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05th Mag2019

Il Gigante – La Rivolta Del Perdente

by Marcello Zinno
Dopo l’EP Stomp! di cui aveva parlato a questa pagina e che ci aveva catapultati giù dalla sedia, Il Gigante torna e lo fa con un full-lenght dal titolo La Rivolta Del Perdente. Un rock travolgente ma che sa essere anche molto trasversale, i ragazzi ci mettono la loro e si sente la passione intrisa in queste tracce. Con l’opener la band probabilmente risponde alle migliaia di recensioni, opinioni controverse, suggerimenti da pseudo esperti e tutto quanto hanno dovuto sentire in questi anni: una serie di “voi dovreste…” essere qualcosa che loro non sono a cui loro rispondono proprio con “allora suona tu“. Pace è un altro brano molto intenso, musicalmente rappresenza una bilancia equilibrata tra grunge e stoner mentre le liriche descrivono la situazione in cui versa il nostro Paese (e probabilmente non solo quello) in cui la pace è un miraggio (“dovrei slegarmi da questa idea di seminare invidia e raccogliere odio…tutto questo odio represso sta diventando una guerra inutile”) mentre l’odio appunto imperversa.

Il rock è diretto ma anche molto curato, le due chitarre si sentono, tavolta giocano ad irrobustire il suono, talvolta ad intrecciarsi creando valore compositivo. Brani come La Notte o Questo È Un Lento non possono che conquistare chi ha sete di rock roccioso, chi ha amato il profilo più deciso ed elettrico dei Ministri, chi è alla ricerca di realtà tricolore che cantano nella nostra lingua ma che sono in grado di parlare un rock internazionale. E guai a pensare che in La Rivolta Del Perdente ci sia solo distorsione continua, provate ad ascoltare Che Sia La Fine e il suo mood indie rock o La Camica Di Mio Padre con le sue strofe morbide che fanno a cazzotti con il chorus; da segnalare anche la titletrack in cui la vena elettrica citata prima è al servizio di un pathos che esplode nel corso della traccia. A noi conquista la verve decisa di Charlie, un pezzo che è puro heavy rock e che dal vivo ha tutte le carte giuste per spaccare.

Davvero ben curato il lavoro grafico e il packaging. Se amate il rock italiano con carattere non potete lasciarvi sfuggire questo album.

Autore: Il Gigante Titolo Album: La Rivolta Del Perdente
Anno: 2019 Casa Discografica: Jap Records
Genere musicale: Stoner, Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/IlGiganteBand
Membri band:
Daniele Benincasa – voce
Marco Mariotti – chitarra
Simone Giacomucci – chitarra
Samuele Settimi – basso
Giacomo Ciancaleoni – batteria
Tracklist:
1. Allora Suona Tu
2. Pace
3. La Notte
4. Che Sia La Fine
5. Nagaraya
6. La Rivolta Del Perdente
7. Charlie
8. La Camicia Di Mio Padre
9. Questo È Un Lento
10. Viviamo Per Non Morire Mai Più
Category : Recensioni
Tags : Stoner
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13th Mar2019

Jesus Franco & The Drogas – No(w) Future

by Marcello Zinno
Tornano i Jesus Franco & The Drogas che avevamo incontrato ai tempi del precedente Damage Reduction (recensito da noi a questa pagina), il loro concetto di musica non cambia, sempre in bilico tra psichedelia sperimentale e stoner vivo e pulsante. I brani risultano molto diluiti, soprattutto nella parte iniziale dell’album, il loro concetto di psichedelia poggia qui proprio su un annacquamento delle tracce, come se la band volesse opporsi filosoficamente ma anche concretamente a tutte le regole imposte dal music business per realizzare musica “vendibile”. Basta ascoltare Acufene, un brano dalla matrice compositiva semplice ma che ripete i propri elementi fino a superare i sei minuti di ascolto; l’esercizio si ripresenta anche nella seconda traccia con la differenza che lì i minuti totali non superano i 4 e nel complesso il risultato è più digeribile.

Ma No(w) Future, album che fin dalla copertina rende chiarissimo il suo messaggio portante ovvero il decadimento della società non solo in ambito musicale ma da vari punti di vista, possiede una parte centrale fatta di muscoli e accelerazioni varie, momenti intensi e pulsanti (sia in termini di ritmica che di pattern) che rappresentano ciò che più ci piace di questo progetto: non si può non citare Right Or Wrong, un brano che sa di rock’n’roll con tempi dispari, uno sfogo che dà l’impressione come se i The Doors fossero stati calati in un acido dall’effetto schizofrenico. Incisivo e martellante è Some People che è capace di rendere ostile il rock’n’roll attraverso un drumming incessante ed entrandoti fin sotto la cute.

