• Facebook
  • Twitter
  • RSS

RockGarage

      

Seguici anche su

        Il Rock e l'Heavy Metal come non li hai mai letti

  • Chi siamo
  • News
  • Recensioni
  • Articoli
  • Live Report
  • Foto Report
  • Interviste
  • Regolamento
  • Contatti
  • COLLABORA
20th Feb2018

The Blacktones – The Day We Shut Down The Sun

by Trevor dei Sadist

The Blacktones - The Day We Shut Down The SunPer un attimo mi distraggo ma ci pensano i The Blacktones a farmi tornare concentrato a colpi di riff letali. The Upside Down, opener del nuovo The Day We Shut Down The Sun, è una canzone che da subito mette in luce le ottime intenzioni della band, di fatto credo che sia il miglior modo per esordire su disco, si pigia sull’acceleratore tra riff granitici e un ottimo lavoro da parte della sezione ritmica. Ci troviamo di fronte a una formazione nostrana che, se ce ne fosse bisogno ci dimostra ancora una volta come nel nostro Paese ci siano band di tutto rispetto. Con le seguenti Ghosts, The Emperor e la title The Day We Shut Down The Sun scopriamo i lati più riflessivi dei The Blacktones quelli legati allo stoner, allo sludge, al southern metal, all’amore per i Black Sabbath, specie nella traccia che dà il nome all’album. Sono rimasto spiazzato ma di certo non deluso anzi la band isolana ha messo in mostra un altro lato della loro faccia, facendolo comunque molto bene, dove il singer Aaron Tolu si fa apprezzare per la sua versatilità. Il mio giudizio è buono, mi piace il modo in cui i The Blacktones si approcciano al singolo brano, abbracciando diversi stili musicali sempre all’interno del rock, del metal, sia chiaro: ora i Nostri sono certamente aggressivi come i Pantera, mentre l’attimo seguente introspettivo alla Tool. Non ci sono sbavature grazie a una buona caratura tecnica di cui la band è in possesso.

Dopo il “momento quieto” torna la tempesta con Idiots che esordisce con un ottimo riff di scuola Darrell, ma è ancora tempo di cavalcare lo stoner doom con Broken Dove che di fatto chiude musicalmente il disco prima di lasciare spazio a rumori poco rassicuranti. Buon album per i Blacktones, avanti così. In alto il nostro saluto!

Autore: The Blacktones

Titolo Album: The Day We Shut Down The Sun

Anno: 2017

Casa Discografica: Sliptrick Records

Genere musicale: Stoner, Sludge, Heavy Metal

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/TheBlacktonesBand

Membri band:

Aaron Tolu – voce, theremin

Sergio Boi – chitarra, voce

Paolo Mulas – chitarra

Gianni Farci – basso

Maurizio Mura – batteria

Tracklist:

  1. V – The Pope

  2. The Upside Down

  3. Ghosts

  4. IV – The Emperor

  5. The Day We Shut Down The Sun

  6. Not The End

  7. III – The Empress

  8. Alone Together

  9. I.D.I.O.T.S.

  10. II – The Popess

  11. Nowhere Man

  12. Broken Dove

  13. I – The Magician

  14. 0 – The Fool

Category : Recensioni
Tags : Stoner
0 Comm
02nd Dic2017

Meteor Chasma – A Monkey Into Space

by Marcello Zinno

Meteor Chasma - A Monkey Into SpaceDavvero affascinante il concept che è alla base del debut album dei Meteor Chasma: associare lo stoner grezzo e le sfumature psichedeliche ai viaggi nello spazio, un’associazione quantomai semplice ma che trova un connubio fantastico visto che i due temi hanno un’affinità incredibile e un unico comune denominatore: il viaggio verso lande disabitate. Debutto in tutto e per tutto visto che il power trio punta alle radici dello stoner, q uello carico di chitarre grezze, che sembrano grattare in gola, e riff groovy, rotondi, che a tratti (vuoi anche per i suoni sporchi ma voluti) sembrano citare lo sludge (nell’opener ad esempio ci tornano in mente i Down di Nola). Si parlava anche di psichedelia e su questo fronte arriva Ride A Meteor che cita con evidenza le immense lezioni targate Pink Floyd (periodo Wish You Were Here), un brano questo che potrebbe davvero essere la colonna sonora per una sonda che viaggia nel vuoto cosmico; diverso invece il profilo pseudo psichedelico di Atomic Mushrooms, un brano che implode su se stesso e finisce per ripetersi senza aggiungere davvero corposità all’album.

