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07th Apr2017

Sula Ventrebianco – Più Niente

by Marcello Zinno

Sula Ventrebianco - Più NienteI Sula Ventrebianco tornano e noi li aspettavamo. Sì, perché prima con Via La Faccia (recensito da noi a questa pagina) e poi con Furente (di cui avevamo parlato qui) ci avevano aperto occhi ed orecchie. Ora è tempo di Più Niente, nuova creatura del combo campano che traccia un’evoluzione nel loro cammino, un passo verso qualcosa di costruito più con la mente e meno con l’istinto. I brani di Più Niente non sono estremamente simili tra loro ma presentano varie sfaccettature, forse questa è l’unica caratteristica che risponde al marchio di fabbrica della band; eppure qui, in particolare nei primi brani, si assaggia un rock più quadrato, abbandonando la vena crossover. E’ solo con il retrogusto fuzz di Subutecs, un assaggio di un minuto e mezzo prima dell’intermezzo Merak dalla strizza stoner (con un riff che ricorda i Them Crooked Vultures) che il rock si riprende il proprio spazio; sound stoner che si ripresenta di tanto in tanto come in Mitionina, mentre il tutto si indurisce in altri passaggi come in Arkam Asylum che si fa spazio tra la melma elettrica dell’heavy rock, pesante e claustrofobica.

Qualche buono spunto si trova in Attraverso, sia per la sezione ritmica più coraggiosa che per il violino, ma su tutti ci piace l’ostentazione delle linee vocali che ci ricorda l’imprevedibilità del loro passato; caparbio anche Batticarne, con dei buoni refrain e una giusta altalena di ritmi che carica di adrenalina l’ascoltatore. Forse è questa la duplice anima che sognavamo per una realtà che si è dimostrata estremamente interessante in passato. Più Niente è un buon album, se fosse uscito come debut di una band emergente qualsiasi sarebbe stato apprezzato ma, noi che conosciamo bene i “Sula”, ci aspettiamo qualcosa di più.

Autore: Sula Ventrebianco

Titolo Album: Più Niente

Anno: 2017

Casa Discografica: Ikebana Records

Genere musicale: Stoner, Rock

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.sulaventrebianco.net

Membri band:

Sasio Carannante – voce, chitarra, kazoo

Giuseppe Cataldo – chitarra, cori

Mirko Grande – basso, cori

Aldo Canditone – batteria, percussioni

Caterina Bianco – violino, viola, cori

Tracklist:

  1. Yellowstone

  2. Saleinsogno

  3. Diamante

  4. Wormhole

  5. Una Che Non Resta

  6. Subutecs

  7. Merak

  8. L’ade A Te

  9. Arkam Asylum

  10. Metionina

  11. Attraverso

  12. Resti

  13. Dubhe

  14. Arva

  15. Batticarne

  16. Amore E Odio

Category : Recensioni
Tags : Stoner
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28th Mar2017

S.O.A.B. – Soabology

by Marcello Zinno

S.O.A.B. - SoabologyRobusto e infuocato arriva il rock dei S.O.A.B., quartetto tutto italiano ma che si rifà a grandi nomi, partendo dalla matrice stoner per la quale non possiamo non citare QOTSA e i nostri Allhelluja con chitarre pensanti e attitudine che non disdegna incursioni nel metal. Soabology è la loro filosofia, la loro scuola, il loro album che li presenta e che li colloca subito come un’ottima realtà rock’n’roll ma non solo. L’opener Nightwatcher arriva decisa e nel suo incedere stoner basta e avanza nell’obiettivo di tenere allenato il collo. Artwork cattivo ed affascinante, lascia pochi dubbi sulle loro idee e la musica appaga le aspettative create osservando la loro presentazione; è con la seconda traccia Dust In Throat che arriva una cascata di blues con tanto di riverbero vocale che fa molto vintage. Poi giunge The Bridge Is Bending Down che riflette sempre la matrice cardine nel quartetto ma strizza l’occhio prima all’hard rock e poi a passaggi più lenti con dei synth che per alcuni stoneranno mentre per noi rendono più particolare il piatto dei S.O.A.B. . Ci piace questo aspetto, ci piace che la band non sia l’ennesima proposta “piatta” nel segno di un genere ormai straconosciuto, ma che piuttosto inseriscano influenze diverse e che spazino pur avendo una marcia incredibilmente rock’n’roll.

