• Facebook
  • Twitter
  • RSS

RockGarage

      

Seguici anche su

        Il Rock e l'Heavy Metal come non li hai mai letti

  • Chi siamo
  • News
  • Recensioni
  • Articoli
  • Live Report
  • Foto Report
  • Interviste
  • Regolamento
  • Contatti
  • COLLABORA
17th Mar2017

Management Del Dolore Post-Operatorio+Special Guest@Circolo Magnolia

by Marcello Zinno

Wow Festival Management Del Dolore Post-Operatorio 15 marzo 2017Il Wow Festival ha rappresentato l’ennesima (ma sempre apprezzatissima) occasione di creare un fenomeno multi-artistico, dinamica relativamente frequente nella città di Milano ma di cui non tutti hanno compreso il potenziale. L’evento-concerto, inteso sotto forma di palco e sequenza di band, si sta dimostrando un’idea talvolta  obsoleta negli ultimi anni e sempre più frequenti sono le rassegne che ospitano altri artisti o creativi in grado di offrire prodotti o esperienze significative. Proprio per questo, in occasione della data al Circolo Magnolia erano presenti illustrazioni e serigrafie, una distribuzione di vinili, una fanzine e uno spazio dedicato ai videogiochi degli anni 80, disponibili per partite tra un’esibizione e l’altra. Esperimento molto apprezzato anche se a nostro parere il tentativo di commistione delle arti dovrebbe essere spinto in maniera più energica, con più spazio destinato e una natura maggiormente esperienziale anziché legata al solo merchandising. Ma questa non è una critica, piuttosto un suggerimento per il futuro.

Al centro di tutti c’era comunque la musica che ha iniziato a impossessarsi del dovuto spazio con l’ingresso dei Gospel, band proveniente da Luino che ha subito espresso un buon carisma musicale. Un tuffo nel passato quando sono comparse le loro sonorità oscure e un certo concetto di rock’n’roll, non sempre impostato sulla ritmica bensì sul suo onorevole compito di indottrinare le generazioni: questo il rock sanguigno e a tratti psichedelico dei Gospel, molto incentrato sulla componente stilistica (e potremo dire cantautorale) di Lorenzo Balice, vero ideatore del sound della band; ammettiamo però di aver apprezzato il contributo del bassista in primis oltre che quello degli altri due componenti. Un album in uscita da cui è stato proposto La Rivalsa in apertura, e una serie di tracce con trame e sfumature diverse, presentando una realtà che approccia il pubblico e il live con estrema semplicità e con altrettanta pacatezza imposta un sound convincente. Ci sono piaciuti.

Tempo di un giretto per il locale e gli Usual hanno varcato il palco con gli strumenti al seguito. La band ha macinato chilometri, provengono da Riva del Garda, dimostrando anche loro un completa agiatezza nel dominare il palco del Magnolia (non di certo un palco piccolo). Dopo un’intro strumentale hanno subito coinvolto i presenti (cosa non facile per una band emergente che gioca fuori casa). Il loro imprinting è stato molto più elegante seppur, quando è stato il momento, il drumming si è fatto sentire. Proprio quella data è stata importante per loro visto che coincideva con la pubblicazione del primo EP della band, Just Feel Alright, presentato per intero live insieme ad una cover dei Pixies. L’esibizione è piaciuta ma soprattutto ha dimostrato che la band ha voce in capitolo nella scena attuale, una voce raffinata ma che sa arrivare dritta al punto senza sperimentalismi di sorta. Li attendiamo al varco del full-lenght per la prova definitiva.

E poi sono arrivati loro. I Management Del Dolore Post-Operatorio sono all’inizio del loro nuovo tour, un tour che porta in giro il nuovo album Un Incubo Stupendo e che rappresenta un punto di svolta, non solo sulla carta. Line-up stravolta: restano solo Luca Romagnoli e Marco Di Nardo che sono accompagnati dal trio I Muri; l’apporto di una seconda chitarra, elemento nuovo per la band che ha obbligato a rivedere alcune parti; brani meno ritmici e molto più concentrati su poetica e armonie; nuovo tour da collaudare, non a caso i MaDeDoPo sono oggi alla seconda data di un viaggio che proseguirà almeno per due mesi, con un Luca che abbraccia un look nuovo ma con la solita lingua pungente che lo ha contraddistinto da sempre. Attesissimi, non hanno deluso i loro fan con la tanta musica offerta, il loro stile depressivamente indie rafforzato dalla filosofia per nulla spicciola delle liriche e dei discorsi che Luca Romagnoli ha regalato al suo pubblico, sicuramente concetti in controtendenza rispetto alle classiche filastrocche trite e ritrite delle band coetanee. Tantissimo spazio all’ultimo album dal quale sono stati proposti Il Mio Corpo, Una Canzone d’Odio, Il Tempo Delle Cose Inutili, Il Vento, Un Incubo Stupendo, Esagerare Sempre, Naufragando e ripescaggi vari da tutti gli album partoriti dalla band. Per noi i momenti più intensi sono stati La Pasticca Blu con il pubblico ancora caldo e Pornobisogno che rappresentano alcune delle tracce che più hanno spinto i MaDeDoPo al grande pubblico (pur essendo brani intensi e coinvolgenti), mentre i presenti hanno apprezzato maggiormente i ripescaggi da Auff!! come la titletrack e Norman.

Dal vivo i nuovi brani sono risultati meno intensi dal punto di vista ritmico e molto più debitori al precedente I Love You che al più interessante McMAO. C’è stato l’ovvio momento per l’encore con in chiusura Lasciateci Divertire, pezzo che rappresenta il “Management-pensiero” dopo un po’ di tristi elucubrazioni, ciliegina di uno show in cui i ragazzi hanno dato tutto, Luca si è scatenato come suo solito con tanto di immersione tra il pubblico sul finale e gioia degli astanti per le emozioni dei pezzi più conosciuti rivissute insieme. Prossimamente valuteremo Un Incubo Stupendo anche in versione studio e approfondiremo meglio come si relaziona rispetto ai suoi predecessori. Il live di oggi ci suggerisce che non si tratta di canonica maturazione bensì di evoluzione.

 
Setlist Management Del Dolore Post-Operatorio:
Il Mio Corpo
Una Canzone d’Odio
La Pasticca Blu
La Scuola Cimiteriale
Amore Morghese
Il Tempo Delle Cose Inutili
Le Storie Che Finiscono Male
Il Vento
Un Incubo Stupendo
Il Mio Giovane E Libero Amore
Norman
Esagerare Sempre

Encore:
Naufragando
Pornobisogno
Auff!!
Oggi Chi Sono
Lasciateci Divertire

Live del 15 marzo 2017

Category : Live Report
0 Comm
13th Mar2017

Blackberry Smoke@Fabrique (MI)

by Matteo Iosio

Blackberry Smoke fabrique 11 marzo 2017Si dice che ogni lasciata è persa e per non venir meno a questa autentica verità noi di RockGarage non ci siamo lasciati sfuggire l’unica data italiana dei Blackberry Smoke, pesi massimi assoluti del southern rock più autentico in quel del Fabrique di Milano. Appena giunti in loco ci rendiamo immediatamente conto che questa non sarebbe stata una serata ordinaria come tutte le altre, l’eccitazione per la band di Atlanta si presenta ai massimi livelli, dimostrata dal fatto che già a pochi istanti dall’apertura della venue la coda ai botteghini si snoda imponente. Dopo pochi minuti dalla nostra entrata, alle ore 21:00 in punto, di fronte ad una platea già gremita, la perfetta macchina organizzativa dell’evento fa salire sul palco la band di supporto rappresentata dai Georgini Biters, che senza troppi fronzoli sparano subito a zero con il loro rock un po’ eighties e un po’ cafone capace di dar fuoco alle polveri quasi istantaneamente. I quattro ragazzi anch’essi di Atlanta ci sanno fare, zero chiacchiere e tanti pezzi ad alti ottani tratti dai due album prodotti fin ora, Electric Blood (2015) e The Future Ain’t What it Used To Be (2017), quaranta minuti adrenalinici molto apprezzati dai presenti in sala.