Il brano che crediamo essere il cavallo su cui scommettere circa il futuro dei Meteor Chasma è però Lost Martian sia per la giusta intuizione sonora alla sei corde sia per la saggia altalena tra parti lente con arpeggi che fanno trattenere il respiro (strofa) e ritornelli esplosivi ed accelerati. L’album si chiude, per noi, con l’incandescente Astroviking, altro brano potente che appagherà chi mastica quotidianamente stoner ma anche chi ama più in generale il rock. Una prova che graffia come un felino in pericolo di vita.

Autore: Meteor Chasma

Titolo Album: A Monkey Into Space

Anno: 2017

Casa Discografica: Music For People

Genere musicale: Stoner

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: http://meteorchasma.bandcamp.com

Membri band:

Tony Shoesless – voce, chitarra

Carlo Armiento – basso

Sabè – batteria

Tracklist:

  1. Spaceship 2346

  2. Space Time

  3. Neil Gagarin

  4. Ride A Meteor

  5. Lost Martian

  6. Atomic Mushrooms

  7. Jupiter

  8. Astroviking

  9. Life On Exoplanet

Category : Recensioni
Tags : Stoner
0 Comm
30th Ott2017

Tracker – Rule Of Three

by Marco Castoldi

Tracker - Rule Of ThreeRule Of Three non è una, ma ben tre palle di magma incandescente che colano nelle orecchie già dal primo ascolto. Undici pezzacci di sana, dura e pura adrenalina, con distorsioni e fuzz spinti al limite, come nella migliore tradizione della Palm Desert di inizio millennio. Tuttavia la nuova fatica dei Tracker non è una mera rivisitazione manieristica in chiave cupamente mitteleuropea della scena californiana di genere. Eh no, Rule Of Three è anche tanta sperimentazione noise, soprattutto in brani come Carlos’ Guilty Pleasure che concede generosamente un prosperoso décolleté di improvvisazioni e virtuosismi misto assoli e synth visionari, come quelle cose buone e acide di una volta alla maniera degli At The Drive In / Mars Volta. Il tripudio di improvvisazioni e di fuzz spinto al limite prosegue in Recalibrate, altro bel pezzone aggressivo e con una ritmica talmente arrogante, ma talmente arrogante e cafona, che ci si sente presi a martellate nello stomaco per tutti i sette minuti della sinfonia di basso distortissimo. Seguono altre due grandi cavalcate, I Work At The Fuzz Factory e Easy Friends, che ammiccano di brutto allo stile a marchio Josh Homme, soprattutto nell’ironia e nei coretti con vocalizzi. Tuttavia, anche qui non siamo di fronte a un esercizio di manierismo stoner, tutti e due i pezzi sono infatti impreziositi qua e là da un po’ di synth.

Insomma, dalla traccia uno alla traccia nove i Tracker regalano sonorità al fulmicotone, che una volta visualizzate in chiaro esplodono in un sound sporco, durissimo e allo stesso tempo controllato tecnicamente e ricercato. Segue una chiusura di album che noi troviamo un possente tripudio di alternatività introspettiva e di cupezza che ci spara con la macchina di Martin McFly in quel frammento di fin de siécle dominato da Tool e dalla loro prosecuzione naturale conosciuta al secolo come A Perfect Circle, solo con qualche piccolo vezzo elettronico qua e là, soprattutto in A Loose Personification Of Time, una celebrazione della psichedelia sabbathiana rivisitata in chiave millennial. Per farla breve, se ti piacciono i Kadavar, Conan il Barbaro e non disdegni esplorare sonorità del giuoco stoner-psichedelico dei meno conosciuti ma egualmente validi Elder, Fuzz e Dopelord, Rule Of Three è una gemma mitteleuropea che non devi lasciarti mancare, il cristallo di boemia con cui fare il figo e il ricercato mostrando agli amici la mensoletta dei dischi alternative.