E così suona Wheels On Fire, un pezzo che dice già tanto dal titolo, un’accelerata incredibile su strade dall’asfalto scrostato e con un’auto potente ma non perfettamente messa a punto: il piede che è giù a manetta, i dadi attaccati allo specchietto centrale che ballano senza sosta e la polvere del deserto che ci circonda ai lati. L’album si chiude con un pezzo strumentale di 13 minuti che mai ci saremmo aspettati da questa band ma che conserva a pieno la caparbietà musicale di questo combo, una intensità che è sicuramente maggiore nella prima parte, lasciando evaporare un gusto psichedelico nella seconda, alone che forse influenzerà le prossime uscite discografiche. Carica, potenza e distorsione come se non ci fosse un domani. Lunga vita ai S.O.A.B.

Autore: S.O.A.B.

Titolo Album: Soabology

Anno: 2016

Casa Discografica: Go Down Records

Genere musicale: Stoner, Hard Rock, Psichedelia

Voto: 7,25

Tipo: CD

Sito web: http://www.soabmusic.com

Membri band:

Marcello – voce, synth

Marco Betta – batteria

Tony R’N’R – voce, chitarra

Blackie – basso

Tracklist:

  1. Nightwatcher

  2. Dust In Throat

  3. The Bridge Is Bending Down

  4. Interlude

  5. Wheels On Fire

  6. Loneliness Of Broken Riders

  7. Where Are We Going

Category : Recensioni
Tags : Stoner
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20th Mar2017

Carnaval – Miss Universe

by Marcello Zinno

Carnaval - Miss UniverseLo stoner è un genere unico e multiforme allo stesso tempo. I più che ricalcano questi suoni si rifanno alla scena desert senza troppi compromessi, poi c’è chi pur riconoscendo l’importanza e la predominanza di quel genere ne introducono qualche elemento distintivo. Questa è la nostra opinione degli sloveni Carnaval che tornano sulle scene con un lavoro che sulla carta risulta aderente proprio alle sonorità desert rock. Noi ci vediamo però di più. Innanzitutto le chitarre hanno una produzione sì ovattata ma che spesso contiene germi metal, quasi a sfiorare il sound a cui i Mastodon ci hanno abituato da tempo. Talvolta si fa strada nella loro musica trovando legami con la psichedelia e con un approccio oscuro (Silver Starlight), ma anche il blues e una certa follia si fanno spazio allontanando lo stile dai soli riffoni pesanti (Moon Shuffle, titolo che probabilmente ha ispirato anche l’artwork). Altra caratteristica è la durata dei pezzi che in molti casi supera i sei minuti, niente paura però perché l’ascolto non risulta noioso: Seven ad esempio propone delle aperture melodiche che danno respiro al pezzo e ne agevolano l’ascolto (da gustare in particolare l’intermezzo di basso sul finire).

La prima traccia e anche Rocket rimarcano le trame sludge ma lo stupore non finisce a questi due pezzi di Miss Universe: Round Nose Cat è particolare, non solo per il suo sax che sembra strizzare l’occhio a John Zorn ma proprio per un incedere che senza timore salta dal metal allo stoner. Stoner rock che arriva in maniera più decisa in brani come Bluebird (di sponda Queens Of The Stone Age) o anche la già citata Rocket che ha un sapore rock’n’roll davvero incandescente.

Un album che di certo è indirizzato a chi ama il desert rock ma anche a chi lo interpreta più a 360° rispetto alla maggior parte delle uscite di genere, apprezzandone sfumature e iniziative particolari.

