• Facebook
  • Twitter
  • RSS

RockGarage

      

Seguici anche su

        Il Rock e l'Heavy Metal come non li hai mai letti

  • Chi siamo
  • News
  • Recensioni
  • Articoli
  • Live Report
  • Foto Report
  • Interviste
  • Regolamento
  • Contatti
  • COLLABORA
23rd Apr2021

Saxon – Unleash The Beast

by Giancarlo Amitrano
Finalmente ci siamo: dopo aver tanto atteso che i Nostri tornassero alle origini, aver pazientemente “sorbito” una serie di album a dir poco interlocutori e non del tutto graditi, ecco che l’audience tutta e lo zoccolo duro dei suoi fan vengono ripagati alla grande, oltre che con gli interessi, dalla band britannica con il disco della definitiva rinascita. Oltre a ciò, il gruppo “decide” di regalarsi ulteriore nuova linfa, inserendo alla seconda ascia l’ottimo Doug Scarratt, che porta in dote una notevole capacità compositiva (oltre che ad essere il vicino di casa di Glockler, tanto per restare in ambito “familiare”). Il prezzo da pagare è l’abbandono dello storico chitarrista Oliver, oramai stanco e non più motivato a proseguire la collaborazione con la band, che già nel tour di Dogs Of War inserisce in pianta stabile il nuovo axeman, tanto per “testarlo” sin da subito prima di entrare in studio. Ed è una piacevole sorpresa, il suo ingresso il sala registrazione: la nuova sei corde pare essere da tempo presente a bordo, per la sua freschezza e la sua abilità a tenere benissimo le tempistiche del suo strumento, che porta finalmente una ventata di energia e potenza nel sound del gruppo.

L’album inizia con una presentazione “cinematografica” che Gothic Dreams riesce ottimamente a fornire con i suoi circa 90 secondi di tensione musicale a base di tastiere molto drammatizzate, tanto per fare da apripista alla titletrack, che parte sparatissima come un destro del miglior Tyson: Byff torna a ruggire come ai bei tempi, la sezione ritmica è tagliente e mortifera e la coppia di asce svolge ottimamente il suo lavoro, il ritornello è gradevolissimo e resta facilmente impresso nella memoria, il riffone centrale è appunto eccessivo all’estremo, tanto da concedersi un finale con tempi appositamente “mid” per far apprezzare meglio l’ennesimo assolo potente ed incisivo che chiude una già solida traccia. Terminal Velocity procede alla medesima velocità di crociera, tale da consentire a Byford di scandire pulitamente ogni singola nota, ben architettata dal punto di vista musicale, come anche il refrain molto intrigante e gradevole, la cui ripetizione non cozza con il successivo enorme assolo che la coppia Quinn/Scarratt riesce a produrre. L’esecuzione di Circle Of Light è molto tecnica, con la coppia di chitarre che tiene il tempo a menadito, rintuzzata in questo dal drumming potente di Glockler, sempre tecnicamente impeccabile: si canta molto aggressivi, pur sulla base di una traccia apparentemente elementare nella sua struttura, che paradossalmente si rivela essere il suo punto di forza, nel senso di dare facilmente l’opportunità alle asce di essere immediatamente presenti nella fase cruciale della traccia ed usare il consueto wattaggio nell’esecuzione di un altro robustissimo assolo.

The Thin Red Line vede Byff cimentarsi nell’esecuzione di un cantato più “teatrale”, accentuando maggiormente le note che risultano più eleganti e più intense proprio a causa della loro intonazione; mentre le chitarre fanno ampiamente il loro dovere, anche il drumming di Glockler ed il basso di Carter sono fulgidi nella loro funzione di accompagnamento agli assoli delle medesime, che sono sempre magicamente ispirate. Ministry Of Fools è un altro brano potente ed intenso, con la struttura che prende subito forma attraverso gli strali vocali di Byff che viene egregiamente supportato dal restante quartetto: crash e timpani fanno da padrone, consentendo al brano di essere veloce e ben congegnato, specie nei legati tra le varie fasi, tutti raccordati da un signor assolo centrale. L’organo che fa da intro a The Preacher rende il prosieguo ad alta tensione: la band è sul pezzo, in primis con il singer che si avventa sulle note con la sua voce roca e graffiante come da tempo non si ascoltava, mentre il resto della band non lesina generosamente ritmicità e solismo equamente e sapientemente ripartiti, pur se il brano in sé non è la fine del mondo. Bloodletter torna ad infiammare cuori e menti degli aficionados: suoni quasi “priestiani” per la loro struttura sono un invito a nozze per il quintetto che non vedeva l’ora di esibirsi in una traccia dai parametri quasi “speed” in alcuni passaggi e non per questo fuori luogo: le chitarre, anzi, sono fra di loro ampiamente affiatate, come dimostra bastevolmente la loro esecuzione centrale magica ed infuocata su tutto il pentagramma, con super Byford a correre ai limiti della contravvenzione stradale eccedente il range vocale.

