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15th Lug2012

Max Navarro – Hard Times

by Martino Pederzolli

Negli anni ‘80 il fervore musicale nel panorama rock era notevole ed è in quel periodo che artisti come Bruce Springsteen, Toto, Van Halen diedero il meglio di loro stessi; testi dalle tematiche di protesta, di sfiducia, musica che tendeva ad innovare ed a lasciarsi alle spalle il periodo precedente dominato dal fin troppo colto prog per puntare a suoni immediati e di grande effetto. Hard Times, terzo album dell’italo-canadese Max Navarro, sembra scritto proprio in quel frangente ed ha in sé tutti i caratteri dell’hard rock più conosciuto e apprezzato: riff di facile assimilazione, refrain che si stampano indelebili nella mente e faticano ad uscirne, lyrics rabbiose e struttura dei brani lineare e senza sorprese. “Volevo un disco di rock puro, creato mattone su mattone dalla rabbia per tutto lo schifo che viviamo ogni giorno” queste le parole del produttore/chitarrista Nick Meyer e bisogna dire che un album di rock puro è riuscito a sfornarlo ma forse, nel 2012, per rigettare lo schifo che viviamo ogni giorno si sarebbe dovuto cercare di produrre un lavoro meditato, meno “facile” di questo.

Perché Hard Times è questo e null’altro: un facile album hard rock, che ci riporta indietro e gioca sulla forza di ciò che è già stato in passato questo genere, ecco il suo unico punto forte. Non si può evadere da questa “sporca, malata e cannibale società” solo tornando indietro di 30 anni senza apportare nessun contributo, nessuna idea personale se non una nostalgia che lascia il tempo che trova. Forse è per questo che, oggi, questo lavoro dice poco soprattutto a chi, in questa società cannibale, ci dovrà vivere ancora per molto ed ha voglia di rinnovamento, di riscoperta attraverso la rielaborazione e non la ripetizione. Dirà pochissimo a chi crede che le parole di una canzone non debbano essere aliene alla musica che le accompagna ma, al contrario, debbano essere le loro migliori amiche, che vengono esaltate dagli strumenti ed a loro volta sottolineano l’accompagnamento. Tuttavia gli arrangiamenti ed il complessivo andamento delle nove tracce sono pregevoli (ad eccezione della voce che sembra sempre essere troppo lontana) e certamente faranno buona compagnia a coloro i quali vogliono lasciarsi trascinare indietro negli anni pur ascoltando brani inediti. Si spera che il nostro rocker, in futuro, non si lasci influenzare troppo dalle decisioni del mercato e scelga di incidere un album solo quando ne sentirà veramente il bisogno.

Autore: Max Navarro Titolo Album: Hard Times
Anno: 2012 Casa Discografica: Cherry Lips Records
Genere musicale: Hard Rock Voto: 5
Tipo: CD Sito web: http://www.maxnavarro.com
Membri band:

Max Navarro – voce

John Paul Bellucci – chitarra

Nick Meyer – chitarra

Jack Novell – basso

Simone Morettin – batteria

Tracklist:

  1. You Can Rely On
  2. Out Of Bounds
  3. The Wrong Side
  4. Nothing’s Guaranteed
  5. Cryin’
  6. Winter In Chicago
  7. Beyond The Silence
  8. Poison Girl
  9. End Of The Universe
Category : Recensioni
Tags : Hard Rock
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4 Responses to “Max Navarro – Hard Times”