Ma l’essenza dei Jesus Franco & The Drogas a parer nostro è in brani come Wake Up, momenti lisergici che richiamano le sonorità anni 70, anche qui diluiti seppur aderenti alla loro concezione di rock, brani che in sede live potrebbero durare tranquillamente il doppio. Questo è il territorio della band. No(w) Future è senza dubbio un album coraggioso che probabilmente non capirete da lucidi e che frantuma i soliti schemi nella sua semplicità, senza eccedere in estremismi difficili da digerire.

Autore: Jesus Franco & The Drogas Titolo Album: No(w) Future
Anno: 2019 Casa Discografica: Bloody Sound Fucktory
Genere musicale: Stoner, Psichedelia Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/jesusfrancoandthedrogas/
Membri band:
Andrea Carbonari – chitarra
Alessandro Fiordelmondo – chitarra
Michele Prosperi – batteria
Andrea Refi (aka Sonny Alabama) – voce
Tracklist:
1. Acufene
2. No Talen Show
3. Right Or Wrong
4. Some People
5. Blast-O-Rama
6. Brain Cage
7. Wake Up
Category : Recensioni
Tags : Stoner
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01st Feb2019

Hubeskyla – Fly On Wings Of Love

by Marcello Zinno
Tornano gli Hubeskyla, sempre nel segno del rock psichedelico. Il loro nuovo Fly On Wings Of Love possiede però una carica più heavy psych, o meglio potremo dire stoner psych, davvero intensa. I suoni polverosi e lisergici sono rafforzati da chitarre decisamente rock e una sezione ritmica compatta che sa essere cornice in cui i rocker si muovono agiatamente. Per fortuna lo stile degli Hubeskyla non si perde in sperimentazioni lunghe e intricate, piuttosto insistono spesso su dei riff come sul finale di Right Here, perché la loro musica vuole esplodere più che evolversi, o come nell’ultima traccia. L’eccezione si chiama They Control Us All (parte centrale) dove ci si perde senza soluzione di continuità tra suoni ed effetti…poco concreti in questo passaggio, ma il genere lo esige. Inoltre in questo album vengono aggiunte anche delle linee vocali, a differenza di quanto accadeva con il precedente strumentale Spencer’s Return, linee vocali che ben si accoppiano con lo stile fumoso dell’album. La release si apre con It Starts To Make Sense che interpreta su un riff rotondo tanto da ricordare lo sludge dei Down (ai tempi di Nola), se non fosse per l’assenza di una matrice metal e per una tastiera che profuma di psichedelia intensa; anche nella già citata The Control Us All (ma durante la parte iniziale) si picchia duro consigliando un headbanging lento e cadenzato, come stoner insegna.

Nell’ultima Punishment il rock trasuda dalle note, certo in una visione quasi sessantiana, che lambisce la storia del rock: un riff, sempre lo stesso, su cui poi si muovono i diversi contributi (assolo, voce…) quasi come fosse un trip di acidi di cui non si conosce la destinazione. Bella prova, seppur niente di rivoluzionario nella scena stoner psych.

Autore: Hubeskyla Titolo Album: Fly On Wings Of Love
Anno: 2018 Casa Discografica: We Don’t Make It Records, Fidel Bastro Label
Genere musicale: Stoner, Psych, Krautrock Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.hubeskyla.ch
Membri band:
Fabrice Seydoux – batteria, voce
Christophe Jaquet – voce
Lionel Gaillard – chitarra, voce
Duri Darms – chitarra, tastiere, voce
Mathias Bieri – chitarra, voce
Tracklist:
1. It Starts To Make Sense
2. Right Here
3. They Control Us All
4. Fly Away
5. Punishment
Category : News, Recensioni
Tags : Stoner
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21st Gen2019

John Garcia And The Band Of Gold – John Garcia And The Band Of Gold

by Giuseppe Celano
L’ex singer dello stoner non ha di certo bisogno di presentazioni, ha militato in diverse band e per così tanti anni che per citarle tutte ci vorrebbe un capitolo a parte. Quello che si può affermare con certezza è che ha conservato un fuoco intatto nella voce portandola fino ai giorni nostri dimostrandolo con la lenta, ipnotica nell’incedere e arricchita di chitarre spettrali, Space Vato opener del nuovo lavoro di questo formidabile performer da sempre immerso nella spirale Kyuss da cui probabilmente non uscirà mai. Canta benissimo, un puro piacere per orecchie e cuore e se possibile anche meglio delle due precedenti prove. Grazie al songwriting più a fuoco e alla possente produzione di Chris Goss (Master Of Reality e a lavoro con Kyuss e Queens Of The Stone Age) il disco scivola via fra chitarre ribassate, riff taglienti e voce sferzante su Jim’s Whisper, arricchita da un southern flavour solo molto caldo.

