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29th Ago2021

Il metal e le carte da gioco

by Francesco Lapiglia
L’heavy metal non ha mai nascosto apprezzamenti per mondi lontani dalla musica. L’alcol, le motociclette ma anche le carte da gioco e il gioco d’azzardo in generale. Infatti tantissimi sono gli artisti appassionati di roulette, poker e blackjack tra la schiera dei musicisti del metal, soprattutto oltreoceano. Non è un caso che alcune carte siano divenute un vero e proprio simbolo o che addirittura abbiano rappresentato una canzone o un periodo importante per una band: ad esempio l’asso di spade dei Motorhead (ispirata alla storia di Wild Bill Hickok, ammazzato mentre giocava a carte e in mano aveva una doppia coppia di otto e assi, uno di fiori e uno di picche, questa combinazione sarà chiamata la “mano del morto”) o ancora la carta in copertina di Omerta del supergruppo Adrenaline Mob. Ma questi sono solo la punta dell’iceberg visto che anche il brano Deal dei Greatful Dead descrive nei suoi testi un giusto connubio tra il poker e il rock: in essa vi sono dei veri e propri “suggerimenti” su come giocare a carte; ma va ricordata anche The Jack degli AC/DC che sembra quasi farci immaginare un vero casinò in cui giocare anche se in realtà è solo un gioco di parole. Infine citiamo anche The Card Cheat dei The Clash che anch’essa tratta il tema del gioco delle carte ma la domanda che sorge spontanea è perché esiste questo legale?

Spesso sicuramente si tratta di una passione personale dei singoli musicisti, in fondo i musicisti scrivono i testi ispirandosi alla propria vita, ai propri hobby o a quanto accade tutti i giorni. Ma a nostro parere c’è anche un legame più indissolubile con il poker, ma anche con il blackjack, più in generale con il rischio e l’azzardo. È trasgressione, è perdere tutto in un secondo o vincere tutto, “born to lose live to win”, diceva Lemmy, diciamo che ispira una certa filosofia non lontana da certo rock/metal; è proprio il rischio il fattor comune che a nostro parere lega i due mondi, quasi sempre le vite dei musicisti (soprattutto agli esordi) non sono agiate ma piene di difficoltà e si vive alla giornata, e spesso il giocatore d’azzardo fa altrettanto.

Category : Articoli
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25th Ago2021

Prof. Garage: musica e rock…un esempio per tutti quello di James Toseland

by Ottaviano Moraca
Pilota di moto e campione di Superbike, James Toseland, una volta ritiratosi si dedica al rock, anche con un certo successo. Il Prof. Garage vi racconta la sua storia.

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Category : Articoli
Tags : Podcast
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25th Ago2021

Un omaggio a Charlie Watts: le più belle canzoni dei Rolling Stones

by Marcello Zinno
Ieri, 24 agosto 2021, si è spento a 80 anni lo storico batterista dei Rolling Stones, Charlie Watts. Una notizia che ha ferito tutti i rocker, non solo per la grandezza della band (senza la quale il rock di oggi sarebbe sicuramente diverso) ma anche per quel senso di immortalità che pervadeva i 4 membri storici dei Rolling Stones e che oggi, dopo questa perdita, sembra messo in crisi. Charlie era il più signorile, il più elegante dei 4, nascondeva il suo animo rocker dietro un’impostazione quasi tradizionale nel suonare la batteria. Già ad inizio agosto aveva avuto dei problemi di salute (non meglio precisati) che avevano obbligato la band a optare per un sostituto per evitare di interrompere il tour ma si pensava già al suo ritorno. Attivo nella band dal 1963 era un po’ l’elemento che dava sicurezza rispetto alla follia di Keith Richards e alla catalizzazione dell’attenzione condotta dal frontman Mick Jagger. Noi vogliamo omaggiare Charlie Watts ricordando le 20 più belle canzoni dei Rolling Stones, i brani che tra tutti hanno vinto la battaglia contro il tempo ed è l’augurio che anche la band resti sempre perno cardine per ogni appassionato di rock. Qui di seguito trovate anche l’apposita playlist che abbiamo creato per voi tramite Spotify.