Autore: Carnaval

Titolo Album: Miss Universe

Anno: 2016

Casa Discografica: Kapa Records

Genere musicale: Stoner

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: http://www.carnaval.si

Membri band:

Ažo – voce, chitarra

Mato – batteria

Vičo – chitarra

Sacco – basso

Special guest:

Jure Borsic – sax su Round Nose Cat

Andrej Tomazin – percussioni su Seven And Space Bar

Tracklist:

  1. New Shoes Of Mine

  2. Seven

  3. Moon Shuffle

  4. Round Nose Cat

  5. Bluebird

  6. Space Bar

  7. Silver Starlight

  8. Rocket

  9. Burning Sun

Category : Recensioni
Tags : Stoner
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18th Mar2017

King Buffalo – Orion

by Ottaviano Moraca

King Buffalo - OrionNon sapevo davvero cosa aspettarmi quando ho messo nel lettore il CD di questo trio di Rochester (New York). Un giro sul loro sito mi ha illuminato sulle radici della band che dopo solo tre anni di attività, ma molte esperienze, è approdata all’esordio discografico con questo Orion. Tanto è quello che loro stessi ci tengono a comunicare e fin qui è tutto facile. Più complesso è descrivere la loro proposta musicale che sembra uscita direttamente dai gloriosi albori del rock. Se mi dicessero che questo disco è stato composto sul finire degli anni sessanta e poi sotterrato per essere riesumato solo oggi non impiegherei un secondo a fidarmi. E se non fosse per la produzione, assolutamente in linea con le proposte più recenti, potrei credere tranquillamente che anche la registrazione porti sulle spalle una quarantina d’anni. Il sound infatti è assolutamente credibile e talmente ben confezionato secondo i canoni dell’epoca che potrei spacciare questo disco come proveniente dalla collezione di mio padre… e nemmeno lui si accorgerebbe della bufala. Certo, con lo scorrere del disco alcuni suoni di chitarra piuttosto moderni tradiscono tecnologie inesistenti a quei tempi ma nel complesso l’impressione che il gruppo ha voluto trasmettere è ben recepibile.

Chiarito bene questo punto è facile immaginare il genere con cui i Nostri si sono cimentati: uno stoner rock molto psichedelico con ampissime digressioni melodiche ad alleggerire un’atmosfera comunque mediamente abbastanza densa e non proprio scanzonata. Alcune tracce particolarmente impegnative e ben superiori ai sei minuti sono controbilanciate da altre più immediate e inferiori ai quattro, in un connubio che parla la lingua della vera ispirazione e di una certa versatilità. Dal punto di vista tecnico i King Buffalo si difendono bene mettendo in mostra più la varietà stilistica che non le capacità velocistiche. Tenendo ben raccolta intorno a sé un’efficace sezione ritmica il leader del gruppo, Sean McVay, si destreggia con apprezzabile maestria sia alla chitarra che dietro il microfono dove riesce a piacere anche di più, soprattutto per essere capace di evitare la noia con una buona flessibilità e tanta interpretazione.

Questi ragazzi, insomma, ci credono e ne hanno tutti i diritti perché, se il buon giorno si vede dal mattino, questo trio ha davvero davanti a sé una lunga strada costellata di molte soddisfazioni. Lo dimostrano permettendosi di uscire dagli schemi, di sperimentare con coraggio e di giocare con suoni ed atmosfere ma senza esagerare mostrandoci una maturità che sarebbe sbagliato dare per scontata. Meritano la nostra fiducia e il nostro plauso, quindi possiamo tranquillamente iscriverci tra le file dei loro fan! Un gran debutto!

Autore: King Buffalo

Titolo Album: Orion

Anno: 2016

Casa Discografica: Stickman Records

Genere musicale: Stoner Rock

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.kingbuffalo.com

Membri band:

Sean McVay – chitarra, voce

Dan Reynolds – basso

Scott Donaldson – batteria

Tracklist:

  1. Orion

  2. Monolith

  3. Sleeps On A Vine

  4. Kerosene

  5. Down From Sky

  6. Goliath Pt 1

  7. Goliath Pt 2

  8. Orion Subsiding

  9. Drinking From The River Rising

Category : Recensioni
Tags : Stoner
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13th Feb2017

