Metallica e Lou Reed: geniale collaborazione o fiasco totale?
Più che una collaborazione si tratta di un evento. L’incontro storico e crativo di una delle legende del rock anni ’60, Lou Reed noto per la sua creatura Velvet Underground, e una delle leggende dell’heavy metal ottantiano, i Metallica. Per questa uscita, che sta facendo molto discutere, abbiamo voluto preparare una doppia recensione, con due opinioni diverse a segno che Lulu non è per nulla un album facilmente commestibile. A voi la lettura e la parola.
Parto subito con una premessa, io adoro questo album. Mi rendo conto che non tutti saranno d’accordo col sottoscritto, ma oso ripetermi: io adoro questo album. Voi mi direte che Lou Reed in questo lavoro sembra non saper cantare ed io vi rispondo: vero! Infatti su tutto il disco non fa altro che interpretare, parlare per tutto il tempo (si dice “spoken words”) invece che cantare nella maniera più consona. Direte che i Metallica sono del tutto superflui nel contesto e che con Lou Reed centrano come i cavoli a merenda ed io dico solamente e ribadisco: certo! È vero! Infatti Lulu è giusto ricordarlo a tutti, non è il nuovo album dei Metallica, ma il frutto di una collaborazione con uno dei cantautori più conosciuti in ambito rock internazionale, e allora? Chi poteva impedire loro di comporre un disco insieme? Chissà quanti sosterranno che questo è un disco inutile o troveranno su giornali spocchiosi ed intellettuali delle recensioni decenti di questo lavoro, esaltando la tortuosa opera psicologica che c’è dietro, il legame con il drammaturgo tedesco Frank Wedekind (quello che ha ispirato tutto il lavoro di Bertold Brecht) dal quale il Sig. Reed ha preso in prestito i testi di queste dieci canzoni.
Questo lo si può considerare Art rock. Sono canzoni che vanno ascoltate e riascoltate e riascoltate ancora per capire e carpirne il significato letterario e musicale, mi rendo conto che non è un disco di facile interpretazione, perché qui dentro c’è Lou Reed che chiacchiera, s’incazza, mormora, inveisce, con testi disturbanti, deliranti, ripetitivi e la musica si sviluppa su 2 CD per 87 minuti. Ma provate almeno per una volta ad aprire davvero i vostri orizzonti musicali, non aspettatevi per forza che una band, o meglio dire la band che ha creato un genere musicale, ossia il thrash metal, debba per forza suonare incazzata tutta la vita. E in qualche episodio di questo disco i nostri Four Horsemen danno prova di saper pestare ancora a dovere con i propri strumenti, come dimostrano in Pumping Blood dove a forza di suonare quel riff per tutta la canzone, alla fine esplodono in una cavalcata come dio comanda. Il primo brano Brandeburg Gate è una semplice rock song, molto genuina nel suo genere, e somiglia vagamente alla Knocking On Heaven’s Door di Bob Dylan nel riff portante della canzone. James Hetfield si limita a gridare qua e là il verso “small town girl” e sembra ritornato ai tempi del discusso Load, mentre nel primo singolo estratto The View emerge un giro di chitarra di sabbathiana memoria in cui appare l’Hetfield più arrabbiato e più accostabile allo stile Metallica di tutto il lavoro. Mistress Dread dopo un giro di viola parte a razzo come un proiettile impazzito che rimbalza dentro ad una stanza, e ricorda molto il materiale sentito su St.Anger.