Dopo un rapido cambio di stage giunge finalmente il momento tanto atteso, alle 22:00 spaccate è già tempo per il main event, i Blackberry Smoke salgono sul palco ed incendiano i presenti con quattro pezzi al fulmicotone come Fire In The Hole, Six Ways To Sunday, Let Me Help You e Crimson Moon. Charlie Starr e soci si dimostrano delle vere e proprie macchine da palcoscenico, d’altronde 15 anni di carriera con oltre 250 concerti all’anno vorranno pur valere qualcosa no?! I suoni sono perfettamente bilanciati e la voce di Charlie si presente cristallina e potente come sempre. Nelle due ore che si susseguono l’iterazione con il pubblico è ridotta al minimo indispensabile, qui c’è solo spazio per del grandioso rock che trasuda sud, blues e folk, chiudendo gli occhi è facile immaginarsi in qualche fumoso locale di Nashville intenti ad assaporare dell’ottimo Bourbon.

I nostri eroi spaziano su tutto il repertorio inserendo anche molti pezzi del nuovissimo album Like An Arrow, mandando letteralmente in estasi il vastissimo pubblico. Senza che ce ne accorgiamo è già tempo per una studiata uscita di scena prima degli immancabili encore, rappresentati dalle magnifiche Too High e Ain’t Much Left Of Me. Che dire in conclusione? Grandissima band, capace nell’era della digitalizzazione esasperata, di riportare il proprio pubblico ad apprezzare l’unica cosa che conta veramente: il rock, quello vero.

 

Live del 11 marzo 2017

Category : Live Report
0 Comm
26th Feb2017

Nick Oliveri@Cellar Theory (NA)

by Alessio Capraro

Nick-Oliveri-Queens-Of-The-Stone-Age-2017Un pezzo della storia del rock, a cavallo tra gli anni 90 e i 2000, sbarca a Napoli, precisamente al Cellar Theory, storico locale del Vomero che rappresenta ancora oggi uno degli ultimi (ahimè) baluardi partenopei dove si promuove con forza la musica, emergente e non, rigorosamente inedita. Stiamo ovviamente parlando di Nick Oliveri, fondatore dei Mondo Generator ed ex bassista di Kyuss e Queens Of The Stone Age, giganti dello stoner, che si presenta col suo Death Acoustic Tour in una delle sue 7 date italiane. Alle 21:30 un buon numero di persone è già presente all’interno del locale, si prevede una serata sold out e in tanti non hanno voluto rischiare di restare fuori per esaurimento posti. L’atmosfera è piacevole e tra un drink e un altro si attende l’inizio del concerto che sarà aperto dai Sula Ventrebianco, una delle migliori band del panorama rock napoletano e osiamo dire italiano, che il 10 marzo presenterà ufficialmente il suo nuovo album, il quarto Più Niente, missato da Alberto Ferrari dei Verdena.

Per rendere il tutto più omogeneo, anche i Sula Ventrebianco si presentano in formazione acustica, con due chitarre ed un violino, rompendo immediatamente il ghiaccio con una battuta del cantante, Sasio Carannante, che saluta il pubblico esclamando “Salve, noi siamo i Queens Of The Stone Age”, una battuta divertente che vuole essere anche un omaggio ad Oliveri. La band si esibisce in 7 brani prevalentemente tratti dal nuovo album, tra le quali spicca Amore E Odio e Diamante, concludendo con Contorni E Muri (Cosa? – 2010) uno dei cavalli di battaglia della band, cantato in napoletano, caratterizzato da un ritornello ipnotico. Una performance di tutto rispetto, che non si perde in chiacchiere e va dritta al sodo, piacevole ed immediata.

Dopo pochi minuti di attesa, giusto il tempo tecnico di un rapido cambio palco, ecco entrare in scena Nick Oliveri che parte fortissimo, dando sfogo alla sua voce che quasi offusca la chitarra acustica, come se non fosse un unplugged, lo stoner è dentro di lui. Con il pubblico instaura un rapporto inizialmente timido, con un “grazie” alla fine dei primi 3 brani e niente più ma, gradualmente, il popolo napoletano lo trascina con sé, cercando di farlo sentire a casa, e lui accoglie nel migliore dei modi questo spirito, lasciandosi andare anche tra un brano e un altro, scambiando qualche battuta. La voce di Mr.Oliveri è penetrante, graffiante, coinvolgente, generando un tripudio di applausi ad ogni fine canzone, una scaletta che passa da vecchi successi dei Kyuss, come Green Machine e Love Has Passed Me By, a quelli dei Queens Of The Stone Age, come Gonna Leave You, Another Love Song e You Think I Ain’t Worth A Dollar, But I Feel Like A Millionaire, ma anche brani dei Blast e dei Dwarves, altre due band con la quale ha collaborato.

Il live risulta essere trascinante per tutta la sua durata, a metà concerto cade ogni forma di “barriera” tra l’artista e il pubblico, tanto da cedere un secondo microfono a quest’ultimo, invitandolo a cantare con lui fino a creare un rapporto di fratellanza, di amicizia, di fiducia, e la platea napoletana lo avvolge nel suo calore tipicamente folcloristico, iniziando ad “italianizzare” il suo nome e creando dei veri e propri cori per lui, inneggiandolo: “Ni-co-la! Ni-co-la!”. Oliveri sembra essere notevolmente divertito da questa iniziativa. Nick Oliveri non perde minimamente colpo fino alla fine, la sua voce non accenna ad un cedimento, realizzando una performance grintosa, passionale, nella quale non si è certo risparmiato, oltre un’ora di concerto all’insegna del rock.

Aldilà dell’esibizione più che ottima, Oliveri lascia un’immagine di sé molto umile, disponibile con tutti i fan dopo il concerto, per una foto, un autografo o una semplice chiacchierata sorseggiando una birra, con lo spirito di chi è partito dalle ceneri, da quella pura volontà di fare rock, che nasce dalla passione di creare musica, aldilà dei soldi e dei media.

Tracklist:

• Green Machine
• Blast song
• Gonna Leave You
• Won’t Let Go
• Love Is Fiction
• Love Has Passed Me By
• Another Love Song
• Drug Store
• Wake Up Screaming
• Invisible Like the Sky
• You Think I Ain’t Worth a Dollar, but I Feel Like a Millionaire
• Dairy Queen
• Endless Vacation
• Time to Think
• Surf and Destroy
• Four Corners
• Outlaw Scumfuc
• Six Shooter
• I Want You to Die
• Mongoloid

Live del 24 febbraio 2017

Category : Live Report
2 Comm
10th Feb2017

The Devin Townsend Project+Special guest@Live Music Club (MI)

by Antonluigi Pecchia

Devin-Townsend-Band-Between-The-Buried-And-Me-LeprousSicuramente in vetta tra le date italiane più libidinose per i golosi della faccia più particolare del prog metal c’è stata la scorsa serata al Live Club di Trezzo Sull’Adda, unica tappa nostrana del tour che ha unito le tre band rappresentanti le facce di spicco più raffinate di questo genere musicale tanto complesso quanto originale. Una serata particolare a partire dai primi momenti di attività all’interno del Club, di fatti i norvegesi Leprous si ritrovano ad esordire di fronte ad una folta platea ma al solo ascolto delle prime note di Foe la band sul palco viene travolta da un caloroso benvenuto da parte del pubblico. Così dopo questa prima introduzione, la band passa invece a pescare della loro ultima fatica discografica The Congregation e così The Price, Third Law, Rewind, The Flood e Slave in conclusione, disegnano il percorso del loro show, donando al pubblico una versione ancor più serrata di questi brani eseguiti magistralmente e con suoni cristallini. Nonostante la serata sia solo all’inizio, ci ritroviamo in molti a fissarci con espressioni di stupore.