Autore: Tracker

Titolo Album: Rule Of Three

Anno: 2017

Casa Discografica: Noise Appeal Records

Genere musicale: Alternative Rock, Stoner

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: www.trackerband.at

Membri band:

Martin Fuchs – basso, synth, voce

Max Mühlbacher – chitarra, voce

Daniel Walter – batteria, synth, voce, chitarre

Tracklist:

  1. Elektrosmog

  2. Peccadillo

  3. Hitting A Wall

  4. Berenice 2nd

  5. Carlos’ Guilty Pleasure

  6. Recalibrate

  7. I Work At The Fuzz Factory

  8. Easy Friends

  9. Everything Under Control

  10. Veins Out

  11. A Loose Personification Of Time

Category : Recensioni
Tags : Stoner
0 Comm
26th Set2017

Guantanamo Party Program – III

by Trevor dei Sadist

Guantanamo Party Program - IIICittà di provenienza Wroclaw (Polonia), i Guantamano Party Program sono il risultato dell’incontro tra due generi, da una parte è indubbio l’amore per il post-hardcore, dove rabbia, genuinità e istinto primordiale sono messi in primo piano, dall’altra mi sento di chiamare in causa lo stoner/sludge, che arricchisce il progetto di pillole di modernità. Davvero interessante la singolare proposta, ho apprezzato la rabbia con cui i nostri terribili polacchi si districano tra le note di questo III. La produzione è in linea con quello che la band ha da dire, ogni strumento è ben definito, nonostante non viene mai meno la potenza. Darek è il singer dei GPP, la sua voce sputa fuori rabbia, su canoni medio/alti, a tratti in stile punk, mi piace il suo modo di interpretare drammaticamente ogni singolo brano, il più delle volte immergendosi nella profonda tristezza. Si tratta di un buon album, specie per chi adora le atmosfere ricche di pathos, di teatralità, pensando attraverso il dramma di una città violentata dal fumo che si alza al cielo, mentre i giovani giocano a diventare uomini. In alto il nostro saluto!

Autore: Guantanamo Party Program

Titolo Album: III

Anno: 2017

Casa Discografica: Antena Krzyku Records

Genere musicale: Stoner, Sludge, Post-Hardcore

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://gppband.wordpress.com

Membri band:

Darek – voce

Wojtek – chitarra

Łukasz – chitarra

Grzesiek – basso

Kuba – batteria

Tracklist:

  1. [5:50]

  2. [4:46]

  3. [5:02]

  4. [4:02]

  5. [5:37]

  6. [4:03]

  7. [5:45]

  8. [5:01]

Category : Recensioni
Tags : Stoner
0 Comm
20th Set2017

Vinnie Jonez Band – Nessuna Cortesia All’Uscita

by Marco Castoldi

Vinnie Jonez Band - Nessuna Cortesia All’UscitaIl buongiorno si vede dal mattino come un eccellente disco si sente dall’attacco del primo brano. Valeva per i classiconi tipo Black Album (con l’arpeggino di Enter Sandman all’inizio) vale per le opere moderne tipo Songs For The Deaf (con le schitarrate incazzate e lo stop’n go da libido di You Think I Ain’t Worth A Dollar, But I Feel Like A Millionaire) e vale anche per Nessuna Cortesia All’Uscita che si apre con una scarica a mille watt degli amplificatori in fiamme di Polvere. E così la Vinnie Jonez Band tira dritto a testa bassa per nove tracce e quarantadue minuti belli incazzosi e ipnotici tanto nei riff, attuali e stonerosi, quanto nei vocal, belli potenti e “cazzimmosi”. Vipera è un massacro in arte fuzz che schiaccia e delizia, e si va avanti e raggiunge l’apogeo quando sull’altare del rock più duro la Vinnie Jones Band compie il suo sacrificio e brucia l’idolo in Idolum (pezzone peraltro ricco di virtuosismi, cambi di ritmi e influenze quasi prog nella parte finale, strumentale melodica e con un arpeggio ultraipnotico).

