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01st Ott2011

Afterhours@Live Music Club

by Marcello Zinno

È molto delicato parlare di scena rock italiana senza cadere in falsi miti convertiti al pop o nomi ai più sconosciuti in grado di smuovere solo la sabbia dell’ambiente underground. Gli Afterhours sono l’eccezione che conferma la regola con i loro ventisei anni di attività, il loro otto studio album alle spalle e la responsabilità circa le attese dei propri fan che si trascinano ad ogni uscita. La data live di ieri ci ha confermato questa enorme importanza dei sei musicisti, a cui va riconosciuto un enorme seguito soprattutto a casua dell’enorme spinta che sono stati capaci di dare alla scena alternative italiana durante gli anni ’90. Una band carica di energia, che non ha risparmiato nemmeno una goccia del proprio sudore per quella che era l’ultima data del loro Summer Tour 2011, chiusa proprio a Milano, la loro città di origine.

Tanta attesa e tanta folla lì fissa a guardare il parco, aspettando l’ingresso della band che è avvenuto con una decina di minuti di ritardo, giusto il tempo di far gremire l’ottima location del Live Music Club di Trezzo (perfetta per spazio, servizi ed impianto audio/luce). Entrata in scena di Manuel Agnelli con la maglietta con su scritto “God Is Sound” e il pubblico già era in visibilio: l’apertura con La Verità Che Ricordavo non ha aiutato a calmare gli animi, anzi l’adrenalina dei presenti è accresciuta senza limiti anche grazie a La Vedova Bianca e La Sottile Linea Bianca. Uno show intenso e forte durante il quale i fan hanno gridato a squarciagola e gli artisti hanno impresso il loro tatto con effetti e schizzofrenie del caso. Dal buon Ballate Per Piccole Iene del 2005 è stata riproposta anche Il sangue Di Giuda, pezzo che ha innalzato il valore dell’esibizione e coinvolto tutti, oltre alla title-track dell’album, mentre i salti nel passato hanno visto ripescare Pop, nonchè i vari successi dell’osannato Hai Paura Del Buio (Pelle e Male Di Miele su tutti).

C’è da dire che non è stato tutto rose e fiori lo show. Quell’area da artista alternativo e strafottente è ormai divenuta fuori luogo per gli Afterhours i quali, anche se cercano di continuare a mantenere i loro personaggi, danno scena di quanto si comportino da vere rock star nonostante non lo siano. Ma la vanità in molti casi (soprattutto nel campo dell’arte) arreca apprezzamenti diffusi e offre unicità al proprio artefice; questo va sicuramente considerato quando si parla di Afterhours. Da segnalare l’esibizione carica di Non Si Esce Vivi Dagli Anni ’80 come i due bis che sono stati concessi al pubblico per ringraziarli non solo della serata ma della turnée appena chiusa e degli ottimi risultati ottenuti. Vedremo cosa riserverà il loro futuro.

Category : Live Report
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19th Set2011

Subsonica@Rock The Castle 2011

by Marcello Zinno

La fortuna non ha baciato questa serata. La giornata di sabato ha infatti visto un drastico cambiamento climatico fino alle 19:00 del pomeriggio quando le nubi ormai grigie hanno iniziato a scaraventare acqua con una forza disarmante. La preoccupazione era sui volti non solo delle centinaia di persone incappucciate fino alle caviglie ed in coda per acquistare il biglietto, ma soprattutto degli organizzatori. Le voci correvano da un lato all’altro del Castello di Legnano pur senza conferme mentre il pubblico attendeva sotto un portico il fatidico orario di inizio per capire se poter assistere allo show dei torinesi o tornare a casa.

L’attesa è stata lunga e molto snervante, il via vai di persone era continuo, il terreno iniziava ad infangarsi e le pozzanghere non agevolavano il passaggio di tecnici e persone dello staff che cercavano una soluzione. Alle 21.00 in punto tutti i dubbi si sono smantellati ed amalgamati nel suolo sottostante insieme alla fanghiglia varia: i Subsonica sono entrati sul palco, con il loro tipico style da concerto (camicia rossa e cravatta al collo), la tastiera di Boosta (che da sempre riprende la geniale idea del tastierista dei Nine Inch Nails) già oscillava al primo pezzo, i ritmi erano subito infuocati tanto da far saltare tutti i presenti con una foga inarrestabile. È con Amantide che si è aperto lo show che ben presto, co un Samuel davvero in formissima, ha lasciato spazio a L’Ultima Risposta, aperta da un boato del pubblico, e la conosciutissima Nuvole Rapide. La batteria di Enrico Matta, in arte Ninja, picchiava tempi diagonali intinti di drum’n’bass: l’essenza del sound Subsonica insieme alle basi elettroniche preregistrate, l’ingrediente in grado di caratterizzarli a livello nazionale ed oltre. Ottimo lo spunto per presentare il primo brano dello show tratto dall’ultimo lavoro: è Serpente che incarna l’idea che i cinque hanno della tentazione oltre a far notare uno stile vocale di Samuel molto innovativo rispetto al suo trademark. Veleno, Aurora Sogna e Microchip Emozionale altri salti indietro nel passato prima di giungere alla seconda fase del concerto.