Il cambio palco è molto breve e in brevissimo tempo le strane melodie di Fossil Genera – A Feed From Cloud Montain fanno accendere i riflettori on stage mostrandoci le figure dei Between The Buried And Me, un prog diverso quello loro e, nonostante si sia un po’ ammorbidito o magari reso più convenzionale sul loro ultimo Coma Ecliptic, la scelta dei brani dimostra quanta voglia ha la band di mostrare al pubblico tutte le sfumature che comprende la loro musica o almeno provare a farlo. Infatti tra i brani in scaletta ritroviamo altri due colpi ben tirati e soprattutto complessi nel songwriting come Bloom e Lay Your Ghosts To Rest accoppiati a brani quali The Coma Machine e Option Oblivion, lasciando a Life In Velvet il compito dei saluti, esattamente come nel loro ultimo capolavoro studio. Una prova splendente, tecnicamente perfetta e resa impeccabile dai suoni, che ha travolto buona parte dei presenti e trascinato invece chi ormai conosceva già bene ogni cambio di tempo del loro personalissimo sound, chiave del loro meritatissimo successo. Applausi infiniti meritati tutti per un’oretta di show sbalorditivo.

Il pubblico è caldissimo quando il manifesto di Trascendence viene illuminato dai riflettori, quando dalle casse l’intro di Rejoice richiama la band di serata on stage ad abbracciare gli strumenti, ladies and gentleman Sir. Devin saluta i presenti allo spettacolo gentilmente offerto dal suo The Devin Townsend Project! Teatralità, simpatia, gentilezza, maestria sonora e vocale, classe e raffinatezza nei tecnicismi tipici del prog metal sono i principali punti di questo viaggio galattico che la band ci offre, così restiamo a bocca aperta a goderci lo spettacolo portato avanti con Night, Stormbending, Failure e ancora alla carica con Hyperdrive!. I toni si ammorbidiscono e il romanticismo aleggia nel club con la ballad Where We Belong, poi si apre il circo delle stranezze e dalla complessità sonora con Planet Of The Apes estratta da Deconstruction per proseguire con la celestiale Ziltoid Goes Home. Con Suicide Devin riabbraccia ancora la sua Peavy modello Flying V da lui definita come l’arma giusta per il sound metal, riprendendo quel sound duro che lo aveva caratterizzato nel corso del capitolo Strapping Young Lad e abbandonato qualche anno fa con il disco Deconstruction, dimostrando a tutti di amare ancora il fascino dell’estremo e di sentirlo ancora come parte di sé, nonostante il suo stile sia in continua sperimentazione che ormai abbraccia un po’ tutti i generi musicali.

Si riammorbidiscono le sonorità con Supercrush!, per poi riprendere la carica con March Of The Poozers e concludere in bellezza un set mozzafiato con la tirata e complessa Kingdom, una delle perle assolute nella discografia di Devin che porta l’artista a salutare tutti e preannunciare che ritornerà on stage ammettendo: “noi musicisti adoriamo alla follia rientrare e regalare un encore al pubblico dei loro concerti!”. Un encore particolarmente interessante che ha visto ritornare Devin solo con la sua chitarra acustica per poter cantare in compagnia di tutti la bellissima Ih-Ah! e regalare a tutti dei brividi di emozione, mentre è con Higher, lunga e complessa sognante composizione tratta dall’ultimo Trascendence a salutare e ringraziare tutto il pubblico in sala. Un tributo completo alla carriera di un’artista a tutto tondo che tra alti e bassi di considerazione da parte del pubblico ha sempre scritto musica di qualità e soprattutto priva di confini, la cui umiltà risplende forte, infatti è la stessa persona che a concerto finito trascorre 15 minuti a ringraziare tutti i presenti per essere venuto a sentirlo suonare, chiacchierandoci insieme uno ad uno da bordo palco. Un musicista che ha scritto circa una trentina di dischi, che non riesce a prendersi con serietà ma dotato di genialità più di chi è ben consapevole di essere artista, la cui unica sfortuna forse è di essere stato per anni troppo avanguardista per poter essere preso realmente in considerazione dalle grandi fette di pubblico. Si spera quindi che sia finalmente giunto il momento giusto per poter assistere più spesso alle sue prove live magistrali in location che rendono giustizia alle doti di questo alieno della musica perché fantastico è viaggiare nello spazio in compagnia della sua band, come abbiamo fatto noi tutti.

Più che un concerto, una vera e propria esperienza, così al riaccendersi delle luci nel club riatterriamo sul pianeta Terra, le macchine ci attendono al parcheggio, peccato aver lasciato a casa la navicella spaziale, così magari il rientro a casa sarebbe stato più breve!

 

Setlist The Devin Townsend Project:

Rejoice

Night

Stormbending

Failure

Hyperdrive

Where We Belong

Planet Of The Apes

Ziltoid Goes Home

Suicide

Supercrush!

March Of The Poozers

Kingdom

 

Encore:

Ih-Ah!

Higher

 

Live del 7 febbraio 2017

Category : Live Report
0 Comm
29th Gen2017

EMP Persistence Tour 2017@Live Music Club (MI)

by Marcello Zinno

Persistence-Tour-2017-Live-Club-di-TrezzoIl Live Music Club ha avuto l’onore di ospitare l’unica data italiana di questo tour, una sorta di mini festival presentato come un vero e proprio tour hardcore ma che a ben vedere offriva vari generi sfaccettati in una frangia di pubblico comunque accostabile agli indomabili hardcore, in Italia tra l’altro numerosi, ma che andava ben oltre. Il nome dell’headliner, Suicidal Tendencies, che tra l’altro da poco si fregia del lusso di avere Mr. Dave Lombardo alla batteria (uscito dagli Slayer, non si sa se per l’ultima volta e comunque non nuovo a collaborazioni esterne – si legga al nome dei distruttivi Grip Inc.) ha prodotto una eco poderosa che ha sicuramente contribuito al successo dell’edizione, anche se dobbiamo ammettere che il livello qualitativo era nel complesso molto alto. Al tempo stesso, per massima trasparenza, dobbiamo ammettere che per alcune band il tempo a loro disposizione è stato davvero limitato e con un pubblico così folto (il Live Music Club a fine serata era al limite della propria capienza) siamo sicuri che più di un musicista avrebbe aggiunto qualche pezzo alla propria scaletta. Ma andiamo con ordine.

Siamo giunti tardi al locale e ci siamo persi i Mizery e buona parte dello show dei Burn, d’altra parte l’orario di apertura era davvero audace, considerando l’esodo post-lavorativo milanese. Nei pochi minuti in cui abbiamo potuto ascoltare i Burn ci sono sembrati una buona band di apertura, con un approccio hardcore nel senso più stretto del termine e un frontman che ha coinvolto (e provato a coinvolgere) poco il pubblico presente. Discorso opposto per i Down To Nothing, anche loro statunitensi, che hanno presentato il proprio sound molto debitore al crossover in stile Suicidal ma con una bella dose di groove metal che ha permesso al pubblico di iniziare ad allenare i polpacci. Le tracce avevano uno stile comune, riff stoppati e voglia di saltare senza star lì a pensarci su…per alcuni istanti ci siamo sentiti nel pieno dell’epoca nu metal anni 90 (impossibile non apprezzarli per chi ascoltava Limp Bizkit et similia) ma il sapore hardcore soprattutto nelle parti vocali grattava eccome.