  • Jeff_B
    16 Luglio 2012 22:33

    Ciao,
    questo disco io l’ho acquistato da poco. Sono un musicista e un fan del rock americano e non solo. Che dire? Non capisco la critica fatta ad un disco che rientra in un determinato filone.
    Mi spiego meglio: il genere di musica che Max Navarro fa è rock americano classico, quindi non ha senso inserire parti con poliritmie, con strutture prog, o chi sa quale altra influenza di altri generi. Non si tratta di un disco di rock alternativo, ma di un disco di semplice e puro rock classico!
    Ad ogni modo è insensata la critica perché vuol dire che non si è considerato vari aspetti sia del disco che del panorama musicale odierno: 1) il disco è originalissimo nel contesto di un panorama musicale mainstream in cui il rock di questo tipo è l’eccezione; è originale anche nel contesto del rock underground, dove questo genere viene snobbato perché considerato troppo “facilone” e mainstream;
    2) non serve apportare quali stravolgimenti al formato canzone per essere originali: qui il lavoro sugli arrangiamenti, se ascoltati con calma, fanno capire chiaramente quanto lavoro di ricerca sonora e di incastro tra chitarre acustiche, elettriche, batteria e basso ci sia stato; gli arrangiamenti sono molto particolari e diversi dal canonico rock, qui le parti ritmiche assolvono anche al ruolo melodico oltre che a quello armonico; il suono delle chitarre è particolare e in contro-tendenza rispetto ai suoni iperdistorti attuali, ma anche molto diverso dai canonici suoni AOR, richiama molto il suono di chitarristi blues e country;
    3) Il sound è originale e personale rispetto sia ai gruppi del passato, sia rispetto ai gruppi del panorama rock americano attuale.

    Mi sembra comunque una pessima recensione, priva di argomentazioni valide che possano confutare la qualità del disco e dare peso ad un voto così basso.
    Se questa è la qualità della critica in Italia siamo messi proprio bene.

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    Rispondi
  • Marcello Zinno
    17 Luglio 2012 08:51

    Ciao Jeff, grazie innanzitutto per il commento. E’ importante per noi ricevere un’opinione su quando scriviamo, bella o brutta che sia. Siamo convinti che RockGarage (e noi che ci scriviamo) non ha la pretesa di dire la verità suprema ma cerca di dare un’osservazione quanto più oggettiva possibile e basata sulle tante compentenze musicali che ogni collaboratore possiede.
    Quindi è giusto che tu esprima la tua posizione ma, consentimi, non sono d’accordo con le ultime tre righe: le argomentazioni nella recensione ci sono ed è sbagliato fare di tutta l’erba un fascio dicendo che la critica in Italia non è messa bene, è un errore sia nei confronti delle altre recensioni presenti sul sito sia di chi altri, oltre noi, fa critica musicale.

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    Rispondi
  • Jeff_B
    17 Luglio 2012 19:02

    Ok, allora diciamo che il problema della critica italiana è che si sofferma poco sugli aspetti tecnico-musicali. Questo è un problema, perché noi musicisti quando componiamo un disco, speriamo prima di tutto che glia addetti ai lavori, almeno loro, colgano le sfumature, le sottigliezze, e possibilmente le facciano conoscere a chi poi sarà l’ascoltatore finale.
    Non si può tralasciare ad esempio nel descrivere un disco, come sono strutturate le canzoni, quali sono gli elementi ricorrenti di un sound, quali sono le particolarità del playing dei musicisti. E sicuramente metterei in luce pregi e difetti, cercando di comprendere le sfumature e i modeli espressivi.

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    Rispondi
  • Martino
    18 Luglio 2012 13:47

    Ciao Jeff. Innanzitutto devo scusarmi, è vero, non sono stato molto chiaro nell’esprimere ciò che non ritengo un giudizio, ma un’opinione del tutto personale. Il valore della composizione musicale di quest’album è pregevole (come da me scritto) ma quello che, secondo me, non ha funzionato è il significato che si è voluto attribuire al disco che non è sostenuto nè dai testi nè dalla musica. La qualità compositiva è indubbia ed anche quella espressa in fase di registrazione; la mia non voleva essere una critica al duro lavoro che musicisti e tecnici affrontano ogni giorno bensì un nota di disapprovazione per il “background”, se così lo vogliamo chiamare, creato ad arte per il lavoro di Max Navarro e che getta all’aria il lavoro dedicato al sound.
    Infine il voto: non intendo esprimere un voto nel senso scolastico, ma un’indicazione per chi, come me o te, intende mettersi all’ascolto del disco e che poi, indipendentemente dal voto, trarrà le sue conclusioni. Ad ogni modo ti ringrazio per avermi fatto avere il tuo parere, è molto importante imparare dai veri addetti ai lavori e, visto che io non sono musicista nel senso professionale del termine, sono contento di poter avere la tua opinione.

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