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25th Dic2020

Vanadium – Game Over

by Giancarlo Amitrano
“Solo chi non osa non sbaglia mai!”. E quindi, chi si indirizzi per una qualsiasi strada deve sempre auspicarsi di non compiere passi falsi: immaginiamo, dunque, l’ansia e l’attesa spasmodica che una band musicale, come nel caso dei Nostri, attenda riscontro al terzo capitolo della sua sin qui già fortunata avventura. Fortunatamente, l’aspettativa di tutti non viene delusa: il terzo lenght della band meneghina si mantiene ampiamente nella scia di eccellenza sinora manifestata: 8 tracce di assoluto valore, pur con dei mutamenti abbastanza visibili nella composizione dell’album: la sei corde diviene meno aggressiva, pur mantenendo salda la sua barra di aggressività, mentre un molto maggior spazio viene dedicato alle pur già magiche tastiere di Zanolini che con l’intro di Streets Of Danger mette le cose in chiaro con il suo strumento, autentico apripista all’esplosione vocale di Scotto che stavolta raggiunge vette migliori delle pur valide precedenti esibizioni, qui migliorate magari anche con l’ausilio di una produzione di gran lunga superiore alle antecedenti che non premiavano la forza e della voce e degli altri strumenti in azione. I’m Leaving At Last si attesta su tempi molto dimezzati, nei quali il cantato stavolta spigliato e sbarazzino non lesina profondere energia ad una traccia non indimenticabile, ma di certo intrigante e coinvolgente con i suoi giri a sei corde semplici ma molto ben articolati ed ottimamente eseguiti, che alla fine vedono l’ascia rovente di Tessarin eseguire un altro signor assolo ad impreziosire il tutto che già ha sin qui esaltato nel suo anthem.

Si giunge in fretta al crack di War Trains che preannunzia il tutto con uno sferragliamento di locomotiva che porta al binario della melodia e della tecnica: la semiacustica di Tessarin è memorabile assieme al controllo totale che Zanolini impone con i suoi testi magici: il singer procidano è ispirato come agli esordi, con una pronuncia impeccabile che fa scorrere via il brano attraverso una magia che viene infine potenziata dal master della sei corde, qui all’ennesima prova superba e dimostrativa dell’orgoglio musicale italiano. Headbanging puro con Too Young To Die, con principalmente un Mascheroni incalzante nel drumming quasi metallico: la velocità è sempre notabile, pur mantenendo una certa “costrizione” di fondo che però appare funzionale all’economia del brano, che inanella in seguito brevi esibizioni soliste e delle immancabili tastiere e della signora chitarra, qui a scimmiottare, per così dire, echi passati di duelli tra “Man In Black” Blackmore e “Maestro” Jon Lord, con gli stessi gradevoli esiti. Pretty Heartbreaker ha un attacco molto carismatico, con la grancassa di Mascheroni imperante nella sua tempistica: meno veloce delle altre tracce, ma egualmente trascinante anche grazie all’ennesima messa in scena di Mr. Zanolini, che non esita affatto a far sentire il peso materiale dei suoi tasti, che si sovrappongono ed al tempo stesso si accodano alla frenesia a sei corde, sotto l’egida del mefistofelico ed incalzante intrattenitore Scotto che si bea del tutto.

Anche in questo album ci godiamo una traccia strumentale, che nella fattispecie si materializza con i ghirigori di The Hunter commisti a tasti e chitarra, il cui duello raggiunge qui vette quasi apicali, che non fanno certo rimpiangere l’assenza del cantato: l’ascia di Tessarin, anzi, interpreta qui una voce a sei corde in tutta chiarezza, mentre Zanolini fa valere i suoi pregiati studi musicali ad offrire un ottimo mix musicale che trascende la stessa traccia, che alla fine lascia piacevolmente abbattuti. Don’t Let You Master Down ed il suo intro cupo e decadente è brano da brividi piacevolissimi, ideale soundtrack di un buon gothic movie a firma Vincent Price: tastiere desolanti e Zanolini sugli scudi, sino a quando non irrompe l’ascia di Tessarin ad imporre danze macabre ed orrorifiche. E Pino Scotto cosa fa? Erompe sulla scena con il suo cantato adeguato all’accompagnamento della sezione ritmica che, unita alle tastiere del summenzionato proprietario, costruisce una cornice ideale per una traccia tecnicamente intrisa di molti cambi di passo che tuttavia non inficiano la qualità sia della traccia che della sua esecuzione, con tanto di super solo di Tessarin e della sua beata gioventù.

Si chiude la giostra con la titletrack, anch’essa spigliata ed aggressiva con il suo refrain ampio e gradevole: la velocità della traccia viene messa al servizio della sua esecuzione, che vede tutto il quintetto sfangarla più che degnamente, con l’orgoglioso singer campano a menare danze e fendenti con la medesima ”democrazia musicale” che non fa torto a nessuno, tanto per chiudere più che “affettuosamente” il terzo step musicale della carriera della band, che fortunatamente è ancora impeccabile ed integerrima come agli inizi, e quindi…lunga vita al metallo italiano!

Autore: Vanadium Titolo Album: Game Over
Anno: 1984 Casa Discografica: Durium
Genere musicale: Hard Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.vanadium.it
Membri Band:
Pino Scotto – voce
Steve Tessarin – chitarra
Mimmo Prantera – basso
Ruggero Zanolini – tastiere
Lio Mascheroni – batteria
Tracklist:
1. Street Of Danger
2. I’m Leaving At Last
3. War Trains
4 .Too Young To Die
5. Pretty Heartbreaker
6 .The Hunter
7. Don’t Let You Master Down
8. Game Over
Category : Recensioni
Tags : Hard Rock, Vanadium
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