Seconda fase nella quale ci si è affidati ai grandi successi della band: oltre a Tra Gli Dei, su tutti hanno fioccato Non Identificato, Liberi Tutti e Colpo di Pistola, inframmezzati da un’ottima Ginnastica dell’Obbedienza. Ma è stato prima con Istrice e poi con Eden che i Nostri hanno ripreso l’ultimo lavoro e lo hanno valorizzato accentuandolo per la sede live di Legnano e va citata obbligatoriamente la resa di  Benzina Ogoshi con cui i nostri hanno mandato letteralmente a quel paese tutti i luoghi comuni sulla loro musica, indipendentemente dal mittente. Oltre ad una parentesi con i fratelli Righeira che hanno riproposto sul palco insieme alla band il loro cavallo di battaglia Vamos A La Playa, Samuel e Co. hanno voluto ancora omaggiare i brani che tutti conoscono ed hanno scelto Discolabirinto, Tutti I Miei Sbagli e Strade come chiusura del concerto, il penultimo della loro turnée che è stata in grado di incrementare il loro successo, semmai ce ne fosse ancora bisogno.

Category : Live Report
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18th Set2011

Afterhours@ Estragon, Bologna

by Tiziana

“Il mondo non è vero, ma è reale” – F.Pessoa

Bologna accoglie gli Afterhours ogni volta con grande calore emotivo. Sempre nella stessa location, ovvero l’Estragon al Parco Nord, durante la Festa del PD. Dev’essere molto bello, per una band che vanta oltre 20 anni di carriera, ritrovare sempre così tanto affetto, a dimostrazione che gli anni potranno anche passare, ma forse esiste l’immortalità: quella conferita dalla musica. Infatti, a dir poco stupisce la grande carica che questa band esibisce sul palco, come se il tempo in quegli istanti si fermasse, rendendoci tutti partecipi di una sorta di rito Rock’n’Roll. L’immagine forte di un gruppo composto da ben sei musicisti che paiono tutti indispensabili, nessuno escluso; la potenza di un sound dove la minima sfumatura sembra ricercata fino a sfiorare la paranoia; perfino i problemi tecnici sembrano svanire, di fronte a tanta presenza scenica e soprattutto ad un tale entusiasmo. Nessun rimpianto, solo un grande fuoco che ancora arde.

Quando sale sul palco, Manuel (in gran forma) sfoggia un rivisitato stile alla Lou Reed, complice la maglietta scura aderentissima che lascia scoperta una spalla, con la scritta “God is sound”… Ma se Dio è suono, anche gli Eroi creano un culto intorno a sè, per via delle loro gesta. La voce di Manuel piena di energia e di rabbia, la tempesta elettrica generata da Xabier, il violino prezioso ed impeccabile di Rodrigo, il battito furioso ed implacabile di Prette, sono ingredienti di un live che lascia adrenalina in corpo per giorni. Poco importa se il locale è talmente stipato che se svieni rimani in piedi, o ti squagli a causa degli oltre 40 gradi e ti becchi una bella broncopolmonite con lo sbalzo termico, quando esci. Tutto appare sopportabile e la stanchezza proprio non pesa. Anche nei momenti, insopportabili per chi voglia sentire la musica con le orecchie, dove i cori da stadio sovrastano le canzoni. Risulta davvero difficile credere che questa band abbia dovuto faticare, nel tempo, per promuovere sè stessa, quando è evidente che non esiste nulla di simile nel panorama musicale italiano.

