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02nd Feb2022

La vendetta delle punk

by Massimo Canorro
“Sono stato punk prima di te” canta Enrico Ruggeri. Anticipando Vivien Goldman? Già, perché qui stiamo parlando di una vera e propria istituzione nel genere. Veterana del punk, ma anche della new wave e del reggae, Goldman – classe 1952 – va considerata un punto di riferimento del giornalismo musicale, tanto da essere soprannominata la “professoressa del punk”. E proprio l’autrice di origini londinesi ha firmato, con la solita competenza, un volume assai interessante, realmente investigativo, all’interno del quale mescola interviste e narrazione storica alle proprie esperienze personali (e ne ha da raccontare). All’interno di La vendetta delle punk (Vololibero, 280 pagine, 22 euro) l’autrice analizza quattro temi basilari – identità femminile, denaro, amore/non amore, protesta – per ciascuna delle quali offre ai suoi lettori una ricca playlist (per leggere e ascoltare insieme: mica male). Un poker di argomenti tanto differenti quanto collegati mediante cui Goldman, professoressa associata presso la New York University dove insegna musica (“è sempre stata la mia compagna di ballo”) di genere punk, afrobeat e reggae, sviscera i motivi per i quali il punk costituisce per le donne di ieri e di oggi una forma artistica così liberatoria.

Da qui il sottotitolo del saggio: “Una storia della musica femminista da Poly Styrene alle Pussy Riot”. La prima, all’anagrafe Mary Joan Elliott Said, è stata la cantante e leader gruppo punk rock inglese X-Ray Spex. Le seconde, invece, sono un collettivo punk rock russo, femminista e politicamente impegnato che opera sotto anonimato (in realtà la misteriosa ensemble ha fatto parlare di sé più per questo aspetto che per la musica). Ben tradotto da Fabio Zucchella, “La vendetta delle punk” dimostra quanto l’approccio di Goldman sul giornalismo musicale sia completo, potendo contare anche su un’importante esperienza di addetta ai lavori e avendo contribuito – in maniera diretta – alla nascita del post-punk. Padroneggiare la materia: sai farlo bene. E nell’introduzione del volume, Paola De Angelis – autrice e conduttrice radiofonica – scrive correttamente: “Sono tante le eroine, o come le chiama Goldman, le sheroes che compongono la ciurma ribelle e irriducibile, variegata e indomita, multietnica e geograficamente decentrata del libro, organizzato in quattro sezioni corrispondenti ad altrettanti temi in cui l’autrice ha raggruppato le questioni e le preoccupazioni espresse dalle donne nella musica punk e dintorni”.

Si legge (assai) bene questo saggio, nel quale l’autrice presenta musiciste grintose e originali ma, soprattutto, coraggiose. Artiste provenienti da luoghi lontani, tanto eclettiche quanto rivoluzionarie. Donne punk per le quali “vendetta significava ottenere il medesimo accesso dei coetanei maschi al creare la propria musica, suonare e farsi ascoltare”, incalza Goldman. Punk al femminile: le donne che hanno segnato, in modo indelebile, il genere (altro che “fateci vedere le tette!”). Non semplici figure comprimarie, dunque, ma protagoniste senza se e senza ma. Perché non ci sono stati (né ci sono) solo i “colleghi” maschi: Sex Pistols e Clash su tutti. Meno che mai si può sempre e solo parlare – che Dio la benedica sempre, per carità – di Patti Smith, cantautrice statunitense che oltre che a essere un’icona rock, è anche la madrina di larga parte del punk al femminile (la stessa “sacerdotessa” è presente ovviamente nel racconto, insieme a Grace Jones, Kathleen Hanna e ad altre decine di energiche artiste. Un “semplice” elenco di nomi? Tutt’altro, qui la “ciccia” è tanta).

È una lunga cavalcata – meglio ancora, un intenso tour musicale senza abbandonare il divano – quello che curiosi e appassionati possono vivere sfogliando le pagine di questo libro. Le cui pagine, salpando dalle origini del vecchio continente del punk, approdano ad una dimensione ancora più ampia (dalla Colombia all’Indonesia, così per dire). Scrive l’autrice (che ha lavorato a stretto gomito con personaggi del calibro di Bob Marley e di Fela Kuti, di cui è stata la fidata cronista): “Il viaggio che mi ha condotta a scrivere questo libro inizia in realtà nel 1975, quando cominciai a collaborare con Sounds, un settimanale assai combattivo che si occupava del punk rock più marginale e che pubblicava articoli sulle donne nel rock”. Insomma: il punk è anche donna? Certo che sì. E come si fa a non crederle, quando Goldman scrive: “Ogni volta che noi donne ci stringiamo – metaforicamente – intorno al fuoco, con l’accompagnamento vocale degli uomini che ci amano – sprigioniamo una forza che ci permette di ballare, cantare e condividere le nostre storie e le nostre canzoni”.

Category : Articoli
Tags : Libri
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