Altro pezzo non di facile presa è Cheat On Me, mentre Iced Honey è la canzone più mainstream di tutto il lavoro ed oserei dire anche la più bella; in Frustration troviamo un altro giro di chitarra molto bello che sfocia in questo riff ripetuto e sostenuto allo sfinimento. Lars Ulrich in tutte le canzoni non si limita a suonare i suoi tamburi, ma sottolinea, pennella, impreziosisce ogni passaggio, ogni rullata. Ovvio pensare che non è musica troppo mainstream, ma non è nemmeno così tanto difficile da capire e da apprezzare, certo una canzone come Little Dog suona davvero strana alle nostre orecchie e forse qui non potrei dare torto ai detrattori di quest’opera. E chi se ne frega se Dragon è un pezzo troppo lungo e che il disco si chiude con una ballad. Sì, state leggendo bene, proprio una rock ballad, si intitola Junior Dad ed è un altra piccola gemma di assoluto valore, semplice e piacevole ed oserei dire rilassante e senza scadere nella noia. Perché se proprio vi annoiate e non riuscite a stare al passo dell’evoluzione, vi consiglio di cambiare disco e di abbandonarvi all’ascolto del solito tedioso (o meraviglioso) heavy metal che ascoltate da una vita, proprio come me. Ma state pur certi che non abbandonerò questo disco in qualche scaffale dell’usato di un negozio di dischi
qualsiasi.
Di Gianluca Scala – voto 8
Quando si viene traditi si prova un senso di tristezza e rabbia assieme; si vorrebbe sfasciare ogni cosa e cercare di dare una motivazione a quello che è successo. Questo è quello che personalmente ho provato nell’ascoltare l’ultima fatica sfornata dai gloriosi Metallica e dall’immortale Lou Reed con l’album Lulu. Qui purtroppo, ci si trova al cospetto di una vera e propria “prostituzione” commerciale, perché questo è quello che sembra lo sgangherato progetto prodotto da questi due mostri sacri della musica rock contemporanea. Assodate le immense qualità dei due singoli artisti si percepisce sin da subito come l’album risulti una bieca operazione di marketing, un “colpo gobbo” per risollevare le vendite e le carriere di due pugili che, un pò suonati, siano in cerca dell’ultimo grande incontro per concludere la propria gloriosa carriera. Le tracce presenti all’interno di questo nuovo album arrancano penosamente l’una dopo l’altra, i due artisti sembrano aver registrato l’album separatamente, ognuno per proprio conto e che dopo, attraverso un maldestro “copia ed incolla”, le due parti siano state fuse assieme a casaccio. L’identità dei due appare annullata e ridotta al silenzio, ognuno sembra cercare malamente di copiare ed inseguire l’altro con risultati francamente imbarazzanti.
La vitaminica verve dei Metallica che da sempre è in grado di entusiasmare chiunque appare sedata; Lars Ulrich si limita ad eseguire il suo compitino, con tempi di batteria abbastanza banali e privi della dirompente energia che, finalmente, si era percepita nuovamente nell’album Death Magnetic. La mitica chitarra solista di Kirk Hammet segue a ruota lo schema adottato per questo progetto, senza le classiche sfuriate e i mitici passaggi di wah-wah da lui sempre magistralmente impiegati. Il reparto voci appare il più shoccante, James Hetfield sembra cantare all’interno dei bagni dello studio di registrazione e i lamenti di Lou Reed appaiono francamente, quelli di un barbone che, steso su di una panchina al parco, abbia finita la riserva personale di scotch. Da segnalare il coraggio impiegato nello sperimentare qualcosa di estremo ed originale, con il tentativo di amalgamare due artisti molto differenti e complessi, un tentativo che però, si dimostra un enorme fallimento. Le tracce sono pressoché tutte tediose, estremamente lente e assolutamente forzate, sconcertante la canzone Junior Dad lunga ben venti minuti, caratterizzati da una nenia monotona priva di una propria personalità che induce l’ascoltatore a cambiare traccia dopo i primi cinque minuti di ascolto. In definitiva un fiasco colossale, un incubo da cui si spera i due si destino e che li porti (questa volta si spera separatamente) a ricercare un ordine all’interno delle rispettive carriere.
Di Matteo Iosio – voto 3
Autore: Metallica, Lou Reed | Titolo Album: Lulu |
Anno: 2011 | Casa Discografica: Warner Records |
Genere musicale: Noise, Hard Rock | Voto: – |
Tipo: CD | Sito web: http://www.metallica.com |
Membri band:
James Hetfield – voce Lou Reed – voce e chitarra Kirk Hammet – chitarra Robert Trujillo – basso Lars Ulrich – batteria |
Tracklist:
Disc 1
Disc 2
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