Si parte con la “solita” liturgia de La Verità Che Ricordavo, dove Manuel canta un ritorno a quando era bambino e gioca letteralmente con il microfono, facendolo roteare come un lazo. E’ solo un’avvisaglia di quello che sarà il live, con ripescaggi al cardiopalmo da tutti i loro lavori: da Germi – Germi, Siete proprio dei pulcini; da Hai Paura Del Buio? – Male di miele, Dea; da Non E’ Per Sempre – Milano circonvallazione esterna, Non si esce vivi dagli anni ‘80 ; da Ballate Per Piccole Iene – La vedova bianca , Ballata per la mia piccola iena; da I Milanesi Ammazzano Il Sabato – Pochi istanti nella lavatrice, E’ solo febbre. Ma gli Afterhours proprio non vogliono far mancare nulla al loro pubblico: anche brani decisamente più introspettivi come Quello che non c’è, Bunjee Jumping o Pelle e Ci sono molti modi, Il Sangue di Giuda. A chiudere uno show tanto ricco e carico di tensione emotiva, dopo ben tre rientri sul palco acclamatissimi, Voglio una pelle splendida, inossidabile ballad che porta in sè l’amarezza di una ricerca personale di comprensione, di fisicità non sessuale. Da ricordare: una versione acustica di Bianca in cui Rodrigo D’Erasmo dimostra chiaramente le sue virtù, guadagnandosi un sincero applauso d’ammirazione. E un sentito vaffanculo di Manuel, che fa da intermezzo sinfonico tra una strofa e l’altra della splendida e accusatoria Il paese è reale, facendoci sentire tutti un po’ vicini, tra l’imbarazzo divertito e il pensiero che corre subito allo psiconano.

Sembrano lontanissimi anche a noi, che non li abbiamo vissuti (immaginiamo a loro) i tempi in cui il nome Afterhours fu scelto, rifacendosi ad un meraviglioso pezzo dei Velvet Underground. Ma la passione per un certo tipo di musica, è stato il filo conduttore di questi anni gravidi di esperienze, km macinati, litigi e conseguenti dipartite, ritorni (alle volte), rivisitazioni e sperimentazioni, scelte prive di crisi d’identità (perchè sempre definitive), insomma vita da rockstar vissuta. Perfino a Sanremo.
E come dissero loro stessi a Simona Orlando, nelle interviste che generarono Ballate di male e miele (2006): “Abbiamo combattuto per distaccarci dall’attitudine e diventare sostanza. Adesso anche il suono del nostro nome è diverso dall’inizio, importante perchè contiene la nostra matrice e mille significati aggiunti…siamo all’inizio, non alla fine”.
Ed è con queste parole stampate nella mente che attendiamo, ansiosi, l’uscita del nuovo album degli Afterhours. Appuntamento da non perdere assolutamente nel 2012.

Category : Live Report
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18th Set2011

Punkreas + Vallanzaska@Rock The Castle 2011

by Marcello Zinno

La città di Legnano ha appena vissuto un weekend unico. Una doppia serata che ha fatto registrare un grande afflusso di amanti della musica, senza catalogazione di generi; persone che si sono ritrovate a ballare sotto i riff di Punkreas e Vallanzaska durante la prima serata, quella di venerdì 16 settembre, e contorcersi tra i ritmi coinvolgenti e potenti dei Subsonica nella serata successiva. Ma iniziamo per gradi. Già il cartellone del primo giorno di show parlava chiaro: il miglior gruppo di punk italiano, i Punkreas, il miglior gruppo di ska italiano, i Vallanzaska, in un’unica serata. L’attesa alimentava l’ansia e bisogna ammettere che le aspettative sono state soddisfatte a pieni voti.

I Vallanzaska, nella magica cornice del Castello Visconteo, hanno letteralmente smosso gli animi e fatto ballare chiunque, anche chi era in pianta stabile dietro lo stand dell’organizzazione. Già dopo la prima manciata di canzoni, Milano Sings, Spaghetti Ska e Maratoneta, l’energia era al culmine e le nostre gambe erano colpite da un attacco di movimento involontario impossibile da trattenere, ma è con Monitor e  Cheope che oltre alla danza le risate sono fioccate a crepapelle. Una band esilarante ma dotata di tecnica e ottimo affiatamento, caratteristiche riconducibili a non molte proposte musicali del nostro paese. Tra uno scheck da cabaret, una Cime che ha innalzato gli odori di nicotina tra il pubblico ed un giro ne’ La Trattoria, la band ha riscaldato a dovere i presenti per prepararli ai protagonisti della serata.

