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24th Feb2012

The Peawees – Leave It Behind

by Francesco Damiano

Nuovo lavoro per gli italianissimi The Peawess, combo di cui confesso non avevo avuto ancora modo di ascoltare alcunché. Dando uno sguardo alla biografia dei Nostri, scopro che gli spezzini in passato si sono spesso cimentati con il punk rock. Beh, è evidente che crescendo i gusti cambiano e le influenze pure, visto che nel nuovo album dei The Peawess di punk non ve n’è traccia. La band ligure, infatti, con Leave It Behind approda nei territori del rock’n’roll old style, con tocchi quasi rockabilly. Elvis Presley, MC5, e venendo a qualcosa di più recente, echi dei The Strokes e molto degli ultimi (immensi) The Hellacopters: ecco le coordinate stilistiche per inquadrare l’album in questione. Ed il risultato è sicuramente interessante. Ma andiamo con ordine e partiamo dalla confezione davvero ben curata, che dà l’impressione (una volta tanto) di un lavoro di livello internazionale anche per un prodotto nostrano. Particolare nota di merito riguarda il raffinato artwork del disco; spulciando nella rete ho scoperto trattasi di un dipinto del 1922, To The Beauty del tedesco Otto Dix, davvero molto bello.

Venendo alla musica vera e propria, il sound dei The Peawees, per quanto semplice, risulta essere decisamente di buona qualità. Rock’n’roll senza particolari fronzoli, con un evidente gusto retrò che rimanda ai mitici anni ‘50-60 del boom economico statunitense. Positiva è la non eccessiva lunghezza dell’album: 32 minuti appena,  in cui i Nostri riescono a focalizzare l’attenzione su ciò che intendono comunicare, senza elementi superflui. E di carne da far cuocere ce n’è. Inseriamo il cd nel lettore, premiano il tasto play, parte Food For My Soul, ed è già tutto chiaro. Due minuti e trentasette secondi di puro rock’n’roll, con un ritmo incalzante, perfetta da sentire dal vivo. Per intenderci, i The Peawees sarebbero stati la band ideale da far suonare da Arnold di Happy Days. Punto di forza dell’album è senza dubbio la bella voce calda di Hervè Peroncini, che con il suo inglese pressoché perfetto, è in grado di “riempire” le canzoni.

Proseguendo nell’ascolto, si passa da pezzi in stile country rock (Gonna Tel e Memories Are Gone) ad altri più suadenti ed ammiccanti come Good Bye Mama. Altro punto di forza del disco è Don’t Knock At My Door, con un tocco musicale davvero esaltante in cui, per quanto assurdo possa sembrare, ho trovato addirittura echi di un vecchio Celentano. La song migliore del lotto però è senza dubbio la titletrack Leave It Behind, pezzone in grado decisamente di far muovere il piedino con il suo ritmo che cresce via via con gli ascolti. Meritevole di menzione anche la conclusiva, immancabile, semi ballata Count Me Out, decisamente evocativa. Insomma, sicuramente un buon album, il cui unico vero limite sta nel fatto che, alla lunga i pezzi finiscono per somigliarsi un po’ tutti. Al termine dell’ascolto del disco, resta la sensazione di un lavoro gradevole a cui manca la scintilla per diventare ottimo. In ogni caso meritevoli di un ascolto. Magari insieme a Ricky Cunningham ed Arthur Fonzarelli.

Autore: The Peawees Titolo Album: Leave It Behind
Anno: 2011 Casa Discografica: Wild Honey Records
Genere musicale: Rock’n’roll Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.thepeawees.it
Membri band:

Hervè Peroncini – voce, chitarra

Carlo Landini – chitarra

Riccardo La Lomia – basso

Michele Napoli – batteria

Tracklist:

  1. Food For My Soul
  2. Gonna Tel
  3. Memories Are Gone
  4. Don’t Knock At My Door
  5. Diggin’n The Sound
  6. Good Bye Mama
  7. Danger
  8. Need A Reason
  9. Leave It Behind
  10. The Place
  11. Count Me Out
Category : Recensioni
Tags : Rock'N'Roll
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31st Gen2012

