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04th Set2020

Quiet Riot – Quiet Riot

by Giancarlo Amitrano
Non ci dispiace affatto interessarci ad una (ennesima) leggenda dell’hard’n’heavy losangelino e non solo: la storia della band che cercheremo analizzare attraverso i suoi album, nonché la sventura che ripetutamente e tragicamente si è accanita su di essa, deve necessariamente essere esaminata e (ri)conosciuta. Dal primo embrione della band, a nome Little Woman, scaturisce in fretta quella che sarà la line-up definitiva degli inizi della carriera: dopo aver penato non poco a trovare una major disposta a finanziare il loro esordio, nonché aver cambiato il moniker in quello storico, il ramo nipponico della Cbs si decide ad ingaggiarli pur a discapito della pubblicazione del disco d’esordio nella sola Terra del Sol Levante. Ma tant’è ed i Nostri si mettono davvero d’impegno nel non lesinare note e quant’altro in questo lenght di debutto che, proprio a causa del clamoroso successo riscontrato in Oriente, verrà in seguito a gran voce ristampato anche nel resto del mondo, U.S.A. in primis. Andiamo, allora, ad occuparci delle tracce del disco. Si comincia con It’s Not So Funny ed il suo intro ad opera del compiantissimo Rhoads, su cui si innesta in fretta una solida batteria con Forsyth sugli scudi, mentre la sei corde appare quasi “sdoppiata” tanto si nota la sua presenza; ovviamente, si intravvedono già le potenzialità vocali del solido Dubrow al microfono, che fa apparire la traccia quasi un brano pop glam per i suoi ritmi scanzonati e canzonatori, come ebbe a dire all’epoca il famoso critico Martin Popoff.

Si prosegue con il poderoso drumming iniziale di Mama’s Little Angels e le tempistiche molto rilassate, grazie ad un cantato molto tranquillo che Dubrow riesce a ben padroneggiare, facendo scivolare il chitarrismo preciso e “metronomico” in una affiatata cadenza: ancora sezione ritmica sugli scudi e refrain declamato a pieni polmoni dal singer che non lesina acuti e gridolini tuttavia ben assestati. Tin Soldier viene molto ben “coverizzata” nel senso che le melodie sono molto simili a quelle originarie degli indimenticati Steve Marriott e Ronnie Lane degli Small Faces: canto modulato, ascia in sottofondo ma non troppo, drumming molto “crashato” e basso potente e presente che conduce alla fine il brano senza fronzoli soverchi. Ravers è un brano tosto in cui la sei corde funge anche da ottima ritmica, che vede la band maestra già nel saper ben legare le varie anime del gruppo, quella metallara di singer ed axeman e quella più “ruffiana” di basso e batteria, che alla fine si amalgamano bene in un contesto forte e potente, come dimostra il signor assolo della traccia. Back To The Coast , scritta da Randy e dal fratello Kelle, è un simpatico hard’n’roll che vede in primo piano il background vocale che supporta e riempie bene la già corposa voce di Dubrow. È il refrain ad entrare prepotentemente nelle nostre orecchie, ripetitivo e non stancante nella sua continuità, a tutto vantaggio degli esordi della band.

La seconda cover del disco è Glad All Over, piacevole e monellesco remake di una hit dei Dc5: in questo caso, il gruppo non stravolge il brano, rendendolo tale quale all’originale, rock’n’roll scanzonato e scapestrato, arricchito dalla voce di Dubrow e dai ghirigori del gruppo che sa ben cimentarsi anche in tracce “facili” come quella in questione. Get Your Kicks inizia con un breve e marziale drumming che Forsyth esibisce, mentre l’ascia di Rhoads diviene in fretta molto infuocata: canta bene, eccome, Dubrow ed in questo viene facilitato certamente dal potente ritmo del brano, che gli consente le giuste pause con i numerosi crash imposti dal batterista ed i vari intermezzi potenti che la sei corde inframezza alle evoluzioni vocali, che possono quindi riposare grazie al solo importante del buon RR. Look In Any Window ha una linea molto pesante, imposta dagli screaming che Dubrow volutamente allunga su ogni nota, consentendo al resto della band di ben preparare la sua entrata: sono arpeggi a tinte forti, quelli e della chitarra e della sezione ritmica che fa sentire il suo peso specifico all’interno del brano che è tra i più articolati del disco. Just How You Want It  è già “visionario”, pur nella sua breve durata: la voce è spezzettata, attenta a piazzarsi a dovere al momento giusto, ovvero quando non è Rhoads a riempire con i suoi arpeggi e bisogna dire che il connubio riesce bene, con passaggi azzeccati che non si intersecano o sovrappongono a vuoto fra di loro; l’intermezzo centrale a base di semiacustica lascia in fretta il campo ad una svisatona di quelle che tanto piaceranno a qualcuno che “trama” dall’altra parte dell’Oceano.

Riot Reunion è un altro brano molto breve e “rilassato”: relativamente rilassato, perché il piglio del canto è deciso mentre il (ci)piglio della sei corde giaà vira verso quelle evoluzioni che in seguito saranno delizia per centinaia di migliaia di ascoltatori nel mondo. Con Fit To Be Tied ascoltiamo un altro brano molto “elementare”, ma impreziosito dalle già rilevanti doti tecniche dei componenti: Dubrow riesce bene anche in alcuni passaggi in cui fa uso del “falsettone”, pur virilmente corroborato da una sei corde sempre torrida; le rullate di Forsyth sono ben dentro il pezzo, mentre Garni può a ragione rivendicare il ruolo di cofondatore del gruppo. Si chiude con Demolition Derby e la rullata pesantissima del drummer, per il brano appunto più tosto del disco: una cavalcata hardissima ed arditissima dove la band si spinge a velocità supersonica in un brano che pare ricalcare in anticipo la sorte di diverse band a stelle e strisce che di lì a poco si getteranno fameliche nella scia dura e pura dei Nostri (tra gli altri, Mike Batio e Co.). Si chiude così il primo step dei californiani che stanno già per andare incontro alla storia.

Autore: Quiet Riot Titolo Album: Quiet Riot
Anno: 1977 Casa Discografica: Cbs
Genere musicale: Heavy Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web:  www.quietriot.band
Membri Band:
Randy Rhoads – chitarra
Kevin Dubrow – voce
Kelli Garni – basso
Drew Forsyth – batteria  
Tracklist:
1. It’s Not So Funny
2. Mama’s Little Angels
3. Tin Soldier
4. Ravers
5. Back To The Coast
6. Glad All Over
7. Get Your Kicks
8. Look In My Any Window
9. Just How You Want It
10. Riot Reunion
11. Fit To Be Tied
12. Demolition Derby
Category : Recensioni
Tags : Album del passato, Heavy Metal, Quiet Riot
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