, che rispetto al brano che la precede, risulta leggermente più melodica ma anche qualche urlo da parte del vocalist Yotam.

Redemption è certamente un buon disco, ben registrato, suonato e prodotto. I testi non sono per nulla banali e la parte musicale è curata in ogni punto. Tutto ciò descritto rende sicuramente merito agli Useless ID, una band che forse ancora non ha raggiunto quel successo e quella notorietà che merita, quindi di conseguenza consiglio a chi piace il pop punk in generale l’ascolto di questo disco, ma senza dimenticare quelli precedenti.

Autore: Useless ID Titolo Album: Redemption
Anno: 2005 Casa Discografica: Kung Fu Records
Genere musicale: Punk Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.useless-id.net
Membri band:

Yotam Ben Horin – voce, basso

Ishay Berger – chitarra

Guy Carmel – chitarra

Moses Liberman   – batteria

Tracklist:

  1. It’s Alright
  2. Kiss Me Kill Me
  3. Pink Stars And Magazines
  4. Deny It
  5. Suffer For The Fame
  6. Turn Up The Stereo
  7. Before I Go
  8. Dying Love
  9. Drinkage
  10. Everything Turned Red
  11. State Of Fear
  12. Redemption
Category : Recensioni
Tags : Punk
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23rd Mar2014

Nofx – Liberal Animation

by Piero Di Battista

Nofx - Liberal AnimationNofx. Il nome di questo gruppo sarà di certo rimbalzato nella testa di chiunque ascolti rock e derivati, invece chi è cresciuto a pane e punk hardcore difficilmente non può non apprezzare questa orami storica band californiana. Nel corso degli anni hanno sfornato dodici dischi ed altri lavori tra EP, dischi dal vivo, raccolte ed anche DVD, lasciando agli amanti del genere favolosi dischi come ad esempio Punk In Drublic, e brani altrettanti meritevoli di ogni onore come, tra gli altri, The Brews, Bob o Don’t Call Me White. Ma andiamo con ordine. I Nofx nascono nel 1983 a Berkeley, California; sull’origine del loro nome c’è più di una teoria, la più credibile pare quella che sia semplicemente un’abbreviazione di “no effects”. Dopo diversi concerti nei posti più di nicchia della West Coast, realizzazioni di demo e alcuni cambi nella formazione, arrivano nel 1988, anno di pubblicazione del loro primo full-lenght, intitolato Liberal Animation, di cui parleremo tra poco. L’ingresso più importante avvenuto nella line-up dei quattro californiani è indubbiamente quello di Michael John Burkett, a tutti noto come Fat Mike; voce, basso ma soprattutto leader incontrastato del gruppo, nonché attualmente proprietario della Fat Wreck Chords, etichetta specializzata nell’ambito del punk hardcore, che negli anni ha lanciato band di notevole successo come, tra le altre, Lagwagon, Rise Against, No Use For A Name e Propagandhi, insomma un personaggio talmente importante ed influente che meriterebbe un articolo a parte.

Torniamo ad occuparci del disco: il genere proposto dai Nofx e dal loro Liberal Animation è il classico punk hardcore che spopolava in California negli anni 80: pezzi brevi, veloci, diretti, crudi e graffianti, insomma dei veri e propri pugni nello stomaco. È quindi facile percepire come i Nofx siano stati fortemente influenzati dai padri fondatori del genere come Dead Kennedys, Black Flag o Minor Threat. Liberal Animation è un disco che cattura sin da subito, a partire dalla copertina, raffigurante un disegno che rappresenta dei bovini a tavola che gustano l’arrosto di un…essere umano, il che rappresenta l’appoggio totale per l’esser vegetariani, per la tutela degli animali, e rappresenta anche un ammiccamento alla filosofia “straight-edge” molto presente in California in quel periodo. Liberal Animation ci offre quattordici tracce che non fanno altro che spiazzare chi ascolta; la velocità e l’impatto di Freedumb o Sloopy English, l’illusione dell’intro lento di Here Comes The Neighborhood, brano che poi sfocia nel più tipico punk hardcore made in California, l’irriverenza di Beer Bong, ma anche le tinte leggermente più melodiche di Truck Stop Blues, e l’omaggio verso i Led Zeppelin, riscontrabile nell’open-track Shut Up Already, in cui i Nofx ripropongono una breve parte di Black Dog, arcinoto brano della band di Robert Plant e Jimmy Page.