Rispetto alle ultime uscite, questo lavoro sfoggia ritmiche danzerecce mancate finora nella sua produzione (Chicken Delight). Spinge di forza raggiungendo velocità di crociera grazie alla spinta propulsiva della sezione ritmica ma la reale potenza risiede nel canto e nelle entrate di quella voce viscosa applicata alle sciabolate Kentucky II e My Everything. L’energia sprigionata dal singer statunitense è davvero qualcosa di invidiabile (Cheyletiella). Alla sua età, sono ben 48, due terzi dei suoi colleghi sono artisticamente bolliti o morti. Sebbene i riferimenti alla band madre siano sparsi un po’ e sapientemente dappertutto, questo lavoro ha una sua anima e originalità innegabili. A sigillare il tutto ci pensa la take Softer Side, ammantata da una coltre psichedelica prima e sostituita a metà da una sezione più hard con il singer seriamente impegnato su high-pitched tone. Davvero imperdibile.

Autore: John Garcia And The Band Of Gold Titolo Album: John Garcia And The Band Of Gold
Anno: 2019 Casa Discografica: Napalm Records
Genere musicale: Stoner Voto: 8
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/JohnGarciaOfficial/
Membri band:
Ehren Groban – chitarra
Mike Pygmie – basso
Greg Saenz – batteria
Tracklist:
1. Space Vato
2. Jim’s Whiskers
3. Chicken Delight
4. Kentucky II
5. My Everything
6. Lillianna
7. Popcorn (Hit Me When You Can)
8. Apache Juncion
9. Don’t Even Think About It
10. Cheyletiella
11. Softer Side
Category : Recensioni
Tags : Stoner
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25th Dic2018

Stonewood – Stonewood

by Marcello Zinno

Stonewood - StonewoodIl moniker di questo quintetto ha una duplice interpretazione che ci porta al medesimo punto di arrivo. La prima è quella di “stone” nel senso di stoner, che sono anche un po’ le radici del combo, e quella sensazione di legnoso che questo genere tramite le chitarre ovattate offre; la seconda è proprio l’accostamento dei due termini, “pietra” e “legno”, che sono la fusione delle idee di base della band che vedeva in questi oggetti la descrizione perfetta del proprio sound grunge stoner. Quindi da lì non si scappa ed è difficile volerne scappare. Non a caso l’esordio omonimo di questo progetto è un insieme di brani molto cadenzati, dalla ritmica che segue fedelmente i dettami del genere (ascoltate Legs ed immaginatevi ad un concerto dei Queens Of The Stone Age), con riff decisi, compatti ma anche ruvidi esattamente come tutto il post-grunge ci ha regalato, seppur siano appunto più vicini a lande stoner; infine le linee vocali con effetto megafono, anch’esse che si ritrovano già nella scena. Noioso quindi?! No, Stonewood è un album pensato da gente stoner e proposto a gente stoner, niente di più niente di meno. Non si esce da quelle coordinate e anche alcune scelte (come ad esempio quella di chiudere i pezzi in fader) si ripetono senza voler cambiare un copione già scritto. Come a dire “strada …. non si cambia”. Apprezziamo l’assolo in Bluestone, un certa ricerca di ambientazione nelle strofe di China White e in generale il mood live che pervade l’intera prova.

Un plauso va alla copertina, fantastica, che dipinge un sodalizio tra un concept fantascentifico e un’impostazione cartoon davvero di impatto. Quello che manca in questo lavoro è forse qualche ingrediente inaspettato, qualche sorpresa, qualche scelta coraggiosa che tenda a presentare gli Stonewood non come una band che omaggia una scena arci nota ma come una realtà che intende calarsi a fondo in essa e interpretarla con una propria visione. E questo è l’augurio che facciamo loro da qui in avanti.