Asce ancora infuocate con Cut Out The Disease, qui ad imbastire una superba base di sottofondo sulla quale il cantato possa esaltarsi in una esposizione vocale molto teatrale: gradevolissimo ascoltare la fase centrale nella quale Byff trascina in una ideale fucina di metallo e ce la faccia visitare attraverso la sua voce, il tutto senza dimenticare un enorme solo centrale semiacustico che accompagna le ulteriori acrobazie vocali del Nostro. Absent Friends e la sua malinconia da ballad autentica pagano il tributo che la band dedica ad amici scomparsi lungo il suo tragitto e l’enfasi che Byff mette nell’interpretare il pezzo è davvero encomiabile nel farci vivere in prima persona il trasporto che il singer adopera nell’esecuzione del brano, delicato ma al tempo stesso capace di donare un signor assolo di metà brano tale da far risaltare ancor di più la bravura del quintetto dello Yorkshire. Si chiude con All Hell Breaking Loose, con cui la band decide di mollare un ultimo graffio ai condotti uditivi, con una partenza trascinante come ai suoi esordi, quando (come finalmente anche ora) Byff conduce le danze con il suo tipico timbro e la band segue a ruota in un tripudio di chitarre a tutto tondo che si esaltano nell’ennesimo “assolissimo” che chiude degnamente (e finalmente) il disco della rinascita del gruppo da ceneri che iniziavano a divenire preoccupanti.

Autore: Saxon Titolo Album: Unleash The Beast
Anno: 1997 Casa Discografica: Cmc
Genere musicale: Heavy Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.saxon747.com
Membri Band:
Byff Byford – voce
Paul Quinn – chitarra
Doug Scarratt – chitarra
Tim Carter – basso
Nigel Glockler – batteria
Tracklist:
1. Gothic Dreams
2. Unleash The Beast
3. Terminal Velocity
4. Circle Of  Light
5. The Thin Red Line
6. Ministry Of Fools
7. The Preacher
8. Bloodletter
9. Cut Out The Disease
10. Absent Friends
11. All Hell Breaking Loose
Category : Recensioni
Tags : Saxon
0 Comm
facebook
Twitter
del.icio.us
digg
stumbleupon

Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  • Cerca in RockGarage

  • Rockgarage Card

  • Calendario Eventi
  • Le novità

    • Novaffair – Aut Aut
    • Depulsor – Walking Amongst The Undead
    • Giuseppe Calini – Polvere, Strada E Rock’n’roll
    • Bull Brigade – Il Fuoco Non Si È Spento
    • Mandragora Scream – Nothing But The Best
  • I Classici

    • Royal Hunt – Moving Target
    • Angra – Omni
    • Black Sabbath – 13
    • Saxon – Inspirations
    • Whitesnake – Forevermore
  • Login

    • Accedi
  • Argomenti

    Album del passato Alternative Metal Alternative Rock Avant-garde Black metal Cantautorale Crossover Death metal Doom Electro Rock Folk Garage Glam Gothic Grunge Hardcore Hard N' Heavy Hard Rock Heavy Metal Indie Rock Industrial KISS Libri Metalcore Motorpsycho Motörhead New Wave Nu metal Nuove uscite Podcast Post-metal Post-punk Post-rock Power metal Progressive Psichedelia Punk Punk Rock Radio Rock Rock'N'Roll Rock Blues Stoner Thrash metal Uriah Heep
Theme by Towfiq I.
Login

Lost your password?

Reset Password

Log in