Stone Orange – The Dreamcatcher
Anche da molto lontano, a volte, possono giungere alle nostre orecchie proposte musicali molto valide, pur senza possedere chissà quale background o carriera prolifica alle spalle. Nel caso in esame, da un pianeta apparentemente distante anni luce rispetto ai circuiti che contano giunge un quartetto sloveno che si rifà in pieno ai gloriosi anni ‘80, quelli per intenderci in cui l’hard classico ha probabilmente vissuto il meglio di sé. Autori di un solido hard che affonda le radici, come detto, negli 80’s i quattro di Lubiana sfornano una serie di tracce davvero niente male, a cominciare da Broken Man, dove la voce del singer si mostra subito ispirata e la doppia chitarra consente al brano di indirizzarsi verso un solido refrain ed un altrettanto valido ritornello. I Am eleva subito il prodotto, con una linea melodica che resta ben impressa per la sua complessità, dove viene rimarcato il lavoro corposo della sezione ritmica e specialmente del drumming che giostra bene attraverso un’articolata alternanza di rullanti e timpani. Il solo è notevole per la sua distorsione, mentre i cori rendono più intense le liriche. In Pride And Pain la band decide di calare il primo asso nella manica: linea sonora potente ed intensa, singer oltremodo ispirato ed asce che drammatizzano il giusto con la loro linea semiacustica che ben presto si tramuta in una solenne svisata. Dritti allo scopo con il brano di punta che non sfigura come ideale singolo, grazie anche alla melodia ben presente attraverso i passaggi molto infuocati della traccia.
Rockin’& Rollin’ si snoda attraverso un complesso giro di chitarra su cui si innesta la voce al vetriolo del singer, qui alla prima prova vocale non in lingua madre. L’ascia principale disegna bene l’intensità della traccia, che qui di punto in bianco decide di ricordarci un quintetto svedese al suo apice proprio a metà anni ‘80. Possiamo gustare anche una inattesa ballad da parte della band con It Keeps On Raining: ed il risultato non è assolutamente disprezzabile, riuscendo il quartetto a miscelare bene la vena energica in loro innata con la vena più intimista che qui traspare a piene mani. Lo stesso solo di metà traccia rende ampiamente giustizia alle doti tecniche dei giovanotti, che riescono a creare ad arte l’atmosfera che un brano del genere deve trasmettere. Lovetron è caratterizzata fortemente dalla presenza massiccia e costante della doppia ascia, che qui si diverte a proporci le sue scale in tute le salse, dall’aggressività iniziale alla azzeccata ritmica di metà brano ed anche la distorsione saggiamente impostata che ci accompagna al termine della canzone. Con Scare Me abbiamo addirittura un velato tentativo di proposta prog nei primissimi passaggi: salvo poi scatenarsi la furia creativa della band, che dà la stura ad un ben congegnato rincorrersi delle asce, di cui una, è bene ricordarlo, è di pertinenza dello stesso singer, bravo nella doppia veste interpretativa.
Nobody Cares è l’ideale singolo della band: qui protagonista assoluto il singer, che con le sue acrobazie riesce a raggiungere diverse tonalità all’interno del brano, molto melodico ed al tempo stesso colmo di groove ben distribuito. Mantenendosi su toni leggermente più rilassati, il gruppo scandisce bene i tempi di reciproco intervento degli strumenti, per approdare ad un intenso solo molto aggressivo. Ancora momenti magici con Whites Of Their Eyes, dove la band è ormai in piena ispirazione, tanto da trasmetterci subito le note intense del brano, che si ricorda molto bene per le linee chitarristiche, unite ad una inattesa colonna portante dei synth, molto azzeccata. Le chitarre ormai viaggiano con il vento in poppa e disegnano ancora archi maestosi nella loro melodia, lesta a tramutarsi in decisa elettrificazione. Frozen Sky è un bell’esercizio chitarristico che ci trasporta in galassie lontane, pur con la brevità della traccia, mentre in sottofondo una voce allarmata ci mette in guardia dai guasti del progresso. A chiudere, The Age Of Stars, in cui i novelli cloni degli Europe son belli e serviti. Il singer decide che può cimentarsi con atmosfere tanto care al buon Joey Tempest dei bei tempi, mentre la band si mette al suo servizio, sfornando una traccia finale ancora notevole, che va verso la conclusione in un’allegra jam della band, capace di donare il tocco finale di una melanconica slide. A buon rendere, cari virgulti sloveni, se anche i futuri lavori saranno validi come questo.
Autore: Stone Orange | Titolo Album: The Dreamcatcher |
Anno: 2013 | Casa Discografica: Street Symphonies Records |
Genere musicale: Hard Rock | Voto: 7 |
Tipo: CD | Sito web: http://www.stoneorange.com |
Membri band:
Marko Erjavec – voce,chitarra Tomo Jurca – chitarra Davorin Kovacic – basso Vid Zgonc – batteria |
Tracklist:
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