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19th Ago2020

Nephylim – Severance Of Serenity

by Simone Rossetti
10 e ve lo diciamo subito senza alcun timore reverenziale, compiacimento o interesse; già immaginiamo cosa starete pensando, “i soliti metallari fissati”. Sbagliato, personalmente i gruppi death o black che mi trasmettono qualcosa posso contarli sulle dita di una mano; il “genere” non c’entra, mi interessa la musica vissuta oltre la razionalità e le considerazioni tecniche (quando possibile), d’istinto, a pelle, altrimenti si rischia di perdere di vista l’aspetto “umano”, del perchè in un determinato momento ricerchiamo certe sonorità anziché altre, del perchè ne abbiamo bisogno. In questo Severance Of Serenity non c’è una nota fuori posto, mai un calo di tensione, la voce (in growl) è perfetta, un viaggio all’interno della complessità dell’animo umano, della sua solitudine, a volte necessaria alle volte un abisso, delle mancanze e di quello che resta; perfetto quindi ma non per una questione matematica. Dimenticatevi la parola “melodic” (death o black che sia), l’album è al 100% death metal (con incursioni nel black e nel folk) fin nel midollo, nelle interiora, nell’anima, ed è impregnato di quella malinconia esistenziale che solo pochi sanno trasmettere (i mai dimenticati Agalloch ad esempio) e purtroppo come vedremo non si tratta di una semplice casualità. Ma parliamo un po’ di questi ragazzi. I Nephylim sono originari delle cittadine di Hertogenbosh-Apeldoorn (Netherlands), nel 2015 realizzano il loro primo EP Torn poi per una serie di vicissitudini e destini andarono incontro a diversi cambi di formazione, standby e ripartenze, questo fino ad oggi ed al suo epilogo con la pubblicazione di Severance Of Serenity targata gennaio 2020.

La prima “traccia” non la potrete ascoltare ma solo leggere sul retro del librettino interno allegato al CD, è una dedica al loro amico e vocalist Cézary Van Der Veen morto in un incidente nel 2019, poche parole che qui riporto “All those who have falle, will not be forgotten”, una mancanza che sarà percepibile in tutto l’album; la prima traccia vera e propria è Reminescence, sullo sfondo il rumore di un mare in tempesta (il mare sarà un elemento costante e il filo conduttore di tutto l’album), pochi accordi di piano ci introducono ad un potente crescendo orchestrale dal sapore nostalgico e malinconico ed attacca la successiva Forsaken sostenuta ed intensa, bellissimo il growl di Geffen senza sbavature e coinvolgente, cambi di ritmo tra doppia cassa e rallentamenti più atmosferici su note acustiche ma è una ferita ancora aperta in cerca di risposta “Aspects which define the cration of life are appended with the everlasting fate of imminent death which are both transferred in waves”; segue Vanquish The Sepsis, più dura, ancora più maestosa, grandi riff e aperture melodiche, le sofferenze non mancano e si percepiscono ma è il prezzo da pagare quando si vuole guardare dentro noi stessi, scavare dentro l’animo umano e le sue miserie ma siamo solo all’inizio. Aftermath è un piccolo (non l’unico) capolavoro, non è una questione di tecnica né di cambi di tempo o di accordi, è qualcosa che solo il fragore delle onde del mare ci può restituire, la solitudine a fronte di ciò che è immensamente più grande ed incomprensibile del nostro scorrere “I have lost what is a real and what is mine”.

Poi è il momento di Fractured Existence, impietuosa ed istintiva, delicati arpeggi e accelerazioni improvvise, così bella da essere quasi dolorosa nel suo ascolto, eppure necessario ma finalmente nella successiva Reassurance il mare si quieta ed è una pace serena, un luogo altro dove trovare rifugio, è un bellissimo brano strumentale principalmente acustico con orchestrazioni in crescendo fino ad un limite di intensità che oltre non sarebbe possibile andare; è la volta di The Bitter Inheritance, cassa dritta senza sosta, un growl possente, poi la calma, ma è solo un attimo che si riparte subito con ancora più violenza fino ad uno stremo fisico e spirituale “Sometimes it needs to burn to heal again, abhorrent as it is, crucial as it can be, remaining scars remind me of this past,  from the ashes we will above”. Dalla più articolata Dust Veiled Sky si passa alla penultima traccia Eye Of The Storm, riff scolpiti nella roccia, il peso come un macigno eppure è piena di quella malinconia che solo l’essere di fronte a ciò che è incomprensibile e mortale ci può trasmettere, si aspetta una imminente fine ma ci sarà anche un nuovo inizio, forse migliore. A chiudere l’album ci pensa Remembrance, è un delicato arpeggio iniziale quello che ci si presenta davanti per poi aprirsi maestosa e cupa a ricordarci di un vuoto oscuro, incomprensibile, incolmabile, ma è il “senso” che diamo a questo vuoto che può salvarci “Time will tell the untold truth” e sarà proprio il rumore delle onde del mare che si infrangono ai nostri piedi a chiudere il tutto e a ricordarci questo senso.

Cos’è un dieci?! Un dieci è solo un numero matematico in rapporto ad una casistica, non equivale ad un capolavoro, è solo un album realizzato meglio di altri, niente di più, niente di meno, se siamo in presenza di un capolavoro (basterebbe un piccolo ed intimo capolavoro) spetta solo a voi deciderlo e a nessun altro, da parte nostra è un album che merita e vi consigliamo, ma c’è un di più, quel di più che fa la differenza, è un andare oltre (doloroso ma necessario) alla sostanza della plastica e dell’umano vivere.  

Autore: Nephylim Titolo Album: Severance Of Serenity
Anno: 2020 Casa Discografica: Independent Release
Genere musicale: Death Metal, Black Metal Voto: 10
Tipo: CD Sito web: https://nephylim.nl
Membri band:
Kevin Van Geffen – voce, chitarra
Ralph Lentink – chitarra
Rens Van De Ven – basso
Martijn Paauwe – batteria
Tracklist:
1. Reminescence
2. Forsaken
3. Vanquish The Sepsis
4. Aftermath
5. Fractured Existence
6. Reassurance
7. The Bitter Inheritance
8. Dust Veiled Sky
9. Eye Of The Storm
10. Remembrance
Category : Recensioni
Tags : Death metal
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