I Nofx al loro esordio erano questi: vivaci, consapevolmente irriverenti, senza peli sulla lingua e con brani che andavano dal raccontare momenti deliranti della loro vita, ad argomenti più vicini alla politica ed al sociale, un gruppo che merita d’esser raccontato e che ancora oggi è in grado di partorire buonissimi dischi, ma soprattutto esibizioni live d’impatto e davvero coinvolgenti. Liberal Animation costituì un buonissimo esordio da parte dei quattro californiani, tant’è che il disco, edito Colossal Wassail, fu ristampato nel 1991, indovinate da chi? Dalla Epitaph Records ovviamente, una costante per la scena punk californiana, e soprattutto attenta a gruppi di potenziale alto livello. Inizio quindi notevole quello dei Nofx, la ottima qualità proposta da Fat Mike e soci verrà confermata esattamente un anno dopo, con l’uscita di S&M Airlines, secondo disco del gruppo, primo sotto Epitaph. Benvenuti del mondo dei Nofx, ne vedremo delle belle.

Autore: Nofx Titolo Album: Liberal Animation
Anno: 1988 Casa Discografica: Colossal Wassail
Genere musicale: Punk Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.nofxofficialwebsite.com
Membri band:

Fat Mike – voce e basso

Dave Casillas – chitarra

Eric Melvin – chitarra

Erik Sandin – batteria

Tracklist:

  1. Shut Up Already
  2. Freedumb
  3. Here Comees The Neighborhood
  4. A 200 Club
  5. Sloopy English
  6. You Put Your Chocolate In My Peanut Butter
  7. Mr. Jones
  8. Vegetarin Mumbo Jumbo
  9. Beer Bong
  10. Piece
  11. I Live In A Cake
  12. No Problems
  13. On The Rag
  14. Truck Stop Blues
Category : Recensioni
Tags : Nofx, Punk
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05th Mar2014

Guttermouth – Shave The Planet

by Piero Di Battista

Guttermouth - Shave The PlanetSiamo nel 2006 e rieccoci a parlar nuovamente dei Guttermouth, riguardo un loro nuovo lavoro. Dopo il discreto Eat Your Face, si ripresentano al loro pubblico con questo Shave The Planet, edito Volcom Enternteinment, dunque un cambio d’etichetta per la band californiana dato che il loro ultimo album era targato Epitaph. I Guttermouth sono all’attivo esattamente dal 1989, e con questo raggiungono quota dieci dischi da studio, più alcuni EP e raccolte, restano indubbiamente una band che ha lasciato il segno negli anni 90 all’interno della scena punk hardcore californiana, nonostante siano stati additati svariate volte come clone malriuscito dei Nofx. Certo, in comune con Fat Mike e soci hanno il modo abbastanza simile di porsi davanti agli argomenti d’attualità, usando un misto tra satira e sarcasmo che rende le loro liriche discretamente taglienti, nonché anche la capacità di variare su vari fronti riguardo il genere proposto; in effetti non si possono catalogare i Guttermouth in un unico stile, perché spaziano tra il punk rock e l’hardcore melodico con gran disinvoltura. Un’altra importante novità riguardante la realizzazione di questo Shave The Planet riguarda dei cambiamenti nella formazione: al basso torna Clint Weinrich ovvero il primo bassista della band, mentre alla batteria Ryan Farrell subentra all’uscente Ty Smith.