Un album intenso e che colpisce come un pugno nello stomaco, e Sangue è il pezzo pugno nello stomaco, con un riff veramente godurioso e possentemente stoner. Un album a tratti prog/psichedelico alla maniera stoner di gruppi tipo gli Elder, tratto che si vede in Mi Chiamo Fuori e nella sopracitata chiusura di Idolum. Difficile dire se ci sia un pezzo da cui partire o trovare un difetto nell’analisi di questa prova post-rock (che sembra quasi registrata in presa diretta, stando all’energia devastante che trasmette e lascia addosso). Un disco come Nessuna Cortesia All’Uscita è un fascio di luce divino che gli dei del rock passano finalmente anche sulle terre italiche: per avere gruppi che ci regalano grandi scariche adrenaliniche come Kadavar, Brant Bjork e Royal Blood non serve andare lontano, anche lo stivale a volte ne partorisce, e quando lo fa regala chicche come la Vinnie Jonez Band che, senza nessuna cortesia, impone un sound monolitico stile monolite di 2001 Odissea Nello Spazio, che ci fa sbarellare esattamente come le scimmie intorno al parallelepipedo nero del film.

Se i testi fossero stati in inglese la Vinnie Jonez Band sarebbe già stata pronta per mercati più maturi (in senso di gusto musicale in chiave squisitamente alternative rock) ma il vero terrore che sta dietro all’ascolto di un disco gustoso come Nessuna Cortesia All’Uscita, che alla fine, escludendo il loro EP del 2015 Supernothing (qualche riferimeno a Superunknown??!) è il vero ed intimo debutto della Vinnie Jonez Band, è che concedendo prove così eccelse i ragazzi si brucino in fretta, quando il sottobosco del rock underground targato Italia ha disperatamente bisogno di band che sappiano produrre un album di qualità come Nessuna Cortesia All’Uscita. Quindi noi preghiamo gli dei del rock che non sia così e che il fascio di luce creato dalle ottime vibrazioni di Vinnie continui a illuminarci ab libitum.

Autore: Vinnie Jonez Band

Titolo Album: Nessuna Cortesia All’Uscita

Anno: 2017

Casa Discografica: Karma Conspiracy Records

Genere musicale: Stoner, Alternative Rock

Voto: 8,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.vinniejonezband.com

Membri band:

Gianluca Sacchi – voce, chitarra

Marco Cleva – chitarra

Ludovico Gatti – basso

Andrea Ilardi – batteria

Tracklist:

  1. Polvere

  2. Silenzio

  3. Vipera

  4. Corri

  5. Supernulla

  6. Idolum

  7. Sangue

  8. Mi Chiamo Fuori

  9. Nessuna Cortesia

Category : Recensioni
Tags : Stoner
0 Comm
17th Set2017

Il Gigante – Stomp!

by Marcello Zinno

Il Gigante - Stomp!Arrivano, fanno esplodere la dinamite e scappano via. Questa l’impressione de Il Gigante che con le quattro brevi tracce incluse in Stomp! dà una sveglia al rock italiano. Correzione: qui ci sono molti più chili di watt e il riferimento alla scena stoner che si auto etichettano i ragazzi non è di certo sbagliato. Già l’opener è un vero calcio in culo a chi ha messo le cuffie su sbadatamente e catalizza tutte le attenzioni su quello sporco sapore grunge, ma appunto dall’incedere stoner, che possiede il sound del quintetto. Altri riferimento corretto proclamato dalla band: i riff, pur se belli tosti, possiedono un retrogusto blues che è bello sentire in una formazione giovane ed emergente, in più rende ancora più avvolgente la proposta, anche nella più lenta Icaro che trasuda carboidrati da ogni passaggio. Come Icaro arriva anche Tir-ex, pezzo potente di sponda Queens Of The Stone Age ma che sa dire la sua.

Con Islanda cambia tutto il copione: strofe pacate, una chitarra slide che contribuisce con il suo sapore languido fino ad un ritornello che esplode in una vena post-hardcore estrema persino se confrontata con le prime due tracce; la traccia è anche la più lunga dell’EP (sfiora i 5 minuti) e si concede linee vocali più melodie ma non meno intense. Una nuova vena espressiva de Il Gigante? Probabile. Lo scopriremo.

Autore: Il Gigante

Titolo Album: Stomp!