Orquesta Del Desierto – Dos

by Marco Castoldi

Orquesta Del Desierto - DosQuando si parla di desert rock, di stoner e della scena del profondo sud della California il binomio prog-fuzz sembrerebbe inossidabile. Ma variazioni sul tema post-Sabbath dei trip desertici a 50 milioni di anni luce dei Kyuss o i voli pindarici in chiave pesantemente distorta e neopsichedelicha di The Wasteoid dei Fu Manchu non sono le uniche allucinazioni che a cavallo di millennio hanno scosso a botte di Marshall spinti al massimo la sabbia dai sombreri sulla sottile linea rossa tra San Diego e Tijuana. Lo stesso deserto che ha partorito i blues per il suo sole rosso, sempre nel magico periodo a cavallo millennio delle variazioni sul tema fuzz di cui sopra, vedeva alla luce il secondo album dell’Orquesta Del Desierto. Quest’altro super gruppo, partendo dalla matrice comune delle desert session, ha definito la sfumatura più psichedelica del genere che il flow impetuoso e distruttivo dei cavalieri dell’apocalisse desertica di Josh Homme, Dave Grohl, Nick Olivieri e Mark Lanegan (Dio li abbia in gloria) ha definito e regalato alle generazioni future, terrestre e aliene, riportando l’udito ai sordi con le loro Songs For The Deaf (ndr deaf=sordi).

Dos è l’inaspettato. Dos è aggressiva sperimentazione psichedelica e un po’ latina che però ha in sé tutta l’energia del sole del deserto e niente da invidiare ai classiconi dello stoner dei cugini Kyuss et Co. E l’energia esce in quello che per completezza e pienezza del suono è ad avviso nostro l’ascolto consigliato dell’album, El Diablo Un Patrono. C’è effettivamente da dire che non è l’album stoner dove l’headbanging o il battito di piede destro viene naturale; anche se si sente che la ritmica è quella, Dos è un album principalmente acustico e molto latino. Ed è la commistione di generi che lo rende una chicca. Nella storia della musica non è certo la prima volta: la sensazione, infatti è che, facendo un parallelo tra il Valhalla degli album ormai defunti ma passati alla storia e il Gotha dello stoner, Dos sta al patriarca del suo genere (Blues For The Red Sun dei Kyuss) come Simpathy For The Devil sta alla discografia degli Stones o Led Zeppelin III sta al II e all’I. Infatti Simpathy For The Devil e Led Zeppelin III sono, come tutti i brani di Dos, l’insolita, inaspettata – e per questo molto figa – sorpresa di gente che suonava altri generi. L’insolito è bossa nova nel caso di Simpathy For The Devil – ascoltate bene le ritmiche e vediamo chi ha ragione – di una band che non fa proprio musica di balera do Brasil. L’insolito è un album acustico e gaelico della band rock per eccellenza nel caso di Led Zeppelin III. L’insolito è il Dos folk, psycho pop e latino negli anni dello stoner pestone.

E Dos è proprio così, e come i pezzi di leggenda citati, è la classica chicca da mettere sul piatto da vinile a casa per fare i fighi con gli amici in una serata a base di calici di vino e cazzate sparate su buona musica di sottofondo. Dos nel maremagnum dell’alternative è una perlona intellettualissima, un po’ come un disco di Joao Gilberto in mezzo ai ventisette album in studio degli Stones: forse pochi sanno che cazzo sia la bossa nova o quale sia la canzone simbolo di Joao Gilberto, ma da questi ritmi latini e tranzolli è nata una perla del rock, un po’ come nel caso di Dos supermusicisti che facevano musica pestonissima (giusto per citare uno degli “orquestranti” che ha partecipato all’album, Alfredo Hernandez, oltre ad aver militato nei Kyuss, QOTSA e con Brant Bjork ha anche una formazione jazz che in Dos un po’ salta fuori) tirano fuori perlone di stoner in chiave folk. In questa chiave di lettura Dos è un must vera icona da collezione se si è feticisti dell’alternative rock o semplicemente se lo si apprezza.

E ci ha visto giusto chi questa perlona, a 12 anni di distanza, ha rimasterizzato, confezionato, ristampato in 500 copie numerate da 180gg di sano vinilozzo, in distribuzione dal 17 febbraio: la casa discografica Spin On Black. Se sulla mensola dei dischi ormai carica di alternative si vuole aggiungere la bottiglia di whiskey torbato d’annata ebbene Dos è la risposta.