Shave The Planet è composto da dieci brani per una durata totale di poco più di venti minuti e, come già accennato poc’anzi, i Guttermouth ripropongono quello “svariare” che li contraddistingue da anni, dedicandosi ad un puro punk rock in brani come la title-track, nonché brano d’apertura del disco, Shave The Planet, in maniera molto più scanzonata con My Chemical Imbalance, brano che richiama la forte influenza dei Nofx sulla band di Huntigton Beach, e nell’ancora più rozze e molto brevi Fladicism e “Mark” The Chubby Chaser/Newport Sweater Fat dove la vena punk rock è più che evidente. Non mancano anche forti cenni verso l’hardcore melodico, cenni facilmente captabili in brani come Capitalizing From Plump Mistakes e The 23 Things ThatRhyme With Darby Crash. Segue una delle migliori canzoni di questo disco ovvero God, Steve McQueen “The Work Song”, melodica, coinvolgente e allegra al punto giusto, il tutto in perfetto stile Guttermouth.

Tirando le somme, questo disco va considerato abbastanza positivamente: i Guttermouth non presentano niente di eccezionale rispetto alle passate uscite, ma il loro marchio di fabbrica resta molto ben visibile, anche se a tratti appaiono indirizzati sul viale del tramonto soprattutto per il fatto che talvolta tendono ad autocitarsi. È un album che soddisferà certamente i più devoti alla band californiana, ma non segnalerà niente di nuovo a chi magari si propone come nuovo ascoltatore dei Guttermouth, dunque sarebbe doveroso ripassarsi tutta la carriera del gruppo prima di cimentarsi sull’ascolto di Shave The Planet, soprattutto per i dischi usciti a metà anni 90 sotto l’etichetta Nitro.

Autore: Guttermouth Titolo Album: Shave The Planet
Anno: 2006 Casa Discografica: Volcom Entertainment
Genere musicale: Punk Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.xxx-guttermouth-xxx.com
Membri band:

Mark Adkins – voce

Scott Sheldon – chitarra

Donald Horne – chitarra

Clint Weinrich – basso

Ryan Farrell – batteria

 

Tracklist:

  1. Shave The Planet
  2. Capitalizing From Plump Mistakes
  3. My Chemical Imbalance
  4. Flacidism
  5. Primate Camp
  6. The 23 Things That Rhyme With Darby Crash
  7. “Mark” The Cubby Chaser/Newport Sweater Fat
  8. What Then
  9. God, Steve McQueen “The Work Song”
  10. Upside Down Space Cockroach
Category : Recensioni
Tags : Punk
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26th Feb2014

Good Riddance – Remain In Memory: The Final Show

by Piero Di Battista

Good Riddance - Remain In Memory The Final ShowDopo più di vent’anni di onorata carriera, sette dischi da studio, non molti per una vita ultraventennale, ma supportati da un intensa attività live, i Good Riddance decisero nel 2007 di sciogliersi. Mancanza di stimoli, l’essersi accorti che il loro meglio l’avevano già dato alcuni anni fa, e la voglia di continuare con progetti alternativi, soprattutto gli Only Crime del cantante Russ Rankin. E, dato l’enorme successo che la band californiana ha raggiunto in questi anni, soprattutto nella seconda metà degli anni 90, come omaggiare i numerosi affezionati al gruppo? Niente di meno che un disco del loro ultimo concerto live, tenutosi il 17 maggio 2007 al Catalyst di Santa Cruz, la loro città natale, disco ovviamente edito Fat Wreck Chords, etichetta che li ha accompagnati sin dagli esordi ovvero dal 1995 con l’album For God And Country. Il disco, il cui titolo non poteva essere più eloquente, Remain In Memory: The Final Show, percorre tramite questo concerto, l’intera carriera dei Good Riddance, proponendo in poco più di un’ora, brani tratti da tutti i dischi del quartetto di Santa Cruz, più alcune rarità come 21 Guns, che in precedenza era stata pubblicata da una compilation di vari artisti intitolata A Punk Look At Human Rights, Not So Bad da un’altra raccolta uscita nel 1999 intitolata No Time To Kill, o brani presi da loro EP, come One For The Braves tratta da Phenomenon OF Craving, mini-disco pubblicato nel 2000.

