RockGarage: The End
Oggi è 10 marzo 2022 e RockGarage festeggia i 10 anni e mezzo di ININTERROTTA attività, 126 mesi (o meglio 3.835 giorni) in cui abbiamo pubblicato TUTTI i GIORNI, senza saltare mai una volta, almeno una news e una recensione. Tanta fatica ma anche tante soddisfazioni. In questi 10,5 anni ho conosciuto centinaia di persone legate al mondo della musica, alcune assolutamente eccezionali, davvero in grado di cambiare in meglio questo magico settore (a partire dai nostri redattori, più di 120 persone che si sono susseguite in 10,5 anni, gente la cui passione mi avrebbe spinto a trasformare RockGarage in una rivista cartacea a tiratura nazionale, se fossimo stati in un’altra epoca), ma altre assolutamente pessime e spregevoli. Gente che non solo è abituata a ragionare esclusivamente del suo piccolo orticello, senza avere lo spirito collaborativo giusto a favore della musica, ma che ha preteso anche che RockGarage glielo curasse per ingrandirlo e il tutto anche gratis!Ma non è per colpa di questa gente che da oggi RockGarage non sarà più aggiornato, anzi queste persone ci hanno fatto credere ancora di più nella nostra missione. RockGarage è nata con l’idea di fare informazione di qualità, perché la scena emergente italiana merita qualcuno che lo faccia bene e in maniera oggettiva, estraneo agli interessi e ad una visione “provinciale” della musica. L’abbiamo fatto sempre (e non siamo gli unici a riconoscerlo, leggi il commento qui), ma oggi il modo di fruizione dell’informazione è totalmente cambiato. Noi offriamo approfondimenti dettagliati, recensioni che danno delle chiavi di lettura complete degli album analizzati, articoli lunghi, ma purtroppo quello che il pubblico vuole sono le informazioni veloci, i titoli clickbait, una presenza sui social distante dal concetto di informazione. Non è un caso che le pagine e i gruppi Facebook che hanno più seguito (anche nella musica) pubblicano per lo più meme, omaggiano l’ennesimo compleanno di Kurt Cobain, o diffondono notizie dai titoli assolutamente sorprendenti salvo poi raccontare altro nell’articolo. Anche perché le persone si fermano al titolo e tanto basta. Spesso sotto la pubblicazione di una notizia sui social parte una discussione lunghissima di commenti, ma la maggior parte degli utenti dimostra di essersi fermata al titolo…l’articolo non è stato nemmeno aperto! Siamo nell’epoca dei social e dello swipe, dell’informazione “mordi e fuggi”, siamo nell’epoca in cui alcuni siti devono scrivere accanto al titolo “1 min.”, cioè il tempo necessario per leggere per intero l’articolo, altrimenti i lettori non lo aprono nemmeno; siamo nell’epoca dei contenuti che devono durare al massimo 24 ore perché poi “scadono” (si chiamano stories). Aggiungo che alcune persone si tengono informate tramite Facebook (preoccupante!), che siamo nell’epoca in cui il Grande Fratello fa più ascolti di un programma di scienza, un’epoca in cui esiste Lercio che fa ridere molti ma tanti altri credono che le sue notizie siano vere! Siamo in un periodo in cui il fact checking è “secondario” e basta scrivere notizie sensazionaliste per avere view; se la tua storia non è molto sorprendente resti nell’anonimato. E la mia non è una voce isolata (leggi qui in riferimento ai “falsi lettori”)
La conseguenza diretta di questa mancanza di desiderio di approfondimento è che manca la curiosità. Se ti fermi solo sulle grandi notizie, sui grandi fenomeni, quelli da migliaia di “like”, perdi anche la curiosità di scoprire i piccoli. Ed è per questo che la scena emergente italiana, seppur fervida di grandi artisti (e non di artisti grandi), non cresce in seguito. Perché il pubblico non è curioso di scoprirla, non la coltiva. Ho visto concerti di tantissime band emergenti validissime con una decina di persone davanti al palco: questo è normale per una band sconosciuta, ma se la stessa band ha 3-4 album alle spalle e 10 anni di attività, è un problema. Certo, può darsi che non sia riuscita a proporsi nel modo giusto, ma io penso che sia più probabile che le persone (tutte) non abbiano voglia di scoprirla quella band. Attenzione che in questo modello i musicisti non sono esenti da responsabilità, loro stessi sono anche dei lettori. Faccio un esempio: nel 2017 abbiamo pubblicato 1.000 recensioni in un anno (un record assoluto!); ogni band è composta in media da 3-4 musicisti, quindi solo con quei musicisti abbiamo avuto 3.000-4.000 letture. Non dico il 100%, ma se il 30% di quei musicisti fosse tornato nei giorni successivi a leggere altre recensioni avremo avuto costantemente 900-1.200 lettori in più e così anche per il 2018, per il 2019 e così via. Ma così non è stato, i musicisti spesso leggono solo le recensioni dei loro album, poi non tornano più su quel sito.