Autore: Orquesta Del Desierto

Titolo Album: Dos

Anno: 2004 (ristampato nel 2017)

Casa Discografica: Spin On Black

Genere musicale: Stoner

Voto: 8

Tipo: Vinile

Sito web: https://www.facebook.com/Orquesta-del-Desierto-163610563680448

Membri band:

Pete Stahl – voce

Dandy Brown – basso, organo, chitarra, pianoforte

Mike Riley – chitarra, organo

Mario Lalli – chitarra

Mark Engel – chitarra, organo, voce

Adam Maples – batteria, percussioni

Pete Davidson – batteria, percussioni

Tracklist:

  1. Life Without Color

  2. Summer

  3. Rope

  4. Someday

  5. Quick To Disperse

  6. What In The World

  7. El Diablo Un Patrono

  8. Over Here

  9. Sleeping In The Dream

  10. Above The Big Wide

  11. Reaching Out

Category : Recensioni
Tags : Stoner
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03rd Gen2017

The Big South Market – Muzak

by Marcello Zinno

the-big-south-market-muzakLa chitarra dei The Rest Side, nonché bassista dei Raw Power, si unisce alla batteria dei pugliesi Cancrena a formare un nuovo progetto dal nome The Big South Market, un duo project fresco di nascita che esce subito allo scoperto con un EP di cinque tracce. Il risultato lo sveliamo in poche parole: l’accoppiata Chiumeo/Ricco funziona innanzitutto perché la sei corde vive di un animo pieno che fa apparire in alcuni frangenti i TBSM come una band completa; inoltre facilmente si intuisce che non siamo davanti ad una band alle prime armi ma ad un piccolo combo che sa dove collocare chorus che accendano la miccia e strofe più pacate per far rilassare l’ascoltatore. Il loro terreno è quello dell’heavy rock anche se noi ci troviamo tante influenze sludge e stoner (sponda Corrosion Of Conformity) con il loro cemento colante e il piglio dei ritornelli che conquista come una cena a lume di candela. Uno dei sogni di ogni rocker è quello di ascoltare un brano come Before (You Make It Deeper) sulle radio dalle frequenze importanti ma anche le altre tracce non sono da meno; Moodrink ad esempio è un esercizio per il nostro collo da ripetere ad intervalli regolari, passaggio che insieme a Red Carpet pone l’accento su un’altra caratteristica del duo: i riff circolari che incattiviscono la proposta pur restando naturale e approcciabile dal primo ascolto.

Una formazione che sicuramente si collocherà tra le perle dei duo project italiani non appena darà alla luce un full lenght. E noi non vedremo l’ora di ascoltarli, in studio e dal vivo.

Autore: The Big South Market

Titolo Album: Muzak

Anno: 2016

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Stoner, Sludge, Rock

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: http://www.soundcloud.com/the-big-south-market

Membri band:

Giuseppe Chiumeo – voce, chitarra

Ruggiero Ricco – batteria

Tracklist:

  1. Big Deal

  2. Before (You Make It Deeper)

  3. Moodrink

  4. Red Carpet

  5. Desert Motel

Category : Recensioni
Tags : Stoner
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18th Nov2016

Rosàrio – And The Storm Surges

by Marcello Zinno

rosario-and-the-storm-surgesArriva come un pugno in faccia l’ultimo lavoro dei Rosàrio, band che sposa lo stoner americano infilando un po’ del metal cavernicolo di New Orleans. Ma non sono il numero di battute né la velocità dei riff di And The Storm Surges a colpirci in pieno volto, è il sound creato dal quintetto che ci affascina e lo diciamo senza mezze misure. Sembra di ascoltare dei Mastodon che hanno fatto voto di castità al metal, passando al meno estremo rock e assorbendo, come fosse un programma caricato in Matrix, tutta la scena stoner. C’è poco di italiano in questa band veneta, liriche, matrice sonora, attitudine, tutto fa pensare che il loro respiro sia internazionale e ascoltando per bene queste dieci tracce possiamo confermare che le potenzialità per sfondare su panorami musicali ben più ampi del nostro ci sono tutte. A tratti sembra di avvertire riminiscenze sludge (I Am The Morass) e immaginare ancestrali banchetti alle porte di diavoli assatanati (Livor): in questo i ragazzi hanno la dote di riuscire a immergerci facilmente nelle loro atmosfere nere e abbattere con un colpo di martello il nostro umore.