La vera sorpresa è giunta con i Walls Of Jericho, la band capitanata da Candace Kucsulain una delle front-woman più incredibili che io abbia mai visto dal vivo in vita mia (giudizio personale). La violenza del sound mista alle incredibili capacità di Candace di coinvolgere il pubblico hanno davvero fatto lievitare lo spessore del live. Growling e clean (più il primo che il secondo) non hanno scalfito il look street che il combo offriva, anche se il loro stile musicale è risultato molto vicino al metal-core con palm mute e raffiche ritmiche (un plauso al batterista) davvero notevoli. L’album No One Can Save You From Yourself (dal quale hanno proposto la tracklist, Relentless, Reign Supreme, Fight The Good Fight, Forever Militant) ha di sicuro un ottimo carattere ma quello che ci ha colpito è di sicuro la presa live della band che ha regalato uno show in cui ha dato il 150% come se fosse stato un concerto di due ore compresso in 30 minuti. Durante la parte finale singer e chitarrista si sono avvicinati al pubblico incitandolo e facendolo cantare: un momento davvero emozionante, di metal vero, di contatto con il pubblico. Una band che ci ha davvero impressionati.

A seguire sono entrati in scena i Municipal Waste il cui live è letteralmente volato. 30 minuti di thrash-core a 300 km/h in cui la band di Tony Foresta ha agitato la massa e ha fatto divertire tutti. Lo show è proseguito con una velocità incredibile, tanto che il loro passaggio è stato funambolico, ma l’entusiasmo si è letteralmente tramutato in adrenalina incendiaria con Sadistic Magician il cui ritornello è stato cantato unanime dal pubblico. Subito dopo è stato presentato un brano dedicato al nuovo Presidente degli USA, Donald Trump, dal titolo I Want To Kill The President, intenzioni della band concretizzate anche tramite una delle grafiche che capeggia sulle loro (sempre bellissime) t-shirt e su un mega tendone che usano per i live (purtroppo non quello usato in questa data). Altro momento entusiasmante sotto le note del classico Unleash The Bastards e con la conclusiva Born To Party che ha consacrato (ma non ce n’era bisogno) lo spirito della band e un live dai ritmi incandescenti.

Ingresso per gli Agnostic Front, molto attesi per questa data. La band newyorkese ha un seguito che equivale ad uno zoccolo duro della scena hardcore e la loro intransigenza ha sempre rappresentato un arma vincente per ogni nuova fatica che il quintetto ha dato alla luce. Non essendo in tour per promuovere un nuovo album la band ha potuto giocare con la setlist e piazzare due cover, Crucified e Blitzkrieg Bop in chiusura ma pezzi storici come The Eliminator in apertura e Victim In Pain tratta da loro disco d’esordio. Certo non sono mancati brani più recenti come Police Violence e Old New York tratti dall’ultimo The American Dream Died anche se i momenti più coinvolgenti sono stati di sicuro For My Family e Gotta Go, pezzi con una presa live incredibile e costanti presenze nelle loro scalette. Purtroppo i suoni hanno penalizzato la band: la stessa voce di Roger Miret sembrava sintetizzata, ma il pubblico non sembrava curarsene e pogava senza freni.

Sul finire i veri headliner del festival, i Suicidal Tendencies, attesi da gran parte del pubblico che sembrava rispecchiare la band in abbigliamento e look. L’apertura con You Can’t Bring Me Down ha subito richiamato i vecchi tempi della band, una formazione che sul finire ha fatto salire tantissima gente sul palco, confermando l’atmosfera da festa che avevamo sentito già con le precedenti band. Il nuovo World Gone Mad è stato omaggiato con Living For Life, ma anche per loro i momenti più funambolici dello show sono stati legati alle tracce storiche come War Inside My Head e Possessed To Skate. La presenza di Dave Lombardo ha funto come valvola da sfogo per gli ormoni dei presenti, molti dei quali in visibilio solo per lui. Uno show in grado di coinvolgere tutti, forse dalla durata un po’ risicata ma sapevamo che si trattava di un bill in grado di dare spazio a molte band quindi è giusto che ognuna abbia avuto lo spazio che si meritava. Un’occasione davvero entusiasmante non solo per gli appassionati di musica hardcore ma per tutti i metaller del globo.

Setlist Suicidal Tendencies:

  1. You Can’t Bring Me Down
  2. Two Sided Politics
  3. War Inside My Head
  4. Subliminal
  5. Trip at the Brain
  6. Freedumb
  7. Living For Life
  8. Possessed to Skate
  9. I Saw Your Mommy
  10. Cyco Vision
  11. How Will I Laugh Tomorrow
  12. Pledge Your Allegiance
Setlist Agnostic Front:

  1. The Eliminator
  2. My Life My Way
  3. Police Violence
  4. For My Family
  5. Friend or Foe
  6. Victim in Pain
  7. Old New York
  8. All Is Not Forgotten
  9. Peace
  10. Crucified (Iron Cross cover)
  11. Gotta Go
  12. Police State
  13. A mi manera
  14. Addiction
  15. Blitzkrieg Bop (Ramones cover)
Setlist Municipal Waste:

  1. Mind Eraser
  2. You’re Cut Off
  3. The Thrashin’ of the Christ
  4. Idiot Check
  5. The Inebriator
  6. Beer Pressure
  7. Sadistic Magician
  8. I Want to Kill the President
  9. Intro
  10. Slime & Punishment
  11. Unleash the Bastards
  12. Born to Party
Setlist Walls Of Jericho:

  1. Playing Soldier Again
  2. A Trigger Full of Promises
  3. Feeding Frenzy
  4. Relentless
  5. Reign Supreme
  6. Fight the Good Fight
  7. Forever Militant
  8. No One Can Save You From Yourself
  9. The American Dream
  10. Revival Never Goes Out of Style

Live del 26 gennaio 2017

Category : Live Report
0 Comm
16th Gen2017

Green Day + The Interrupters@Mediolanum Forum (MI)

by Piero Di Battista

Green Day + The Interrupters@Mediolanum Forum (MI)Andare ad un concerto avendo dentro magari non aspettative basse ma qualche dubbio. Sulla durata e soprattutto sulla performance. Il concerto dei Green Day tenutosi al Forum di Assago (MI) è il quarto (e ultimo) in suolo italico, dopo le precedenti date di Torino, Firenze e Bologna. Il tour europeo supporta l’uscita del disco Revolution Radio, album che la band californiana ha pubblicato lo scorso autunno. E cosa c’entra il discorso sulle aspettative quindi? C’è da dire che le ultime perfomance dei Green Day sono state tutt’altro che memorabili. Gli ultimi dischi, soprattutto la trilogia Uno! Dos! Tres!, di certo non saranno ricordati come i loro migliori lavori. In più aggiungiamoci anche alcune problematiche che hanno colpito parte degli elementi della band: dalla recente, ma finalmente passata, tossicodipendenza del cantante Billie Joe, fino ad arrivare alle gravi malattie che hanno colpito prima il chitarrista turnista Jason White e poi la moglie del bassista Mike Dirnt. Fortunatamente il tutto si è risolto. Questo turbine di emozioni ha, inevitabilmente, contribuito fortemente alla nascita ed alla realizzazione del loro ultimo lavoro in studio. Lavoro di cui abbiamo parlato a suo tempo a questa pagina.

