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24th Giu2020

Neil Young – Homegrown

by Sara Fabrizi
Non si parla di altro in questi giorni. Lo scorso 19 giugno Neil Young ha reso pubblico un nuovo album, in realtà inciso fra il ’74 e il ’75 ma lasciato a risplendere in un cassetto, dopo averlo rimasterizzato rigorosamente in analogico per preservarne l’intento originario e lo spirito settantino. Che poi questo raggio di sole musicale abbia squarciato il cielo plumbeo di molti proprio nello stesso giorno in cui Dylan ha pubblicato, dopo 8 anni, un nuovo epico album di inediti è un’altra storia. Che sia un felice caso non lo sappiamo, e nemmeno ci interessa saperlo. Tanta grazia e bellezza ci hanno ripagati di mesi sicuramente non gioiosi. E ancora una volta l’arte ci salva, sul serio. I motivi per cui Neil abbia tenuto segreto questo scrigno di perle che è Homegrown li possiamo ipotizzare: nuvole nere sulla sua vita familiare, un matrimonio fallito, un figlio gravemente malato, la morte dovuta alla droga del suo crazy horse Danny Whitten, i sogni degli anni 60 che si infrangono, la difficoltà e il desiderio prepotente di sperare in un mondo migliore anche nei turbolenti 70s. Ho sempre pensato che Neil fosse il perfetto eroe uscito dai sixties pieno di ferite e di fuoco creativo, il testimone ideale delle lotte, individuali e collettive, del periodo. Se il sogno degli hippies sta per naufragare sotto il peso del nichilismo dei paradisi artificiali che non lo cambieranno mai questo mondo malato, se è rimasta solo rabbia e frustrazione, Neil ti dice di tenere duro e ripartire dalla natura, dalla bellezza, dall’amore, da un sentimento universale di armonia da ricercare perché è davvero tutto ciò che abbiamo. E te lo dice in album pieni di luce e pieni di ombre, Harvest (1972), On The Beach (1974). Testimonianza della lotta incessante fra il cedere alla bruttura inesorabile del mondo e il volgere uno sguardo fiducioso al buono che c’è in ogni cosa, in ogni situazione, in ogni creatura.

Se il dolore non lo si può non affrontare, allo stesso modo non si può non gioire per i piccoli miracoli, come una canzone, un fiore, un tramonto. E non c’è nulla di banale in tutto ciò, solo un sentimento di primitiva malinconia che Neil si tiene addosso da sempre come una coperta pesante ma confortevole. E non è mai cambiato, coerente nei decenni con il suo sound che sia acustico che elettrico somiglia ad un bellissimo calcio in petto, coerente con la sua visione delle cose. La scoperta di Neil Young è una catarsi che vorrei tutti affrontassero. E’ un capire ciò che conta, da che parte stare, come affrontare il proprio cammino. E tutta la sua produzione musicale gronda di queste potenti suggestioni, attraversando il tempo senza mai sembrare obsoleto, cantore hic et nunc. Ascoltando Homegrown, perdendoci in quei 12 brani in perfetto stato di grazia, non sappiamo più che anno è. Non stiamo lì a pensare al genere musicale, a come incasellarlo, a chi somigliarlo, se suona nuovo, se suona vintage. Pensiamo solo a come siano fottutamente belle quelle canzoni. Tante piccole gemme, per un durata totale di 35 minuti. E dentro c’è tutto, il suo country rock, il suo folk, il suo psychedelic, il suo rock blues, il suo proto grunge.

Tra ballad più profonde (Different Ways, White Line) e brani più scanzonati e solari (Love Is A Rose, Try, Mexico, Homegrown) si materializza la sua figura imponente ma tenera, il volto e i lunghi capelli chini sulla sua storica Gibson nera, nell’intimità del suo Broken Arrow Ranch in California, davanti al camino, o fuori che strimpella alla presenza dei suoi animali da cortile, proprio come abbiamo imparato ad apprezzarlo nelle sue fireside sessions durante il lockdown. E il piano, e la chitarra, e la sua armonica struggente, e il dobro, tutto ci scatena dentro una danza di battiti, ora più accelerati, ora più rilassati, che ci riconnettono con il nostro io più profondo, con il cosmo, con la vita che spesso sprechiamo che spesso non riusciamo ad amare.

Autore: Neil Young Titolo Album: Homegrown
Anno: 2020 Casa Discografica: Reprise
Genere musicale: Rock, Country Rock, Folk Rock Voto: 10
Tipo: CD Sito web: https://neilyoungarchives.com/
Membri band:
Neil Young –  chitarra, armonica, piano, voce
Ben Keith – pedal steel guitar, lap slide guitar, dobro, voce
Tim Drummond – basso, voce
Levon Helm – batteria
Karl T. Himmel – batteria
Robbie Robertson – chitarra
Emmylou Harris – cori
Sandy Mazzeo – cori
Stan Szelest – piano, Wurlitzer piano
Tracklist:
1. Separate Ways
2. Try
3. Mexico
4. Love Is A Rose
5. Homegrown
6. Florida
7. Kansas
8. We Don’t Smoke It Anymore
9. White Line
10. Vacancy
11. Little Wing
12. Star Of Bethlehem
Category : Recensioni
Tags : Folk
1 Comm
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One Response to “Neil Young – Homegrown”

  • Simone
    24 Giugno 2020 18:32

    Di questo album non ne sapevo nulla, capita di vivere altrove, comunque bellissima recensione, non si finirebbe mai di leggerla, ora non resta, sulla strada del ritorno, che ascoltare l’album.ciao

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