Anno: 2017

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Stoner, Rock Blues

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: https://www.facebook.com/IlGiganteBand

Membri band:

Daniele Benincasa – voce

Marco Mariotti – chitarra

Simone Giacomucci – chitarra

Samuele Settimi – basso

Giacomo Ciancaleoni – batteria

Tracklist:

  1. Nemesiasi

  2. Icaro

  3. Islanda

  4. Tir-ex

Category : Recensioni
Tags : Stoner
0 Comm
24th Ago2017

Thunder Godzilla – Thunder Godzilla

by Marcello Zinno

Thunder Godzilla - Thunder GodzillaL’immagine interna dell’esordio discografico dei Thunder Godzilla rende bene la forma del loro sound: un panorama desolato con auto e palazzi demoliti, segno che un tornado potentissimo è passato e questi i segni lasciati sul campo. Così il suono del power trio che, fortemente debitore alla scena stoner (ma a tratti sbilanciandosi verso lo sludge e perchè no anche grunge – Yoga Fire), propone dei riff potenti e muscolosi. Infatti più che le influenze “desert” nel DNA dei Thunder Godzilla ci sono muscoli ed ormoni, la sezione ritmica sembra infatti picchiare come un macigno che cade costante da altezze importanti, come Jimmy Bower ci aveva abituati nel riconoscere il suo incedere. Le sfuriate sul finire di Lie To Me, il rifferama di Psycho, la doppia velocità di Black Hammer sono tutti momenti incendiari, passaggi di spicco dello stile dei TG che invece in altre parti si colloca sullo stoner più calibrato. Quello che si evidenza è una certa ripetitività di pattern all’interno della medesima traccia (Fears, Get Away) che probabilmente può coinvolgere il pubblico in sede live ma in cuffia penalizza a tratti il riascolto.

Suoni volutamente ruvidi sono stati scelti dalla band (in primis su voce e chitarra) per dare un sapore più grezzo al tutto ed evitare passaggi puliti che avrebbero contraddetto lo spirito stoner del combo. Sicuramente il contesto su cui provarli realmente è il palco, noi intanto ci permettiamo di suggerire ai ragazzi una maggiore variazione di idee e strutture così da speziare ulteriormente il già interessante piatto.

Autore: Thunder Godzilla

Titolo Album: Thunder Godzilla

Anno: 2017

Casa Discografica: Andromeda Relix

Genere musicale: Stoner

Voto: 6,75

Tipo: CD

Sito web: http://www.thundergozilla.it

Membri band:

Thunder Jonny – batteria

Thunder Hiyuga – voce, basso

Thunder Espo – chitarra

Tracklist:

  1. Tokyo Avenger 2

  2. Lie To Me

  3. Goliath

  4. Fears

  5. Get Away

  6. Psycho

  7. Mammoth King

  8. Pressure

  9. Yoga Fire

  10. Black Hammer

  11. Day Tripper (Beatles cover)

Category : Recensioni
Tags : Stoner
0 Comm
02nd Lug2017

Mojuba – Astral Sand

by Rod

Mojuba - Astral Sand“You can only trust yourself and the first six Black Sabbath albums” è il “dogma” che ci ha colpito scorrendo tra i post del profilo ufficiale facebook dei Mojuba, band abruzzese che abbiamo conosciuto grazie al loro ultimo album che abbiamo ascoltato per voi, Astral Sand. Altro riferimento così dannato e nobile, non poteva tornarci più comodo, visto che è proprio lo spirito oscuro e violento dei Sabbath ad aggirarsi tetro ed inquietante in tutte e otto le tracce racchiuse in questo album. Di fatti, tra riferimenti religiosi trasversali e furenti richiami a riti oscuri, questo disco sembra pensato e voluto per abbattersi come un’ascia sull’ascoltatore, colpendolo alla testa in maniera aggressiva e violenta, usando come arma non convenzionale un mood molto hard rock e, soprattutto, un sound prepotentemente stoner che sguscia incessante come un cobra dagli strumenti dei ragazzi. E’ un sound, questo, sapientemente cromato da un ritmo incalzante e martellante, appesantito da note basse e da una cantato gridato, sfogato, in alcuni tratti quasi urlato a squarciagola.