Ad accompagnare i Green Day, abbiamo i The Interrupters, band di cui abbiamo parlato ampiamente in passato sia riguardo l’ultimo loro album, che in occasione di alcuni live. La ska punk band californiana, una “creazione” di Tim Armstrong dei Rancid, regala una mezz’oretta di più che godibile show. She’s Got Arrested, By My Side e Family sono tra i pezzi che Aimee e compagnia propongono. Peccato che larga parte dei presenti non li conosca e non si lasci minimamente coinvolgere, considerato che stiamo parlando di un gruppo che fa della resa “live” uno dei suoi punti forti. La location magari non li ha agevolati, in un contesto più “piccolo” la loro energia avrebbe avuto forse più impatto. Ma tant’è. Bravi! Se ancora non li conoscete, affrettatevi a farlo.

Sono le 20.30 e le note di Bohemian Rhapsody dei Queen, seguite da Blitzkrieg Bop dei Ramones e dalla theme de Il Buono, Il Brutto E Il Cattivo di Ennio Morricone ci dicono che ci siamo. Tutto è pronto e i Green Day si palesano finalmente sull’ampio stage del Forum. Billie Joe si dimostra già carico, pieno di energia da sparare in faccia al sold-out della location milanese. E, coinvolgento sin da subito il pubblico a forza di cori, si parte subito con Know Your Enemy, seguite dalle più recenti Bang Bang e Revolution Radio. Chi vi scrive ha visto i Green Day più e più volte. E di rado sono apparsi così carichi, vogliosi, freschi. Consapevoli che la trilogia di dischi accennata prima non ha avuto un gran successo, la setlist non va ad attingere da quei dischi. Per la gioia dei più va a pescare soprattutto da American Idiot (2004), da cui i Nostri eseguono Holiday, Boulevard Of Broken Dreams, Letterbomb, Are We The Waiting e St.Jimmy. Ma anche dai loro album più datati, come Nimrod (1997), da cui estraggono Hitchin’ Ride, Scattered e King For A Day, e soprattutto da Dookie (1994), di cui non potevano mancare Basket Case, She, Burnout e Longview, durante la quale, Billie invita una ragazza sul palco lasciandole cantare una strofa del pezzo. Suscitando l’invidia delle migliaia di persone presenti nella venue milanese. E proprio questo che colpisce tra i vari aspetti positivi dello show: il fatto che mai come prima la band ha coinvolto i presenti, invitando più volte ragazze del pubblico sul palco, lasciandole cantare, ma anche suonare e per giunta regalare ad una di loro una chitarra. Episodi che, vissuti direttamente, ci si porterà per tutta la vita.

Lo show prosegue, il pubblico non ha occasioni per distrarsi dato che Billie a forza di “I say eeeeeoooo” (a volte forse un po’ eccessivi) riesce a mantenere alta l’attenzione ed il coinvolgimento del pubblico, che sia parterre o tribune. La sensazione che lo show stia terminando non tarda arrivare, soprattutto quando i tre eseguono i loro più storici, e forse noti brani, come i già citati Basket Case e She, passando per altri pezzi datati come 2000 Light Years Away e Christie Road (tratti da Kerplunk, 1992), arrivando al consueto medley di cover Shout/(I Can’t Get No) Satisfaction/Hey Jude, per terminare con Forever Now, brano tratto dal loro ultimo disco, che chiude la prima parte del concerto. Dopo qualche minuto di pausa, i Nostri tornano sul palco per regalarci le ultime perle, da American Idiot a Jesus Of Suburbia, per poi terminare definitivamente con le note di Ordinary World e Good Riddance (Time Of Your Life).

La serata termina alle 23:00 circa, quindi per un totale di ben due ore e mezza di show. Chi lo avrebbe pensato? I commenti sulle altre date italiane avvenute nei giorni precedenti erano molto entusiasti e grondavano soddisfazione da tutti i pori. Non possiamo altro che confermare quanto già raccontato. Finalmente uno show degno di nome. Come detto in precedenza, di rado si sono visti i Green Day così in forma, tutti gli elementi del gruppo, turnisti assolutamente inclusi, hanno dato il loro prezioso contributo ed il risultato lo si può percepire sulla pelle di chiunque abbia presenziato a questa serata. Aggiungiamoci anche una scaletta al limite della perfezione ed il risultato è tutto ciò che vi abbiamo raccontato. Ma chi non c’era può sempre rimediare dato che, assieme ai Rancid, i Green Day saranno di nuovo protagonisti di due date, a Monza e Lucca, nel prossimo giugno. La speranza è che non perdano questa verve. Ma siamo fiduciosi. Bentornati!

Setlist Green Day:
1) Know Your Enemy
2) Bang Bang
3) Revolution Radio
4) Holiday
5) Letterbomb
6) Boulevard of Broken Dreams
7) Longview
8) Youngblood
9) 2000 Light Years Away
10) Hitchin’ a Ride
11) When I Come Around
12) Christie Road
13) Burnout
14) Scattered
15) Minority
16) Are We the Waiting
17) St. Jimmy
18) Knowledge
19) Basket Case
20) She
21) King for a Day
22) Shout / (I Can’t Get No) Satisfaction / Hey Jude
23) Still Breathing
24) Forever Now
25) American Idiot
26) Jesus of Suburbia
27) Ordinary World
28) Good Riddance (Time of Your Life)

Live del 14 gennaio 2017

Category : Live Report
0 Comm
26th Dic2016

Mellowtoy@Black Hole (MI)

by Piero Di Battista

bagana-rock-agency-christmas-party-ultimo-live-dei-mellowtoyMellowtoy. Band di cui vi abbiamo raccontato in diverse occasioni, che fossero recensioni, interviste ed anche concerti. Ed è proprio di un live che oggi vi racconteremo. E non di un live qualsiasi, bensì del loro ultimo live. The Last Show. Ma facciamo qualche passo indietro: Prima il cambio di una delle due voci, avvenuto circa un anno fa con Simone Cristianelli che è arrivato a sostituire l’uscente Matt Massa, formando così il nuovo binomio vocale assieme all’altro storico cantante Emi Camellini. Ne segue un anno con diverse date, sia in Italia che all’estero. Ma qualcosa cambia: neanche un mese fa, attraverso i profili social dei membri dei Mellowtoy, seguiti da un comunicato ufficiale proprio della band, ci arriva la notizia che quello del 23 dicembre 2016 a Milano sarebbe stato il loro ultimo show. Notizia alquanto inattesa, soprattutto perché chi li segue sapeva che stavano lavorando ad un nuovo disco, che avrebbe suscitato tanta curiosità ed attenzione trattandosi anche del primo con Simone alla voce. Ed invece i ragazzi hanno deciso di chiudere i battenti. I motivi? Non si conoscono con precisione. Ma di certo, o almeno così vogliamo immaginare, avrà influito una sorta di stanchezza, logorio nell’attraversare lo Stivale per un pugno di mosche. Investimenti, non solo economici, ma anche di sudore, fatica e soprattutto a livello mentale per una scena underground che, nonostante sia costituita da diversi quanto meritevoli gruppi, fatica ad emergere, colpa anche di una buona parte di pubblico affetta da pigrizia acuta. Ma questo è un altro discorso, diverso e molto più ampio. E non mancherà occasione di parlarne.