I Punkreas hanno fatto il loro ingresso senza troppi inibizioni e subito hanno scaraventato il loro punk grezzo e dal sound poco nazionalista. Pochissimo tempo tra un brano e l’altro per prendere respiro, tanta rabbia e contestazioni nei testi politicizzati della band, tanto consenso raccolto da parte del pubblico. In bilico tra il punk diretto e senza fronzoli della band e le derivazioni ska, che richiedevano l’ausilio di tre membri dei Vallanzaska, i Punkreas hanno diretto la scena fino alla mezza notte, senza interruzioni e con inviti a salire dal palco in più di un’occasione (Veline ha raccolto almeno 50 fan di sesso femminile sul palco). Elettrosmog, uno dei pezzi più coinvolgenti, La Soluzione, brano di contestazione alle attuali scelte imprenditoriali citando nell’intro lo stesso Marchionne, Chirurgo Plastico, simpaticissima traccia all’insegna dell’intenzione di volersi rifare il naso: queste le puntate più significative di uno show che ha alternato momenti duri e riflessivi a parentesi sfarzose e goliardiche. Omicidio Legalizzato ci ha riportati a dieci anni fa ed alle polemiche intorno al G8 e ancora una volta strattonava il pubblico rispetto ai toni molto meno seriosi di Il Vicino e La Canzone Del Bosco. Nonostante tutto, stasera sul palco c’era un pezzo ingombrante e rilevante della musica italiana.

Category : Live Report
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09th Set2011

Gods Of Metal 2011

by Marcello Zinno

Nel caos moderno esistono pochi avvenimenti su cui si può davvero scommettere senza correre il rischio di restare con la cosiddetta mano bruciata. Uno di questi è il successo dell’evento “Gods Of Metal”. Si sa, le critiche ci sono sempre: c’è chi pensa che alcuni artisti siano stati posizionati troppo in basso nel bill, altri che fanno polemica sui prezzi dei panini e delle birre (effettivamente quest’anno sembravano ancora più alti), ma con il senno di poi non esistono eventi nel nostro paese che permettono ai metaller italiani di godere di artisti di questo calibro internazionale.

La nostra unica critica a questo tredicesimo anno di Gods Of Metal è rivolta all’organizzazione: il polo fieristico di Rho è uno spazio davvero incolmabile, gigantesco e pensare la cassa biglietti in una posizione opposta rispetto all’ingresso dello show è cosa del tutto improponibile. Inoltre a differenza degli altri anni non era permesso uscire dallo spazio dedicato all’evento per poi rientrarvi. Ci si sentiva un pò ostaggio del parcheggio fieristico.

Per tali vicissitudini abbiamo perso la prima band, i Baptized In Blood, e siamo entrati direttamente all’apertura dei Cavalera Conspiracy, alias Igor e Max Cavalera, fondatori dei Sepultura. Un nome una garanzia, idem per la loro esibizione, potente e piena di energia: un Igor in ottima forma che ha richiamato qua e là ritmi brasiliani omaggiando le proprie origini ed un Max ancora potente (anche se con voce un pò calante). Il duo, insieme a Joe Duplantier e Marc Rizzo, ha esaltato il pubblico con i grandi successi dell’album d’esordio: grandi su tutti Black Ark e Inflikted seguiti dalle irragiungibili perle del passato, Chaos A.D. e Roots Bloody Roots. Non è mancata l’occasione di presentare al pubblico il figlio di Max, Ritchie Cavalera, ormai maturo e capace di cantare sullo stesso palco insieme al padre.

Subito dopo spazio all’hard rock dei Loaded capitanati dall’ex-Guns ‘N’ Roses Duff McKagan, già precedentemente ospitato nel bill del Gods. Nonostante i problemi tecnici che li hanno attanagliati per quasi tutta l’esibizione, i ragazzi hanno tenuto alto l’indice del Rock, non solo durante le riproposizioni dei cavalli di battaglia dei Guns (So Fine tratta da Use Your Illusion II e Attitude, già cover dei Misfits) ma anche nell’eseguire gli ultimi successi tratti da Sick ed i classici del repertorio targato Loaded. Duff è sempre in formissima e l’ultimo membro entrato in line-up, Isaac Carpenter alla batteria, si è dimostrato un vero portento.

Da questo momento in poi il livello è iniziato a calare. Gli Epica hanno proposto il loro metal sinfonico ormai immutato negli anni e pur godendo di un buon seguito non hanno innalzato l’attenzione dei presenti, così come si compete ad una band già a metà bill.

