Daimon – Bedlam
Caro direttore, so che lei mi ha sempre consigliato di non leggere altre recensione per non condizionare il mio pensiero ma questa volta l’ho fatto tanto ero combattuto, tanto il mio gusto sedeva in bilico sul burrone di odio o amore per questo disco. Non sapevo, caro il mio direttore, cosa pensare e soprattutto se ero in grado di pensare qualcosa di corretto. Dunque lo ammetto: ho spulciato altrove. E, sempre caro direttore, la vuol sapere la verità? Ho letto cose su questo disco che mi hanno convinto di dover completamente seguire il mio istinto. Dunque segni un 5 (che mi sento anche buono) su questo voto istituzionale e ora, caro direttore, le racconto il perché. Corrado Pizzicato dalla piemontese terra di Piemonte sforna questo Bedlam per (R)Esisto Records. Sono 10 tracce che, se leviamo da parte la voce, confezionano un disco assai interessante, di quel folk rock on the road molto dannato e disperato che ultimamente mi fa solo che innamorare. Qualcuno, caro direttore, ha citato Elliot Smith, ma io le citerei i REM di Sad Professor quando Daimon (il nome d’arte di Pizzolato) ci canta la struggente Day And Night, Pt. 1 e citerei le delicatissime ruggini per l’anima di Patti Smith in una processione di note che segnano a vita eterna il brano Dancing Barefoot e che qui, con distorsioni appena più maleducate – oserei dire quasi grunge – ritroviamo (si fa per dire) nel riff di chitarre di Pigments. Oppure io le citerei, caro direttore, il meraviglioso sound di Gravenhurst (ahimè, altra grande perdita) quando cantava la meravigliosa Cities Beneath The Sea e che qui forse il nostro Daimon ci si accosta appena con una bellissima Goodbye Blues.
E poi ancora, sempre caro il mio direttore, che dire di Casting Away che liscia il pelo al bellissimo pop internazionale da cui possiamo tirar fuori nomi e riferimenti a iosa come se un domani non vi fosse? Però in fondo io le ho detto cosa penso in conclusione, caro direttore… e non ci siamo. Lasciamo da parte che il disco si apre con la titletrack che si gioca carte di seduzione assai famose che, in questo caso, immancabilmente richiamano le soluzioni portanti di Firestarter (forse uno dei colossi intramontabili dei The Prodigy…forse è voluto…io non lo so…e poi guarda caso il video di questo brano ha lo stesso sapore di celle buie, sotterranei, distorsioni etc…) e levando anche che il bellissimo sound di Drug Addict perde tutto quel che può in una ritmica di tom assai banale e registrati in modo poco convincente, senza un’estetica coerente con questo genere di scrittura, levando anche da parte che tutto il disco in fondo avrebbe richiesto una produzione assai più adatta e attenta a dei dettagli di suono che sono importanti per questo genere, il vero baratro di questo disco è la voce di Daimon. Se vuole, caro direttore, evito di ripetermi quanto sia sgradevole una pronuncia inglese di un italiano. Ma non mi faccia tacere sull’intonazione e sul cantato che è assai difficile da sopportare. Ed io lo sa, caro direttore, non sono un cantante però… penso che il momento peggiore, il brano che davvero non sono riuscito a finire è proprio Day And Night, Pt. 2 in cui la voce perde il filo troppo spesso e con stonature che vanno oltre quella zona Cesarini per cui il paraculo di turno può appellarsi al concetto filosofici di “espressione artistica di filologie romaniche d’avanguardia nel concreto rispetto delle saccenti norme per l’ovulazione dei primati in sede di demagogie produttive di una spiritualità ligia al divenire e non alle apparenze”…e robe simili.
Caro direttore, Daimon stona troppo e con un piglio assai stressato che rende fastidiosissimo il cantato. Sembra quasi che non sia questo il suo normale registro vocale, che ci si avventuri per gusto e per diletto ma la sua voce non nasce e non è affatto educata a star seduta in questa zona delle frequenze. Ed io sono uno che se vuole stona di brutto, sia chiaro, e capisco anche i flessi e le imprecisioni, il mio ultimo disco è registrato dal vivo proprio per dare spazio alle sfumature: trovo che le imprecisioni siano la vera ricchezza dell’espressione artistica e non siano solo stupidi errori. Ma qui oltrepassiamo proprio il limite invalicabile. Peraltro, caro direttore, quei glissati di voce che strozzano le note ed il suono, così tanto e per così tante volte che sinceramente li paragonerei alla forchetta che va di punta sul piatto. Wow…sto malissimo, caro direttore. Ok sono affascinanti per dare quel senso di dannato, Giuliano Sangiorgi ne ha fatto un colossal (giusto per dirne uno): ma anche in questo caso, c’è un’enorme differenza tra quello e questo. Enorme. Infinita. Neanche ci siamo avvicinati un pochetto. E passando poi all’ultima traccia, Now Let Me Go Home, davvero acerbo è anche il solo di chitarra che sembra fatto da un chitarrista alle primissime armi. Questo brano poi lo designo come apice d’espressione di tutto questo suono che cerca, ed io lo apprezzo che cerchi, ma non riesce ad avvicinarsi a quello che (forse) voleva, di questi arrangiamenti assai primordiali e troppo sempre vicini ad altro, con questa voce fuori tonalità nei passaggi, strozzata nella sua ricchezza e debole di energia e poi le ritmiche…poco comprensibili, delle volte mi sembrano fuori tempo (ma non lo sono).
Non so, caro direttore, mi dica lei. Forse esagero lo sa ma io alla musica richiedo davvero tanto perché davvero tanta ne ho prodotta e ne ascolto ogni giorno della mia vita. Questo disco è come un bel libro con tanti refusi, veda lei. Questo disco, caro direttore, mi sa tanto di qualcosa registrato nel doposcuola dei ragazzini che vogliono giocare alle rockstar dannate più che un disco ufficiale che merita pubblicazioni e recensioni. Sì direttore, mi scuso della mia cruda lealtà, ma lei avvisi Daimon che nulla è da prendersi sul personale, ma ci mancherebbe, neanche lo conosco…e avvisi anche tutti gli altri che il mio non è un pensiero saccente che giudica e vuol fare morali, tantomeno che vuole insegnare. Mai sia…sono un imbecille qualunque che dice qualcosa che lascia il tempo che trova. Ah un’ultima cosa direttore: anche la copertina di questo disco è, come dire, un poco banale. La foto da Kurt Cobain, uomo dannato quasi fosse un carcerato ci sta tutta soprattutto per il disco che deve raccontare. Ma l’effetto per mangiucchiare i bordi è qualcosa di assai basico, come la dissolvenza incrociata nei video dei matrimoni. Tutto qui caro direttore. Mi scusi anche lei…caro direttore.
Autore: Daimon |
Titolo Album: Bedlam |
Anno: 2017 |
Casa Discografica: (R)esisto |
Genere musicale: Rock, Cantautorale |
Voto: 5 |
Tipo: CD |
Sito web: https://www.facebook.com/daimonofficial |
Membri band: Corrado – voce, chitarra, cello Andrea – batteria, voce Francesco – basso, effetti |
Tracklist:
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