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11th Giu2020

The Incredulous Eyes – Mad Journey

by Paolo Tocco
Mi chiedono di scrivere recensioni forse più per il modo che per i contenuti. Temo che ci vogliano competenze che mi restano ancora ignote oggi per avvicinarmi ad un disco complesso come questo e penso che il tempo, quello di oggi, così sfuggente, non dia più tempo per approfondire. Nonostante tutto io siedo di fronte i miei vinili e cerco di usare meno etichette possibili e, a dirla come penso che il direttore non voglia per ovvie questioni di professionalità, me ne fotto altamente delle didattiche troppo spesso buone soltanto per gli abili citazionisti della piazza. Ritrovo i miei contarrenei The Incredulous Eyes con un nuovo disco dal titolo Mad Journey e di follia ce ne sta tanta in questo lavoro che ha più l’idea di un concept, di un viaggio, che di un raccoglitore di canzoni. Forse un giorno avrò cura di fermarmi sui testi ma, anche qui, io e l’inglese non andiamo d’accordo come non scenderà mai senza dolore questo inglese pronunciato da chi come noi è lontano anni luce dalla “terra promessa”. Questo nuovo disco però trasuda maturità e, più di quel Red Shot del 2016 di cui avevamo parlato qui, ha equilibrio, coerenza ma soprattutto credibilità. Ahimè, la voce resta (e sa benissimo di saperlo fare) dentro l’ombra di Buckley e a dire il vero tutto il sangue di questo lavoro mi sembra un’eterna Mojo Pin in loop se non fosse che, con mestiere e fantasia, il mood si frantuma spesso e volentieri in soluzioni che non mi sarei mai aspettato.

Però, i puristi del genere, mi diranno che quel tanto celebrato Grace di rotture ne aveva a iosa, forse più di quante ne abbiamo riconosciute negli anni. Fantasia: che bella parola questa. Quanta fantasia manca nei dischi di oggi? Tantissima. Beh in questo Mad Journey ne ho trovata parecchia, come anche tantissima è l’ispirazione che arriva più dal modo libero e leggero di gestire i suoni e di interpretare gli sviluppi dei brani (quel frantumare di cui sopra, spesso ostentato ma con maturità) che nel modo di vestire i panni degli “artisti” in cerca di consensi pubblici. L’arroganza che mi arriva è solo questione di quel ferro che trasuda da un suono “suonato” alla vecchia maniera e brani come Vision Of Halet penso siano il vero completamento di bellezza di questo lavoro che, se fosse figlio di altri tempi, non avrebbe bisogno di elemosinare spazi e attenzioni. Se penso che l’ultimo brano di Dylan non l’ha sottolineato “nessuno” e dopo pochi giorni è praticamente sparito nel dimenticatoio, figuratevi un trio che arriva dal nostro caro Abruzzo che fatica deve fare. Mi è piaciuto il modo di edulcorare la forma canzone che c’è, spesso, non sempre ma spesso, di questi lunghi momenti strumentali che narrano e non riempiono soltanto; planiamo senza soluzione di continuità dentro uno scenario in cui la voce diviene strumento e non portatore di senso estetico, in cui diviene vettore di rabbia e mi richiama alla mente la “dannazione” dei poeti beat, “l’urlo” delle parole con quella grazia capace di dialogare con il resto del suono.

Inaspettata e decisamente bellissima la chiusa con Brother John che personalmente mi riporta al mood dei Duncan Shake e a quel certo modo inglese di scrivere melodie che si chiudono con accordi interrogativi. E poi Dalik’s Aggression – Guilty con questo rock dalle chitarre rockabbilly nelle vene che segna un momento “sporco” e cattivo di questo ascolto; e “June”, tanto per prendere un altro brano a bandiera, che se non fosse troppo ruvida nei suoni, avrebbe un che di beatlesiana bellezza. Ho come l’impressione di mancare il bersaglio e la religione di questo disco, ho come l’impressione che sia come uno scrigno di tantissime cose importanti mascherate in volto con allegorie che il tempo sfuggente di oggi neanche ci ha più educati a codificare. Ho come l’impressione che Mad Journey sia figlio di un passato recente e di recenti metropoli in cui il rock d’autore, che raccoglieva l’eredità di chi aveva ascoltato ed esasperato linee guida come Astral Weeks, veicolava rabbia sociale, romanticismo dannato e la fantasia di raccontare per raccontarsi. Mi è piaciuto proprio questo disco, intelligente e colto quanto basta per non trovare (spero di sbagliarmi) punti di appiglio nelle giovani menti invasate dei social di oggi.

Autore: The Incredulous Eyes Titolo Album: Mad Journey
Anno: 2020 Casa Discografica: Minollo Records, Furtcore Records
Genere musicale: Alternative Rock Voto: 8
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/theincredulouseyes/
Membri band:
Giustino Di Gregorio – chitarra
Danilo Di Nicola – chitarra, voce
Claudio Di Nicola – batteria
Andrea Stazi – basso
Tracklist:
1. Cells
2. Deeper Inside
3. So Long
4. Kaef
5. Mad Journey
6. Vision Of Halet
7. Insane Holograms
8. Dalik’s Aggression – Guilty
9. June
10. Nobody Must Die
11. Goodbye My Friend
12. Brother John
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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