Tra momenti più ricercati, come Vessel Of The Withering o Radiance, e passaggi più tirati, come To Peak And Pine e Monolith, i Rosàrio elargiscono lezioni di stoner infernale tramite potenza e sferzate lugubri, riescono a comprimere tutti i sentimenti negativi in note che vengono incanalati in un’unica direzione, quella del povero ascoltatore che si trova così avvolto da watt e influssi voodoo e si sente piacevolmente smarrito in un’altra dimensione (magari sei piedi sotto terra). Difficile intuire se preferiamo più i Rosàrio decisi e tumultuosi o quelli più intimi perché in entrambe le versioni il quintetto ha molto da dire e ci lascia a bocca aperta. Soluzioni, idee, atmosfere, sono tutte al servizio di una band dalla caratura internazionale. Speriamo di vederli presto nel bill di qualche festival di spessore oltre i confini nazionali.

Autore: Rosàrio

Titolo Album: And The Storm Surges

Anno: 2016

Casa Discografica: In The Bottle Records, Brigante Records and Productions, Electric Valley Records, Dio)) Drone, Red Sound Records

Genere musicale: Stoner

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.rosariomusic.bandcamp.com

Membri band:

Nicola Pinotti

Fabio Leggiero

Alessandro Bonini

Alessandro Magro

Riccardo Zulato

Tracklist:

  1. To Peak And Pine

  2. Drabbuhkuf

  3. Vessel Of The Withering

  4. Livor

  5. Radiance

  6. I Am The Morass

  7. Canemacchina

  8. Dawn Of Men

  9. Monolith

  10. And Then…Jupiter

Category : Recensioni
Tags : Stoner
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17th Nov2016

Entrofobesse – Sounds Of A Past Generation

by Amleto Gramegna

entrofobesse-sounds-of-a-past-generationCanzoni articolate e complesse fanno parte del nuovo lavoro dei siciliani Entrofobesse. Con un occhio alla psichedelia, al noise pop tanto caro ai Pixies, ai suoni rugginosi e spigolosi dei Dinosaur Jr, ecco sul piatto nove tracce caratterizzate da una continua “mutazione”, quasi una imprevedibilità e follia che può essere considerata il pedigree della band. La loro apparizione nella compilation Clowns And Jugglers – A Tribute To Syd Barrett fa chiaramente capire che il loro nume tutelare è il vecchio Syd. Ballate acide, lunghe, ipnotiche e stralunate con un occhio al vecchio vinile di The Piper at the Gates of Dawn e un occhio alle follie di Canterbury, tanto care a Steve Hillage. Big Sky sembra provenire proprio dalle session del Live at Pompei: chitarra acida che duella con un organo anch’esso imbevuto di spirito lisergico, davvero bella e di effetto. A trovare qualcosa di negativo forse è la registrazione. Un po’ piatta e fredda, ma non è colpa loro quanto del maledetto CD che raffredda la qualunque. Sicuramente su un supporto analogico il disco respira in maniera differente. Piena di follia Black Empire, quasi stoner. Ciò a farci capire che i ragazzi non hanno barriere alla ricerca del loro sound.

In conclusione ci è piaciuto davvero tanto. Un ottimo lavoro che dimostra già una piena maturità. Ragazzi, continuate su questa strada, magari pubblicate solo in vinile che è il supporto più adatto ai vostri viaggi!

Autore: Entrofobesse

Titolo Album: Sounds Of A Past Generation

Anno: 2016

Casa Discografica: Seltz Records

Genere musicale: Rock, Stoner, Hard Rock

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: http://www.myspace.com/entrofobesse

Membri band:

Tano di Rocco

Giuseppe Randazzo

Massimiliano di Rocco

Massimo Caruso

Tracklist:

  1. It’ A Good Day To Die

  2. Revolution Day

  3. Big Sky

  4. Promise Land

  5. Black Empire

  6. Sound Of A Past Generation

  7. Big Black Heart

  8. Human Condition

  9. Suzanne Silver

Category : Recensioni
Tags : Stoner
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06th Nov2016