1. Gimme Shelter dall’album Let It Bleed (1969)

2. (I Can’t Get No) Satisfaction dall’album Out Of Our Heads (1965)

3. Sympathy For The Devil dall’album Beggars Banquet (1968)

4. Street Fighting Man dall’album Beggars Banquet (1968)

5. Jumpin’ Jack Flash (1968)

6. You Can’t Always Get What You Want dall’album Let It Bleed (1969)

7. Paint It, Black dall’album Aftermath (1966)

8. Wild Horses dall’album Sticky Fingers (1971)

9. Brown Sugar dall’album Sticky Fingers (1971)

10. Under My Thumb dall’album Aftermath (1966)

11. Honky Tonk Women (1969)

12. Get Off Of My Cloud dall’album December’s Children (And Everybody’s) (1965)

13. Midnight Rambler dall’album Let It Bleed (1969)

14. Let’s Spend The Night Together dall’album Between The Buttons (1967)

15. Miss You dall’album Some Girls (1978)

16. Beast Of Burden dall’album Some Girls (1978)

17. Can’t You Her Me Knocking dall’album Sticky Fingers (1971)

18. 19th Nervous Breakdown dall’album Aftermath (1966)

19. Ruby Tuesday dall’album Between The Buttons (1967)

20. Sway dall’album Sticky Fingers (1971)

Category : Articoli
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24th Ago2021

La storia di Hard Rock & Heavy Metal

by Giancarlo Amitrano
Le pubblicazioni che in questi decenni si sono occupate di un genere spesso definito, a torto, “di nicchia” sono state ormai innumerevoli, alcune (in verità) di dubbio pregio, molte altre invece non prive di un certo gradimento. Tale gradimento, ovviamente, non si riscontra solo dal mero ritorno commerciale, ma anche dal classico e sano passaparola sia tra gli aficionados che specialmente tra i cosiddetti “addetti ai lavori”, che se non privi di una ampia e spassionata visione d’insieme, sanno e possono ben apprezzare e giudicare il lavoro di tanti colleghi che si sono cimentati in questo campo. Ed occorre dire, stavolta, che il testo piacevolmente curato da Daniele Follero e Luca Masperone ben ricalca quanto sopra premesso: ci si trova di fronte, infatti, ad un’opera molto ben curata, il cui approccio è sin dall’inizio privo di visioni monotematiche o di pregiudizi di sorta, cosa che gli autori si premurano mettere subito in chiaro; ed è proprio questa visione d’insieme che rende gradevole la lettura. Inoltre la lettura del testo, che viene proposto quasi come un avvincente romanzo, risulta diviso per epoche e temi che pur apparentemente lontani ed opposti tra loro riescono alla fine a trovare sempre una buona quadratura di lettura. Appare infatti simpaticamente architettato (tra le altre cose positive dell’opera) l’occuparsi prima di un settore del genere ben definito (ad esempio l’hard classico degli anni 70) per poi passare improvvisamente e repentinamente a trattare nientepopodimeno che il black metal (ebbene sì, c’è anche lui tra i protagonisti…), lasciando un po’ disorientato il lettore, che viene in fretta convinto a non skippare il relativo capitolo da un immediato e quasi catartico ritorno alle fiere origini del genere (magari occupandosi subito dopo di gruppi classicissimi come i Bad Company, ad esempio…).

Ed è questo il segreto di fondo della pubblicazione, che riesce ad avvincere sino all’ultima pagina di essa, di modo che alla fine il lettore che vi si sia avventurato provi quel senso di ritorno alle origini, dopo essersi tuffato idealmente tra i solchi e le braccia (musicali) di gente come Blackmore, Moore, Hendrix, Malmsteen, ma anche Leslie West, Ronnie Van Zandt ed altri, oltre che anche dei validissimi rappresentanti dell’hard and heavy di casa nostra. Il tutto viene affrontato con una leggerezza ed un disincanto davvero notevoli, che rende merito agli autori, sia di essere sempre imparziali sia al tempo stesso coinvolgenti nella lettura, senza abusare di tecnicismi o di manierismi che spesso invece ottengono l’effetto contrario di alienarsi il lettore, non essendo invece certo questo il caso in esame. Colpiscono molto, inoltre, anche le brevi premesse che vari artisti propongono all’inizio del libro e tra esse, senza far torto a nessun altro, ci piace segnalare quella sentitissima del grande ed immenso Pino Scotto: leggerlo, ed immaginarlo agli esordi della sua carriera musicale tra tutte le difficoltà del caso (lui, nativo della fiera Monte di Procida…) provocano anche un senso di commozione e di solidale vicinanza per come e quanto abbia penato per poter poi giungere al meritato successo, potendo quindi ben fungere da esempio anche alle generazioni che verranno e che vorranno, magari dopo aver letto il suo pensiero, imbracciare un qualsiasi strumento musicale.