La tracklist del concerto percorre, senza una sorta di logica, la vita musicale dei Good Riddance, concerto veloce, senza tante interruzioni tra un pezzo e l’altro, un’esibizione intensa, coinvolgente e puramente all’insegna dell’hardcore melodico, genere che i quattro hanno proposto in maniera più che apprezzabile nel corso della loro carriera. Curioso l’intro del disco live dove viene proposto una medley di tutti gli intro parlati presenti all’inizio di ciascun disco da studio. Per quanto riguarda la scaletta, vengono proposti brani più datati come Weight Of The World, A Credit To His Genter (in cui partecipa alla voce anche Cinder Block dei Tilt), Last Believer e Steps tratti da quello che molti giudicano il miglior lavoro dei Good Riddance ovvero A Comprehensive Guide To A Modern Rebellion pubblicato nel 1996. Dall’altro ottimo lavoro che è Operation Phoenix (1999) vengono eseguite, tra le altre, la ottima Shadows Of Defeat, Heresy, Hypocrisy And Revenge che apre il concerto o Letters Home. Naturalmente non mancano brani tratti dai dischi pubblicati in seguito a quelli citati prima, tra gli altri vengono riproposti Yesterday’s Headlines, Pisces/Almost Home e Libertine (molto bello e intenso il coro del pubblico alla fine del brano) tratti da Symptoms Of A Leveling Spirit (2001), mentre vengono tratti pochi brani dai dischi meno riusciti da parte dei Good Riddance, Bound By Ties Of Blood And Affection (2003) e My Republic (2006), dischi accolti a loro tempo in maniera molto fredda anche dai più affezionati, che rimpiansero gli ottimi lavori usciti anni prima. La chiusura del concerto spetta a Waste, ottimo pezzo tratto dall’altrettanto notevole Ballads Form The Revolution (1998).

Non poteva esserci miglior modo per salutare un gruppo che nel suo genere ha avuto un’importanza rilevante. Le attitudini musicali proposte dai Good Riddance hanno molto più effetto durante i concerti, contesto dove i quattro californiani davano il meglio di loro stessi. Se ne vanno anche loro, e va detto che la scelta di metter fine alla loro bella storia è più che giustificata; meglio ritirarsi e dedicarsi ad altro piuttosto che sfornare pessimi dischi solo per questioni contrattuali. Hanno capito che ormai non c’era nient’altro da aggiungere al loro curriculum vitae e vanno lodati anche per questo.

Autore: Good Riddance Titolo Album: Remain In Memory: The Final Show
Anno: 2008 Casa Discografica: Fat Wreck Records
Genere musicale: Punk Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.grpunk.com
Membri band:

Russ Rankin – voce

Luke Pabich – chitarra

Chuck Platt – basso

Sean Sellers – batteria

 

Tracklist:

  1. Intro
  2. Heresy, Hypocrisy, And Revenge
  3. Made To Be Broken
  4. More Depalma, Less Fellini
  5. Weight Of The World
  6. Flies First Class
  7. Think Of Me
  8. Yesterday’s Headlines
  9. Without Anger
  10. Out Of Mind
  11. Salt
  12. A Credit To His Gender
  13. United Cigar
  14. 21 Guns
  15. Last Believer
  16. Fertile Fields
  17. Darkest Days
  18. One For The Braves
  19. Shadows Of Defeat
  20. All Fall Down
  21. Letters Home
  22. Indoctrination
  23. Not So Bad
  24. 30 Day Wonder
  25. Steps
  26. Shit-Talking Capitalists
  27. Libertine
  28. Pisces/Almost Home
  29. Winning The Hearts And Minds
  30. Mother Superior
  31. Waste
Category : Recensioni
Tags : Good Riddance, Punk
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20th Feb2014