Autore: Stonewood

Titolo Album: Stonewood

Anno: 2018

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Stoner

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: http://stonewood.bandcamp.com

Membri band:

Augusto Antinori – batteria

Carlo Turchetti – chitarra

Fabio Mingrone – chitarra

Francesco Papadia – basso

Vito Vetrano – voce

Tracklist:

  1. Down From The Stars

  2. Legs

  3. Out Of Sight

  4. Bluestone

  5. China White

  6. Space Goat

  7. Party Crasher

  8. Ask The Dust

Category : Recensioni
Tags : Stoner
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02nd Dic2018

Grave – A Trip To Mustafar

by Marcello Zinno

Grave - A Trip To MustafarDavvero una sorpresa questo album dei Grave, seguito del precedente Vol.1 che piazza quattro tracce in grado di colpire nel segno dello stoner e non solo. E a noi quello che interessa della proposta di questo terzetto è proprio il “non solo” perché sui riff stoner e l’incedere cavernicolo c’è poco da obiettare: metallurgico e siderale il loro stile che sicuramente colpisce in pieno volto chi ama questo genere. Ma c’è appunto di più: innanzitutto ci troviamo influenze parzialmente psichedeliche, sia nei ritmi che talvolta si rallentano sia in intermezzi utilissimi a rendere più digeribili i brani che hanno comunque una durata importante (si vedano i 10 minuti dell’opener ad esempio). Un esempio è dato da Johnny Greender Story: fin dal suo intro il brano poggia su tempi pacati e si perde in foreste con una foschia fittissima in cui ogni singolo strumento crea linee lisergiche e metafisiche allo stesso tempo, accelerando solo sul finire e tornando al tipico incedere Grave. Inoltre i brani sono tutti strumentali e questo carica molto di importanza le linee musicali seguite in primis dalla chitarra, unico elemento melodico del tutto; a nostro parere una voce, magari in stile grunge, non avrebbe sfigurato, anzi avrebbe aggiunto quel quid in grado di far apprezzare i ragazzi anche ad un pubblico non esclusivamente stoner-oriented.

Il sound ci piace e lo promuoviamo a pieno. La band ha tante idee e questo è un bene, a nostro parere potrebbero essere più ermetici e inserire dei limiti massimi di ripetizione di alcuni riff senza togliere contenuto alla loro musica. Sulla voce abbiamo già detto la nostra, ma al di là delle nostre considerazioni (che sono più dei consigli che delle critiche), A Trip To Mustafar resta un meteorite fatto di materiale prezioso che va catturato a tutti i costi.

Autore: Grave

Titolo Album: A Trip To Mustafar

Anno: 2018

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Stoner

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://soundcloud.com/grave-stoner

Membri band:

Marco Murello – chitarra

Davide Pillino – basso

Demos Zanelli – batteria

Tracklist:

  1. Space Embryo

  2. The Incredible Duna Man

  3. Johnny Greender Story

  4. Safarà

Category : Recensioni
Tags : Stoner
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28th Nov2018

Circle Creek – Past Presents Future

by Marcello Zinno

Circle Creek - Past Presents FutureVengono dall’Austria i Circle Creek ma sembrano provenire dal fondo di una caverna per la loro forma musicale ovattata e corposa che omaggia indubbiamente il genere stoner usato spesso per presentare la band. Anche se l’opener di questo album sembra presentare una rock’n’roll band, il loro sound è appunto cupo e sotterraneo, capace comunque di elargire grandi emozioni anche a chi è abituato a masticare classic rock. Un elemento di distinzione è infatti che i riferimenti allo stoner sono solo in termini di sound generale, perché composizione e struttura dei brani sono molto più vicini ad una rock band più completa; questo va sottolineato perché i Circle Creek non sono la canonica stoner band che trova un riff ed un suono particolare e lo ripete all’infinito nascondendosi dietro “alibi desert“, il quartetto in questione picchia duro e inserisce vari divertissement all’interno delle singole tracce. Ascoltare per credere Owner Of A Million Souls (con tanto di intermezzo, esplosione e assolo), Killing Factories in cui esce fuori tutta la capacità musicale e artistica del quartetto, tra intreccio di corde ed emotività intensa, o ancora il wah-wah in Fading Away che prepara il terreno ad un brano con il giusto pathos (confermato poi dalla seconda strofa e dal riffing sottostante).