Quella del 23 è stata la loro serata. E non ce ne vogliano CheckMate e Killin’ Baudelaire, ovvero le due band che hanno aperto lo show, se in questa occasione parleremo poco di loro. Sono gruppi sicuramente validi, diversi tra loro, di cui sentiremo parlare molto in futuro. Noi ovviamente li/le seguiremo. Finalmente arriva il momento Mellowtoy e, accompagnati dal consueto intro, uno ad uno si presentato sullo stage del Black Hole i sei membri, dando inizio allo show con Lies, seguita da Reflections, e da Highway To Fall. Il pubblico è totalmente coinvolto dalle note del combo lombardo, dalle voci di Emi e Simone, dalla sezione ritmica di Picci e Teo e dalle chitarre di Frank e Titta. Tanta musica, poche parole e soprattutto emozione che traspare da chi assiste, e soprattutto da chi ci regala tutto questo. La setlist attinge soprattutto dal loro ultimo disco, Lies, susseguendosi così brani come S.A.T.A.N., Dead Colours, Destroy Yourself e Visions, arrivando alla consueta cover di Song 2 dei Blur. Le sorprese non mancano, tant’è che nell’ultima parte del concerto si uniscono alla band anche ex-membri come Diego Cavallotti, attuale chitarrista dei Lacuna Coil e Alessandro Barison alla voce, dando al pubblico quell’ulteriore adrenalina in più, mista tristezza, considerato che l’epilogo è dietro l’angolo. Fuck U, Porno, Shit Shit Shit e 2 Minutes sono i brani, tra l’altro i più datati, che i Mellowtoy regalano ai presenti come conclusione dello show.

Come raccontavamo poc’anzi, le parole sono poche, semplici ringraziamenti a chi li ha seguiti in tutti questi anni, che siano staff o pubblico. Gli occhi di alcuni dei membri sono gonfi, i nodi alla gola risultano difficili da sciogliere. Sì, siamo alla fine. Alla fine di quindici anni di onoratissima carriera che li hanno portati a calcare palchi importanti in Italia ed all’estero, anche assieme a gruppi molto più conosciuti di loro. Ci mancheranno e tanto. Basta leggere i diversi commenti e messaggi d’affetto che, sia come band, che a livello personale, hanno ricevuto attraverso i loro profili social. L’underground italiano perde una pedina fondamentale. Ma non muore al Black Hole stasera. La cosa da fare è ricordarci i Mellowtoy a lungo e seguire quanto, ad ogni concerto, Emi raccomanda dal palco, ovvero quello di continuare a seguire e supportare la scena underground. Noi non ci stancheremo mai di farlo. Con il ricordo dei Mellowtoy nella mente e nel cuore. E come dicono loro: STAY MELLOW.

Setlist Mellowtoy:

  1. Intro
  2. Lies
  3. Reflections
  4. Highway To Fall
  5. S.A.T.A.N.
  6. Dead Colours
  7. Destroy Yourself
  8. Visions
  9. Song 2
  10. The Antagonist
  11. Chain Reaction
  12. Fuck U
  13. Porno
  14. Shit Shit Shit
  15. 2 Minutes

 

Live del 23 dicembre 2016

Category : Live Report
0 Comm
03rd Nov2016

The Cure + The Twilight Sad@Mediolanum Forum (MI)

by Marcello Zinno

the-cure-1-novembre-2016-mediolanum-forum-assago-miL’arrivo dei The Cure in Italia era atteso da molto tempo. L’attesa però era limitata ai fortunati che erano riusciti ad accaparrarsi il biglietto per una delle loro date italiane perché alcune di queste tappe sono andate molto presto sold out. Vero che la band (e il management) ha cercato di accontentare tutti aggiungendo una seconda data a Milano ma per una band del loro calibro, che riesce a mantenere alto il livello di qualità esecutiva (ed emotiva), le richieste sono sempre superiori a quanto possano offrire. Noi abbiamo potuto assistere alla prima data milanese, quella del 1° novembre al Mediolanum Forum di Assago, location che si è riempita gradualmente ma che già alle ore 20:30, orario di inizio dell’esibizione dei The Cure, manifestava il pienone. Lo show è stato aperto dai The Twilight Sad, band scozzese che ha mostrato un’ottima compattezza sonora, un’adeguata linearità rispetto alle attese musicali del pubblico e una vicinanza al sound della band di Ian Curtis. Si sorrideva pensando che i The Cure agli esordi avevano aperto più di un concerto dei Joy Division e oggi, a distanza di quasi quarant’anni, una band con il medesimo stile fa da opener a loro, ancora con tantissimo seguito. Sembra davvero che le lancette si siano fermate, fatta eccezione per il tempo a disposizione dei The Twilight Sad per il live, trenta minuti netti che ci hanno fatto assaggiare una buona attitudine suggerendoci che sentiremo parlare di loro presto nella scena post-punk.

 

È stata necessaria un’oretta di impaziente attesa per vedere Robert Smith e soci varcare il palco milanese ed essere accolti da un boato fragoroso. Tra il pubblico c’era gente di tutte le età, segno che i The Cure hanno mantenuto una posizione di merito tra i fan cresciuti con loro ma anche che il loro sound, così particolare e dolcemente oscuro, ha fatto breccia nei cuori delle giovani generazioni. Così, non per scherzo, il concerto si è aperto con Open, brano che fa da apripista anche ad uno dei loro maggiori successi (Wish) caratterizzati da un alone molto meno dark rispetto ai loro anni 80; Robert catalizza l’attenzione del pubblico e non lo fa attraverso il suo look e la sua stazza bensì tramite la sua voce, lucida e delicata come un tempo. Sembra aver vinto la battaglia contro l’età (classe 1959!), non aver perso in smalto: la sua presenza dimostra quanto la bellezza musicale, seppur ammantata da malinconia e fascino crepuscolare, trascende le epoche e le mode, addirittura risultando filosoficamente ancora più aderente alle difficoltà affrontate da chi vive in gioventù la società odierna. Con In Between Days il pubblico inizia a muoversi e anche sul primo anello del palazzetto si vedono fan cullarsi sotto le note leggere e spensierate, ma è con la successiva Pictures Of You che il pubblico schiarisce la propria voce e segue Robert in un canto ancestrale e suadente.

 

Il fatto di non disporre di un album da promuovere ha permesso alla band di proporre tantissimi brani del passato e di certo la loro era anni 80 non è stata per nulla annebbiata: Lovesong e Charlotte Sometimes hanno fatto da assaggio a quello che la band avrebbe lasciato per la fine, come ogni grande nome che si rispetti. 160 minuti di musica totali, un grandissimo omaggio alla musica e ai propri fan, un concerto che è stato molto più di un’esibizione, un viaggio onirico cullati dai gesti a tratti fanciulleschi di Robert che incantava per le sue movenze a volte goffe altre volte sognatrici; Robert che aveva al fianco su tutti un Simon Gallup che saltava da una parte all’altra del palco con la sua T-shirt dei Iron Maiden e un Jason Cooper incisivo e potente a dettare il tempo. Tre sono stati gli encore di cui ci piace segnalare la proposta di A Forest (un tuffo nel passato remoto), Lullaby ma soprattutto l’ultima parte del concerto, quella che ha racchiuso i più grandi successi della band, i brani a cui tutti i presenti sono affezionati, su tutti Hot Hot Hot!!!, Friday I’m in Love, Boys Don’t Cry, Close to Me. Un crescendo di emozioni che ci ha portati ad un’ultima parte travolgente, senza tempo, così come è Robert Smith, così come è la musica dei The Cure.