Hot Dog – Enemies

by Piero Di Battista

Hot Dog - EnemiesLa scena punk romana ha spesso dato vita a validissime ed importanti band. Basti pensare a gruppi quali Anti You o Strenght Approach. Questa volta parliamo degli Hot Dog, band romana formatasi nel 2007 e che, tramite l’etichetta Agoge Records, pubblica Enemies, secondo full-lenght dopo Death & Glory, album uscito nel 2011. Enemies ci fornisce dodici brani (compreso un intro simil-ballad) nei quali la band romana offre un gustoso ed apprezzabile punk rock più che orecchiabile; tale tesi trova conferma sin dai primi brani come Bomb, Sex And Cataclysm e Arachnophobia (di quest’ultimo hanno realizzato anche un videoclip). Il sound degli Hot Dog assume anche delle tinte più vicine al pop punk come nel caso di Phoenix e di Eaten By Shark dove, soprattutto in quest’ultima citata, abbiamo anche un apprezzabile e coinvolgente refrain. Al combo romano piace anche spaziare (leggermente) senza mai però perder la loro identità ed il loro stile prediletto: cenni di ska sono riscontrabili in Mr.K (Don’t Be Crazy), mentre in Dinosaur’s Revenge abbiamo un finale più ammiccante verso sonorità metalcore. Lungo la tracklist del disco trovano spazio momenti più rilassanti con la ballad Neverland ed episodi tipicamente più rock come in Last Hope, brano che funge anche da chiusura di questo album.

Riguardo Enemies possiamo tranquillamente sostenere che ci troviamo di fronte ad un disco per nulla brutto; pur non rappresentando chissà quale novità dal punto di vista musicale, gli Hot Dog ci regalano un album ben realizzato, ben arrangiato e che di certo sarà apprezzato dagli amanti di questo genere. In conclusione, promossi senza ombra di dubbio, continueremo a seguirli, magari aspettandoci ancora dei progressi, pur restando consapevoli del fatto che stiamo parlando di una band molto valida.

Autore: Hot Dog Titolo Album: Enemies
Anno: 2013 Casa Discografica: Agoge Records
Genere musicale: Punk Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.hotdogband.yolasite.com
Membri band:

Mattia Scafetti – voce, chitarra

Lorenzo Caleno – chitarra

Paolo Francesco Saviano – basso

Lorenzo Spurio Pompili – batteria

Tracklist:

  1. First Hope
  2. Bomb, Sex And Cataclysm
  3. Arachnophobia
  4. Dinosaurs’ Revenge
  5. Phoenix
  6. Eaten By Shark
  7. Mr. K (Don’t Be Crazy)
  8. Everyday
  9. Surreal Dream
  10. Neverland
  11. Funeral Party
  12. Last Hope
Category : Recensioni
Tags : Punk
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19th Feb2014

MxPx – Panic

by Piero Di Battista

MxPx - PanicPanic  è il sesto album per i MxPx, trio americano proveniente dallo stato di Washington D.C., nato nel 1993. Questo disco è composto da quattordici brani, tutti all’insegna di un classico pop punk, scanzonato e a tratti melodico; le prime tre tracce a partire dalla open-track The Darkest Places si lasciano ascoltare tranquillamente, ritornelli che restano facilmente impressi nelle orecchie di chi ascolta. Notevole anche Heard That Sound, brano dal puro pop punk melodico e nonostante non sia di notevole impatto riesce comunque a coinvolgere. Con il brano seguente Cold Streets sembra avere un accenno di punk rock all’inizio per quanto riguarda la batteria più veloce, ma il pezzo si tramuta ben presto in melodia più dolce e orecchiabile. In questo disco si può trovare anche una collaborazione di un membro esterno della band e ci riferiamo al brano Wrecking Hotel Rooms, dove alla voce, insieme al vocalist Mike Herrera, partecipa anche Mark Hoppus, cantante e bassista dei Blink 182; questo pezzo punta molto di più sul rock, ritornello apprezzabile e qualche assolo di chitarra. La velocità dei ritmi aumenta con Late Again, brano che punta al punk rock con chiare influenze dei Bad Religion degli ultimi album, stessa cosa si può dire di Get Me Out.