In alcuni momenti la band sfora e raggiunge anche lidi più prossimi al metal, è il caso di Going Nowhere (in quest’album presentata in due versioni), song che musicalmente è interessante ma che meriterebbe appigli ben più forti a livello vocale. Past Presents Future è un album degno di nota che può piacere davvero a chiunque e che conferma che anche l’Austria ha delle realtà che meritano seguito, in grado secondo noi di aprire a nomi mainstream.

Autore: Circle Creek

Titolo Album: Past Presents Future

Anno: 2018

Casa Discografica: NRT Records

Genere musicale: Stoner, Rock

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.circlecreek.at

Membri band:

Chris Zirkelbach – chitarra, voce

Didier Zirkelbach – chitarra, voce

Gorge – basso

Bernhard Wolf – batteria

Tracklist:

  1. Creatures

  2. Killing Factories

  3. D.R.U.G.S.

  4. Going Nowhere

  5. Owner Of A Million Souls

  6. Fading Away

  7. Going Nowhere 2018

Category : Recensioni
Tags : Stoner
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25th Nov2018

Satori Junk – The Golden Dwarf

by Marcello Zinno

Satori Junk - The Golden DwarfL’album The Golden Dwarf ha rappresentato molto per i Satori Junk, tanto che dopo una versione in CD adesso giunge anche la versione in doppio vinile grazie alla Spin On Black. Sei brani più una cover che propongono un sound a noi già noto, quello del doom/psych stoner, ma confezionato con alcuni elementi che rendono riconoscibile la proposta della band, secondo le idee proprie di questa formazione. Idee che nella vera opener All Gods Die fioccano tanto che il quartetto si sbizzarrisce con un pezzo dalla duplice natura: una traccia infatti divisa in due parti dalla durata quasi identica, la prima psichedelica mentre nella seconda piovono riff quasi sludge che regalano muscoli e potenza al tutto. Una scelta che però non si ripresenterà nel corso del lavoro, infatti i Satori Junk puntano a creare un monolite massiccio e veloce che mira dritto al collo dell’ascoltatore; infatti nonostante la durata cospicua dei brani non sono presenti grosse variazioni di sorta, quello che i musicisti vogliono proporre è proprio uno stoner sludge infuocato e ripetitivo, doom nello spirito ma senza punti di inversione.

Cosmic Prison, Blood Red Shrine e Death Dog sono maceti che colpiscono la loro vittima in maniera instancabile, indipendentemente da quello che gli accade intorno. Robusti per gli amanti del genere, stucchevoli per chi si aspetta un cambio di direzione dietro l’angolo durante l’ascolto di una canzone. La title track ci sembra più curata, creando una sorta di atmosfera intorno alla traccia e non pendendo eccessivamente verso il riff centrale, protagonista assoluto di ciascuna delle tracce che la precedono; inoltre il brano presenta anche un’accelerazione non tipica dello stile della band che ci piace e può rappresentare una vera arma di distruzione in sede live. L’album si chiude con la cover di Light My Fire che assume delle sembianze funeree e viene diluita iniettandovi elementi tipici dei Satori, elementi che abbiamo percepito anche nelle precedenti tracce.

Interessanti i suoni futuristici in Cosmic Prison e gli intermezzi strumentali con effetti vari in Death Dog unici attimi di respiro lungo un incedere di metallo fuso che si duplica su se stesso e prolifera watt come fosse un virus. Sapiente (e invidiabile) l’uso del theremin, meno la resa vocale a cui va aggiunta secondo noi una veste più professionale. Da queste considerazioni bisogna partire a parer nostro per rendere ancora più personale la proposta musicale dei Satori Junk.

Autore: Satori Junk Titolo Album: The Golden Dwarf
Anno: 2017 (ristampato il 2018) Casa Discografica: Spin On Black
Genere musicale: Sludge, Psych Stoner Voto: 6,5
Tipo: Doppio LP Sito web: http://satorijunk.bandcamp.com
Membri band:

Luke – voce, synth, theremin

Chris – chitarra

Lorenzo – basso

Max – batteria

Tracklist:

Side A

1. Intro

2. All Gods Die

3. Cosmic Prison

Side B

4. Blood Red Shrine

5. Death Dog

Side C

6. The Golden Dwarf

Side D

7. Light My Fire (The Doors cover)

Category : Recensioni
Tags : Stoner
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15th Nov2018

