Queensryche – Operation: Mindcrime
Spesso ci si chiede da dove provengano certe sonorità heavy prog anni ‘80, quale sia il gruppo che per primo abbia scolpito il proprio sound in quel periodo in modo talmente incisivo da portarsi dietro di sé centinaia di altre band a venire. Sembra quasi di risolvere un giallo partendo però da un’informazione certa: il gruppo che più di tutti è stato significativo in tal senso e che abbia ispirato tantissimi altri artisti (e ci riferiamo anche ad uscite del tutto attuali) ha come nome Queensryche. La band si forma a Seattle nel 1981 (è una delle poche che non seguirà il filone del grunge, tipico di quella zona) grazie ad un negozio di dischi in cui questi cinque grandi artisti si incontrano. Il magistrale cantante, che allora faceva parte dei Myth, è uno dei primi a cui venne l’idea di formare il gruppo il cui primo EP sarà proprio prodotto dal proprietario del negozio (i fan dei Metallica ricorderanno alcune similitudini). Subito il nome inizia a circolare. I Queensryche forgiano un sound personalissimo, molto intimista, d’impatto da un lato ma complesso da interiorizzare dall’altro. È prog puro, molto più heavy rispetto a quanto ci avevano abituati i Rush del tempo (che in fondo heavy non lo sono stati nemmeno successivamente) ma di un suono tutto da assaporare e da farsi trasportare verso un’altra frontiera. Operation: Mindcrime è il loro secondo full album, storico, un capolavoro, un concept che si dipana tra un assassinio ed un omicida, tra dolore e stupore, tra esplosione e pazzia.
Già l’inizio fa scena. Come potrebbe iniziare un concept basato su un assassinio? In ospedale. Mille sono le voci e spazio alla fantasia, iniziano i ricordi. Un’intro per calibrare le intenzioni e subito dopo si parte con Revolution Calling, Geoff Tate alla voce esprime tutto ciò che sa dare. Chi ha detto che un buon cantante si misura dalle qualità vocali? Un buon cantante deve riuscire ad interpretare ogni singola nota, a sprigionare l’emozione che si vuole dare ad ogni respiro ed in questo Geoff non ha rivali. Chris De Garmo inizia subito a farsi conoscere parlando il prog a maniera sua, come andrebbe fatto e il primo assolo entra dentro nel profondo continuando a parlarci anche al termine della traccia. La title track inizia con il trillo di un telefono: l’omicidio sta per essere annunciato, le sonorità diventano cupe, la voce è affilata come la punta di una spada, la ritmica spinge ad un headbanging violento, l’avventura è solo cominciata. L’album ha anche uno spiccato significato politico e lo si riscontra in varie strofe, una per tutte: “Politicians say no to drugs while we pay for wars in South America, fighting fire with empty words while the banks get fat and the poor stay poor and the rich get rich and the cops get paid to look away”.
Al fulmicotone sono Speak e Spreading The Desease ma l’apice lo si inizia a raggiungere con The Mission, opera in cui Geoff esprime tutto il dolore della morte, prima con un cantato pacato e cupo, poi con una forza sprigionata e seguita come un’ombra dal batterista, Scott Rockenfield, che sembra di secondo ordine ma in realtà grazie a lui i brani hanno tutto un altro sapore. Le chitarre si intrecciano per prepararsi alla lunga composizione: Suite Sister Mary, la parte centrale dell’album, con cui la band introduce sonorità molto epiche, con tastiere e cori, ma la forza dell’impatto con il sound targato Queensryche è sempre forte; i campi di tempo sono repentini come i cinque di Seattle ci hanno abituati e la carica non viene dalla potenza sonora delle chitarre bensì dalla loro capacità di scuotere l’ascoltatore, di tenerlo sempre sul filo del rasoio, di corteggiarlo e di cullarlo. Si continua con The Needle Lies, caratterizzata da una vena molto power che ha ispirato da sola almeno cinquanta gruppi (Helloween in testa, basta ascoltare Keeper of the Seven Keys Pt.1 e 2), non lascia per niente indifferenti nonostante si trovi dopo una composizione stupenda di 10 minuti e mezzo. 3 minuti bastano per fissare le fondamenta per altri 20 anni di musica.
Solo con queste 9 traccie avrebbero composto un album completissimo in quel periodo ma….c’è ancora qualcosa da dire. Dopo un intermezzo molto intimo, quasi sacrificale, c’è la potente ed energetica Breaking The Silence, che lo rompe davvero il silenzio. Il tempo è scandito dal basso, sempre preciso e completo; la canzone chiarisce ancora una volta le intenzioni del gruppo: non avere rivali. Altri due capolavori aspettano il povero ascoltatore che ha acquistato il disco aspettandosi un gruppo pari a quelli sentiti in giro: I Don’t Believe In Love è un concentrato di gioia e di sofferenza che si mescolano, Eyes Of A Stranger è la parte finale che ci fa rammaricare perché il sogno sta giungendo alla fine anche se quel pezzo stesso è un sogno e chiude egregiamente un album che non presenta cedimenti, nemmeno inpolverito da un ventennale di altra musica. I Queensryche, dopo quest’album, si trasformano imparando da loro stessi, cambiano spesso pelle pur lasciando sempre tracce indelebili del loro transito.
Autore: Queensryche | Titolo Album: Operation: Mindcrime |
Anno: 1988 | Casa Discografica: EMI |
Genere musicale: Heavy Metal, Progressive | Voto: 10 |
Tipo: CD | Sito web: http://www.queensryche.com |
Membri band:
Geoff Tate – voce, tastiere Chris De Garmo – chitarra Michael Wilton – chitarra Eddie Jackson – basso Scott Rockenfield – batteria |
Tracklist:
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