Ufo – Making Contact
Dopo il disastroso tour di supporto a Mechanix, il quintetto britannico si trova a dover fronteggiare non solo la prima ondata della NWOBHM, ma soprattutto le avvisaglie dei rovesci che si abbattono su di esso, in primis il doloroso abbandono di Pete Way, ormai desideroso di intraprendere nuovi percorsi artistici quale quello con l’ex Motörhead “Fast” Eddie Clarke. Le parti della quattro corde vengono quindi suddivise tra il generoso axeman e lo stesso Carter, ormai factotum imprescindibile della band, di cui diviene anche il principale compositore. Il risultato di tutto ciò e che il sound ovviamente ne risenta in maniera pesante, non tanto dal punto di vista dei testi ma specialmente da quello interpretativo: i brani divengono molto aggressivi, quasi a voler minimizzare la perdita dell’originario bassista ed a rimodularne le linee sonore. Come nella opener track, la proposta musicale è davvero potente, quasi a ruota libera e sulla quale il singer si ingegna degnamente a modellare la timbrica su tempi più veloci. Diesel In The Dust si articola sui tempi molto mid della sezione ritmica, mentre il cantato stavolta rallenta il giusto per consentire a Chapman di architettare la sua linea molto precisa, che vede il suo apice nella fase centrale con un solido assolo, inframezzato dalle atmosfere sempre magiche dei tasti di Carter. Una “semi” ballad ci viene proposta con A Fool For Love, in cui i cori la fanno da padrone e le linee sonore si articolano principalmente grazie alle tastiere molto intense, quasi a fungere da seconda ascia, queste ultime sono ben presenti lungo tutto il brano, senza eccedere nelle battute. Atmosfere quasi schenkeriane (forse nostalgie di gruppo?) in You And Me, dove primeggia ancora il lavoro sapiente dei tasti, protagonisti assoluti, e la buona tempistica del delicato drumming, in un con l’intenso solo di Chapman, che contribuiscono a rendere la voce di Mogg molto ovattata e indulgente in alcuni tratti al sound spaziale degli esordi della band, qui all’apice per quanto concerne l’odierno lavoro.
Un giro quasi impazzito della sei corde prepara l’intro potente di When It’s Time To Rock che sembra non volersi staccare dal riverbero dell’ascia, scatenata fin da subito in un infuocato trascinare il gruppo sulle note molto intense del brano, tra i migliori dell’album grazie ancora al buon coro che dona maggiore incisività al pezzo. Altro giro, altra corsa molto decisa: con The Way The Wild Wind Blows la band si imbarca in una interpretazione molto AOR in alcuni passaggi, sia pur ben delimitati. Ancora Mogg sugli scudi, che di potenza si tira addosso tutto il peso del brano; a sovvenirlo, tuttavia, ci pensa ben presto il buon Chapman a sfoderare un solo molto valido e tecnicamente egregio. L’organo maestoso di Carter introduce Call My Name su cui la voce del singer diviene quasi mistica in alcuni fraseggi molto sentiti e resi ancora più potenti dal lavoro ben congegnato delle tastiere ancora epigoni del pezzo. Senza discostarsi dall’originaria linea vocale, il brano si dipana attraverso una solida alternanza dei vari assoli di tasti ed ascia, ben combinati tra essi. All Over You ci ricorda nell’incedere un sound molto “profondo porpora”, che avrebbe inorgoglito il suo Man In Black (indovinate di chi parliamo?), grazie alla timbrica molto coinvolgente della voce quasi declamante e agli strumenti molto validi nell’interpretazione tecnicamente impeccabile.
Ancora una ballad con No Getaway, a stemperare i suoni sinora infuocati il giusto: un voluto rallentamento della tempistica consente al brano di svolgersi attraverso un bel caleidoscopio di acrobazie melodiche. Quasi reggae nel bridge centrale, il brano si avvia alla fase finale grazie all’ottimo lavoro di Mogg che continua ad intrattenere con la sua voce roca, ma sempre pulita e precisa. A chiudere, Push, It’s Love, in cui la quattro corde la fa da padrona, disegnando un tappeto ritmico adeguatamente seguito dal frontman: nel dettare i tempi del brano, decide a suo piacimento di spaziare tra tonalità più aggressive della prima parte del brano ad altre più da “poseur” della fase centrale, onde consentire a Chapman di sparare le ultime cartucce infuocate. All’interno di un lavoro che, con il senno di poi, funge da spartiacque per tutto ciò che di qui a poco avverrà a prescindere dalla volontà della band.
Autore: Ufo | Titolo Album: Making Contact |
Anno: 1983 | Casa Discografica: Chrysalis |
Genere musicale: Hard Rock | Voto: 6 |
Tipo: CD | Sito web: http://ww.ufo-music.info |
Membri band:
Phil Mogg – voce Paul Chapman – chitarra, basso Neil Carter – tastiere, basso, chitarre, cori Andy Parker – batteria |
Tracklist:
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