Lady Maciste – Laut

by Marcello Zinno

Lady Maciste - LautUno stoner che fa a cazzotti con tante derive del rock inquadra lo stile dei Lady Maciste, duo project che chiaramente ha tutti i lati positivi e negativi di una band a soli due componenti: istintività, rumorosità, schiettezza, essenzialità, non per forza in questo ordine. Però ci colpiscono, perché non sono il canonico progetto a due dove chitarra e batteria irradiano con il loro potere implosivo quasi come fosse uno sfogo adolescenziale; c’è cura a fianco dei suoni molto elettrici della sei corde e appunto stoner, c’è la mente dietro questo stile, c’è la voce che gioca un ruolo importante senza togliere un’oncia alla potenza dei riff, c’è costruzione dei pezzi. Ascoltare brani come Ted Bundy (quasi una mini colonna sonora di un film horror) dimostra che le idee della band sono tutt’altro che semplici e noi apprezziamo questa personalità che qui esce in maniera più ricercata. E le derive a cui facevamo riferimento sono appunto diverse, dall’hard blues dell’opener Bruto, al sapore rock’n’roll che compare in altri momenti come se fosse un tiro deciso, passando per il rock/grunge insito nel grip della chitarra, tutti profili che ad un ascolto disinteressato non vengono fuori.

Sì la produzione è curata ma poteva esserlo di più, forse volutamente per trasferire quell’umidità da club all’ascoltatore, eppure Laut arriva dritto come un treno rapido fatto di vagoni ben curati ma pur sempre dalla velocità distruttiva. Bello l’artwork che a nostro parere rispecchia benissimo il significato della proposta musicale del duo: osservando la copertina si percepisce qualcosa di scarno ed essenziale, ma osservando al suo interno l’immagine si arricchisce e diventa tutto più affascinante. Questo secondo noi il vero senso dei Lady Maciste.

Autore: Lady Maciste

Titolo Album: Laut

Anno: 2018

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Stoner

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: http://ladymaciste.bandcamp.com

Membri band:

Gian Luca Parma – chitarra, voce

Roberto Parma – batteria

Tracklist:

  1. Bruto

  2. Pink

  3. Devil Is My Bride

  4. Gong

  5. Ted Bundy

  6. Just A Kid

Category : Recensioni
Tags : Stoner
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09th Set2018

Them Stones / Charles In The Kitchen – Stones In The Kitchen

by Marcello Zinno

Them Stones Charles In The Kitchen - Stones In The KitchenAffascinante l’idea della Division Records di dare alle stampe uno split album in versione vinile: due brani, inediti e belli luccicanti, di due band diverse, entrambe legate alla scena rock ma con chiavi di lettura diverse. Fattore comune: l’energia che iniettano nella loro musica. I Them Stones sono un quintetto ormai attivo da 5 anni che al momento ha alle spalle solo un album omonimo ma è pronto a dare alla luce un seguito; anche i Charles In The Kitchen hanno un debut album nella loro discografia pur essendo attivi dal 2011. Da qui l’idea di Stones In The Kitchen, uno split che fonde i nomi dei due progetti, sei-minuti-sei di rock sentito non solo con l’udito ma anche con gli altri sensi, due tracce per accendere la miccia e per mettere curiosità circa le loro future pubblicazioni.

Il primo brano, Arrogant Teenage Rag, picchia duro chiamando in causa il punk rock ma anche un certo stoner che i Queens Of The Stone Age hanno reso immortale; sembra di sentire proprio gli echi di Josh Homme e Soci e questo non può far che piacere. Con la seconda traccia, Alone, arriva un post-grunge stoppato che sa di moderno e che presenta una puntina di alternative metal come fosse una spezia che dà sapore al tutto; bello l’assolo, misurato, senza strafare, buone anche le strofe e il riverbero. Insomma pezzo da collezione questo vinile, una chiave per aprire il portone del rock moderno e iniziare a scoprire queste due band.

Autore: Them Stones / Charles In The Kitchen

Titolo Album: Stones In The Kitchen

Anno: 2018

Casa Discografica: Division Records

Genere musicale: Stoner, Post-Grunge

Voto: s.v.

Tipo: Split LP

Sito web: http://www.themstones.ch, http://www.charlesinthekitchen.com

Membri band:

Them Stones:

Mael Bueche – chitarra

Mika Zennaro – basso

Manuel Pianzola – voce

Gillian Luthi – batteria

Andrea Di Trana – chitarra

Charles In The Kitchen:

David Bürki – voce

Fabien Bedoy – chitarra

Michel Molinari – chitarra

Gino Berchicci – basso

Nicolas Pittet – batteria

Tracklist:

  1. Arrogant Teenage Rag

  2. Alone

Category : Recensioni
Tags : Stoner
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