God Damn – Sing This

by Marcello Zinno

god-damn-sing-thisDue musicisti per due tracce. Ecco presentato Sing This, ultima uscita in casa God Damn: un singolo, qui in doppia versione, che anticipa il prossimo album dal titolo Everything Ever. Ci avevano colpito con il precedente Vultures (recensito da noi a questa pagina), un lavoro carico di energia, energia che viene mantenuta con questo nuovo brano anche se il combo non disdegna refrain orecchiabili, capaci di piacere alle radio e ai fan nuovi della band, complice anche delle linee vocali effettate in modo sapiente. La vena elettrica del duo però non molla un colpo e tornano di nuovo i rimandi alla scena stoner rock per sound e per feeling. A questo punto le domande sono aperte: Everything Ever sarà un album molto più accessibile per strutture e melodie o manterrà la vena rock e la determinazione che ha permesso ai God Damn di guadagnare il seguito che oggi hanno? O forse saranno vere entrambe le cose? Ne parleremo al momento di analizzare Everything Ever.

Autore: God Damn

Titolo Album: Sing This

Anno: 2016

Casa Discografica: One Little Indian

Genere musicale: Rock, Stoner

Voto: s.v.

Tipo: Singolo

Sito web: http://www.goddamntheband.com

Membri band:

Thom – chitarra, voce

Ash – batteria

Tracklist:

  1. Sing This (edit)

  2. Sing This

Category : Recensioni
Tags : Stoner
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21st Ott2016

Red Sun – Triosophy

by Marcello Zinno

red-sun-triosophyChi ha detto che la psichedelia è lentezza e l’hard stoner è potenza non ha conosciuto i Red Sun, o meglio non ha conosciuto la scena heavy psych nel suo complesso. È lì che la formazione piacentina si incastra, un trio che opta per la musica strumentale tra scatti e momenti lisergici unendo generazioni diverse di appassionati di musica: da chi amava la sperimentazione e i suoni settantiani a chi apprezza i colpi d’ascia sicuri di una sei corde che in watt non teme cugini più muscolosi. Ma nel loro caso, come nella filosofia della psichedelia pe(n)sante, non è questione di note individuali né di singoli pattern: la loro magia va vista nel complesso, al diavolo singoli estri e colpi di scena, e il quadro visto da lontano che stupisce. Puro Pointillism. Stoner e cadenze quasi doom fanno da contorno in un’uscita che sfiora la mezz’ora di ascolto ma che offre viaggi platonici pur se rimarcati da un indubbio approccio rock: in questo l’opener A Glance At The Starry Sky dice tutto in maniera esaustiva. In Hot Stones Under The Sun i ragazzi sembrano più decisi e marciano con un groove più marcato, al contrario The Morning Light si viaggia su terreni più aridi su cui le linee di basso assumono movimenti sinuosi e sembra di godere a distanza di flussi di energia dall’andamento lineare. Paradigling Over The Ocean è un esempio di coesistenza di entrambe le anime della band, quella più intima e quella più elettricamente sgargiante con tanto di cavalcata sul finale.

Oltre al grande legame con la psichedelia sembra che i Red Sun siano anche molto affezionati ad alcune costruzioni blues che di tanto in tanto affiorano e, per certi versi, ad un rock anni 90 che, nonostante sia parzialmente in contrasto con la scuola settantiana che detta legge in Triosophy, conferisce quella maggiore durezza che altrimenti avrebbe fatto perdere mordente alle tracce. In generale va apprezzata un importante e sapiente peso degli strumenti elettrici e una produzione davvero encomiabile che fa spiccare ogni singolo contributo ma più di tutti rende davvero sensazionale l’approccio con il sound della band, nonostante a crearlo siano solo tre menti. Un punto di riferimento per il genere e, visto che la Spin On Black ce ne offre la possibilità, da ascoltare in versione vinile.

Autore: Red Sun

Titolo Album: Triosophy

Anno: 2014 (ristampato nel 2016)

Casa Discografica: Spin On Black

Genere musicale: Heavy Metal, Psichedelia, Stoner

Voto: 7

Tipo: Vinile

Sito web: https://redsun3.bandcamp.com

Membri band:

Stefano – chitarra

Mirco – basso

Federico – batteria, synth

Tracklist:

  1. A Glance At The Starry Sky

  2. The Road To The Old Mill

  3. Hot Stones Under The Sun

  4. The Morning Light

  5. Magic Down

  6. Paradigling Over The Ocean

  7. Outro

Category : Recensioni
Tags : Psichedelia, Stoner
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