Ascoltando l’album, ci si accorge che tutte le tracce dispari presenti, seppur presentate come brani con una propria identità, sono in realtà delle vere e proprie intro che anticipano il brano che ad ognuna rispettivamente succede. Queste ultime, invece, hanno tutte una durata media di 10 minuti, ovvero uno spazio temporale talmente ampio che consente alla band, così come accade nelle composizioni prettamente progressive, di alternare e incastrare più sovrastrati sonori, capaci di inanellare uno ad uno gli elementi (Black) che rappresentano la cifra esatta del lato (Sabbath) del loro sound. Astral Sand, in definitiva, è un lavoro spontaneo, tecnicamente molto valido, semplice nella sua complessità e complesso nella sua voluttuosità, nella cui title track vengono di fatti racchiusi i due apici sonori entro cui si muove la dimensione dura e prepotente del progetto Mojuba. Non resta altro da fare che fidarsi di loro. E dei primi sei album dei Black Sabbath.

Autore: Mojuba Titolo Album: Astral Sand
Anno: 2016 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Stoner, Hard Rock, Progressive Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.facebook.com/mojubaband
Membri band:

Pierpaolo Cistola – voce

Francesco Mascitti – chitarra

Fabrizio Rosati – basso

Alfonso Bentivoglio – batteria

Tracklist:

  1. Wawa Aba Tree
  2. Drowing Slowly
  3. Musuyidee
  4. Lost In The Sky
  5. Adobe Santann
  6. Astral Sand
  7. Sesa Woruban
  8. La Morte Nera
Category : Recensioni
Tags : Stoner
0 Comm
17th Giu2017

Grave – Grave

by Marcello Zinno

Grave EPPower-trio. Stoner. Suoni cupi. Riff incendiari. Ritmi mai tirati. Ecco in poche parole riassunto il progetto Grave (occhio, non stiamo parlando dei più rinomati deathster svedesi), un progetto emergente strumentale tutto italiano che si presenta con un EP omonimo e forgia il proprio sound. Se i ragazzi non avessero una sorta di caratterizzazione la recensione potrebbe già finire qui ed invece il sound ci arriva dritto e potente, con una ragione d’essere che è non solo nell’appeal heavy ma anche in una costruzione di band rodata. Nel loro caso la matrice strumentale non annoia, non siamo dinanzi ad una band che “jemma” all’infinito, perché i brani sono costruiti intorno a pattern e riff ben precisi e secondo noi si potrebbe anche osare aggiungendo delle linee vocali (magari graffianti) senza modificare in alcun modo il songwriting. Inoltre è piacevole notare un basso in evidenza e riconoscibilissimo, a differenza di altre produzioni di pari genere in cui le quattro corde sono sommerse da tonnellate e tonnellate di chitarra elettrica. Questo per un ex bassista come il sottoscritto è un piacere ma in generale regala anche un suono più completo (anche alla luce del fatto che in line-up vi è solo una chitarra).

Buoni i primi due brani che tutto sommato hanno anche un buon tiro, anche gli altri due sono corposi quanto basta. A nostro parere ciò che va rivisto è l’eccessiva ripetitività di alcune parti, sia in Meltdown (sul finire) che in The Expanse Of Stone (dalla parte centrale in poi) in cui una malcelata parte psych prog in realtà svela dei cambi che tardano ad arrivare, anzi non arrivano del tutto. Siamo certi che i Grave ad inizio carriera sappiano creare trame più particolari e creative in modo da dare lustro ad uno stile davvero personale. Questo è anche il nostro augurio.

Autore: Grave

Titolo Album: Grave

Anno: 2017

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Stoner

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: https://soundcloud.com/gravestoner

Membri band:

Marco Murello – chitarra

Davide Pillino – basso

Demos Zanelli – batteria

Tracklist:

  1. Dancing Sabba

  2. Meltdown

  3. The Expanse Of Stone

  4. Weed On Mars

Category : Recensioni
Tags : Stoner
0 Comm
16th Mag2017

Hey Satan – Hey Satan

by Trevor dei Sadist

Hey Satan - Hey SatanDi certo non è più un segreto, il rock ha piantato radici in tutto il mondo. Questa volta tocca agli Hey Satan giocare a fare gli americani. La band dai natali in Svizzera, precisamente a Losanna, è autore di un omonimo album, ricco di sfumature: stoner, sludge, a tratti persino grunge. Il sound degli Hey Satan è ruvido, davvero sanguigno, tuttavia i dieci brani che vanno a costituire quest’interessante disco sono di buona fattura, arrangiati con maestria e cura, così come in fase di mix. Si tratta di un trio micidiale, non si sente per nulla l’assenza del quarto e quinto membro, i nostri elvetici sopperiscono a queste assenze, grazie da una parte alla perizia tecnica, dall’altra dalla voglia di fare rock. Ho apprezzato i suoni, acustici, grezzi, polverosi come in un film di Rob Zombie. Tra le mie preferite Sunshine Blues, canzone dalle sfumature malsane e ambigue, che esprime al meglio le sonorità di questa band, racchiudendo tutte le intenzioni in soli quattro minuti. L’acceleratore è pigiato da subito fino in fondo, grazie all’esplosiva Fallon City Messiah e a seguire da Legal Aspect Of Love; a riportare la “pace” ci pensa una canzone come In Cold Blood, nonostante i ritmi siano meno furiosi, la malvagità si cela comunque dietro l’angolo.

Abbiamo provato a definire il genere in tanti modi, appunto stoner, sludge, io dico che qui ci troviamo fottutamente di fronte ad un sano rock! 1991 e Song For A Lost Mariner aggiungono toni blues al lavoro, passando attraverso chorus cantabili. Sto ascoltando per la seconda volta questo disco e devo dire che non mi annoio, anzi sono sempre più stregato dal messaggio della band, gli Hey Satan hanno fatto davvero centro, la bellissima Red Light Women prima, Bastardizer poi, non dimostrano segni di cedimento, tutt’altro l’acceleratore è sempre a fine corsa, così attraverso Black Flags Down che contribuisce ad assegnare altri aggettivi alla musica degli Hey Satan. Si chiude con This Meat Stinks, Honey poco altro da aggiungere a tutto quello che di buono è già stato detto, una canzone interamente strumentale, che non sconfina in altri stilemi. Sono felice di essermi imbattuto in questo full lenght, si tratta di un disco che consiglio vivamente a tutti, in particolar modo a chi sogna la California, a chi si ferma ore a guardare Sons Of Anarchy, nella speranza di guidare il gruppo al tramonto, sulle lunghe strade a stelle e strisce. In alto il nostro saluto!

Autore: Hey Satan

Titolo Album: Hey Satan

Anno: 2017

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Stoner

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: https://heysatan.bandcamp.com/

Membri band:

François – voce, chitarra

Laurent – voce, chitarra

Frank – batteria

Tracklist:

  1. Fallon City Messiah

  2. Legal Aspect Of Love

  3. Sunshine Blues

  4. In Cold Blood

  5. 1991

  6. Song For A Lost Mariner

  7. Red Light Women

  8. Bastardizer

  9. Black Flags Down

  10. This Meat Stinks, Honey

Category : Recensioni
Tags : Stoner
0 Comm
Pagine:«12345678910111213»
« Pagina precedente — Pagina successiva »
  • Cerca in RockGarage

  • Rockgarage Card

  • Calendario Eventi
  • Le novità

    • At First – Deadline
    • Rainbow Bridge – Unlock
    • Typhus – Mass Produced Perfection
    • Hybridized – Hybridized
    • Methodica – Clockworks
  • I Classici

    • Quiet Riot – Alive And Well
    • Pallas – XXV
    • Offlaga Disco Pax – Socialismo Tascabile (Prove Tecniche Di Trasmissione)
    • Mountain – Masters Of War
    • King’s X – XV
  • Login

    • Accedi
  • Argomenti

    Album del passato Alternative Metal Alternative Rock Avant-garde Black metal Cantautorale Crossover Death metal Doom Electro Rock Folk Garage Glam Gothic Grunge Hardcore Hard N' Heavy Hard Rock Heavy Metal Indie Rock Industrial KISS Libri Marillion Metalcore Motorpsycho Motörhead New Wave Nu metal Nuove uscite Post-metal Post-punk Post-rock Power metal Progressive Psichedelia Punk Punk Rock Radio Rock Rock'N'Roll Rock Blues Stoner Thrash metal Uriah Heep
Theme by Towfiq I.
Login

Lost your password?

Reset Password

Log in