A questo discorso si aggiunge un altro motivo: anche il modo di fruizione della musica è completamente cambiato. Quando creai RockGarage volevo fortemente che dietro una richiesta di recensione ci fosse l’invio di un CD fisico. Prima di RockGarage facevo la stessa richiesta ai siti di musica per cui collaboravano e mi deridevano. “Le recensioni le facciamo tramite file mp3” dicevano, “nessuno più spedisce CD”. Nel primo anno di attività, RockGarage ricevette 592 CD in redazione, ciò vuol dire più di 1 CD al giorno! Ho sempre creduto nel fisico e ancora oggi ne riceviamo tanti. Però il fisico sta morendo, la musica è divenuta fluida, le piattaforme di streaming hanno cannibalizzato i negozi di dischi. Questo ha una conseguenza per noi: se un tempo, prima di spendere 10-15€ per comprare un CD eri portato a leggere le recensioni sul web per capire se l’investimento valeva la resa, oggi le persone ascoltano quell’album gratis in rete e saltano il passaggio delle recensioni. Poi, molto spesso, anche quando il CD è di loro gradimento, non lo comprano nemmeno, perché in fondo ce l’hanno lì gratis. Ma questo è un altro discorso.
Non vorrei essere frainteso. Io non ho mai pensato nemmeno per un attimo che stessimo facendo il “mestiere” sbagliato, penso ancora che leggere una recensione sia importante come orientamento all’ascolto di un album. Ho sempre creduto che la qualità dell’informazione unita al costante aggiornamento fossero i segreti per un magazine di successo. E lo penso ancora perché per me la parola “successo” non è relativa alle 100.000 visualizzazioni al giorno, ma all’adempiere in modo corretto al ruolo di magazine musicale che RockGarage ha avuto fin dall’inizio (come?! È spiegato molto bene in questo podcast). Se poi il mercato non va in quella direzione amen, RockGarage di certo non si convertirà in un sito di gossip musicale, di gattini con la chitarra in mano o di ricette di cucina (non sto esagerando, su un sito di heavy metal ho letto degli articoli di ricette di cucina abbinate a musicisti!). Allo stesso tempo non voglio dire che “è colpa” solo del pubblico, sicuramente qualche responsabilità ce l’abbiamo anche noi, anzi me le prendo tutte io. Credo comunque che sia iniziata un’altra epoca dell’informazione e che questa non sia l’epoca giusta in cui poter far crescere RockGarage.
Ringrazio quindi tutti quelli che ci hanno supportato, dalle piccole etichette alle agenzie di promozione, dai redattori ai musicisti, da chi si occupa di live a tutti quelli che sono entrati in contatto con noi e vorrei dedicare questi 10 anni e mezzo di attività a chi ci crede ancora e a chi si sbatte affinché qualcosa cambi davvero. Noi ci abbiamo provato, spero che la nostra traccia sia rimasta, in qualche modo, nell’informazione musicale italiana.