Heartless – Five Bullets In Your Heart

by Marcello Zinno

Il rock’n’roll è il padre di tutto. Con questa affermazione ci piace aprire e presentare l’EP degli Heartless (da non confondere con un omonimo gruppo americano), italianissimi di origine ma che si rifanno molto alle sonorità US. Armi davvero affilate, tecnica audace soprattutto alla sei corde e riff veloci almeno quanto i tempi da headbanging impazzito: questa l’anima del quartetto che vuole riportare in auge un glam rock (più rock che glam) ben mescolato al rock’n’roll di base, con una voce pulita e tanta energia. Purtroppo a fare la parte del nemico gioca la produzione, molto scarna in grado di depennare le parti di batteria che invece dovrebbero fare la parte del leone dettando i tempi di tutto il party. Il suono che ne fuoriesce risulta molto ovattato e privo di colpi travolgenti che possano coinvolgere l’ascolatore; anche i passaggi stilistici nel secondo brano, che prende proprio il nome dalla band, sarebbero ideati bene con quell’aspirazione al thrash ma suonano fuori fase. Molto piacevoli invece i momenti più calmi che poi riprendono velocità e mordente (talvolta strizzando l’occhio agli Iron Maiden) per lasciare spazio a sfuriate scattanti.

Nella ballad Stole By Summer emergono le pecche sonore, seppur la costruzione del brano non sembra per nulla banale e molto vicina ad alcuni arrangiamenti orchestrali non comuni per una band heavy. Stessa ricetta per la strumentale The End Of Summer: inizio da arpeggio tecnico in sordina per sfociare poi in un hard rock di valore ma che soggiace sotto le nebbie dell’audio. Intanto per una volta non ci troviamo a parlare di mancanza di idee e di capacità condite da tanta tecnologia “agevolante”, ma siamo proprio difronte alla situazione opposta e questo, da un punto di vista puramente creativo, ci fa piacere: vuol dire che sulla lunga distanza questa band ha tutte le carte in tavola per farci credere in loro.

Autore: Heartless Titolo Album: Five Bullets In Your Heart
Anno: 2011 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Rock’n’roll Voto: 6
Tipo: EP Sito web: http://www.myspace.com/weareheartless
Membri band:

Alfa – basso

Rob – voce, chitarra

Simo – chitarra, voce

Ste – batteria, voce

Tracklist:

  1. Baby Maybe Someday
  2. Heartless
  3. Stolen By Summer
  4. The End Of Summer
  5. Rock ‘N’ Roll Dirty Dream
Category : Recensioni
Tags : Rock'N'Roll
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16th Gen2012

Sixty Miles Ahead – Blank Slate

by Marcello Zinno

Chi sono i Sixty Miles Ahead? Semplice, una band che intende battere tutti i record. Nati nel maggio del 2011, a settembre dello stesso anno i quattro rocker pubblicano il loro primo EP dal titolo Blank Slate composto da cinque brani. Nello stesso periodo piazzano le prime date live ed iniziano la loro corsa verso la scena musicale seria. Definirli rocker ci sembra il termine più giusto in quanto il loro sound è di facile appiglio ma di complessa fattura: di base può rientrare nell’ampio concetto di hard & heavy ma è composto da una forte radice rock’n’roll influenzata copiosamente da un hard rock grezzo, viscerale, con una scelta degli effetti della sei corde molto particolare, quasi stoner. Ciò che ne esce fuori è sicuramente qualcosa di molto piacevole, valorizzato anche dalle doti tecniche del plotone Sixty Miles Ahead, doti che ci sono tutte dalla sezioni ritmica ben presente, agli assoli, fino alla voce del singer in giusto piano.