 

Setlist The Cure:

1. Open

2. High

3. A Night Like This

4. The Walk

5. Push

6. In Between Days

7. Pictures of You

8. This Twilight Garden

9. Lovesong

10. Primary

11. Charlotte Sometimes

12. Just Like Heaven

13. Trust

14. Want

15. The Hungry Ghost

16. From the Edge of the Deep Green Sea

17. End

 

Encore:

18. It Can Never Be the Same

19. Shake Dog Shake

20. Burn

21. A Forest

 

Encore:

22. Lullaby

23. Fascination Street

24. Never Enough

25. Wrong Number

 

Encore:

26. Hot Hot Hot!!!

27. Friday I’m in Love

28. Doing the Unstuck

29. Boys Don’t Cry

30. Close to Me

31. Why Can’t I Be You?

 

Live del 1 novembre 2016

Foto: Marco Bartolini

Category : Live Report
0 Comm
10th Ott2016

Moonspell + The Foreshadowing + Eleine@Live Music Club (MI)

by Antonluigi Pecchia

moonspell-special-vintage-showIn questo periodo Milano è ricca di concerti metal e ogni sera risulta una vera e propria sfida scegliere il migliore a cui assistere ma, tra gli eventi imperdibili della stagione raffigurava il ritorno dei portoghesi Moonspell, in tour per la sesta volta dopo l’uscita di Extinct. Con il presente Road To Extinction part VI per evitare la di scadere nella monotonia, dati i vari tour già fatti per la promozione del disco, la band ha voluto sfruttare l’occasione del ventesimo anniversario dall’uscita di Irreligious, secondo album a cui la band deve tutta la sua popolarità a livello mondiale, proponendo una setlist completamente old school in ogni tappa dell’itinerario del loro viaggio. Per l’occasione la band ha deciso di farsi accompagnare dai nostrani The Foreshadowing e dalla giovane formazione svedese Eleine.

Il Live Club di Trezzo sull’Adda si ritrova piuttosto spoglio quando gli Eleine inaugurano lo stage, di fatti i primi brani proposti della band hanno rimbombato in una sala quasi vuota. La proposta non è sbalorditiva, metal sinfonico il loro, trascinato da qualche riff dinamico realizzato con una chitarra a sette corde che tende ad ammorbidirsi in fase di ritornello in cui la frontwoman dona melodia e sensualità ai presenti, le sue forme da modella hanno sicuramente ispirato molti applausi sinceri da parte del pubblico, rendendo maggiormente godibile la loro proposta musicale altresì divertente ma priva di pretese.   

Nel periodo di tempo trascorso il club si è affollato maggiormente al punto che l’esordio sul palco dei doom metallers capitolini The Foreshadowing si è formata una ricca platea in attesa, composta da un po’ di supporters e curiosi. Il genere proposto dal combo romano sicuramente si abbina meglio a quello dei protagonisti della serata. Tutto il pubblico apprezza e partecipa, per quanto possibile, in maniera attiva allo show proposto, formato dai pezzi migliori dei suoi quattro album, tra cui: Fall Of Heroes, Two Horizons, Oionos, Havoc e Departure. Uno show preciso e ben suonato, frutto di molteplici esperienze in tour per l’Europa. I brani della band acquistano spessore in sede live, risultando più energici, merito anche del lavoro trascinante da parte di Giuseppe Orlando dietro le pelli. Forse l’unica pecca dello show potrebbe risultare la staticità della presenza scenica on stage del frontman Marco Benevento, bravo nel lavoro vocale ma magari un po’ di dinamicità in più non guasterebbe dato anche i momenti più cadenzati del loro repertorio, rendendoli più facili, ma d’altronde il genere suonato dalla band non è accessibile a tutti. Buona prova!

Si riaccendono le luci on stage: un telone raffigurante una luna piena copre lo sfondo del palco, mentre una testa scheletrica di caprone spicca sulla batteria, con questa visione siamo tutti consapevoli che si tratterà di una serata speciale. I Moonspell prendono posto on stage e un boato da parte di una platea molto calda esplode nel club. Le danze vengono aperte con Wolfshade (A Werewolf Masquerade), il pubblico quindi canta Wolfheart per intero. Non è semplice per noi abituati a conoscere la band nelle sue vesti gothic veder suonare la band brani a metà tra il black e il folk, ma sembra che la formazione sul palco si diverta ancora molto a farlo, saltellando da una parte all’altra negli attimi più movimentati proponendo ogni brano con grande orgoglio. La scenografia semplice della serata viene completata da giochi di luci che riescono a donare una maggior forza alle atmosfere dei brani proposti. Come quando lo stage si tinge di rosso per permettere alla band di regalare un’interpretazione di Vampiria da brividi, Fernando Ribeiro incanta il pubblico indossando le vesti di vampiro e trascina il club con sé nelle tenebre più tetre. An Erotic Alchemy fa saltellare tutti i presenti, ormai ben caldi che cantano senza farsi pregare. Così Alma Mater completa questa prima parte dello show, ma rappresenta l’omega e l’alfa dello show, perché da questo istante si inizia a raggiungere l’estasi, infatti non si sa cosa aspettarsi quando la band, dopo un attimo di respiro, riprende posto on stage.

Un’ovazione da parte del pubblico investe la band ai primi rumori dell’intro Perverse… Almost Religious, svelando la seconda parte di questo evento speciale, infatti la serata sarà completata con l’esecuzione di Irreligious per intero. Il pubblico ben caldo esplode sulle note di Opium e come un treno in corsa la band giunge verso la conclusione del programma; indimenticabile resterà la magistrale esecuzione di Mephisto per giungere al momento dei saluti con l’attesissima Full Moon Madness durante la quale i presenti hanno mostrato alla band tutta l’energia a loro rimasta. Una serata speciale, in cui pubblico formato da chi ha avuto modo di assistere ad uno show simile della band qualche anno fa e chi, più giovane, non ha mai avuto modo di vedere la band vestire questi panni, non si sono risparmiati saltando e intonando insieme le liriche di questi due album. Così le luci si accendono in sala e Ribeiro e soci restano a godersi i loro meritati abbondanti (e mai troppi) applausi con il sorriso dipinto sui loro volti; noi ci incamminiamo verso casa, domani ci toccherà lavorare e ci sentiremo stanchi ma ne è valsa la pena. Assistere a questa serata unica sarà qualcosa che non dimenticheremo facilmente!

Live del 2 ottobre 2016

Category : Live Report
0 Comm
19th Ago2016

Bay Fest 2° giorno@Bellaria Igea Marina (RN)

by Piero Di Battista

Bay Fest 2Dopo la sbornia a base di punk rock della domenica, eccoci al lunedì di ferragosto di nuovo al BayFest per la sua seconda giornata. Le porte aprono più tardi rispetto al primo giorno (sono circa le 17:30), ed i motivi di interesse per questa giornata sono molti e di alcuni abbiamo già parlato, tipo la presenza esclusiva degli Screeching Weasel e quella dopo diversi anni dei Satanic Surfers. Ma andiamo con ordine. I primi a calcare il palco sono gli Honey, band che “gioca in casa” essendo di Rimini. Nati nel 2014, ma con diverse esperienze musicali negli anni precedenti, gli Honey si propongono come una nuova realtà del punk rock nostrano. E la loro proposta la accogliamo volentieri. La loro, seppur breve, esibizione, mette in mostra discrete qualità. Peccato che però la location è ancora semi-vuota; certamente gli Honey avrebbero meritato più occhi e soprattutto più orecchie davanti a loro. Ma non mancheranno occasioni, ne siamo certi.

I secondi ad esibirsi sono i Lags, band proveniente da Roma, che propone un discreto post hardcore. Forse il genere non calza perfettamente con l’evento ma poco importa. I quattro romani si dimostrano una realtà interessante, e gli spunti di interesse li avevamo già notati ascoltando il loro disco Pilot. La loro performance dura circa mezz’ora, e possiamo dire che ne siamo usciti soddisfatti. Da seguire. Dopo i Lags arriva il momento per un altro gruppo italiano: gli Slander. Arrivano da Venezia e sono attivi dal 2014. Il loro è uno show assolutamente degno di nota. Che la band avesse un discreto seguito si sapeva, ma non tutti erano consapevoli del fatto che gli Slander, con il loro potente hardcore, potessero realizzare uno show dal notevole impatto. Quaranta minuti circa in cui i veneti ci regalano un condensato di puro hardcore. E, come abbiamo detto poc’anzi riguardo gli altri gruppi, è un peccato che in pochi abbiamo avuto la fortuna ed il piacere di assistere a questa esibizione. Assolutamente tra i migliori dell’intera rassegna.