Proseguendo verso le ultime tracce del disco, da segnalare come una delle migliori canzoni presenti abbiamo Waiting For The World To End, brano che certamente non trascura la melodia, ma non si fa mancare neanche quel leggero pizzico di aggressività che, a mio parere, i MxPx dovrebbero magari metterla in più occasioni, ma stiamo pur sempre parlando di una band con chiari connotati incentrati sul pop punk. Panic si chiude con This Weekend in cui i tre americani confermano il buon utilizzo di cori, ma si può anche dire che questo brano è un ulteriore conferma che i MxPx restano una delle migliori pop punk band esistenti. In conclusione un album discreto, senza né alti né bassi, i MxPx riescono a svariare dal pop punk al punk rock facilmente e rendendosi in ogni caso apprezzabili; non di certo un capolavoro ma resta pur sempre un discreto disco, classico MxPx, adatto per chi ama particolarmente i generi sopraccitati.

Autore: MxPx Titolo Album: Panic
Anno: 2005 Casa Discografica: SideOneDummy Records
Genere musicale: Punk Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.mxpx.com
Membri band:

Mike Herrera – voce, basso

Tom Wisniewski – chitarra

Yuri Riley – batteria

Tracklist:

  1. The Darkest Place
  2. Young And Depressed
  3. Heard That Sound
  4. Cold Streets
  5. The Story
  6. Wrecking Hotel Rooms
  7. Late Again
  8. Kicking And Screaming
  9. Grey Skies Turn Blue
  10. Emotional Anarchist
  11. Call Him Sick
  12. Get Me Out
  13. Waiting For The World To End
  14. This Weekend
Category : Recensioni
Tags : Punk
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12th Feb2014

A.F.I. – A.F.I.

by Piero Di Battista

A.F.I. - A.F.I.Dopo più di dieci anni di carriera alle spalle, nel 2004 giunse il tempo per una raccolta anche per gli A.F.I. (acronimo di A Fire Inside); questa retrospettiva vide la luce sotto la casa discografica Nitro Records, etichetta di proprietà del cantante dei The Offspring, Dexter Holland. Quest’album, che seguì a quasi due anni di distanza Sing The Sorrow, da molti considerato come il loro miglior lavoro, contiene quindici brani che ripercorrono tutta la carriera della band californiana; da segnalare però che, oltre ad essere presenti pezzi tratti dai loro full-lenght, vi sono anche canzoni tratte da alcuni EP ed altre tratte da edizioni in vinile di alcuni loro dischi, questo sta a dire che non è il tipico “best of” che qualsiasi band sarebbe in grado di realizzare, in questa maniera hanno dato modo di far conoscere ai più affezionati brani che fino ad ora non godevano di molta attenzione. Ad aprire il disco sono due brani tratti da The Art Of Drowning, album uscito nel 2000, brani molto belli e significativi come The Lost Souls e The Days Of The Phoenix, titolo anche di un EP realizzato sempre nello stesso anno da cui viene tratto il brano per questa raccolta A Winter’s Tale. Si prosegue sempre di disco in disco, traendo pezzi da Black Sails In The Sunset del 1999, da Very Proud Of Ya del 1996 e da Shut Your Mouth And Open Your Eyes del 1997.

Come detto prima, le sorprese di questo CD stanno nelle canzoni tratte da versioni di dischi in vinile, infatti il pezzo Lover It, veloce, graffiante e molto coinvolgente è tratto dal vinile di Black Sails In The Sunset, mentre dal vinile di Very Proud Of Ya prendono posto in questo “greatest hits” le ultime due canzoni di quest’album: Rolling Balls, pezzo tipicamente punk rock made in California e Who Said You Could Touch Me?, che segue lo stesso identico filone musicale. Da segnalare che in questa raccolta non sono presenti pezzi di Sing The Sorrow, essendo un album edito da una differente casa discografica (Dreamworks Records).

Il sound degli A.F.I. ha riscosso molto successo grazie alla realizzazione di un punk rock che varia su più orizzonti dal gothic, al dark, all’hardcore; si sente molto insomma l’influenza che una storica band come i Misfits ha avuto su di loro. In conclusione in questo disco si riassume quasi tutta la carriera degli A.F.I. fino a quel periodo, disco reso ancora più particolare dalla presenza di brani inediti, un album, come tutte le raccolte, adatto sia come omaggio ai fan più fedeli che a chi vorrebbe iniziare a conoscerli.