Le composizioni, a buon motivo rispetto al genere proposto, sono semplici e non vengono mai rese complesse proprio per rendere leggera la digestione di questi inediti e il livello qualitativo della produzione è buono, anche all’inizio di Chances con l’assenza di parti elettriche e con l’arpeggio di Fulvio Carlini che si presenta a nervi scoperti. Una nota sicuramente da migliorare è la soluzione sonora specifica della chitarra, che potrebbe essere valorizzata maggiormente, non cedendo in personalità, in modo da mettere ancora più a fuoco le idee e la differenziazione di questa band rispetto alle tante altre che hanno occupato il genere. Degno di nota è sicuramente Under My Skin che, contrariamente al titolo inflazionato nel mondo musicale, propone un groove iniziale d’impatto e potrebbe rappresentare la vera interessante evoluzione dei Sixty Miles Ahead: tempi stoppati, refrain da cantare, assolo pulito e riff potenti, una ricetta davvero da cinque stelle. In bocca al lupo da parte nostra, che l’hard rock duri in eterno!

Autore: Sixty Miles Ahead Titolo Album: Blank Slate
Anno: 2011 Casa Discografica: Autoprodotto
Genere musicale: Hard Rock, Rock’N’Roll Voto: 6,5
Tipo: EP Sito web: http://www.sixtymilesahead.com
Membri band:

Sandro Casali – voce

Fulvio Carlini – chitarre

Davide Bosio – basso

Luca Caserini – batteria

Tracklist:

  1. Polite Conversations
  2. Dance
  3. Chances
  4. Under My Skin
  5. A Place
Category : Recensioni
Tags : Rock'N'Roll
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24th Ott2011

Hell In The Club – Let The Games Begin

by Gianluca Scala

Let The Games Begin è il primo album degli alessandrini Hell In The Club, band formata con i membri di due tra le più conosciute metal band italiane, ossia i Secret Sphere e gli Elvenking. Un album che è davvero in grado di catapultarli molto in alto, sia in Italia che all’estero, territorio che conoscono molto bene a vedere le diverse esperienze live che hanno già collezionato(di recente insieme a Pino Scotto e Diaries Of A Hero al 93 Feet East di Londra). Il disco è composto da 12 tracce di cui 11 inediti ed 1 cover, una bellissima e personale versione di Another Saturday Night, indimenticato classico di Sam Cooke. Ma parliamo del disco che onestamente è una delle poche cose targate Italy che si possono apprezzare davvero fino in fondo. Si tratta di puro Rock’ N’Roll di quello conla R maiuscola.

La produzione è ottimamente curata, le canzoni sono perfette, sporche e catchy al punto giusto, con uno sproporzionato uso dei cori. L’influenza maggiore del combo sono assolutamente gli Hardcore Superstar e lo si avverte in tutti i pezzi, fin dall’apertura del disco con la stupenda Never Turn My Back, canzone che comincia con dei suoni distorti e che passa subito ad un classico intro hard rock. Rock Down This Place dovrebbe essere il primo singolo da cui è stato tratto un bellissimo video, mentre la seguente On The Road è uno dei picchi assoluti del disco, con un chorus che è pura dinamite. Another Saturday Night bisogna ascoltarla col volume a palla per iniziare a ballare e saltare senza sosta, e come stare fermi quando ascolti pezzi come Natural Born Rockers, No Appreciation o Raise Your Drinkin Glass? Tutti i pezzi sono ben suonati e non ci sono cali di tensione, e sarebbe impossibile visto il carico di esplosivo contenuto in questo album, ben curato anche nella grafica; molto belle le foto all’interno del booklet e bella anche  la copertina, accattivante al punto giusto.

Che altro si può aggiungere se non che di sicuro questi ragazzi hanno talento da vendere, che sono in grado di divertire ed entusiasmare chiunque acquisterà il disco, che saranno in grado di farvi sognare con canzoni come la splendida ballad Star, o farvi saltare a più non posso con pezzi come Rock Down This Place. Andate avanti così ragazzi e portate in giro senza sosta il vostro circo Rock’n’Roll.