Un’altra band che di vita di strada e di palchi calcati ne sa parecchio sono i Derozer. La band di Seby, tornata on the road da qualche mese, ci regala una scaletta pressoché attendibile, considerato che, al momento, non sono in fase di promozione di alcun disco, se non che della loro brillante carriera. Al basso, come nelle ultime date del gruppo vicentino, c’è Zamu, cantante dei Duracel, al posto dell’ormai ex-rozzo Mendez. La band vicentina riesce, come di consueto, a far divertire il pubblico, eseguendo diversi loro brani storici. Si susseguono dunque Chiusi Dentro, Mondo Perfetto, Cielo Nero, Bar, Tg, Fedeli Alla Tribù e tante altre. Fino alla chiusura che, come consuetudine, spetta ai loro pezzi più noti: Alla Nostra Età e Branca Day. Show impeccabile, show da Derozer. Garanzia.

E’ sera. La giornata si dimostra, anche oggi, molto soddisfacente, peccato per l’affluenza parecchio inferiore rispetto al primo giorno. Soprattutto per l’importanza degli ultimi due gruppi che devono esibirsi. Finalmente, dopo circa quindici anni, come ricordano anche loro dal palco, ecco i Satanic Surfers. Si sciolsero nel 2007, due anni dopo la pubblicazione del loro ultimo disco, Taste The Poison, e dopo essersi dedicati ad altri progetti musicali, da un anno si sono riuniti per alcuni festival in Europa (Spagna) e non. Fortuna vuole che, per questa occasione speciale, abbiano scelto anche l’Italia. Lo show è impeccabile: Rodrigo Alfaro alla voce ed Andy Dahlstrom al basso si mostrano sin dalle prime note degli autentici showman, riuscendo a coinvolgere pienamente il pubblico, spesso anche interagendo. Come era prevedibile, la setlist del combo svedese tocca un po’ tutta la loro carriera: Together, Better Off Today, Puppet, Good Morning sono solo alcuni dei brani proposti, buona parte dei quali tratti dal loro album Hero Of Our Time dai cui viene anche proposto l’omonimo pezzo, con un pubblico che risponde totalmente soddisfatto. I Satanic Surfers tornano sulla scena e lo fanno presentandosi tutt’altro che arrugginiti. E’ stata una reunion temporanea? C’è in progetto un nuovo disco? Abbiamo avuto l’onore di intervistare Rodrigo prima dello show, che ovviamente ha risposto anche a queste domande. Stay tuned. Nel frattempo grazie.

Passano le 23:00, l’affluenza, come detto prima, non è corposa tant’è che si riesce ad arrivare sulle transenne ai lati del palco abbastanza facilmente. E finalmente, per la prima volta in Italia, e per la loro unica data europea, arrivano gli Screeching Weasel. Ci teniamo a sottolineare che sono assolutamente una delle band più sottovalutate nel panorama punk rock. Originari di Chicago, ed attivi dal 1986, nel corso della loro carriera hanno sfornato un discreto numero di dischi, tra cui spiccano My Brain Hurts, Boogadaboogadaboogada! e Wiggle, album pubblicati tra la fine degli 80’s ed all’inizio dei 90’s. Delle storiche formazioni rimane il cantante e leader Ben Weasel, che si presenta con una t-shirt dei The Manges, storica punk rock band di La Spezia. Nella line-up non ci sono più personaggi fondamentali quali Jughead o Danny Vapid, ma non si può volere tutto. Godiamoci lo show, uno show che parte a razzo. Zero parole e solo musica; per la gioia dei fan di vecchia data, come chi vi scrive, è My Brain Hurts il disco da cui vengono presi più brani. What We Hate, Cindy’s On Methadone (dove partecipa alla chitarra Andrea dei The Manges), Veronica Hates Me e The Science Of Myth, passando per The First Day Of Summer, Supermarket Fantasy, Hey Suburbia, Dingbat e Joanie Loves Johnny. Punk rock puro, condito dagli ottimi assoli di Zac Damon, e soprattutto da Ben Weasel in forma al limite del perfetto. Non è mai stato uno che parla a caso, e neanche stavolta si smentisce, inveendo prima contro uno sponsor dell’evento, una nota marca di una bevanda energetica. E poi anche su chi è “più punk” tra lui e Fat Mike, se è meglio il punk della West o della East Coast. Ne avremmo anche fatto a meno eh, ma tant’è. E’ il suo debutto su un palco italiano, gli perdoniamo tutto.

Lo show prosegue, fino ai brani conclusivi; My Brain Hurts, in cui il pubblico risponde alla grande, e dove anche si registra la non prevista incursione di Spasio (batterista dei Derozer) durante i cori, chiudendo definitivamente con My Right, seguita da Cool Kids, brano tratto da un altro ottimo disco come Bark Like A Dog (1996). Termina così lo show degli Screeching Weasel. Un concerto impeccabile il loro. La curiosità, l’attesa, ed anche un velato scetticismo ci accompagnavano prima del loro ingresso sul palco. Ne usciamo totalmente soddisfatti, a maggior ragione del fatto che lo stesso Ben promette che ci rivedremo presto. Ovviamente non mancheremo. Nel frattempo benvenuti, ce ne avete messo però!

Si chiude così la seconda edizione del BayFest. Oltre alla notevole qualità delle band presenti, ci teniamo a sottolineare, sotto diversi aspetti, l’ottimo livello organizzativo della rassegna. Oltre a riuscire ad invitare i Satanic Surfers e gli Screeching Weasel, la LP Rock Events ha totalmente raggiunto l’obiettivo, ovvero quello di regalare un ponte di ferragosto alternativo rispetto a ciò che offre solitamente e notoriamente la Riviera Romagnola. Si può sempre migliorare certo, ma le premesse sono ottime. Noi ci siamo divertiti e la voglia dell’edizione 2017 inizia a palesarsi. Basta questo no?

 

Live del 15 agosto 2016

Category : Live Report
0 Comm
Pagine:«123456789...29»
« Pagina precedente — Pagina successiva »
  • Cerca in RockGarage

  • Rockgarage Card

  • Calendario Eventi
  • Le novità

    • Novaffair – Aut Aut
    • Depulsor – Walking Amongst The Undead
    • Giuseppe Calini – Polvere, Strada E Rock’n’roll
    • Bull Brigade – Il Fuoco Non Si È Spento
    • Mandragora Scream – Nothing But The Best
  • I Classici

    • Royal Hunt – Moving Target
    • Angra – Omni
    • Black Sabbath – 13
    • Saxon – Inspirations
    • Whitesnake – Forevermore
  • Login

    • Accedi
  • Argomenti

    Album del passato Alternative Metal Alternative Rock Avant-garde Black metal Cantautorale Crossover Death metal Doom Electro Rock Folk Garage Glam Gothic Grunge Hardcore Hard N' Heavy Hard Rock Heavy Metal Indie Rock Industrial KISS Libri Metalcore Motorpsycho Motörhead New Wave Nu metal Nuove uscite Podcast Post-metal Post-punk Post-rock Power metal Progressive Psichedelia Punk Punk Rock Radio Rock Rock'N'Roll Rock Blues Stoner Thrash metal Uriah Heep
Theme by Towfiq I.
Login

Lost your password?

Reset Password

Log in