Autore: A.F.I. Titolo Album: A.F.I.
Anno: 2004 Casa Discografica: Nitro Records
Genere musicale: Punk Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.afireinside.net
Membri band:

Davey Havok – voce

Jade Puget – chitarra

Hunter Burgan – basso

Adam Carson – batteria

 

Tracklist:

  1. The Lost Souls
  2. The Days Of Phoenix
  3. A Winter’s Tale
  4. Totalimmortal
  5. Fall Children
  6. The Prayer Position
  7. God Called In Sick Today
  8. Lower It
  9. A Single Second
  10. Third Season
  11. He Who Laughs Last
  12. I Wanna Get A Mohawk (But Mum Won’t Let Me Get One)
  13. Perfect Fit
  14. Rolling Balls
  15. Who Said You Could Touch Me?
Category : Recensioni
Tags : Punk
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05th Feb2014

Donots – Got The Noise

by Piero Di Battista

Donots - Got The NoiseDue anni dopo l’uscita di Amplify The Good Times tornano i tedeschi Donots con un nuovo full-lenght edito da Gun Supersonic e prodotto dall’italiano Fabio Trentini. I cinque ragazzi provenienti dalla Germania settentrionale, sono all’attivo da esattamente dal 1993 e con questo disco, intitolato Got The Noise, dimostrarono ancora una volta di essere una delle migliore band europee nel proporre un pop punk senza disdegnare suoni più ruvidi, da far invidiare alcuni, forse sopravvalutati, gruppi d’oltreoceano. Li ritroviamo quindi con questo nuovo lavoro, composto da tredici pezzi, dove il filo conduttore resta lo stesso: suono coinvolgente, ritornelli che facilmente restano impressi in memoria, melodia e un pizzico in più di cattiveria rispetti ai precedenti dischi. La open-track è We Got The Noise, singolo del disco, orecchiabilissimo e quindi adatto per promuovere l’album, segue Knowledge sempre sulla stessa lunghezza d’onda, da notare che in questo brano c’è la collaborazione sia nella voce che nei suoni della band inglese Three Colours Red, ma non è l’unico pezzo dove collaborano artisti esterni alla band; infatti nella settima traccia Alright Now partecipa nei cori il cantante del gruppo, anche questo inglese, degli A Jason Perry. La già citata cattiveria in più rispetto al consueto sound dei tedeschi la troviamo in Disappear, pezzo abbastanza melodico ma più urlato da Ingo, più veloce e con riff leggermente più graffianti.

Non disdegnano neanche di regalarci un attimo di pausa e lo fanno con Goodbye Routine, dove troviamo dei suoni più melodici accompagnati da una discreta chitarra acustica. L’album prosegue sempre all’insegna di un sound che fila liscio, coinvolge e si lascia ascoltare senza intoppi. Diciamo che questo disco dei Donots può essere considerato come una prova di maturità per i teutonici, dopo due dischi allegri e scanzonati, questo è preparato meglio: suoni più curati, come le liriche che trattano storie di tutti i giorni. I più fedeli ai cinque tedeschi difficilmente resteranno delusi; Got The Noise costituisce anche una prova che il buon punk rock lo si può ascoltare anche dentro i confini europei.

Autore: Donots Titolo Album: Got The Noise
Anno: 2004 Casa Discografica: Gun Supersonic
Genere musicale: Punk Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.donots.de
Membri band:

Ingo Knollmann – voce

Guido Knollmann – chitarra

Alex Siebenbiedel – chitarra

Jan Dirk Poggemann – basso

Eike Herwig – batteria

 

Tracklist:

  1. We Got The Noise
  2. Knowledge
  3. Wretched Boy
  4. It’s Over
  5. Disappear
  6. Life Ain’t Gonna Wait
  7. Alright Now
  8. Goodbye Routine
  9. Your Way Home
  10. The Jerk Parade
  11. Cought It Up
  12. Better days (Not Included)
  13. Punchline
Category : Recensioni
Tags : Punk
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