Autore: Hell In The Club Titolo Album: Let The Games Begin
Anno: 2011 Casa Discografica: Avenue Of Allies
Genere musicale: Rock N’Roll Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.hellintheclub.com
Membri band:

Davide “DAVE” Moras – voce

Andrea “ANDY” Buratto – basso

Andrea “PICCO” Piccardi – chitarre

Federico “FEDE” Pennazzato – batteria

 

Tracklist:

  1. Never Turn My Back
  2. Rock Down This Place
  3. On The Road
  4. Natural Born Rockers
  5. Since You’re Not Here
  6. Another Saturday Night
  7. Raise Your Drinkin’ Glass
  8. No Appreciation
  9. Forbidden Fruit
  10. Star
  11. Daydream Boulevard
  12. Don’t Throw In The Towel
Category : Recensioni
Tags : Rock'N'Roll
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18th Ott2011

Deleeders – Ouch

by Gianluca Scala

I Deleeders hanno una cosa in comune con me e con altre milioni di persone, la passione per il Rock’n’Roll. Questi ragazzi di Torino hanno tutte le carte in regola per farsi strada in mezzo alla miriade di rock band che scimmiottano o tentano di imitare le grosse band del nostro amato genere. Dico questo perché quando ho avuto la possibilità di vederli dal vivo recentemente, mi ha attraversato per tutto il corpo quella sensazione strana che si sente solo quando ti trovi davanti a qualcosa di speciale. Ed è questo ciò che sono loro: SPECIALI. Si formano nel 2007 quando il chitarrista Teo ed il bassista Blackie decidono di unire le loro idee per creare qualcosa di unico. Nei primi mesi dello stesso anno cominciano a lavorare ai primi brani e cominciano a cercare gli altri elementi per completare la line up, che ora comprende la cantante Vale ed il batterista Enrico.

Questo è il loro debut album che si intitola Ouch dato alle stampe a marzo di quest’anno. L’album in questione è composto da dieci tracce, il genere da loro proposto è un onesto rock’n’roll che prende chiara ispirazione da gruppi come Backyard Babies, Motley Crue, Foo Fighters , Jet, tanto per citarne alcuni, ma la loro ispirazione più grande sono i Juliette & the Licks. Fin dalla prima canzone Sinner Never Repent si nota subito la loro passione per la classica formula composta da riff rockeggianti abbinati a cori molto allegri caratterizzati da una voce femminile molto graffiante, come specificato anche nelle loro note biografiche. Killer Diller parte con un giro di chitarra che ti si attorciglia al collo e che insieme alla voce sexy di Titty (la prima cantante della band che ha cantato e registrato tutte le tracce presenti sul disco, ora sostituita in pianta stabile dalla  new entry Vale) ti trascina letteralmente in un party rock che non conosce fine.

La title track Ouch è anche la canzone scelta per il loro primo videoclip ed è semplicemente irresistibile! Un pezzo pop rock molto efficace contraddistinto da un chorus riuscitissimo. Try è un pezzo rock che in radio farebbe la sua porca figura, mentre Whoo Ah Pah è ancora rock’n’roll con tanto di armonica e cori trascinanti. Non c’è una canzone che non funzioni, tutte sono orecchiabili e dannatamente belle; Whether You Like It sembra un pezzo delle Hole, con la differenza che a cantarla non c’è Courtney Love con la sua voce roca, ma Titty con la sua voce pulita ed incisiva; I Don’t Mind secondo me è il pezzo che fa la differenza, con un testo per niente banale ed un chorus veramente cool. L’album si chiude con la ballad The Way I Am introdotta da un bel pianoforte e da una voce davvero ispirata, uno degli highlight dell’intero lavoro. Lavoro che convince e presenta nel suo insieme un’assoluta novità nel panorama rock italiano, un gruppo che non tarderà ad entrare nei vostri cuori di rockers impavidi. Benvenuti Deleeders, io vi auguro di fare molta strada, nel nome del rock’n’roll.