Se questo è uno degli obiettivi che gli autori, magari anche inconsciamente, si son posti all’inizio della loro fatica cartacea, allora possiamo dire che lo abbiano raggiunto in pieno e che di conseguenza ben vengano tante altre di queste nobili pubblicazioni che contribuiscono a far conoscere anche a “coloro che verranno” cosa vi sia stato (e vi è ancora) all’origine di ogni fenomeno musicale, odierno e futuro. Magari, chissà, spingendo e convincendo gli autori medesimi a voler produrre un seguito di questa già gradevole proposta musicale.

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18th Ago2021

Prof. Garage: il Rock al femminile, le Runaways

by Ottaviano Moraca
La storia delle donne del rock è sempre affascinante ma anche piena di difficoltà. Il Prof. Garage racconta delle Runaways e di due artiste apice.

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Category : Articoli
Tags : Podcast
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11th Ago2021

Prof. Garage: è così facile suonare una cover?

by Ottaviano Moraca
Non molto difficile capire quando un brano è una cover, ma è più difficile capire quando si tratta di una buona cover. Ancora più complesso è suonarla in maniera fedele. Il Prof. Garage ci fa capire un po’ meglio su questo argomento.

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Tags : Podcast
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03rd Ago2021

Le parole in musica: quante canzoni contengono Rain?

by Marcello Zinno
Esistono delle parole a cui i musicisti si affezionano. Abbiamo condotto un’analisi per capire quante volte è stata usata la parola Rain nei titoli delle canzoni. Risultati incredibili!

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Category : Articoli
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28th Lug2021

Prof. Garage: la storia dei The Smiths e un po’ di considerazioni

by Ottaviano Moraca
In tantissimi abbiamo amato i The Smiths, una band che ha creato una grande eco nonostante la storia relativamente breve. Qui il Prof. Garage ne ripercorre la storia con anche delle chicche e considerazioni notevoli.

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Category : Articoli
Tags : Podcast
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28th Lug2021

Bathory: la band che cambiò l’heavy metal

by Marcello Zinno
Una premessa a questo libro è d’obbligo: chiunque ama il metal dovrebbe essere grato ai Bathory (o meglio a Quorthon, mente del progetto) e a Fabio Rossi che, almeno per quanto ne sappia il sottoscritto, è il primo italiano ad essersi cimentato nella scrittura di una biografia di questo fondamentale progetto musicale. Dico fondamentale per l’influenza che i Bathory hanno prodotto sulla scena ’80-90: parliamo sia per gli esordi black metal che hanno fomentato l’esplosione della “scena nera”, sia per gli anni successivi che hanno forgiato il viking metal e, perché no, anche per i brani thrash metal. I Bathory saranno per sempre ricordati come band culto più che come progetto dal grande successo di mercato (anzi a dir il vero si trattava di un progetto anomalo, le cui esibizioni dal vivo si contano sulle dita di una mano) e Fabio ha fatto benissimo a raccogliere aneddoti noti e accadimenti meno conosciuti in questo libro davvero prezioso.

Traspare tra le righe tutta la passione di Fabio ma anche un importante lavoro di ricerca in quanto sono numerose le chicche ma anche i riferimenti degli album e delle singole tracce alla cultura norrena. Un libro che è una via di mezzo tra una lunga recensione della discografia dei Bathory (passando anche per i discutibili album solisti di Quorthon) e un cortometraggio (il libro conta “sole” 130 pagine) della storia di chi ha piantato le radici di un sound promulgato da centinaia di formazioni in giro per il mondo per i decenni a venire. Nel libro sono presenti anche delle foto dell’artista, pubblicate in ordine cronologico in ciascun capitolo, ognuno di questi dedicato ad un album della discografia: questo strutturazione dei contenuti sembra accompagnare il lettore nella breve storia di una band che, realizzando anche album con produzioni scarne e con strumenti suonati in garage, ha riscritto le pagine dell’heavy metal. Davvero un peccato che Quorthon sia morto a soli 38 anni, chissà quale direzione avrebbe preso il progetto ai giorni nostri (di sicuro avrebbe dichiarato di non essere a conoscenza delle band da cui aveva saccheggiato qualche riff).

Un plauso quindi a Fabio Rossi e il consiglio di leggere questo libro. Unica critica è l’aver inserito degli eventi o delle considerazioni di assoluta importanza nelle note bibliografiche mentre la maggior parte di queste meritavano lo spazio centrale del libro. Un motivo in più per leggerlo con la massima attenzione.

Category : Articoli
Tags : Libri
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26th Lug2021

Cosa deve fare una band per emergere: ecco chi ce l’ha fatta

by Marcello Zinno
La parola a 4 realtà della musica che sono riuscite ad emergere, ciascuna in un modo diverso. Consigli, suggerimenti e piccoli trucchi per spiegare agli artisti emergenti come fare per ampliare il proprio seguito.

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