Rock in Liri 2018@Isola Del Liri (FR)
La quinta edizione del Rock in Liri si è conclusa in maniera assolutamente positiva, a conferma del detto che sono le condizioni peggiori a rendere le cose straordinarie. Il rischio meteorologico incombeva come un incubo sull’alacre lavoro degli organizzatori, rischiando di guastare l’impegno di mesi e mesi. Ma con un po’ di audacia, voglia di non mollare e di crederci fino in fondo la due giorni musicale che dal 2014 colora di rock l’estate di Isola Del Liri (FR) si è tenuta eccome. E con una perfetta riuscita e successo di pubblico, in barba a tutti gli imprevisti di forza maggiore. I violenti acquazzoni pomeridiani sono terminati giusto in tempo per far rimboccare le maniche agli organizzatori e preparare in tempi record tutto quanto c’era da ultimare. Quindi le serate di venerdì 3 e sabato 4 hanno visto l’alternarsi sul main stage di band e artisti di anima e genere diversi ma tutti accomunati dal profilo qualitativo alto proveniente da un limbo sospeso fra l’underground e il già affermato. Band emergenti, o già emerse, o riemerse da un importante passato, di sicuro non i soliti nomi che cavalcano l’onda. E’ un piacere per me ormai, di anno in anno, scoprire chi ci sarà sul palco, lasciarmi stupire da artisti che non conoscevo o ascoltavo, apprezzare sonorità diverse fra loro che si danno il cambio conferendo comunque unitarietà all’evento, senza creare stacchi forti ma rivelando la matrice comune della qualità, dell’entusiasmo, del semplice ma imprescindibile amore per la musica.
La serata di venerdì 3 agosto ha visto alternarsi sul palco di Piazza Boncompagni (location storica del Liri Blues) i Deadline-Induced Panic, Black Snake Moan e Los Infartos. I primi, romani, hanno proposto il loro raffinato elettro pop/rock. Sonorità affatto scontate ma davvero d’impatto e in grado di catalizzare l’attenzione pure di chi non è un amante/habitué del genere. La voce femminile, con una timbrica fresca e suadente, conferisce verve a una band di formazione recente ma già lanciatissima. Black Snake Moan è il one man blues band che ti riporta agli insuperabili anni 70. Un mix di blues e rock psichedelico, intriso di richiami ad una spiritualità ancestrale e tribale, un ritorno a quei suoni essenziali ma profondi che ad un livello inconscio riconducono il suono e la musica tutta al ritmo primordiale della vita. Una performance raccolta ma incisiva, una situazione intima e magica che invita ad un ascolto attento e riflessivo. Insieme agli inediti trova spazio una cover di All Tomorrow’s Parties (Velvet Underground) che va dritta al cuore, senza nessuna intermediazione. A seguire Los Infartos. Un’allegra, scanzonata, performance che mescola garage punk, psych e soul. Molto carichi, a tratti sovraeccitati, ma piacevoli. Oltre a queste 3 band, nel preserale c’è stata l’esibizione, in postazioni collaterali, dei Nejo (eclettismo puro con rock, pop, blues, reggae) e della giovane cantautrice romana Valentina Polinori con uno stile minimal folk. Un modo originale di disseminare i concerti in un maggior arco di tempo creando un vero continuum musicale che guida idealmente e fisicamente per i vicoli e le piazze della città della cascata.
Stessa formula verrà adottata anche per la serata di sabato 4. Quindi un preserale con 2 performance: i MahDoh da Roma che hanno portato il loro sound vivace, vintage e la loro aria ironica e Maria Pucci, una ragazza con la chitarra che scrive e canta le sue canzoni, una sorta di Joan Baez moderna e un po’ arrabbiata. Il main stage è stato dei The Zoids, dei Caltiki e degli storici Uzeda. I primi, ciociari, hanno proposto il loro indie rock in un concerto movimentato e vivace. I Caltiki hanno portato sul palco una miscela esplosiva di garage, surf, rock’n’roll, beat e psychedelic che ci ha fatto ballare. Performance spassosa e precisa. Ho apprezzato molto il virtuosismo nell’esecuzione dei pezzi surf. Il compito di chiudere la serata, ed il festival, è stato affidato agli Uzeda da Catania. Il pezzo forte che ti suggella la 2 giorni. Una band che negli anni ’80 ha fatto la storia dell’indie italiano esportando molto bene anche all’estero il proprio suono inconfondibile fatto di chitarre dissonanti. Punta di diamante dell’intero festival e audace azzardo degli organizzatori nel proporre un nome così grosso, così storico, così insolito.
Ed è vero che l’audacia premia. Il concerto degli Uzeda ha catalizzato l’attenzione di una piazza gremita e incantata da quel noise rock così caldo, così umano, e dalla voce intensa e magnetica della formidabile cantante. Era tutto un mormorare espressioni di fortissimo apprezzamento, misto anche a stupore per chi come me non li conosceva. L’effetto sorpresa del Rock in Liri quest’anno è stato esplosivo. Aspettiamo, già curiosi, cosa ci riserverà la prossima edizione.
Live del 3 e 4 agosto 2018
Foto di Riccardo Lancia