Autore: Deleeders Titolo Album: Ouch
Anno: 2011 Casa Discografica: Tornado Ride Records
Genere musicale: Rock’n’Roll Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.deleeders.com
Membri band:

Vale – voce

Teo – chitarra

Blackie – basso

Enrico – batteria

Tracklist:

  1. Sinners Never Repent
  2. Killer Diller
  3. Ouch!
  4. Try
  5. Whoo Ah Pah
  6. Leave Your Dreams Behind
  7. Whether You Like It (Or Not)
  8. Stay The Hell Away
  9. I Don’t Mind
  10. The Way I Am

 

Category : Recensioni
Tags : Rock'N'Roll
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29th Set2011

(AllMyFriendzAre)DEAD – Hellcome

by Marcello Zinno

Sporco, ruvido, grezzo. Ci sono alcuni musicisti che incarnano il Rock e le sonorità dure con questi aggettivi, escludendo ogni forma di puritana percezione dalla loro sfera culturale. Il Rock deve essere sudicio, deve odorare di stantio, altrimenti si può anche facilmente osannare il dio del mercato discografico e svendersi al primo buon offerente. Alcuni portano avanti questa filosofia da una vita (Motörhead, Danko Jones…) e non ammettono paliativi, nessuna tolleranza è accettata. Per tali protagonisti esiste solo il bianco ed il nero, o sei dentro o sei fuori, è inutile starne a discutere. Questo è l’andazzo dei (AllMyFriendzAre)DEAD, band dal nome impronunciabile che partorisce questi 11 brani dalla durata di 27 minuti per confermare un’attitudine lunga decenni ma che non stanca mai i veri oltranzisti, quelli che pensano che l’Alternative Rock sia un’invenzione meno utile del ventilatore per i lapponi.

I nostri amici italiani sembrano un pò i figli buoni degli Allhelluja, più diretti e protetti dal sound registrato in presa diretta anche se non avvalorati da una produzione professionale (vera pecca dell’album): uno spirito rock’n’roll spinto fino all’esaurimento (ascoltare Charles Bronzon per credere) se non fosse per qualche spiraglio come Piss In The Bottle che con il suo trascinato punk alla Turbonegro coinvolge orecchie (e creste) solo in parte diverse. La voce di Frantz, un Eddie Vedder più incazzato e meno baritonale, contribuisce alla loro immagine di band conservatrice e poco aperta a sperimentalismi vari; c’è da dire che la presenza di due chitarre rappresenta un ingrediente non sfruttato a pieno, complice non solo la brevità dei pezzi ma anche le poche sfumature/arrangiamenti che potrebbero caratterizzare maggiormente la proposta della band ma che sono quasi del tutto assenti. Un brano trascinante è School or Skull con una grancassa che ci vieta di restare immobili e tira dietro di sè il resto della band verso una corsa che sembra lunghissima ma che in realtà dura solo un minuto e quarantotto secondi.

Al contrario dobbiamo ammettere che tutta la parte grafica dell’album e la confezione sono davvero di grande effetto e agevolano la costruzione di personaggi irriverenti che i cinque ricercano a tutti i costi. Ma non si vive di sola immagine nella giungla del Rock perverso e speriamo che i Nostri, dopo un’attenta e tempestiva maturazione, riescano a regalarci qualcosa di ancora più prezioso. Noi ne siamo convinti anche perchè gli (AllMyFriendzAre)DEAD sono “disperati ma non stupidi”.

Autore: (AllMyFriendzAre)DEAD Titolo Album: Hellcome
Anno: 2010 Casa Discografica: Narcolettica Records
Genere musicale: Rock’n’Roll Voto: 6
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/amfadead
Membri band:

Frantz – voce

Succo – batteria

Gicass – chitarra

El Pez – chitarra

Meltedman – basso

Tracklist:

  1. Gioia Tavor
  2. What Madonna You Want
  3. Piss In The Bottle
  4. December Of ’62
  5. Charles Sbronzon
  6. Something About (U Ciollu)
  7. Everyday I Lie
  8. School Or Skull
  9. Beware Of The Totem
  10. Donkey Cock
  11. U Demoniu
Category : Recensioni
Tags : Rock'N'Roll
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