I MEI venti anni: il Meeting delle etichette indipendenti 1994-2014
Il MEI è un po’ come i Segreti di Fatima: una storia che è conosciutissima, nel bene o nel male tutti ne hanno sentito parlare e c’è chi ci crede e chi li ritiene una grande mossa di marketing. Ormai in piedi da 20 anni (e anche più) è arrivato il momento di raccontarlo (e non solo festeggiarlo) tramite un libro che ne narra le gesta attraverso la penna dei suoi diretti protagonisti. Il libro si divide in due parti: una prima che ripercorre in maniera sintetica ogni singola edizione, spiegando le motivazioni dei trasferimenti, le scelte artistiche e sciorinando tutti le persone che ne hanno fatto parte; la seconda focalizzata sui singoli progetti, paralleli o più centrali, rispetto al MEI. Ma in realtà questa scelta “direzionale/editoriale” non è il punto della questione. Giordano Sangiorgi è (ed emerge molto bene nel corso della lettura del libro) il vero mattatore del MEI e della scena emergente italiana ma, a fianco dei suoi grandi meriti, nel racconto vengono sottolineate anche le difficoltà organizzative, i piccoli budget delle prime edizioni, chi non ha su(o)pportato il MEI dall’inizio (salvo poi ricredersi) e tutti quei fattori che ne hanno destabilizzato il successo (o almeno la crescita) negli anni. Come dicevamo è più un racconto che un festeggiamento. Ma non è ancora il punto. Certo, bisogna apprezzare il fatto che il racconto non esclude, almeno non del tutto, le scelte opinabili che hanno appunto destabilizzato la fama del MEI, come il premio a Baglioni (che poi non si è presentato) durante l’edizione 2004 o la pubblicazione della compilation dei MEI uscita sotto Sony (major). Ma forse non è nemmeno questo il punto.
Se si racconta di eventi e iniziative enormi e dalla profonda rilevanza da un lato, non solo artistica ma anche politica, il MEI si è sempre scontrato con l’enorme ostacolo di rappresentare una scena sorprendentemente grande ma infinitamente frammentata. Di passi avanti ne sono stati fatti, è innegabile, ma probabilmente il punto del libro è nel “quadro Paese” in cui noi ci troviamo. Termini come “fare fronte comune” o “far sentire più forte la propria voce” o ancora “più siamo meglio è” sono espressioni relativamente lontane dalla nostra cultura italiana (direi “italianotta”). In un altro Paese, Sangiorgi sarebbe stato il “lobbista” della musica: il termine lobby è amato all’estero mentre in Italia si porta dietro un retrogusto amaro, quasi un significato losco; non è un caso che non esista una vera traduzione in italiano di questa parola. Sarebbe stato, dicevamo, il “politico” (nel significato positivo e appunto “straniero” del termine) della scena artistica tutta a favore di chi produce (e distribuisce) l’arte, figura che in fondo in una qualsiasi società moderna non è tutelata da nessuno.
In parte lo è ma noi viviamo in Italia, il Paese principe dell’individualismo. Noi all’ “unione fa la forza” preferiamo il “chi fa da sé fa per tre“. Siamo abituati a lavorare da soli, ad accentrare le gestioni più che a delegare, a creare nuove (ennesime) realtà con nuovi brand ingombranti piuttosto che collaborare con qualcuno più esperto di noi e dividere la fetta della torta, a disprezzare il prossimo piuttosto che elogiarne i meriti. Siamo il Paese in cui hanno dovuto inventare il “reato di elusione” perché troppo spesso si riscontravano comportamenti che rispettavano a prima vista la legge ma in realtà ne violavano i contenuti, un escamotage per fregare lo Stato, che siamo noi quindi per fregare il prossimo. Serve un altro esempio? Qui in Italia ci sono tantissimi corridori, dalla persona che fa una corsetta dopo il lavoro, a degli ottimi maratoneti che a New York fanno faville; ma quanti di loro partecipano anche a gare di staffetta?? Per noi è una disciplina sconosciuta! Noi siamo abituati a correre da soli e se fossero leciti i mezzi per buttare fuori un concorrente state sicuri che li adotteremo.
Questo è il motivo per cui la missione di Sangiorgi è più che ardua, ogni giorno che passa. E lo dimostra il suo epilogo, che tra l’altro reputo bellissimo e intelligente. Dopo tanti sacrifici e battaglie sul campo per 20 anni e dopo un libro scritto da altri che ne racconta, bene o male, gran parte degli aneddoti, in chiusura Giordano avrebbe potuto (e dovuto) sciorinare una lista di ringraziamenti e aspetti positivi del suo compito. Invece in modo sarcastico e scagionandosi implicitamente si toglie numerosi sassolini dalle scarpe contro chi ha sminuito il MEI e i suoi innumerevoli sforzi. Il nostro consiglio è quello di leggerlo e di farvi un’opinione.
Ciao Marcello,
Grazie per la bella recensione che ha pienamente colto nel segno! Se tutti gli indipendenti reali fossero uniti (produttori, artisti, promoter e filiera operativa) la storia della nuova musica in Italia sarebbe stata ben diversa, forse molto piu’ vicina alla Francia!
Giordano
Ps: come si sa il MEI ha tantissime realta’ autonome con diversi responsabili, quello che voleva premiare Baglioni per un videoclip (cosa che giustamente avevo oramai rimosso) l’anno dopo gli abbiamo chiesto gentilmente di lasciare fare ad altri devo dire poi con crescente successo qualitativo.
Giordano Sangiorgi
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