Peggio ancora i Cradle Of Filth che, nonostante il valore creativo guadagnato nella scena symphonic black metal, hanno confermato il calo degli ultimi anni (ultimo decennio?!) in studio e decelerato la corsa dell’adrenalina del pubblico. Pochi gli applausi, pochi i sostenitori, scialbo lo spettacolo ed una scaletta che ha premiato immeritatamente gli ultimi lavori discografici.

Da questo istante, ovvero le 16.15,è iniziato il vero show. Ingresso per i Mr.Big, la band interiormente più giovane del lotto: mai fermi per due secondi uno di seguito all’altro, Billy Sheehan e Paul Gilbert (tornato nella band dopo la lunga assenza) hanno dato dimostrazione di tutta la propria tecnica, trasmettendo cosa significa veramente avere esperienza per uno strumento. Gli assoli sono fioccati uno dopo l’altro, mentre Eric Martin dava lustro delle proprie immutate doti vocali. Little Boy, Green-Tinted Sixties Mind, Take Cover, sono solo alcune grandi canzoni che il quartetto ha regalato ad un pubblico mai stanco del nome Mr. Big.

E così giunse il momento degli immortali Europe di Joey Tempest, conosciuti da mezzo globo per la fortunatissima The Final Countdown. Grandissima forma per la band, forte anche della presenza di Mr. John Norum, ottimo chitarrista capace di collocare gli Europe nell’olimpo delle vere heavy metal band. Joey ha dimostrato ancora una volta di avere una voce tremendamente impattante, nonostante i trenta anni e più di live: con Start From The Dark e Rock The Night ha letteralmente abbracciato il pubblico e conquistato tutti; di grande effetto anche More Than Meets The Eye. Una band da riscoprire e che molti sminuiscono a causa del brano che li etichetta da una vita.

I Whitesnake hanno semplicemente concorso alla posizione di headliner del festival. Per carisma, per talento e per l’immenso supporto dei fan presenti. La band di David Coverdale, fondatore e ormai unico ancora in line-up, ha sbalordito da tutti i punti di vista: la tecnica infinita, l’energia (David stavolta ha scelto musicisti molto più giovani di lui in grado di tenergli spalla) e la scelta dei pezzi hanno rappresentato un alchimia unica che ha reso lo show superlativo. Ovviamente omaggiato l’album 1987 con la roccheggiante ma romantica Give Me All Your Love e la dolce Is This Love, oltre che la potente Still Of he Night in chiusura. Da segnalare l’ultimo singolo Love Will Set You Free, davvero all’altezza del passato e Forevermore che ha scrostato il pubblico dal cemento di Rho. Un applauso al tecnicissimo e nuovo entrato Brian Tichy, un batterista davvero formidabile che David corteggiava da molto tempo. Uno spettacolo quello dei Whitensake da pochi.

Un pò di attesa ed alle 21.40sono entrati gli attesissimi Judas Priest, pronti a quasi due ore e mezza di grande classic heavy metal. Il telo con su scritto “Epitaph”, dal nome del tour, metteva un pò di tristezza ma allo stesso tempo la notizia che avrebbero riproposto i grandi successi dei diversi periodi della band animava soprattutto le prime file, perennemente in movimento come in un’onda irrefrenabile. Avvio incandescente direttamente da British Steel: Rapid Fire e Metal Gods ci hanno portato ai fasti di un tempo con la conferma (questo era il dubbio) che la voce di Halford resta ancora all’altezza delle aspettative. La parentesi sui brani più recenti ha visto presentare Judas Rising e Prophecy ma la versione acustica riarrangiata di Diamond & Rust, l’immortale Breaking The Law durante la quale Rob ha lasciato per intero cantare il pubblico (furbata?), e la coinvolgente The Sentinel hanno rappresentato le vette dell’esibizione. Grande coraggio nella riproposizione di Blood Red Skies, un pezzo che chiede molto alle corde vocali del singer, il quale ha saltato con classe l’ostacolo, mentre Painkiller, The Hellion, Electric Eye e You’ve Got Another Thing Comin’ ci hanno fatto fare l’ennesimo salto indietro di venti anni. In chiusura l’inmancabile Living After Midnight, più che un emblema un saluto ad un pubblico italiano che probabilmente non vedrà mai più suonare sul proprio territorio una delle più grandi band che l’heavy metal abbia mai avuto.

 

Bill:

Judas Priest

Whitesnake

Europe

Mr.Big

Cradle Of Filth

Epica

Duff McKagan’s Loaded

Cavalera Conspiracy

Baptized In Blood

Category : Live Report
Tags : Gods Of Metal
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