Diaframma: Retrospettiva 1984-1988

Inizio, con Miro Sassolini alla voce, Federico Fiumani alla chitarra, Leandro Cicchi al basso e Gianni Cicchi alla batteria, i Diaframma si avviano verso la pubblicazione del loro primo album; è il 1984 quando esce per l’I.R.A. e prodotto da Ernesto De Pascale, Siberia, album di riferimento per l’intera scena nascente post-punk e new wave italiana, per un’intera generazione di adolescenti che fino ad allora poteva guardare solo oltremanica o oltreoceano. Con l’uscita di Siberia i Diaframma furono (erroneamente e talvolta in malafede) accostati ai Joy Division, certo, le somiglianze non mancavano, l’approccio era tipicamente post-punk come anche i testi (di Federico Fiumani, oltre che la musica), ma la somiglianza finiva qui, l’originalità stava nel creare qualcosa di nuovo, anche musicalmente, che nessuno fino ad allora aveva mai fatto, un post-punk con testi in italiano e un suono finalmente originale e vero. Solo a titolo informativo Siberia è stato inserito da Rolling Stone alla 7° posizione nella classifica dei migliori dischi italiani di sempre, ma di questo a noi ce ne frega il giusto. Siberia si apre con la traccia che dà il titolo all’album, un brano senza tempo, un post-punk che farà scuola, poche note di chitarra introducono l’incedere ritmico di basso e batteria, la voce di Sassolini è in simbiosi perfetta con il testo e la musica, tutto scorre sotto una coltre di neve gelida e lontana, un brano di rara bellezza; “come una morte breve nelle stanze d’albergo” canta Sassolini in Neogrigio, altra piccola gemma di questo album, c’è la bellissima Amsterdam che parte languidamente ma si apre in un crescendo liberatorio che farà scuola; c’è la malinconica Delorenzo segnata da una melodia dolce-amara, “e la noia di un giorno è la noia di sempre” recita un Sassolini perso chissà dove; bella e incombente è Memoria, forse non riuscita completamente ma di grande intensità, chiude l’album la desolante Desiderio Del Nulla, ritmica serrata e gran lavoro al basso, atmosfere gelide e distanti, un vuoto che resterà senza risposta.
Transizione, 3 Volte Lacrime, nuovo cambio di formazione, sempre Sassolini alla voce e Federico Fiumani alla chitarra ma con l’avvicendarsi di Leandro Braccini al basso e Alessandro Raimondi alla batteria. Siamo nel 1986, ultimi scampoli vitali di una scena new wave ormai assimilata e metabolizzata dal music business; qualcosa stava inevitabilmente cambiando e i Diaframma si affacciano su questo grande punto interrogativo con un nuovo album 3 Volte Lacrime pubblicato sempre dalla I.R.A. Records. Molti si aspettavano un “Siberia 2” ma così non fu e furono sempre molti a storcere il naso (ancora in malafede), in realtà è un bellissimo album che si discosta dalle sonorità tipicamente post-punk del precedente (oltre che musicalmente anche nei testi, sempre di Fiumani) ma mantiene intatta una spontaneità ed una originalità che non avevano (e non hanno) confronti. L’album si apre con la bellissima titletrack, un pezzo rock “da cantina” sontuoso ed elegante, anche il testo è di quelli non banali ma che si stampano facilmente in testa, c’è la malinconica Falso Amore resa benissimo dalla voce di Sassolini più controllata del solito o la più punk rock Libra dall’incedere incalzante e con un bel refrain; c’è la cantabile e solare Spazi Immensi con tanto di cori anni 60 e quel piccolo capolavoro naif che è Marisa Allasio, tenera e sconsolata che si apre alle note crepuscolari di un sax, Madre è un altro grande brano, velato di quella tristezza e malinconia che ci portiamo dentro da sempre, ineluttabilmente. Un album di transizione quindi? Purtroppo sì, del resto tutto evolve e va avanti, così anche per questi Diaframma e per Federico Fiumani ancora in cerca di una propria strada.
Fine (con nuovo inizio), se 3 Volte Lacrime non riscontrò quel “successo” sperato con Boxe le cose andarono anche peggio; forse i tempi stavano cambiando, forse c’era la voglia di lasciarsi dietro quei “favolosi” anni 80 non più appaganti, fatto sta che passò quasi del tutto inosservato, ma era (e resta ancora) un grande album. La formazione cambia di nuovo, questa volta con Renzo Franchi alla batteria, ma non solo, il suono si evolve, non più il suono da “scantinato” (che personalmente trovavo affascinante) di 3 Volte Lacrime ma un suono più maturo e professionale (questa volta autoprodotto dalla Diaframma Records), ad ogni modo qualcosa stava cambiando ed era un cambiamento percepibile; Boxe è un titolo non a caso, è un succedersi di round uno dopo l’altro, l’importante non sarà vincere ma restare in piedi, non importa con quante ferite ma solo ed unicamente il restare in piedi; Boxe è un album dalle diverse sfaccettature, musicalmente e compositivamente ancora legato a 3 Volte Lacrime come in Adoro Guardarti, Blu Petrolio o la dolcissima Dottoressa, ma anche con una nuova consapevolezza, una maturità compositiva che Federico Fiumani riporta in testi e musica, ad esempio nella titletrack o in Godi Amore ma anche nella violenta tenerezza di Un Temporale In Campagna e nei suoni dub di Marta. Boxe è un grande album con delle potenzialità enormi eppure si sente che qualcosa stona, come non riuscisse a trovare una sua collocazione, i brani perdono quell’approccio tipicamente rock per farsi altro, Miro Sassolini ne è ancora l’interprete ma Fiumani è già oltre e questo scarto lo si percepisce in tutta la sua complessità.
Boxe segnerà una fine ma contemporaneamente un nuovo inizio, potrebbe sembrare un controsenso ma non lo è; Caldo è la traccia che chiude l’album, è il primo brano nella storia dei Diaframma che vede alla voce Federico Fiumani (accompagnato al piano da Massimo Buffetti), è un bellissimo brano sia nel testo che nella musica, qualcosa che si deposita dentro l’anima e lì resterà per giorni, mesi, anni a venire, sono solo 2 minuti e 41 secondi ma c’è tutta la poetica di Fiumani, tutta la sua personalità, tutta quell’incertezza e timidezza di un primo passo doloroso ma necessario. Al termine del brano i Diaframma come li conoscevamo prima non esisteranno più, Fiumani prenderà interamente il progetto nelle sue mani e sarà l’inizio di un nuovo percorso professionale ed umano fatto anche di scelte non sempre facili ma ricco di soddisfazioni e soprattutto di rispetto verso un artista che ha fatto della propria libertà professionale non una bandiera ma una intima scelta. Noi ci fermiamo qui, scoprire il seguito (se non lo conoscete già) spetta a voi, dopo tutto questo Caldo arriverà anche Gennaio ma siamo già nel 1989.