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24th Gen2020

Intervista agli Atom Made Earth

by Marcello Zinno
Gli Atom Made Earth sono tornati con un nuovo album, Severance, (di cui abbiamo parlato a questa pagina) che ha definito una certa evoluzione nel sound della band. Sperimentali, progressive e alternativi: cifre stilistiche che accomunavano anche i precedenti lavori ma che in Severance vengono a galla in modo diverso. Per questo motivo abbiamo deciso di fare due chiacchiere con loro e farci raccontare un po’ il progetto direttamente dai loro protagonisti.

R.G.: Ciao ragazzi, presentatevi innanzitutto a chi tra i nostri lettori non vi conosce ancora.

A.M.E.: Ciao, siamo gli Atom Made Earth e facciamo psichedelia, ascoltate il nostro ultimo lavoro Severance.

R.G.: È stato un lavoro duro per noi approfondire tutte le sfumature del vostro sound e i generi musicali toccati. Al di là di quello che avete letto, anche tramite recensioni di altri magazine musicali, come potreste descrivere voi il vostro genere? Quali influenze incorporate?

A.M.E.: Il nostro sound è un calderone di musica psichedelica, fondamentalmente, cercare di etichettare il tutto sarebbe davvero un peccato. Le influenze che vengono coinvolte nel nostro modo di vedere il songwriting, sono una vasta fascia di generi e sottogeneri a cavallo tra gli anni ‘50 ed il wall of sound dell’ultimo ventennio. Il peccato mortale di questo discorso però è che appena viene individuato qualcosa di ispirazione dal passato o dal presente che sia, il lavoro viene associato quasi totalmente a quel tipo di audio, anche solo per uno sprazzo di pochi secondi in rapporto ad un disco intero, andando a contaminare purtroppo il giudizio globale del lavoro; avendo noi un sound molto variegato può capitare questo in alcuni casi, forse per orecchie meno esperte o ascolti un po’ troppo sbrigativi.

R.G.: Cosa vi ha spinto a creare un progetto come gli Atom Made Earth?

A.M.E.: Cercare di essere molto liberi e onesti con noi stessi nella composizione e nel gesto comunicativo nei confronti di chi ascolta, senza andare a forzare con preconcetti strutturali e sociali il contenuto dei lavori che scriviamo.

R.G.: Una curiosità che abbiamo fin dal primo vostro lavoro: come mai la scelta del nome Atom Made Earth? Ed è voluta la somiglianza con uno degli album di rock psichedelico più famoso della storia?

A.M.E.: Purtroppo è un nome che ha creato molti pregiudizi verso i nostri lavori, andando ad accostare qualsiasi cosa componessimo ai Pink Floyd, anche avessimo fatto death metal probabilmente. Non nascondiamo di ammirare molto la musica floydiana (come la stragrande maggioranza dei gruppi in ambito psichedelico) e di esserne ispirati tanto quanto con i Beatles e mille altri gruppi. Anche se l’ultimo lavoro ha veramente poco di floydiano, ma ognuno ci sente quel che può, ed è giusto e bello che sia così. Una parte dell’ispirazione deriva dalla poesia ‘X Agosto di Giovanni Pascoli che descrive il nido come riparo dalla vita dolorosa che ci attende là fuori, nel nostro caso il progetto musicale che ci ”protegge” dai dolori e ci fa raccontare tramite le composizioni il nostro modo di vedere il mondo (Atomo opaco del male). Altra ispirazione è il concetto di genesi della terra da parte dell’atomo, che in questo caso viene idealizzato come il principale “start”che dà il via alla creazione del pianeta; il concetto trattato è che da una cosa infinitamente piccola può nascere il tutto.

R.G.: Da poco avete pubblicato il nuovo album “Severance”. Quanto è stato difficile concepire e registrare un album come questo?

A.M.E.: Non difficile ma molto impegnativo, è un lavoro molto strutturato e con tante sfumature, l’unica cosa difficile è stata la transizione dai vecchi componenti ai nuovi, nel momento in cui l’album era in fase di scrittura.

R.G.: Di più o di meno dei vostri precedenti lavori?

A.M.E.: Più difficile dal punto di vista strutturale e da quello audio.

R.G.: Siamo nell’epoca delle “cose veloci”. Per certi versi c’è meno attenzione rispetto al passato ad approfondire, ad ascoltare con calma musica sovrastrutturata. Perché secondo gli Atom Made Earth è ancora importante proporre una certa visione sperimentale della musica?

A.M.E.: La cosa importante crediamo sia proporre quello che si è, che si pensa e che si vuole comunicare. Il nostro modo è questo, ed è la nostra visione sonora e umana del mondo, dello spazio, della psiche e di tutto quello che trattano le nostre canzoni. Poi il ”come si fa” è a discrezione dell’artista, tutto è lecito e tutto è interessante se ha un percorso di realizzazione ragionato, istintivo, o didattico; che sia diverso o simile al nostro è solo un fatto di strade percorse e di visione. Le “paraculate” e le scorciatoie sociali non ci interessano, abbiamo tutti un lavoro oltre la musica, chi fa design, chi studia, chi fa marketing…quindi in questo progetto si fa quel che si vuole fare.

R.G.: Qual è il messaggio che volete veicolare tramite la vostra musica?

A.M.E.: Che la vita è piena di significato, pur essendo colma di dolore.

R.G.: Preferite la dimensione in studio o quella dal vivo?

A.M.E.: Amiamo entrambe, anche se forse lo studio stimola più alcuni aspetti dal punto di vista concettuale, mentre i live alcune volte sono meno ricchi di spiritualità e sfoggiano un po’ di superficialità.

R.G.: Da poco ho pubblicato un mini libro che formalizza una critica sul fenomeno del crowdfunding applicato al mondo musicale. Voi che opinione avete a riguardo?

A.M.E.: Per esperienza personale ci sembra una gran minchiata, ma la nostra esperienza è limitata, dato che la musica che facciamo è spesso in posizioni di nicchia, quindi non avendo accesso alla totalità del pubblico, ”la massa”, il discorso diventa molto più limitato. In ambito pop probabilmente sarebbe molto diverso, questo non significa però funzionante.

R.G.: E che idea vi siete fatti della rivoluzione che internet ha comportato alla musica?

A.M.E.: Grande possibilità di comunicazione direttamente proporzionale ad un abbassamento della qualità e della quantità dell’ascolto, nonché del valore assegnato ad un lavoro preso singolarmente, molto penalizzante per chi fa musica leggermente fuori dal diagramma del mainstream o dell’easy listening, ma allo stesso molto utile e funzionante per chi è un musicofilo con gran curiosità.

R.G.: Avrete un 2020 profondamente impegnato nel far conoscere il vostro album tramite concerti vari. Avete già fissato qualche data?

A.M.E.: Abbiamo fatto un concerto di presentazione del lavoro, poi per il resto adottiamo lo stile Beatles del 1966, poco live, molto studio… forse.

R.G.: Grazie ragazzi per la chiacchierata, in bocca al lupo!

A.M.E.: Grazie a voi

Category : Interviste
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